La soddisfazione del paziente nei confronti dei Servizi per la salute mentale è diventata, nell’ultimo quarto di secolo, un elemento di crescente importanza sia come obiettivo del trattamento, sia come punto di riferimento nella valutazione dei risultati terapeutici, sia, infine, come elemento chiave nella valutazione dell’efficienza dei Servizi.

Il problema della valutazione della soddisfazione del paziente ha trovato nei paesi anglosassoni un favorevole terreno di coltura perché la gestione della salute (compresa quella mentale) è, in quei paesi, più strettamente vincolata a criteri di efficienza, sia nel pubblico che nel privato, e per gli amministratori, che tendono ad aumentare la produttività ed a migliorare la qualità dei servizi, uno degli elementi principali di giudizio è il grado di soddisfazione dell’utente. L’enfasi posta sul fatto di mettere in primo piano l’utente e l’apparente semplicità e facilità di valutarne la soddisfazione, è sembrata un’idea interessante ed ha spinto un numero crescente di ricercatori a cercare di oggettivare la soddisfazione dei pazienti rispetto alle prestazioni ricevute, spesso utilizzando questionari personali che, quasi sempre, riportavano alti livelli di soddisfazione da parte degli utenti.

Non si può certamente disconoscere l’importanza che il grado di soddisfazione (espresso o meno) ha sia per i pazienti (aderenza ai protocolli terapeutici, regolarità delle visite di controllo, ricorso tempestivo al Servizio in caso di riacutizzazione o di ricaduta, suggerire ad altri con problemi di ricorrere a quel Servizio, eccetera), sia per il Servizio (protocolli terapeutici, modalità di erogazione dei servizi, atteggiamento del personale, eccetera), e tuttavia una sua valutazione oggettiva ed attendibile non è facile per una serie di problemi concettuali e pratici — di cui faremo qui un breve cenno — che si riflettono sugli strumenti di valutazione disponibili che presentano, perciò, alcuni limiti.

IL CONCETTO DI "SODDISFAZIONE"

Lebow (1982) ha definito la soddisfazione come "la misura in cui il trattamento soddisfa i bisogni, le aspettative ed i desideri dell’utente".

Se andiamo a consultare un dizionario, troviamo che il termine "soddisfare" ha diversi significati:

  • accontentare qualcuno realizzandone le richieste, i bisogni, le esigenze
  • far contento qualcuno
  • rispondere a determinate condizioni o richieste
  • trovare adeguato, sufficiente per
  • esaudire o soddisfare una richiesta
  • compiacere qualcuno.

In questo contesto non dobbiamo prendere in considerazione i significati che implicano piacere, desiderio o appagamento, ma quelli che si riferiscono alla "risposta ai bisogni" per cui la "qualità" del Servizio deve essere nell’ottica della conformità ai bisogni dell’utente.

La nostra attenzione deve essere perciò rivolta ai bisogni dei pazienti e la nostra preoccupazione deve essere quella di verificare che è stata data loro una risposta.

Il concetto di "soddisfazione dell’utente" è derivato dalla filosofia dell’economia di mercato, nella quale il "consumatore" ha un ruolo centrale. È chiaro che questo concetto non può essere trasferito automaticamente nel contesto dei Servizi psichiatrici (o, più in generale, nei Servizi per la salute) per i quali l’utente non è il diretto equivalente dell’acquirente.

Nel libero mercato, infatti, l’utente ha, generalmente, la piena libertà di accesso ai beni (o ai servizi) offerti, dispone di più opzioni ed ha maggiori informazioni per poter orientare la propria scelta, è sostanzialmente libero di scegliere (o di non scegliere) tra le offerte del mercato, può cambiare la sua scelta, eccetera, mentre nel campo dei servizi per la salute (e per la psichiatria in particolare) tutte queste possibilità (libertà di scelta, grado di informazione, opzioni disponibili, eccetera) sono molto ridotte quando non del tutto assenti.

E quando le informazioni sono carenti, quando mancano degli standard di confronto, è facile giudicare soddisfacente qualsiasi cosa si riceva; nel settore della salute in particolare l’utente tende ad essere grato per qualsiasi prestazione ricevuta: prestazioni anche carenti sono sempre meglio che nessuna prestazione.

Nel settore della salute l’utente riceve dei servizi che sono stati specificamente predisposti per venire incontro ai suoi bisogni e questo sottolinea chiaramente il ruolo centrale che il paziente ha in questo settore a scapito di altri soggetti, che possiamo definire come utenti indiretti, come i familiari, gli operatori che si occupano del soggetto, ma anche la società nel suo insieme che può trarre benefici da una maggiore consapevolezza dei problemi psichici.

