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SULLA “OSCENITÀ” DEL CONCETTO DI SCHIZOFRENIA

21 Dic 12

Di andreamazzeo2005@yahoo.com.br

"Questo mio io non l’ho mai avuto … 
… il mio io non si è mai sviluppato …
"
"… Devo ancora distinguere la realtà dalla non realtà"

(frammenti di un discorso "schizofrenico")

 

Le rose d’aprile non parlano più

(A.A. – "schizofrenico")

Abstract

 

The author makes a historical review of the concepts of dementia praecox and schizophrenia, analyzing the works of Pinel, Haslam and Morel and citing some of the criticisms which were addressed in that period towards the new disease. Since its birth, dementia praecox/schizophrenia was considered an artificial construct that incorporated different diseases; in that sense, as a concept that includes everything, it is defined as "obscene" according to the thesis of the philosopher Jean Baudrillard. The author proposes to maintain the current nosographic model of Schizophrenia yet considers the conditions listed as independent entities and not as subtypes of Schizophrenia: the author also proposes to rename the group of Primary Psychotic Disorders as "Social Integration Disorders", drawing on an indication from Japanese psychiatry.

Finally, the author proposes, in contrast to the draft of DSM-V, to maintain the current scheme of the classification of Schizophrenia, renamed as Social Integration Disorder, which includes Paranoid Disorder (F20.0x), Disorganized Disorder (F20.1x), Catatonic Disorder (F20.2x), Undifferentiated Disorder (F20.3x) and Residual Disorder (F20.5x). As to the other Psychotic Disorders, the author proposes to rename them as Brief Integration Disorder (F20.8) and Mixed Integration and Mood Disorder (F25.x). The diagnostic and course criteria would remain unchanged, thus laying the foundations for the separate study of each disorder, according to a fundamental methodological recommendation of Jaspers, who stated that: "An equal outcome is not a proof of the identity of diseases".

 

 

 

INTRODUZIONE

 

Il termine schizofrenia si è affacciato sulla scena della psichiatria nel 1911, coniato da Eugene Bleuler (1857-1939), direttore della clinica psichiatrica dell’Università di Zurigo, il Burghölzli, lo stesso ospedale di Griesinger, Forel e Jung. Bleuler in realtà riprese, modificandolo, il concetto di "dementia praecox", espressione utilizzata dallo psichiatra tedesco Emil Kraepelin (1856-1926), docente di psichiatria a Heidelberg e successivamente a Monaco di Baviera, per designare un gruppo di disturbi comportamentali già descritti in precedenza da altri autori, e da lui unificati sulla presunzione del comune esito in demenza. Pur con le debite differenze, il concetto di dementia praecox informa tuttora quello di schizofrenia.

La storia della cosiddetta schizofrenia è fin troppo nota per riparlarne, ma voglio tentare un approccio critico al termine e al concetto stesso di schizofrenia.

 

 

CENNI STORICI

 

Dalla storia della psichiatria (1) apprendiamo che Krapelin non è stato il primo a parlare di "demenza precoce"; l’espressione sarebbe stata coniata da Bénédict August Morel (1809-1873), che avrebbe descritto alcune forme di decadimento psichico in soggetti giovani, accostandole clinicamente alle demenze e denominandole precoci per la precocità della loro insorgenza.

 

Sulla demenza, nel contesto della sua teoria della "dégénérescence", Morel così si esprime, sin dall’introduzione del suo Traité des maladies mentales, (pag VI):

 

Enfin, l’état spécial désigné sous le nom de démence sera la forme teminative des diverses affections mentales, et constituera la classe la plus nombreuse des malades renfermés dans nos asiles.(2)




(Infine, lo stato speciale designato con il nome di demenza sarà la forma terminale delle diverse affezioni mentali, e costituirà la classe più numerosa dei pazienti rinchiusi nei nostri asili).

 

Non una condizione morbosa sulla quale edificare una nosografia ma solo lo stadio terminale delle diverse affezioni mentali, quindi; ove quel "diverse" deve essere letto come "non uguali", "differenti". Del resto Morel, intimo amico di Claude Bernard (3), formato quindi alla medicina sperimentale, mai avrebbe pensato di proporre classificazioni che non poggiassero su solide basi, o di unificare patologie differenti secondo il criterio dell’esito in comune; e infatti più avanti afferma (pag VIII):

 

… je ne rejette pas ni la manie ni la mélancolie, ni les diverses perversions des sentiments; mais je n’en fait pas les éléments de ma classification.(2)

(… non rifiuto né la mania né la melancolia, né le diverse perversioni dei sentimenti; ma non ne faccio gli elementi della mia classificazione).

 

Scorrendo gli indici del Traité di Morel, in particolare quello analitico, il termine démence rimanda alle pagg 274 ed 837; a pag 274 il termine non è citato, ma lo si trova a pag 247 (refuso tipografico?), dove Morel espone il caso clinico di una donna adulta:

 

Il éclata, sur les entrefaits, un délire furieux avec des transformations ultérieure d’une si mauvaise nature, que rien ne put enrayer l’avénement de la démence chez une malade que l’on regardait à juste titre comme une femme supérieure par son intelligence et par ses sentiments.(2)

(Esplodeva, nel frattempo, un delirio furioso con ulteriori trasformazioni di una sì cattiva natura, che nulla poteva fermare l’occorrenza della demenza in una malata considerata, giustamente, come una donna superiore per la sua intelligenza e i suoi sentimenti).

 

Alla pag 837 (siamo verso la fine del Trattato) si trova il capitolo sulla démence, sottotitolato "Démence – Formes terminatives", dove Morel così si esprime:

 

La démence (amentia, dementia) n’est pas, à proprement parler, une forme primitive, c’est plutôt un état terminatif. … Il existe donc, à proprement parler, deux espèces de démence: la démence naturelle, et la démence résultant d’un état pathologique du cerveaux qui a atteint les individus avant l’âge fatale assigné à la continuité et aux progrès de nos aptitude intellectuelles.(2)

(La demenza – amentiadementia – non è propriamente una forma primitiva, è piuttosto uno stadio terminale. … Esistono dunque, … due specie di demenza: la demenza naturale, e la demenza risultante da uno stato patologico del cervello che ha colpito gli individui prima dell’età fatale assegnata alla continuità e ai progressi delle nostre attitudini intellettuali).

 

Conducendo una ricerca nell’indice analitico per il termine précoce si trova solo précocité (de l’intelligence dans ses rapport avec la folie).(2)

 

Morel parla quindi di una forma di demenza quale esito di un processo patologico che colpisce il cervello "prima" dell’età che sarebbe "fisiologica" per l’insorgenza della demenza; non chiama questo stato démence précoce, né unifica i differenti processi patologici, che potrebbero causarla, sulla base dell’esito comune. La storia della psichiatria è quindi in errore quando attribuisce a Morel la prima descrizione di un caso di demenza precoce.

 

Sempre dalla storia della psichiatria apprendiamo che prima di Morel sarebbero stati Pinel in Francia e Haslam in Inghilterra ad avere descritto "quadri clinici caratterizzati dall’insorgenza di un netto cambiamento di personalità in epoca post-puberale, accompagnato da alterazioni dell’affettività, del pensiero e progressivo deterioramento comportamentale" (1).

 

Analizziamo per primi gli scritti di Pinel; il testo più famoso di questo autore è il Traité Médico-Philosophique sur l’aliénation mentale, nel quale Pinel riporta i risultati delle sue ricerche. A pag 6 del Traité si trova questa descrizione dei principali disturbi mentali, come conosciuti alla sua epoca:

 

… la manie, "Un délire plus ou moins marqué sur presque tous les objets s’allie, dans plusieurs aliénés, à un état d’agitation et de fureur", lamélancolie, "Le délire peut être exclusif et borné à une série particulière d’objets, avec une sorte de stupeur et des affections vives et profondes", ladémence, "Certaines fois une débilité générale frappe les fonctions intellectuelles et affectives, comme dans la vieillesse" e infine l’idiotisme, "oblitération de la raison avec des instans rapide et automatique d’emportement").(4)

(… la mania, "Un delirio più o meno improntato su quasi tutti gli oggetti si associa, in numerosi alienati, a uno stato di agitazione e di furore", lamelancolia, "Il delirio può essere esclusivo e limitato a una serie particolare di oggetti, con una sorta di stupore e impressioni vivide e profonde", lademenza, "Alcune volte una debilità generale colpisce le funzioni intellettive e affettive, come nella vecchiaia" e infine l’idiozia, "ottundimento della ragione con momenti rapidi e automatici di collera").

 

Un accenno alla demenza si trova anche nel capitolo sulle cause dell’alienazione mentale, a pag 50 del Traité:

 

Que d’example j’ai noté d’idiotisme ou de démence produit durant l’âge tendre, soit lors de l’allaitement, sois aux époques de la première ou de la seconde dentition,à la suite de convulsions souvent pour des causes les plus légère!(4)

(Come esempio ho notato idiotismo o demenza prodotti durante la tenera età, sia durante l’allattamento sia all’epoca della prima o della seconda dentizione in seguito a convulsioni spesso per cause le più lievi)

 

A pag 71 e segg (caratteri fisici e morali dell’alienazione mentale):

 

La démence et l’idiotisme ne sont pas toujours marqués par une physionomie inanimée et sans expression. … Il semble que tout se borne, dans plusieurs cas d’idiotisme ou de démence, à une impression physique sur l’organe et qu’il ne result point pour l’entendement une vrai perception. (4)




(La demenza e l’idiozia non sono sempre caratterizzate da una fisionomia inanimata e senza espressione … sembra che tutto si limiti, in molti casi di idiozia o di demenza, a una impressione psichica sull’organo e che non risulta affatto per l’intelletto una vera percezione)

 

e a pag 82:

 

Un jeune homme dont j’ai été requis de constater l’état moral, est parvenue à sa quatorzième années, et porte depuis sa plus tendre jeunesse la disposition la plus extrême a des distractions variées. Les impressions faites sur les organes ont lieu à l’ordinaire si on parvient a fixer son attention; mais il ne conserve qu’un instante ces impressions, et ce n’est que par leur répétition fréquente produit par un objet qu’ont peu lui en inculquer l’idée; tout ce que lui paroît extraordinaire se grave mieux dans sa mémoire, et ce n’est qu’avec une difficulté extrême qu’ont est parvenu à lui apprendre à lire et à écrire. (4)

(Un giovane uomo per il quale mi è stato richiesto di constatare lo stato morale, è giunto ai suoi quattordici anni, e sin dalla sua più tenera giovinezza è portatore di una disposizione estrema a varie distrazioni. Le impressioni fatte sugli organi hanno luogo ordinariamente se si giunge a fissare la sua attenzione; ma egli non conserva che per un istante queste impressioni, ed è solo per la loro frequente ripetizione prodotta da un oggetto che si può inculcare in lui l’idea; tutto ciò che gli sembra straordinario si incide meglio nella sua memoria, e non è senza difficoltà estrema che si è riusciti a fargli imparare a leggere e a scrivere)

 

Nella terza sezione del suo trattato Pinel affronta la distinzione delle diverse specie di alienazione mentale; a pag. 132 cita un autore inglese, Chrigton, che nel 1798 classifica la demenza come terzo genere di vesania, criticandolo:

 

s’est le plus rapproché … d’un division exacte des vesanies; mais il fait entrer plusieurs objets disparates…(4)

(si è avvicinato maggiormente … a una divisione esatta delle vesanie ; ma vi ha fatto rientrare i più disparati oggetti…)

 

E più avanti (pag 134) mette in guardia da osservazioni superficiali che possono condurre i medici a conclusioni affrettate ed errate:

 




Les principes qu’on suit dans des établissement publics ou particulièrs pour la manière de les diriger, peuvent aussi produire en eux (les aliénés) des idées ou des émotions qui leur sont étrangères. (4)

(I principi che si seguono negli stabilimenti pubblici o privati nella maniera di dirigerli, possono anche produrre in essi – gli alienati – idee o emozioni che sono a loro estranee).

 

Alla pag 139 ritorna sulla definizione di demenza:

 

Une débilité particulière des opérations de l’entendement et des actes de la volonté, qui prend tous les caractères d’une rêvasserie sénile.(4)

(Una debilità particolare delle operazioni dell’intelletto e del comportamento volontario, che assume tutte le caratteristiche del vaneggiamento senile).

 

Nel capitolo terzo di questa sezione (da pag 175 in poi), finalmente Pinel affronta la trattazione della démence; il capitolo s’intitola:

 

Démence, ou abolition de la pensée.

