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IL RE SELVAGGIO. GEORG GRODDECK AI CONGRESSI PSICOANALITICI

17 Mar 24

Di Andrea Castiello D'Antonio
Questo appassionato e approfondito studio su alcuni passaggi dell’opera di Georg Groddeck si inserisce nei percorsi di ricerca di Michele M. Lualdi, noto culture di storia della psicoanalisi e autore di diversi saggi storiografici di grande interesse. Accanto al nome di George Walther Groddeck generalmente si legge padre della medicina psicosomatica ma questa definizione, sicuramente corretta, non esaurisce l’ampio contributo che il medico tedesco ha offerto al pensiero scientifico e professionale del Novecento, posto a cavallo tra le discipline psicologiche e psichiatriche, la psicoanalisi e la medicina.

Il testo di cui parliamo si compone di due grandi sezioni e ha l’obiettivo principale di presentare i contributi di Groddeck ai congressi dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale, molti dei quali inediti e qui tradotti dal tedesco per la prima volta, oltre a esporre un ampio e dotto commento su una famosa frase da sempre attribuita al medico tedesco: “Sono un analista selvaggio!”.

In Premessa l’autore spiega le vicissitudini di questo saggio e il suo sviluppo in una direzione che, di fatto, lo ha reso ancora più ricco e completo rispetto alle intenzioni iniziali sia dell’autore sia dell’editore che a suo tempo si era proposto per la pubblicazione.

La prima parte inizia con il richiamare il Groddeck che appare sulla scena psicoanalitica al Congresso internazionale de L’Aia del 1920, il VI Congresso internazionale della Internationale Psychoanalytische Vereinigung e il primo a cui il medico tedesco prendeva parte. L’indagine è condotta al fine di stabilire la verità storica della famosa frase di Groddeck interrogando una miriade di fonti e di documenti e giungendo infine alla conclusione che – come in ogni corretta recensione di un romanzo giallo – qui non svelerò. Ciò che invece è da svelare e, anzi, da dichiarare è il percorso che questa indagine ha comportato e cioè l’ampliamento del campo di interesse e di approfondimento tale per cui si perde quasi l’idea di dove si vuole arrivare, tante sono le scoperte, le precisazioni, le annotazioni, i confronti e le riflessioni che lungo il sentiero scaturiscono dalla penna di Lualdi.

Partendo da alcune considerazioni concernenti l’epistolario Freud-Groddeck si giunge al terzo capitolo del testo in cui si punta l’attenzione sul settembre del 1920 e, anche attraverso la consultazione di periodici psicoanalitici del tempo in lingua tedesca, si giunge a stabilire che il medico tedesco “parlò senza seguire un testo prestabilito (o perché non lo aveva preparato o perché era nel suo stile parlare a braccio) e per un motivo o per un altro non fece una buona impressione ad Anna Freud, presente ai lavori, come ospite” (p. 71). Con la traduzione del testo che Groddeck elaborò per la successiva pubblicazione (Sulla psicoanalisi dell’organico nell’uomo) che riporta il suo discorso al congresso de L’Aia si apre il quinto capitolo in cui è riportato il tributo che il neurologo e psicoanalista Ernst Simmel (nato a Breslavia il 4 aprile 1882 e deceduto a Los Angeles l’11 novembre 1947) volle indirizzare a Groddeck per il suo sessantaseiesimo compleanno.

Nella seconda parte del libro l’investigazione si completa e, allo stesso tempo, si approfondisce, prendendo in esame i contributi di Groddeck ai successivi congressi psicoanalitici, mantenendo sempre una netta distinzione tra la ricostruzione degli avvenimenti rispetto alle ipotesi esplicative e le interpretazioni che possono dar ragione di ciò che è esposto. Lo start è dato dal Salisburgo 1924, cioè dall’VIII Congresso psicoanalitico internazionale che, appunto, si svolse a Salisburgo nell’aprile del 1924 (un secolo fa!): “quello di Salisburgo fu per eccellenza l’incontro mancato tra i due uomini… che andavano ognuno dritto per la propria strada: Freud necessitato a seguire suo malgrado l’inesorabile via tracciata dal cancro alla mascella, bisognoso di cure e di interventi spesso invasivi; Groddeck, invece, tutto teso a rivendicare il suo ruolo di leader, di analista-cacciatore selvaggio diverso da tutti gli altri” (p. 173).