Ma cerchiamo di precisare meglio il concetto di "soddisfazione" in riferimento ai Servizi psichiatrici. C’è da dire preliminarmente che mancano delle teorie sociopsicologiche ben definite della soddisfazione, anche perché la soddisfazione è di per sé difficile da concettualizzare e perché ciascuno ne ha un proprio concetto in rapporto alle proprie esperienze ed al proprio background socioculturale. Questa soggettività, che rende difficile la formulazione di definizioni generalmente accettabili, è però inscindibile dal concetto di soddisfazione poiché è l’unica possibilità di cogliere il giudizio diretto dell’utente, il quale è, comunque, l’obiettivo dei nostri sforzi terapeutici.

Il modello concettuale più comune è il "gap model" per il quale la soddisfazione è la risultante cognitiva ed emotiva del confronto fra le aspettative e l’esperienza reale (Oliver, 1979). Secondo questo modello si ha la soddisfazione se l’esperienza è uguale o maggiore rispetto alle aspettative, l’insoddisfazione se l’esperienza non è pari alle aspettative. Al "gap model" si rifanno modelli teorici di diversa complessità, da quelli molto semplici a quelli molto complessi, nei quali entrano molteplici fattori. Questo modello si presta comunque a critiche poiché, ad esempio, è difficile pensare che un soggetto abbia aspettative realistiche circa i Servizi se non è mai entrato in contatto con essi o se ha avuto soltanto contatti limitati.

La mancanza di uno standard di confronto induce generalmente a percepire qualsiasi cosa si riceva come soddisfacente, perciò l’utente può dire di essere soddisfatto pur avendo ricevuto molto poco dato che, se non conosce altre possibilità o alternative, ha in genere

aspettative molto modeste. Nel campo della salute inoltre, come abbiamo detto sopra, anche una prestazione carente è comunque meglio di nessuna prestazione. Ad ogni modo, anche se il rapporto fra aspettative ed esperienza ha un ruolo centrale nella definizione della soddisfazione, non è certamente l’unico elemento in gioco ed è ragionevole pensare che intervengano altri fattori a modulare gli effetti di questo rapporto.

La maggior parte degli Autori propone un modello multidimensionale della soddisfazione, anche se l’accordo non va oltre l’identificazione di un fattore generale accompagnato da un numero diverso (da 2 a 9) di fattori specifici. Elbeck e Fecteau (1990) hanno invece identificato due fattori chiave, uno, più importante, rappresentato da quello che chiamano il "supportive care", cioè le buone relazioni interpersonali fra il paziente e lo staff, ed uno rappresentato dalla "behavioural autonomy", il mantenimento, cioè, dell’autonomia comportamentale. Altre ricerche hanno indicato come elementi fondamentali per la soddisfazione, ora l’ambiente fisico, l’atmosfera, ora le caratteristiche comportamentali e le capacità professionali del personale, ora le caratteristiche dell’intervento, eccetera, variamente articolati tra loro.

In realtà la soddisfazione non è altro che un concetto derivato, soggetto a definizioni diverse in rapporto alle persone ed ai tempi, e le sue determinanti sono multidimensionali e contesto-specifiche.

L’UTENTE COME VALUTATORE

È ovvio che, essendo la soddisfazione un qualcosa di squisitamente soggettivo, la valutazione non può essere fatta che dall’utente. Eppure molti Autori esprimono forti perplessità circa la capacità dell’utente di fornire una valutazione dei Servizi. Le obiezioni a delle critiche più comuni sono che:

  • il concetto di soddisfazione è troppo generico per fornire una guida affidabile sul reale significato del giudizio del paziente;
  • il paziente non ha un livello adeguato di conoscenze per dare un giudizio informato e consapevole su interventi molto complessi e/o squisitamente tecnici;
  • la soddisfazione può essere in rapporto più con le modalità di erogazione del servizio piuttosto che con la sua reale efficacia terapeutica;
  • il conferire al soggetto il doppio ruolo di paziente e di utente può creare confusione e portare ad una fuorviante reinterpretazione del complesso rapporto tra paziente e terapista;
  • i pazienti tendono ad esprimere un elevato livello di soddisfazione praticamente in tutte le aree della vita su cui vengono richiesti di dare una valutazione;
  • spesso, quando si chiede a qualcuno di dare un giudizio su qualcosa, la richiesta stessa provoca un atteggiamento più favorevole ed influenza quindi positivamente il giudizio;
  • il paziente può dichiararsi soddisfatto solo perché, in pratica, non conosce le alternative disponibili;
  • molti pazienti non riescono a distinguere la soddisfazione per come il servizio viene prestato da quella per l’adeguatezza del servizio;
  • le risposte del paziente possono essere espressione di pensieri poco meditati, faziosi, volubili;
  • se il giudizio è richiesto nel corso del trattamento, la risposta del paziente può essere viziata dal timore di offendere persone (e di ricevere quindi ritorsioni) che hanno potere su di lui;
  • se il giudizio è chiesto a distanza di tempo dall’interruzione del rapporto, il giudizio può essere viziato (positivamente o negativamente) dagli esiti clinici del trattamento;
  • i giudizi delle persone sono spesso legati alle circostanze e possono perciò cambiare in rapporto al mutare delle circostanze stesse;
  • il grado di soddisfazione può essere in rapporto più al livello culturale ed alle aspettative del soggetto che non all’esperienza attuale di per sé;
  • la soddisfazione non è importante essendo l’efficacia del trattamento l’unica determinate per un esito positivo;
  • la soddisfazione è una misura del transfert nei confronti del terapista piuttosto che la valutazione di specifici aspetti dei servizi prestati.

