TRACY MC FARLANE

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14 gennaio, 2013 - 19:02

di Katia Manduchi

 

Durante la mia permanenza presso il Toronto General Hospital ho avuto l’occasione di intervistare la psicoterapeuta Tracy Mc Farlane, autrice del Manuale di auto-aiuto "Overcoming bulimia" ed. New Harbinger e psicoterapeuta appartenente al team della dr. Marion Olmsted.

Ci siamo confrontate a proposito sia delle nuove prospettive terapeutiche per il trattamento dei Disturbi Alimentari (d.c.a.) sia delle nuove ricerche che stanno avendo luogo in Canada, presso le più importanti cliniche universitarie di Toronto ed in collaborazione con alcune università europee.

 

Dott.Katia Manduchi : Quali sono le prospettive per migliorare il trattamento dei d.c.a. secondo lei?

Dott.Tracy .Mc Farlane: Per quello che riguarda il trattamento in regime di day—hospital dei d.c.a., stiamo pensando di aggiornare il trattamento verso una maggiore individualizzazione.

Ritengo opportuno prendere in considerazione la crescente presenza di comorbidità ,in questo tipo di pazienti, valutabile sin dalla fase iniziale di diagnosi.

In questa direzione stiamo lavorando nell’ottica di sviluppare un trattamento "tagliato" su misura per quello che riguarda tali problematiche che sia maggiormente individualizzato.

La considerazione da cui vorremo partire è che data la correlazione tra il disturbo alimentare e altri comportamenti problematici(ad es.autolesionismo, abuso di sostanze, alcolismo, etc..etc..) un trattamento specifico ed individualizzato di questi ultimi, potrebbe aiutarci nel migliorare i risultati a lungo termine e di conseguenza diminuire i tassi di drop-out e di ricaduta che ci sembrano ancora troppo alti.

Dott.K.M.: Quindi la vostra attenzione per il futuro è indirizzata verso un trattamento che comprenda interventi sia di gruppo che individuali?

Dott.T.M: Sì. La percentuale delle pazienti che a tutt’oggi hanno difficoltà a mantenere i risultati nel tempo ci appare ancora alta (circa il 40%).

Considerando la persona nella sua globalità, è di importanza centrale per sostenere un cambiamento che prosegua nel tempo, un trattamento che comprenda interventi specifici su quelle che possono essere le altre difficoltà della paziente.

Dott.K.M.:Ritiene importante un protocollo iniziale di diagnosi che comprenda una valutazione globale della persona che si rivolge al vostro centro?

Dott. T.M.:Fondamentale. Per questo il nostro team è composto da figure professionali differenti che possano individuare nella fase di diagnosi iniziale sia l’entità del d.c.a. che altre problematiche compresenti.

Dott. K.M.: Mi sembra un’ottima prospettiva per centrare meglio un trattamento che miri ad un miglioramento globale della persona. Per quello che riguarda le fasi successive del trattamento, in Italia a tutt’oggi si considerano nelle fasi successive a quella iniziale di trattamento, tematiche quali: l’ immagine corporea e l’autostima. Ho potuto osservare che ve ne occupate nelle sessioni di terapia di gruppo. Lei le considera importanti all’interno del percorso terapeutico?

Dott. T.M.: Certamente. Il concetto di autostima della donna e di immagine corporea sono estremamente collegati. I fattori sociali e culturali sono sia un fattore di mantenimento che di rischio per lo sviluppo di questo tipo di problemi

Dott. K.M.: A questo proposito ritiene efficace un approccio di gruppo?

Dott. T.M.: Al momento troviamo efficace un confronto di gruppo a proposito di questi aspetti della vita delle pazienti che in questo modo lavorano insieme su situazioni che spesso si trovano ad affrontare fuori dal centro.

Ogni donna infatti è sottoposta alla pressione sociale verso la magrezza ma in momenti di particolare difficoltà può assumere eccessiva importanza l’idea irrazionale di controllare il proprio aspetto ed il proprio peso,tanto da mettere in atto comportamenti disfunzionali nel rapporto con il cibo ed il proprio corpo,come soluzioni per affrontare i problemi e i cambiamenti della vita quotidiana.

