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Gemelli e psicopatologia: un caso particolare. Identità complementare

8 Ott 12

Di danielamattolini24 e michela.tiberti e rossiga@fastwebnet.it

Pochi giorni dopo aver consegnato questo articolo Alessandra Berti così giovane e bella come era, ci ha lasciati.
Aveva sostenuto il male che la spegneva con un coraggio ed una dignità immensa. 
Noi, con molti colleghi, la ricordiamo così anche negli ultimi anni e negli ultimissimi mesi con il suo tocco signorile ed il suo sorriso.
Psichiatra capace e profonda, insegnante colta e amata dagli allievi, ricercatrice intelligente e, nei congressi, precisa e vivace relatrice.
Ci manca, a tutti noi.
Come ricordo, pubblichiamo questo lavoro.

 

Con il seguente lavoro che si presenta come un case report, vorremmo porre l’attenzione non unicamente su un particolare disturbo psichico, bensì sulle singolari difficoltà emerse dal dover curare una coppia di gemelli omozigoti di diciassette anni, giunti alla nostra osservazione quattro anni fa, con una diagnosi di "Autismo Atipico".
Ricordiamo che l’autismo è un disturbo eterogeneo nel quale possono essere riconosciuti diversi sottotipi che vanno dai cosiddetti individui autistici kanneriani a "basso funzionamento", con un QI molto basso e spesso gravati da disturbi neurologici che rendono la diagnosi ancora più difficile, fino agli individui ad "alto funzionamento" come quelli descritti da Asperger(1). Un continuum che va dall’assoluta rigidità e concretezza di pensiero con nulle interazioni sociali, al deficit sfumato dell’elaborazione sensoriale, alla quasi normalità. Anche tra i due gemelli, soprattutto con il procedere del programma riabilitativo e di autonomizzazione, si sono evidenziate sostanziali differenze.
Nei due gemelli, come vedremo, sono presenti funzioni operative buone, mentre risultano alterate le funzioni relazionali con difficoltà nell’interazione sociale ma con un buon contatto affettivo, una particolarità che ha reso complesso l’iter diagnostico. Per loro sembra essere calzante la definizione di autismo di Bleuler "un tipo di attitudine, di atteggiamento, o meglio un comportamento cognitivo che mira al soddisfacimento dei bisogni interiori senza tenere conto della realtà esterna" (2) quindi non sinonimo di chiuso, isolato ma qualcosa di più complesso che presuppone la presenza di processi cognitivi in grado di riconoscere ma non di adeguare esigenze interne con situazioni esterne. (3)
Il fatto che nei due gemelli non compaia tra le caratteristiche cliniche quella mancanza di contatto affettivo che è stata uno dei criteri cardine per la diagnosi di autismo infantile, oggi non incide sull’indirizzo diagnostico tenendo conto delle osservazioni fatte sull’iperselettività dello stimolo deponenti verso un disturbo cognitivo piuttosto che verso una alterazione dell’affettività (4)
Naturalmente, come è già stato preannunciato, l’interesse per questo caso nasce soprattutto da il loro "essere gemelli" e dall’osservare come vivono insieme la loro condizione psicopatologica. Se nell’autismo la comunicazione interpersonale è fortemente compromessa per l’incapacità di usare il linguaggio espressivo in modo funzionale, nel nostro caso la comunicazione verbale è presente e finalizzata a comunicare all’interno di una relazione anche se è maggiormente sviluppata all’interno della coppia gemellare dove assume delle specifiche peculiarità: tra di loro i ragazzi comunicano anche con parole e gesti agli altri incomprensibili che scompaiono alla presenza di terzi. Riportiamo per fare un esempio semplicemente comprensibile un breve scambio di battute intercorso tra i due ragazzi, Luca e Filippo:

L: "Mangiafuoco Disney"
F: "No, Benigni"

Senza reticenza i ragazzi ci hanno spiegato che Mangiafuoco presente nel film di Pinocchio sceneggiato da Walt Disney è cattivo mentre quello del film di Benigni è bravo, quindi dire all’altro "Mangiafuoco Disney" significa per convenzione accusarlo di essere un traditore e rispondendo "Benigni" l’altro ribatterebbe: "Sbagli, io sono bravo".