Non si può negare che ognuna di queste critiche contenga una parte di verità e tuttavia esse non bastano ad invalidare il giudizio dell’utente.

È probabile, peraltro, che queste remore e queste obiezioni siano, almeno in parte, il prodotto di timori e pregiudizi. Un timore probabilmente diffuso è quello correlato alla suscettibilità professionale, il timore, cioè, che un’indagine sulla soddisfazione possa far emergere una diffusa insoddisfazione circa i servizi ricevuti. Fra i pregiudizi possiamo citare il fatto che gli operatori tendono a considerare i pazienti responsabili di qualsiasi problema si presenti nel corso del trattamento ed attribuiscono le loro lamentele a problemi di transfert piuttosto che a problemi reali del Servizio, del terapeuta o del trattamento. Un altro pregiudizio, ancora diffuso, è quello secondo il quale il paziente sarebbe incapace di giudicare gli interventi a causa della compromissione del suo stato mentale al momento del trattamento.

In realtà sono numerose le ricerche che dimostrano l’infondatezza di questo pregiudizio e documentano, invece, che questi pazienti sono in grado di capire e di valutare i diversi aspetti del processo terapeutico, di distinguere le diverse componenti del comportamento degli operatori (la competenza, la gentilezza, la disponibilità, eccetera) e di saperle usare nella formulazione dei giudizi. Lebow (1983) ha osservato che i criteri su cui si basa la soddisfazione del paziente sono addirittura gli stessi che vengono considerati importanti per l’efficienza di un Servizio e, cioè, gli anni di esperienza, la motivazione e la stretta supervisione medica degli operatori.

Una ricerca di Sheppard (1993) ha mostrato che la soddisfazione degli utenti è correlata alle capacità di rapporto interpersonale, come la comunicazione, l’empatia, la mancanza di pregiudizi, la sincerità, la capacità di ascolto, ma numerosi sono gli studi che hanno documentato l’importanza del rapporto medico/paziente e la sua stretta correlazione con la soddisfazione (Stallard, 1994).

La percezione della qualità dei servizi ricevuti è fortemente correlata con le aspettative del paziente, per cui la sua soddisfazione non è, in certa misura, una valutazione oggettiva della qualità del Servizio; inoltre, la valutazione della soddisfazione deve essere considerata complementare e non alternativa alla valutazione delle altre variabili in gioco (la psicopatologia, l’adattamento sociale, la qualità della vita, eccetera). Pertanto, fermo restando che la

soddisfazione del paziente è un elemento importante del trattamento, deve essere chiaro che essa non può e non deve essere l’obbiettivo principale del Servizio, così come lo psichiatra non deve sentirsi minacciato dalla valutazione della soddisfazione del paziente, né sentirsi in dovere di accogliere tutte le richieste del paziente per essere giudicato positivamente, dovendo indirizzare la sua azione all’interesse generale del paziente e non alla situazione contingente su cui si basa la soddisfazione.

Non si deve dimenticare, infatti, che non sempre è possibile, giusto o terapeuticamente corretto soddisfare le richieste del paziente e che in molti casi l’insoddisfazione può essere considerata un effetto collaterale, transitorio, del trattamento, spiacevole ma indispensabile; se siamo certi di questo, è necessario parlarne con il paziente in modo da rassicurarlo sul fatto che le sue aspettative sono prese in considerazione anche se le esigenze del trattamento ne impediscono al momento un più completo soddisfacimento. Se invece l’insoddisfazione si protrae nel tempo, è necessario porsi il problema della reale efficacia del trattamento e riconsiderare le strategie di intervento.

Nella valutazione dell’operatività di un Servizio psichiatrico, pertanto, la soddisfazione del paziente è una variabile importante, ma è, chiaramente, solo una delle variabili da prendere in considerazione, è una componente importante e necessaria, ma non è sufficiente a dare, da sola, la misura dell’efficienza e della qualità del Servizio.

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Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici