Percorso: Home 9 Rubriche 9 OLTRE IL SENTIERO DORATO 9 Ondina

Ondina

14 Feb 22

A cura di dolorescelona

“Sembrava che volesse piangere, ma le sirene non hanno lacrime e per questo soffrono molto di più.”

(La Sirenetta, H.C. Andersen)
 

Vent’anni.

Occhi grandi, neri e penetranti. Pelle candida come un raggio di luna, i capelli del colore del mare.

Bella e accattivante come una sirena nel mare della solitudine.

Proprio come una sirena oscilla tra la bellezza e la paura, tra il reale e l’immaginario, tra la vita e la morte. Percorre le strade della città attirando con la sua seducente giovinezza gli sguardi di chi passa.

Come l’ondina di Andersen non ritiene di avere un’anima, è sicura di poterla ottenere solo se amata.

Legge la bellezza altrui completamente ignara del fascino che sprigiona al suo passare.

Si definisce doppia diagnosi, border, Asperger e, più in generale, un po’ matta. 

Teme che gli altri abbiano paura di lei rifuggendo l’idea di provare paura degli altri.

Desidera amare ed essere amata. Al contempo, non riesce ad accettare l’amore.

Vorrebbe un posto dove sentirsi accolta, allo stesso tempo rifiuta ogni possibilità di accoglienza mettendo avanti il muro della diffidenza per preservarsi da un possibile rifiuto.

Ogni volta che parla, un’esplosione di emozioni riempie la stanza, permeando le pareti del suo dolore.

Dal suo punto di vista l’unico contenitore del suo disagio pare essere il farmaco, che ricerca con bramosia ma che porta come unico risultato l'acuirsi della rabbia nei confronti di un mondo respingente. Il suo “manicomio chimico” (come direbbe Cipriano) non le basta.

Non si sente nè pesce nè umana, non sente di appartenere nè al mare nè alla terra.

E’ convinta che gli altri la possano apprezzare solo se adeguandosi al  loro contesto ma puntualmente, la sua unicità la allontana.

Nel mare, culla della vita quanto insostenibile abisso, non si riconosce. D’altronde, essere umani, per lei, è letteralmente come camminare sui coltelli.

L’amore e l’accettazione dal suo punto di vista passano necessariamente per una sofferenza insopportabile, che non può essere libera di manifestare se non attraverso il corpo. Una diagnosi di malattia è fondamentale per incasellare la sofferenza che prova e renderla socialmente accettabile.

Ma limitare se stessa per farsi amare non può davvero aiutarla ad essere felice. Mutilarsi le riporta tutta la frustrazione di non riuscire ad esprimere il suo amore reale e sincero, amore impossibile perché distruttivo.

Nell’accettare il dolore di avere le gambe, per camminare in un mondo che per metà le appartiene, si cela un desiderio ben più recondito destinato ciclicamente a fallire e a rimanere frustrato.

Come può una donna realizzare se stessa, riconoscere la pienezza della sua identità, senza la possibilità di espressione e dovendo sperare nell’amore di qualcun altro per stare al mondo e avere un’anima immortale?

Alla fine reputa che sia meno doloroso rinunciare ad essere se stessa attorno agli altri, ritrovandosi nella solitudine, tramutandosi in schiuma del mare, a metà ancora tra mondo umano e mondo degli abissi, per abbandonarsi alle lacrime che fino ad ora si erano disperse, non viste, come gocce nell’oceano.
 

Immagine: l'ondina Lorelei in un dipinto del pittore tedesco Emil Krupa-Krupinski (1872–1924).

 

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1 commento

  1. nikkopsi887

    La scrittura della giovane
    La scrittura della giovane collega Dolores è veramente dolce e soave e lascia spaziare la mente pindaricamente. Si nota in particolare il fatto che per delineare un caso clinico metta nella narrazione gli elementi transferali e controtransferali descritti con un tatto non comune. Tutti questi complimenti non per piaggeria o adulazione ma per sottolineare come le “passioni fragili” seguendo l’insegnamento del professor Borgna devono essere descritte e vissute facendo riferimento anche alle proprie isole di sofferenza interiore (per comprendere quelle altrui)
    Un caro augurio di ogni bene Dolores e continua ad allietare noi lettori con la tua dolce penna.

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