Dagli studi condotti nell’ultimo decennio sui gemelli circa l’incidenza e le probabili cause dell’autismo si evince che:

  1. Il processo gemellare è importante fattore di rischio nello sviluppo dell’autismo.
  2. potrebbe esserci una marcata influenza di problemi materni del periodo pre o peri natale.

A fronte di queste conclusioni, invece, un altro studio (5) sostiene che l’essere gemelli non implica un maggior rischio di sviluppare autismo e l’aumentata incidenza di autismo tra monozigoti emersa dai precedenti studi è legata alla scelta di un campione ristretto alle sole coppie di fratelli malati.
La nostra attività clinica con i due fratelli, pur tenendo conto degli studi citati, è stata prevalentemente indirizzata ad una separazione e a valutarne l’effetto sull’andamento della psicopatologia (6).
Secondo Ajuriaguerra l’identificazione dell’immagine in quanto tale non si opera nel gemello prima dei tre o quattro anni ma, se il processo di identificazione segue comunque le stesse tappe descritte per gli altri bambini, cosa per altro di cui è difficile poter dubitare, questo porta a pensare che nell’individuo gemello si allunghino i tempi dedicati ai processi di imitazione ed introiezione. Inoltre pensando che il gemello abbia durante questo periodo, come l’altro da amare e con cui confrontarsi , il fratello identico a sé, allora possiamo avanzare l’ipotesi che si attui un processo di imitazione ed introiezione di un altro identico a sé, un processo di identificazione narcisistica che difficilmente può lasciare spazio ai successivi processi di introiezione-separazione. Il rapporto tra gemelli può essere visto come una relazione narcisistica in cui ciascun gemello rappresenta per l’altro un oggetto sé. (7)
Tenendo presente questa premessa i nostri movimenti terapeutici sono stati sempre molto cauti per evitare la frammentazione dell’Io e un eventuale scompenso psicotico (8) anche se sono sempre stati diretti al tentativo di completare il processo di separazione-individuazione, processo che pensiamo sarebbe stato inevitabile viste le consistenti differenze attitudinali, cognitive e prassiche dei due fratelli che li porteranno a differenti indirizzi anche in ambito lavorativo-riabiliativo.
Riportiamo a seguito la storia dei gemelli considerando alcune tappe fondamentali:

 

  • La famiglia e l’attesa

Luca e Filippo sono stati figli fortemente desiderati; da molto tempo i genitori, entrambi professionisti con anamnesi personale e familiare negativa per disturbi psichici, cercavano di avere figli. A circa quarant’anni avviene il concepimento. La gravidanza prosegue con decorso regolare anche se viene considerata a rischio per riferita ipoplasia uterina; viene eseguito esame di citogenetica fetale che risulta nella norma. Luca e Filippo nascono pretermine, alla 36° settimana di gestazione, da parto cesareo.

 

  • La crescita

Il decorso neonatale è stato regolare; l’allattamento artificiale; l’accrescimento staturo-ponderale progrediva regolarmente. I genitori non ricordano anomalie o ritardi nel compimento dei primi atti fisiologici ma, già da quando i bambini hanno due anni, osservano alcune anomalie nelle attività ricreative, in particolare disinteresse verso i giochi e problemi relazionali con gli altri bambini. Frequentano con discontinuità il nido e la scuola materna a causa di frequenti malattie da raffreddamento.

 

  • L’inizio del percorso di diagnosi e cura

Solo all’età di 5 anni, in seguito alla segnalazione da parte della maestra elementare, i genitori portano entrambi i gemelli da una psicologa che li prende in carico e li segue separatamente in psicoterapia con frequenza variabile (fino a due sedute settimanali), ponendo per entrambi la diagnosi di "Problemi relazionali".
A 9 anni la situazione, secondo i genitori, invariata li porta a decidere di cambiare terapeuta. Vengono indirizzati ad una coppia di terapeuti (un terapeuta diverso per bambino) per una psicoterapia ad orientamento analitico, con cadenza di due sedute settimanali.
Non essendoci significativi miglioramenti in entrambi, nel settembre 2001 quando hanno già 13 anni, i genitori li portano presso un centro specializzato in disturbi dello spettro autistico, dove, dopo quattro giorni di valutazione, viene fatta diagnosi di "Autismo atipico" e consigliato un programma di tipo riabilitativo con l’affiancamento ai due ragazzi di un educatore e l’eventuale introduzione di una terapia farmacologica.