 

Une mobilité turbulente et incoercible, une succession rapide et comme instantanée d’idées qui semblent naître et pulluler dans l’entendement, sans aucune impression faite sur le sens; un flux et reflux continuel et ridicule d’objet chimérique qui se choquent, s’alternent, se détruisent les uns les autres sans aucune intermission et sans aucun rapport entre eux. Le même concours incohérent mais calme d’affections morales, de sentimens de joie, de tristesse, de colère, qui naissent fortuitement et disparoissent de même sans laisser aucune trace, et sans avoir aucune correspondance avec les impressions des objets externes; tel est le caractère fondamentale de la démence dont je parle.(4)

(Una mobilità turbolenta e incoercibile, una successione rapida e come istantanea di idee che sembrano nascere e pullulare nell’intelletto, senza lasciare alcuna impressione sul senso; un flusso e riflusso continuo e ridicolo d’oggetti chimerici che si urtano, si alternano, si distruggono gli uni con gli altri senza alcun intervallo e senza alcun rapporto tra loro. Lo stesso concorso incoerente ma calmo di affezioni morali, di sentimenti di gioia, di tristezza, di collera, che nascono fortuitamente e spariscono senza lasciare traccia alcuna, e senza avere alcuna corrispondenza con le impressioni degli oggetti esterni; questo è il carattere fondamentale della demenza di cui parlo).

 

Subito dopo questo paragrafo Pinel cita il caso di un cittadino, ardente patriota, che, presente alla Convenzione in cui Danton fu accusato di tradimento, si chiuse in se stesso, perse l’appetito, precipitando in uno stato di delirio melancolico. Segue citando il caso di un giovane di 15 anni che durante la rivoluzione francese fu testimone della morte violenta del padre e da allora perse l’uso della parola e quasi del tutto la capacità di comprensione; Pinel descrive questo caso nel capitolo della demenza ma non vi aggiunge l’aggettivo "precoce".

Conclude il capitolo con queste parole (pag 180):

 

… succession rapide, ou plutôt alternative non interrompue d’idées isolées et d’émotions légères et disparates, mouvemens désordonnés et actes successifs d’extravagance, oubli complet de tout état antérieur, abolition de la faculté d’apercevoir les objets par des impressions fait sur les sens, oblitération du jugement, activité continuelle sans but et sans dessein, et nul sentiment intérieur de son existence.(4)

(successione rapida, o piuttosto alternata non interrotta di idee isolate e di emozioni superficiali e disparate, movimenti disordinati e successive azioni stravaganti, amnesia completa di ogni stato anteriore, abolizione della facoltà di percepire gli oggetti dalle impressioni fatte sui sensi, obliterazione del giudizio, continua attività senza obiettivo e senza progettualità, e nessun sentimento interiore della propria esistenza).

 

Il concetto di demenza in Pinel sembra essere puramente descrittivo, non viene reificato a paradigma della malattia mentale.

Nei restanti capitoli del Traité Pinel parla dell’organizzazione generale degli asiles des aliénés e dei metodi di trattamento, la preparazione degli alimenti, suggerisce l’importanza di attività fisica, fornisce dei consigli sul trattamento morale, ecc.

Fin qui Pinel; ma vediamo cosa scrive in proposito Haslam.

 

Il testo di Haslam, Observation on Madness and Melacholy (5), è coevo a quello di Pinel, pubblicato nel 1809. Il volume consta di 8 capitoli, purtroppo non ha indici che possano agevolare le ricerche nel testo.

Il primo capitolo (Definition) comprende alcune definizioni di disturbi mentali; il secondo riporta i sintomi dei disturbi mentali (Symptoms of the disease); nel terzo (Cases with the appearance on dissection) illustra 37 casi clinici con i relativi referti autoptici; nel quarto riporta alcuni casi di fanciulli ammalati (Cases of insane children); nel quinto illustra le cause della pazzia (Causes of insanity); nel sesto (Probable event of the disease), settimo (Management) e ottavo (Remedies fon insanity) prende in esame altri aspetti delle insanity.

Nessun capitolo è dedicato quindi alla demenza, né tanto meno alla dementia precox.

Alcuni AA (6), recentemente, hanno voluto leggere in Haslam una anticipazione di ciò che poi sarebbe divenuta "schizofrenia", nel paragrafo a pag 64 del suo trattato, quello che comincia con le parole:

 

The attack is almost imperceptible … (5).