L’anno successivo, nel 1925, al congresso di Bad Homburg Groddeck terrà un discorso ufficiale ma anche un altro discorso molto meno noto. Entrambi sono tradotti e commentati accuratamente da Lualdi e, per dare un’idea della visione acuta, certamente romantica, ma anche (direi) umanamente e profondamente medica dell’essere umano che nutriva Georg Groddeck, basti riportare un brano dal suo intervento al congresso dal titolo L’Es e la psicoanalisi: “L’Es non parla solo tramite la parola. Ogni forma dice qualcosa: il naso grosso, la bocca aperta, grande, il pollice piatto, l’arcata sopraccigliare, il taglio dei capelli, il modo di mangiare, di bere, di respirare, la profondità del sonno, la postura del corpo, ogni movimento, l’odore che emaniamo, il calore della nostra pelle, il timbro della voce, il cambiamento in tutto. I nostri gesti, i nostri sentimenti, il disgusto, l’amore, tutti questi sono modi di parlare, forme di espressione dell’Es” (p. 213). Segue, come si è sopra anticipato, la traduzione del cosiddetto Discorso al dessert che fu pronunciato nel corso del banchetto del IX Congresso internazionale di psicoanalisi di Bad Homburg (1925).

Il volume si chiude con una Appendice dal titolo Ulteriori addenda all’epistolario Sigmund Freud – Georg Groddeck.

Si deve pensare che stiamo parlando di un saggio di ricerca e di commenti-riflessioni di oltre 300 pagine, forte di ben 613 note a piè di pagina, denso di rimandi alla letteratura internazionale, arricchito da una poderosa e completa Bibliografia, da ampi e utilissimi Indici (un indice analitico e uno dei nomi) e da diverse immagini e foto storiche.

Georg Groddeck è nato il 13 ottobre del 1866 a Bad Kösen ed è scomparso l’11 giugno 1934 a Knonau, in Svizzera. Di lui sono pubblicati in italiano diversi volumi il più noto dei quali credo sia Il libro dell’Es. Lettere di psicoanalisi a un’amica, un testo del 1923, uscito nella bella collezione dell’editore Adelphi nel lontano 1966 (fu uno dei primi volumi, il n. 8, della Biblioteca Adelphi) insieme ad altri – come Lo scrutatore d’anime. Un romanzo psicoanalitico; un libro che, ricordo, alcuni vecchi analisti consigliavano alle signore-bene, un po’ annoiate e un po’ ansiose, che chiedevano cosa leggere per avvicinarsi alla psicoanalisi. Ma purtroppo Groddeck è da tempo un autore, una persona, un medico, uno psicologo, uno psicoanalista, un curatore di menti e corpi malati o instabili – basti pensare al suo meraviglioso scritto dall’acronimo evocativo NASAMECU, Natura Sanat, Medicus Curat (anche questo tradotto in italiano a suo tempo, ma oggi praticamente irreperibile) – del tutto dimenticato, persino nei trattati di medicina psicosomatica – vedi, su queste pagine, la Prefazione di Giancarlo Stoccoro all’edizione italiana della bella biografia Georg Groddeck. Una vita http://www.psychiatryonline.it/node/3803 tradotta da Il Saggiatore nel 2005.

Tornando, infine, all’opera dell’autore-curatore, Michele Lualdi, psicologo e psicoterapeuta a indirizzo psicoanalitico, si ricorda nell’ambito della sua vasta produzione la traduzione di diversi scritti neurologici di Freud, tra cui i tre volumi sulle paralisi cerebrali infantili, e la cura redazionale dell’importante e recente biografia scritta da P.-A. Alt, Sigmund Freud. Il medico dell’inconscio. Una biografia, pubblicata da Hoepli nel 2022.

La ricca documentazione prodotta da Michele Lualdi è reperibile nel suo sito web

https://ilpassopsicoanalitico.blogspot.com/

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