Nel frattempo Luca e Filippo portano a termine le scuole medie inferiori ripetendo entrambi la terza classe. Hanno frequentato in due sezioni differenti, ciascuno con la propria insegnante di sostegno e nel pomeriggio venivano aiutati a svolgere i compiti da un insegnante. La resa scolastica era sufficiente per Luca ma per non creare disparità nella coppia anche lui si è trovato a ripetere la terza classe come il gemello.

 

  • La separazione dei genitori

Dopo molti anni di intensa conflittualità relazionale, i genitori decidono di separarsi. Dal momento che il padre è in pensione, è lui che li accompagna nello svolgimento delle attività ricreative o alle visite mediche.
La separazione dei genitori non sembra incidere sull’andamento clinico dei due fratelli ma riferimenti abbastanza espliciti su una fantasticata riunificazione del nucleo familiare emergono durante i colloqui e nei disegni di Luca.


Luca rappresenta la riunificazione della famiglia durante un breve periodo di vacanza.

Rispetto a questo avvenimento anamnestico ricordiamo che esistono in letteratura alcune osservazioni su episodi psicotici avvenuti in coppie di gemelli omo o di zigoti. La psicologia dei gemelli viene spesso studiata per stabilire l’importanza dei fattori genetici rispetto a quelli ambientali nell’insorgenza di una psicosi. Gli studi mostrano che l’ambiente familiare disturbato in cui vive la coppia di gemelli è importante per la precipitazione di un episodio psicotico, non è incompatibile con la presenza di determinanti genetici e incide in modo molto simile su entrambi i membri della coppia. (9).

 

  • La presa in carico da parte della Clinica Psichiatrica: un cambiamento di rotta

I genitori, molto stanchi e sfiduciati per l’immutabilità della situazione, si rivolgono agli ambulatori della Clinica Psichiatrica. Da allora si è cercato di mettere a disposizione ogni risorsa istituzionale cercando una collaborazione con il territorio.
A partire dall’Aprile 2003 Luca e Filippo vengono visitati con frequenza mensile; i primi colloqui sono serviti per l’orientamento diagnostico, come integrazione alla valutazione già eseguita. Molto tempo è stato dedicato ad individuare e definire un adeguato progetto educativo finalizzato ad una progressiva autonomizzazione ed anche a alleviare di compiti e dare appoggio ai genitori in grande difficoltà.
Da subito è apparso necessario l’introduzione di una terapia con neurolettici e l’inizio di un programma di autonomizzazione portato avanti da Tecnici della Riabilitazione psichiatrica (sei ore a settimana) unito alla frequentazione di un Istituto professionale per ragazzi affetti da handicap fisici o mentali.

Il primo incontro

Luca e Filippo sono due ragazzi alti e robusti, un po’ impacciati "dentro" a quel fisico da adolescenti che a stento riescono a controllare; l’espressione è infatti quella di due bambini. Sono nella sala d’attesa insieme al padre, un po’ ansiosi ma nel complesso incuriositi ed impazienti di conoscerci. Comunichiamo loro che entreranno uno alla volta e lasciamo che scelgano liberamente chi entrerà per primo nello studio. 
Entra Luca che senza dubbio ad una osservazione superficiale sembra l’elemento trainante della coppia, il più coraggioso.
Dopo qualche momento di incertezza Luca si siede di fronte a noi, dall’altro lato della scrivania e ci chiede subito se abbiamo carta e penna per disegnare. Ha un viso caratterizzato da tratti ben definiti, regolari con grandi occhi scuri. La pelle è un po’ trascurata, è la pelle di un adolescente con un po’ di acne.
Da subito accetta e ricerca la vicinanza dell’interlocutore anche se mostra di non gradire il contatto fisico. Spontaneamente cerca di stabilire con noi una relazione sia con lo sguardo che con la vicinanza e le domande; ci guarda attentamente, osserva il nostro abbigliamento, i nostri movimenti, fa domande anche se solo in parte contestuali sembra a tratti molto incuriosito, talvolta immerso nelle sue fantasie.
Sulle parti visibili del corpo attirano la nostra attenzione alcuni graffi ed escoriazioni dovuti in parte a colluttazioni con il fratello, in parte a gesti autolesivi e in particolare un grosso callo sulla mano sinistra dovuto a continue morsicature che Luca attua in modo compulsivo.
Il linguaggio verbale è articolato, ricco, fluente ma piuttosto ripetitivo poco contestuale e visibilmente di tipo ansioso (è limitato a richieste incalzanti su ciò che ha fatto suo fratello, o che dovrà fare lui). La comprensione del linguaggio orale appare adeguata anche se nel momento in cui viene chiesta la sua collaborazione o presenza in una conversazione la prima reazione è quella di produrre un linguaggio poco contestuale e solo se riportato alla domanda con tono più deciso accetta di collaborare mostrando una crescente attenzione.
Le risposte sono adeguate anche se molto sintetiche, grammaticalmente corrette. L’approccio diretto si rileva spesso inadeguato a mantenere nel tempo l’interazione con l’adulto. 
L’attenzione cessa quasi subito lasciando il posto all’interesse verso l’ambiente e il disegno: appare assorto e totalmente immerso nelle sue fantasie, disegna a testa bassa eludendo le domande dei curanti che cerca invece di coinvolgere nel completare il disegno, l’esecuzione di ogni compito viene infatti rallentata dal continuo bisogno di porre domande prive di apparente significato e dall’insistenza ad avere sempre una risposta ben precisa ed esaustiva. L’eloquio è nel complesso poco contestuale e ripetitivo. 
È proprio attraverso il disegno che comunica durante i nostri primi incontri. È abile in questa attività; senza copiare riesce a disegnare personaggi noti di fiabe, cartoni animati, mondo dello spettacolo, li personalizza facendo loro esprimere il proprio mondo interno, sembra considerarli personaggi reali della sua vita, il confine tra fantasia e realtà diventa mal definito nel momento in cui per diverse sedute ci parla di una donna "brutta e rugosa", lo sgrida continuamente e lo bastona. Considerata la modalità di comunicazione è difficile valutare la capacità critica di Luca, in alcuni momenti in cui si rivolge ad alta voce di fronte a noi a questa persona sembra chiaramente allucinato, altre volte dopo aver cercato negli angoli dell’ambulatorio, riconosce in modo critico che non c’è.
Deficitaria la capacità di astrazione ed integrazione visuo-percettiva.
Lo stile dei disegni ricorda quello del fumettista Altan che però Luca dice di non conoscere; è molto buona e adeguata la rappresentazione grafica.


Rappresentazione parziale dei "Sette nani". Luca esegue i disegni durante il colloquio.

Rimane per quasi tutta la durata del colloquio seduto sulla sedia ma è evidente una tendenza all’iperattività, accompagnata a stereotipie gestuali caratterizzate da dondolamenti del tronco e manipolazioni ripetitive di oggetti con le dita ( vi tamburella sopra o vi scorre con i polpastrelli) e a comportamenti rigidi. In alcuni momenti è presente un’agitazione psicomotoria che sembra in relazione ad uno stato d’ansia. Durante il colloquio ritornano continuamente in modo incalzante domande su personaggi famosi proposti a coppie per confrontare la loro età, la loro altezza o la bellezza. Sembra particolarmente attratto da personaggi dalla doppia identità o che si trasformano. Gli stessi confronti vengono fatti tra le due curanti e talvolta chiede informazioni sul fratello che aspetta fuori dalla stanza. Ogni variazione del setting viene percepita e sottolineata. Frequentemente si distrae e si interrompe, divagando su argomenti che si rilevano fissi e stereotipati. Sono evidenti perseverazioni del pensiero in ragionamenti e verbalizzazioni fissi e ossessivi.
Non si osservano deficit neurologici focali o generalizzati per quanto riguarda posture, deambulazione e passaggi posturali. Su richiesta si attiva correttamente in prassie ideative ed ideomotorie semplici.
Dalla valutazione del Centro specializzato nello studio dell’autismo emerge un ritardo intellettivo di grado lieve-moderato. Gli apprendimenti di base (letto-scrittura e calcolo, struttura del linguaggio espressivo) sono stati conseguiti ma ne appare deficitario l’uso. Non appare infatti in grado di organizzare il pensiero in sequenze logiche coerenti e di spiegare concetti e significati così come non sa applicare le operazioni aritmetiche per la risoluzione di problemi matematici anche piuttosto semplici.

