Le due notizie arrivano in contemporanea. La prima riguarda “flibanserin”, una sostanza supposta capace di aumentare il desiderio erotico femminile: a partire dal 17 Ottobre sarà messa in vendita come medicinale negli Stati Uniti. La seconda è un un rapporto ufficiale della Società di Psicologia Britannica che dichiara la non esistenza di “una chiara linea divisoria tra psicosi e altri pensieri, sentimenti e credenze”. Di conseguenza, la psicosi “può essere capita e trattata allo stesso modo di altri problemi psicologici come l’ansia e la tristezza”.
Si tratta, in entrambi i casi, di fatti collegati a interessi di parte. Nel primo caso, dalla commercializzazione di flibanserin si aspettano forti guadagni: la casa che l’ha prodotto è stata acquistata per un miliardo di dollari. Nel secondo caso, dietro il comunicato della Società di Psicologia Britannica agisce la potente lobby della psicoterapia cognitivo-comportamentista, l’unica ad essere espressamente citata dai fautori di una cura che risolverebbe la questione della sofferenza psicotica semplicemente negandone la peculiarità e quindi l’esistenza.
La commercializzazione del flibanserin è oggetto di critiche severe. Si contesta la possibilità di prescrizione di un medicinale al quale non corrisponde una malattia chiaramente definita come tale. Il “disturbo di desiderio sessuale ipoattivo”, associato al nuovo farmaco, è un’invenzione pura. Il flibanserin, che agisce sul sistema nervoso centrale come psico-stimolante, sarà di fatto usato come rimedio generico alla frigidità femminile, come afrodisiaco dotato di credenziali statali.
L’equiparazione dell’angoscia psicotica all’ansia e alla tristezza è ugualmente priva di validità clinica. Le crisi d’ansia sono manifestazioni di malessere psichico acuto (uno stato di paura senza oggetto o di paura sproporzionata alla sua apparente causa). Estrinsecano la presenza di un conflitto interiore che ruota attorno alla rimozione di una parte significativa del proprio desiderio. Emergono nei luoghi problematici della storia del soggetto, dove il passato irrompe nel presente come portatore di una continuità dell’esperienza, senza la quale non è possibile alcun cambiamento/movimento vero.
L’ansia è domanda dolorosa di riappropriazione della propria storia come condizione di appropriazione del futuro. La posta in gioco è la riapertura dell’essere nel punto in cui la protezione di sé è diventata chiusura nei confronti dell’altro. L’angoscia psicotica ha, invece, un effetto profondamente destrutturante sull’apparato psichico che sfocia nella sua deformazione. Nei momenti più acuti può essere contenuta solo mediante dosi massicce di tranquillanti maggiori. Indica la presenza di un buco nella soggettività, che cancella il conflitto tra rimozione e ritorno del rimosso e la dialettica della relazione con l’altro. Non può essere esperita che come vissuto di minaccia mortale, perché non è storicizzata e incombe come disordine non elaborabile, sempre “attuale”.
Né il flibanserin risolverà la frigidità femminile, né le prescrizioni comportamentali e il “pensare positivo” allevieranno l’angoscia psicotica. Questi marketing spregiudicati stanno diffondendo, essendone parte, un modo di pensare che scotomizza il malessere di sé e degli altri. Una droga mentale che stordisce la coscienza, sospendendo la memoria. Non importa la cura dei propri sentimenti, la soggettivazione dei loro conflitti o il superamento dei loro vuoti. È sufficiente obliare la loro storia, vivere in un’illusione perpetua, in un presente fermo, che presenza non è, perché decreta l’assenza del soggetto.
N.U.P. , quarta favola di
N.U.P. , quarta favola di Natale
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