Dott. K.M.: Nella mia pratica clinica ho potuto notare che spesso queste pazienti sono particolarmente esposte nell’età dell’adolescenza o in momenti nei quali si trovano ad affrontare cambiamenti corporei, ritiene che questi siano momenti significativi sui quali porre attenzione durante il trattamento?

Dott. T.M.: Sì. Il cambiamento e la crescita del corpo della donna, come l’evoluzione del suo ruolo all’interno della nostra società , sono temi centrali per le ricerche future e per futuri sviluppi terapeutici.

Dott. K.M.: Che cosa ne pensa di un collegamento tra l’autostima della donna ed il controllo del suo corpo? Mi spiego meglio: crede che ci sia uno "schema-centrale" che si riferisce a questo?

Dott. T.M: La ricerca di cui mi sto occupando e sulla quale presenteremo un poster al convegno internazionale per d.c.a. in Australia, considera la misurazione di questa correlazione come un indice che possa indicare le pazienti maggiormente a rischio di ricaduta.

Dott. K.M: Può descrivermi brevemente questo studio?

Dott. T.M.: Partendo dal concetto di WBSE (weight-based self esteem) cioè che un’autostima basata sul peso sia uno schema cognitivo disfunzionale, nei d.c.a., questa sopravvalutazione del peso e dell’immagine è trattata inadeguatamente durante il trattamento e può essere considerata un fattore predittivo per la ricaduta , come è stato suggerito dalle ricerche di Fairburn (1993;2003).

Dott.K.M: Quali sono stati i metodi che avete utilizzato in questa ricerca?

Dott. T.M.: Sono state coinvolte 70 pazienti (17 con diagnosi di anoressia nervosa, 27 con diagnosi di bulimia nervosa;26 con diagnosi di ednos) in remissione dei sintomi (B.M.I. intorno a 20, assenza di sintomi del disturbo alimentare da 28 giorni). Queste sono state esposte ad un’attivazione emotiva negativa e a stimoli che attivavano preoccupazioni sull’immagine corporea.

Per indurre l’umore negativo alle partecipanti è stato chiesto di ascoltare una musica triste e riflettere su un ricordo negativo( Miranda & Persons,1988).

Per attivare una preoccupazione sul corpo è stato chiesto di pensare ad un momento in cui si sono sentite grasse o molto insoddisfatte con il loro corpo.

I risultati che abbiamo raggiunto con questa ricerca hanno evidenziato che questo schema centrale legato al rapporto autostima-immagine corporea non è direttamente correlato ad una caratteristica di "personalità o di tratto" della paziente, ma che può essere attivato da eventi stressanti esterni.

Per questo può essere un fattore di vulnerabilità che può portare ad una ricaduta.

Seguendo questi risultati, sono in fase di sviluppo i successivi follow-up che ci aiutino ad identificare meglio questa reattività cognitiva specifica.

Dott. K.M.: Quindi il vostro lavoro di ricerca è in continuo sviluppo?

Dott. T.M: Certamente. Stiamo cercando, come altri operatori nel settore in diverse parti del mondo, di migliorare il trattamento cognitivo-comportamentale dei d.c.a.

Negli ultimi 20 anni questo approccio terapeutico ha sicuramente fornito le basi per massimizzare l’efficacia del trattamento con buoni risultati sia a breve che a lungo termine, ma non possiamo prescindere dall’ elevato tasso di drop-uot e di ricaduta che in casi sempre più complessi come quelli che ci troviamo a trattare, spinge noi terapeuti ad andare avanti sia in termini di ricerca che di trattamento.

Il nostro scopo è quello di trovare un trattamento sempre più adeguato ed in evoluzione che aiuti le pazienti a mantenere i risultati nel tempo.

Dott. K.M: Quali sono le prospettive future del vostro Ambulatory Care?

Dott. T.M: La nostra attenzione è centrata sia sul mantenere continue connessioni con i centri di ricerca universitari sia canadesi che internazionali, che sull’aggiornare il nostro programma di trattamento "sul campo".

Credo che la connessione fra ricerca e trattamento sia d’obbligo per migliorare il trattamento di ogni tipo di disturbo, in un’ottica di evoluzione e cambiamento.

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