Lo congediamo e gli chiediamo di mandare nello studio Filippo.
Filippo esita un attimo sulla porta e poi incoraggiato entra. Da subito sembra più timido e riservato.
Come per Luca, non si osservano deficit neurologici focali o generalizzati per quanto riguarda posture, deambulazione e passaggi posturali. Le funzioni esecutive sembrano scarsamente organizzate e talvolta vengono portate a termine con molta incertezza. Nel complesso sembra più insicuro e impacciato del fratello. Durante lo svolgimento di qualsiasi compito, azione, ci guarda più volte e lo riesce a portare a termine solo in seguito a ripetuti suggerimenti verbali ed inviti a non lasciarsi scoraggiare. Questa difficoltà sembra collegata ad una sua scarsa tolleranza degli insuccessi piuttosto che ad una sua incapacità organizzativa.
Sembra che ci ascolti con grande attenzione che tra l’altro mantiene a lungo e senza apparente difficoltà; comprende esattamente quello che gli viene chiesto. Anche lui come Luca ci chiede carta e penna per poter disegnare, ma mostra poi meno entusiasmo nel farlo; ci chiede cosa ha disegnato il fratello e disegna spesso lo stesso soggetto con minore abilità grafica e immaginativa.


Parziale rappresentazione dei "Sette nani" di Filippo

I suoi disegni sono certamente più anonimi e come per ogni performance svolta sembra che ogni piccolo gesto faccia parte di uno schema appreso (tende a disegnare la casa sempre nello stesso modo). I suoi tempi di esecuzione sono nel complesso molto lenti, ma nonostante non vi sia un’iniziativa spontanea e l’incertezza nell’esecuzione, mostra poi discreta abilità nell’esecuzione dei compiti, confermata anche da una maggiore riuscita rispetto al fratello in attività sportive quali il nuoto o ricreative.
Le sue iniziative verso l’altro sono scarse, limitate alla ricerca di un incoraggiamento. Ancora più accentuati rispetto a Luca i movimenti stereotipi con le mani che batte ripetutamente sulla gamba, picchietta sul tavolo o con le quali si gratta la testa sempre nello stesso punto. È molto goffo nei movimenti e nel controllo dell’azione. Anche quando cammina le modalità sembrano molto ripetitive e "studia" sempre dove appoggiare il piede. L’eloquio spontaneo è molto ridotto, quasi assente; tende a chiedere informazioni su quello che ha fatto il fratello. 
Pur rispondendo alle domande in modo coerente e senza perdere il filo del discorso, le sue descrizioni sono povere, prive di quegli elementi fantastici così marcati in Luca da far pensare ad un quadro allucinatorio; così sintetiche e laconiche da far pensare ad un maggior appiattimento cognitivo e affettivo. Dai test somministrati presso il Centro specializzato nello studio dell’autismo (Leiter-r, TINV, WISC-R) risulta un quadro di intelligenza ai limiti inferiori della norma, scarsa capacità di integrazione visuo-percettiva ed organizzazione visuo-motoria, una non adeguata organizzazione delle sequenze spazio-temporali.