(L’attacco è quasi impercettibile …)

 

non citando però il paragrafo immediatamente precedente:

 

This disorder commences, about, or shortly after, the period of menstruantion … (5).

(Il disordine comincia, circa, o subito dopo, il periodo della mestruazione …)

 

e ciò che Haslam scrive ancora prima, in apertura della trattazione:

 

Connected with loss of memory, there is a form of insanity wich occur in young person … they have ben more frequently noticed in females (5).

(Collegata con perdita di memoria, questa è una forma di infermità che occorre in persone giovani … di cui si ha più frequente notizia nelle donne).

 

Potrebbe intravedersi in questa descrizione un esordio psicotico; ma la riportata maggiore frequenza nel sesso femminile e il collegamento con il periodo mestruale possono, sì, riferirsi all’esordio puberale o post-puberale ma anche ad altro.

 

Nel secondo capitolo, quello dei sintomi, in nessuna pagina Haslam riporta il termine dementia oppure demented; mostra familiarità con i concetti di mania e melancolia, ma non fa cenno alcuno alla demenza.

 

Quello più interessante è sicuramente il capitolo terzo, nel quale Haslam riporta i 37 casi clinici, da lui osservati a partire dal 1795, tutti deceduti durante il ricovero e sottoposti ad autopsia, e che sintetizzo di seguito (5).