Dalle osservazioni prolungate effettuate dai Tecnici della Riabilitazione psichiatrica e dagli educatori scolastici, in aggiunta a ciò che abbiamo constatato durante i colloqui, si sono evidenziate difficoltà nell’instaurare adeguate relazioni interpersonali, agiti aggressivi verso oggetti e persone, difficoltà nel comprendere ed accettare i cambiamenti che turbano la routine quotidiana. In ambito cognitivo grandi difficoltà d’interpretazione con necessità di aiuto e spiegazioni per la comprensione di determinati codici linguistici.

Impostazione e inizio del programma di cura:

Nell’ambito della patologia dello spettro autistico così come nei disturbi parvasivi dello sviluppo non esistono cure in senso stretto. Decidiamo perciò uno schema terapeutico che permetta di integrare al massimo gli interventi farmacologici (finalizzati a contenere le anomalie del comportamento, periodicamente a prevenire o moderare la sintomatologia depressiva e occasionalmente a contrastare gli abbozzi deliranti) che sappiamo corrono il rischio di ridurre ulteriormente le possibilità cognitive, con quelli ad impronta psicopedagogica indirizzati a sviluppare le loro abilità in modo da compensare oi deficit presenti e renderli il più autonomi possibile.
Decidiamo che ogni gemello sarebbe stato visto ogni mese, individualmente dalla coppia dei terapeuti per sottolineare la separazione della coppia gemellare, per consentire di stabilire un contatto con i terapeuti contrastando la tendenza dei gemelli a trasmettersi contagiosamente le emozioni (10) e per assicurare in un trattamento che si prospettava inevitabilmente lungo la continuità terapeutica.
Mentre Luca chiedeva raramente cosa avesse detto o fatto il fratello anche quando il suo colloquio era successivo, Filippo, al contrario, lo faceva spesso lasciando intravedere di considerare il fratello un rivale o un compagno inseparabile.
Quasi tutti i colloqui erano preceduti da uno scambio di informazioni con i due tecnici della riabilitazione che progressivamente affinavano nell’ambiente familiare delle strategie educative che permettessero ai gemelli di raggiungere la massima potenzialità possibile per vivere in comunità e migliorare il livello di abilità individuale sfruttando i loro specifici interessi. Ogni quattro mesi è stato possibile un confronto collettivo tra noi, i tecnici della riabilitazione e gli educatori scolastici.

  • Colloqui mensili con la coppia di terapeuti
  • Attività psicopedagogia-riabilitativa nel loro ambiente (8 ore/settimana)
  • Frequentazione quotidiana di istituto scolastico per ragazzi con handicap psico-fisici e stage lavorativi

Approfondimento diagnostico

Ricerca x-fragile e cariotipo: ricerca x fragile negativa per entrambi e cariotipo senza anomalie.

SPECT
Referto Spect Filippo
: E’ possibile apprezzare multiple aree di ridotta captazione del radiofarmaco che interessano estesamente l’emisfero di sinistra, in regione della giunzione temporo-parietale, parietale posteriore, parieto-occipitale, temporo-mesiale e fronto dorso-laterale.
Captazione simmetrica dei nn della base e del cervelletto.

Referto Spect Luca: L’esame scintigrafico evidenzia alcune aree di asimmetrica captazione del radiofarmaco in regione: dell’ippocampo e dell’emisfero cerebellare per destra < sinistra; frontale ventro-laterale e fronto-basale per sinistra< destra.
Captazione simmetrica dei nn della base.

 

Il trattamento psicofarmacologico

Quando Luca e Filippo sono giunti alla nostra osservazione assumevano quotidianamente 5 mg di periciazina mesilato senza alcun giovamento. Dal momento che la nostra era solo una prima osservazione ci siamo inizialmente limitate ad una aumento del dosaggio della terapia già in atto (10 mg/die). Conoscendo meglio i ragazzi e osservando la loro evoluzione e i loro sintomi non totalmente sovrapponibili, si è intrapresa la strada di una differenziazione terapeutica mantenendo periciazina mesilato ma a dosaggi superiori a Luca più agitato e con sintomatologia florida e inserendo il risperidone a Filippo che mostrava umore depresso e prevalenza di sintomatologia negativa. In Filippo si sono avuti dopo breve tempo grandi miglioramenti. 
Per Luca che continuava a mostrare un andamento altalenante e soprattutto nessun miglioramento per quanto riguardava la tendenza all’aggressività e i movimenti stereotipi, si è deciso un passaggio ad una terapia con olanzapina nell’idea di continuare a mettere in primo piano un tentativo di differenziazione ( i due ragazzi si gestiscono autonomamente l’assunzione della terapia che quindi hanno modo di confrontare quotidianamente). La scelta ha incontrato immediatamente gli ostacoli della madre (che in questi tempi ancora mal tollerava la differenziazione —tendenza già dimostrata nel perseverare a scegliere abiti uguali per i figli nonostante da più parti le arrivasse l’indicazione a lasciare che fossero i figli a decidere il loro abbigliamento) e si è quindi arrivati a risperidone (3 mg/die) che anche se più lentamente e con qualche problema di dosaggio ha portato buoni risultati.
Dopo due anni in Luca sono comparsi movimenti involontari oggi completamente scomparsi che, erroneamente interpretati da un collega consultato, come sintomi di discinesia tardiva hanno determinato da parte della madre la necessità di cambiare il neurolettico atipico. È stata scelta la quetiapina (600 mg/die) con risultati sovrapponibili al farmaco precedente. (11,12)

Situazione attuale

I gemelli frequentano l’ultimo anno dell’istituto professionale: Filippo ha aderito perfettamente al progetto abilitativo e tra qualche mese sarà inserito in un programma di inserimento lavorativo. Non ci sono state difficoltà nel rapportarsi con gli altri compagni di corso e con alcuni ha mantenuto contatti anche nei periodi in cui non c’era una frequenza continuativa. Non ha più alcun bisogno di comunicare con noi con disegni e di richiamare la presenza del fratello. Continua a mantenere un interesse elettivo per i film che sceglie seguendo un criterio specifico (ad es. tutti i film di Totò, tutti i cartoni animati di Walt Disney, etc.) e da tempo si diverte con la fotografia. È diventato per i genitori il migliore. Grazie al compenso psicopatologico raggiunto e all’ottimo inserimento nel proprio ambiente di vita è stato possibile ridurre lentamente i farmaci fino alla totale sospensione.
Luca continua ad essere il vivace nella comunicazione interpersonale e riesce a comprendere concetti astratti, ma faticosamente si adatta ai ritmi imposti da un’attività manuale seppur semplice e questo assieme ad una certa aggressività che affiora quando non vengono rispettati dei suoi schemi comportamentali lo ha portato ad essere escluso in un primo momento dall’inserimento lavorativo previsto invece per il fratello. Riteniamo che questa consapevolezza sia stata la causa della comparsa dei tics, scomparsi poi, all’accrescersi della aggressività agita nei confronti del fratello e dei genitori. Ora Luca riesce a stemperare l’aggressività comunicando la sua tensione e ricorrendo ad alcune "soluzioni comportamentali" come ad esempio bere una bevanda. Ha mantenuto terapia farmacologica con quetiapina.
Luca in questi anni ha iniziato e continua una relazione amorosa con una coetanea che in un primo momento ha allarmato indistintamente genitori e curanti nel timore che il ragazzo non fosse in grado di gestire gli aspetti pulsionali e ha creato in Filippo un sentimento di esclusione che è stato motivo di un movimento depressivo.

Conclusioni

Nel momento della presa in carico dei due fratelli ci siamo chieste se in qualche modo il loro essere gemelli potesse aver influenzato la loro psicopatologia nel suo esordio, nel decorso e nelle modalità di compenso. Dopo circa tre anni di cura, riflessioni sul caso e revisione della letteratura su tale argomento, ci troviamo sostanzialmente concordi sull’importanza e la maggiore difficoltà del processo di identificazione tra gemelli che alcuni autori indicano addirittura come possibile fattore di sviluppo di psicopatologia nell’ambito delle psicosi. La relazione tra gemelli rappresenterebbe un circuito chiuso che preclude la progressiva crescita e perciò provocherebbe un arresto dello sviluppo. 
La fusione di identità riportata da Kane e Lidz (13) sembra essere un elemento costante nella struttura psichica e un’area importante nel determinare l’errato funzionamento di questi pazienti. Sono costantemente presenti problemi nello sviluppo dell’Io; sviluppano legami simbiotici e ci sono difetti nei confini dell’Io. 
Nella coppia Luca-Filippo era molto chiara soprattutto ad inizio terapia la suddivisione dei ruoli, sottolineata da alcuni Autori; Luca, con la sua aggressività e la sua estroversione appariva nettamente dominante fino a dare ordini precisi al fratello in chiara posizione passiva. Infatti, al momento del processo di separazione e differenziazione spesso l’iniziale rivalità per la madre lascia il posto all’ostilità tra di loro che si risolve col fatto che il fratello passivo si adegua a quello più aggressivo, preferendo la sicurezza al costo della propria autonomia. Nei gemelli la prima scelta oggettuale è stabilita con un’immagine speculare (il fratello) con la quale vengono condivise le prime esperienze. Sono quindi predisposti a svilupparsi in modo simbiotico senza precisi confini dell’Io, hanno difficoltà a differenziare i loro comportamenti, i loro pensieri e desideri. Ricordiamo a tale proposito i primi incontri durante i quali Filippo chiedeva ripetutamente di cosa aveva parlato il fratello, cosa aveva risposto alle nostre domande, cosa aveva disegnato e mostrandoci le foto di gite e vacanze ci indicava quelle in cui era presente il fratello.
Filippo si presentava come il componente meno sicuro e psicologicamente meno maturo che per queste sue caratteristiche tende a mantenersi all’interno del "sistema gemellare" e realizzare le proprie tendenze attraverso l’altro della coppia che fa quindi da tramite tra il fratello e l’ambiente. Questa differenza di struttura caratteriale che può essere definita anche sottolineando il rapporto di dominanza-sottomissione o la presenza di un membro "passivo" e un altro "attivo", deve essere presa in considerazione come elemento potenzialmente patogeno nella relazione gemellare. Nel momento in cui abbiamo proceduto con un tentativo di lenta ma progressiva separazione della coppia gemellare, Filippo ha riportato i maggiori cambiamenti positivi, la maggiore indipendenza dal fratello gli ha permesso di sfruttare sempre di più le proprie potenzialità.
Luca ha risentito più negativamente del parziale allontanamento dal fratello, venendo probabilmente a mancare parte della gratificazione narcisistica.
Ci è sembrato altrettanto importante conservare in parte, attraverso la definizione di momenti di vita comuni dei due fratelli, quella relazione elettiva e per alcuni aspetti speciale che era presente nella coppia considerandola insieme ad altri Autori, un elemento protettivo nei confronti di sentimenti di isolamento e solitudine. (14)
Dovessimo cercare di introdurre un nuovo concetto, che non corrisponde propriamente a quello di specularità o di identificazione reciproca, parleremo qui di complementarietà. Questo procedimento psichico consiste nel fatto che l’uno dei membri della coppia mette in atto attitudini, vissuti e comportamenti che sarebbero difficili al secondo membro, mentre il secondo membro interviene colle proprie attitudini che il primo membro a sua volta non possiede. Solo così, con l’integrarsi delle due parti complementari, l’identità si costituisce: ciò rende ragione delle difficoltà separative, in quanto ognuno dei membri deve accettare di rinunziare in parte ai funzionamenti posseduti dall’altro: ne consegue che assieme i due hanno un’identità compiuta; separati le loro identità devono necessariamente cambiare abbastanza radicalmente. La loro attività si coniuga non con il plurale (se due) o con il singolare (se uno), ma con una modalità che richiederebbe l’uso del duale, che alcune lingue possiedono (greco e russo).
Si spiega così come la separazione produca risultati migliori e minori danni in Filippo, in possesso di atteggiamenti più adatti all’integrazione, e si realizzi con maggiori difficoltà in Luca, personaggio con attitudini complementari meno utilizzabili nel vivere autonomo.

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