  • Caso n° 1: 28 aa (maschio, ammalato da un paio di mesi prima del ricovero, un caso di melancolia – "he was in a very low and melancholic state").
  • Caso n° 2: 62 aa (maschio, caso sul quale Haslam si dice poco esperto – "I am totaly unacquainted").
  • Caso n° 3: 26 aa (maschio, comparsa di disordini comportamentali da alcune settimane prima del ricovero, attribuiti a probabile intossicazione – "in the habit of constant intoxication").
  • Caso n° 4: 60 aa (femmina, ammalata dal alcuni mesi, depressione da lutto – "in consequence of the loss of her only daughter").
  • Caso n° 5: 25 aa (maschio, ammalato da cinque mesi, una crisi simile risalente a sei anni prima; alcolista – "excessive drinking").
  • Caso n° 6: 60 aa (maschio, internato dal 1788, caratterialmente violento – "His character was strongly marked by pride, irascibility and malevolence").
  • Caso n° 7: 27 aa (femmina, un complesso quadro delirante mistico-religioso – "Religous enthusiasm", con remissione spontanea durante il ricovero e ricaduta dopo alcune notti di insonnia).
  • Caso n° 8: 44 aa (femmina, ammalata da alcune settimane, con un precedente episodio otto anni prima; una probabile depressione delirante – "she began to imagine that some malevolent person had given had mercury with an intention to destroy her").
  • Caso n° 9: 36 aa (femmina, classica depressione post-partum – "Here insanity came on a few days after having been delivered"; riporta nella storia che anni prima aveva ucciso un figlio appena nato).
  • Caso n° 10: 40 aa (maschio, che viene così descritto da Haslam: "During the time he was in the house he seemed sulky, or rather stupid. He never ask any question, and if spoken to, either replied shortly, or turned away without giving any answer"; sembrerebbe uno stato confusionale, forse sostenuto da lesioni organiche, poiché durante il ricovero presentò un quadro di edema diffuso degli arti inferiori e dell’addome, morendo subito dopo).
  • Caso n° 11: 36 aa (maschio, un caso sul quale Haslam disponeva di scarse informazioni, né durante il ricovero gli fu possibile fare una diagnosi perché il paziente si limitava a rispondere con borbotti incomprensibili – "He was constantly muttering to himself, of wich scarcely one word in a sentence was intellgible").
  • Caso n° 12: 80 aa (femmina, ricoverata dal 1782, permaneva sempre nel medesimo stato – "feeble and childish").
  • – Caso n° 13: 35 aa (maschio, descritto come inquieto, insonne, che parlava ad alta voce pronunciando frasi incoerenti – "he was in an unquiet state, got little or no sleep, and was constantly speaking loudly").
  • Caso n° 14: 61 aa (maschio, ammalato da una decina di mesi, apparentemente intossicato – "habit of getting intoxicated" – e con perdita di memoria – "His memory was considerably impaired").
  • Caso n° 15: 42 aa (maschio, delirio megalomanico – "sometimes he conceived himself the king of Denmark, at other times the king of France"; dopo dieci mesi di ricovero si mostrò tranquillo, abbandonò le sue assurdità e venne dimesso. Ricadde dopo sei settimane venendo nuovamente ricoverato; la diagnosi finale fu "paralytic affection"; nemmeno in questo caso Haslam utilizza, ad es., il termine paralytic dementia, più appropriato e modello nosologico utilizzato da Kraepelin per la sua dementia praecox).
  • Caso n° 16: 42 aa (maschio, un probabile stato paranoideo – "violent he might be contesting any subject with these supposed ennemis"; nel corso del ricovero ebbe un ictus con emiparesi SN e morì dopo poco alcuni mesi).
  • Caso n° 17: 50 aa (femmina, molto violenta e pericolosa).
  • Caso n° 18: 57 aa (femmina, con segni neurologici – "suffered a paralytic attack, which considerable affected her speech").
  • Caso n° 19: 63 aa (femmina, depressione da lutto – "the disease came on shortly after the death of his son. He was in a very anxious and miserable state").
  • Caso n° 20: 38 aa (femmina, ammalata da circa sei mesi – "the disease took place shortly after the death of her husband").
  • Caso n° 21: 65 aa (femmina, un caso sul quale Haslam ha poche informazioni, ci dice solo che "she continued in a very violent and irritable state").
  • Caso n° 22: 50 aa (maschio, riammesso in ospedale in seguito ad un grave tentativo di suicidio — "with his throat cut").
  • Caso n° 23: 78 aa (maschio, delirio megalomanico — "he imagined himself to be the king and insisted on his crown").
  • Caso n° 24: 35 aa (femmina, un caso di depressione — "She was in a truly melancholic state").
  • Caso n° 25: 58 aa (maschio, paziente molto agitato e pericoloso — "a violent and mischievous disposition, and had nearly killed one" — che dopo pochi giorni dal ricovero ha presentato un ictus con emiplegia SN).
  • Caso n° 26: 44 aa (maschio, ammalatosi circa nove mesi prima del ricovero in seguito ad un litigio con una giovane donna e con comportamento di tipo catatonico durante il ricovero — "he would suddenly stop, and keep his eyes fixed on an object").
  • Caso n° 27: 38 aa (maschio, un caso di depressione con idee suicide – "intention of dertroyng himself").
  • Caso n° 28: 64 aa (maschio, alcolista – "His disorder had, both times, been occasioned by drinking sprituous liquors to excess").
  • Caso n° 29: 30 aa (maschio, un caso di psicosi organica? – "his insanity shortly supervened to a violent fever").
  • Caso n° 30: 55 aa (maschio, un soggetto tossicomane e piromane – "his madness arose from repeatead intoxication. Having set fire to several hay-stacks").
  • Caso n° 31: 30 aa (femmina, un caso di psicosi postpartum intervenuta in un soggetto già con gravi problemi comportamentali – "her disorder wase stated to have supervened on the birth of a child … Previously … she had frequently attempted to destroy herself and had also endeavoured to take away the life of her husband").
  • Caso n° 32: 57 aa (maschio, con ricorrenza del disturbo – "His disorder usually recurred every seven or eight years"-, a carattere familiare – "His father also had been maniacal"- con logorrea – "very talkative").
  • Caso n° 33: 65 aa (maschio, con una pesante familiarità psichiatrica – "his mother was known to have been maniacal; his two brothers and his sister have been insane" – turbe comportamentali e forse spunti dleiranti- "he became very turbulent and also jealouse of his wife").
  • Caso n° 34: 30 aa (maschio, uno stato depressivo – "he had been for eight mounts in a melancholic state" – in soggetto con grave patologia organica – "He had a large tumor on the throat which extended backward to the neck").
  • Caso n° 35: 70 aa (maschio, già ricoverato nell’ospedale per incurabili in seguito ad un episodio furioso maniacale – "As he became very furious on the attack of his maniacal disorder").
  • Caso n° 36: 58 aa (maschio, forse un delirio erotico – "It was said , that an attachment to a young woman, who slighted his adresses, was the cause of his becoming insane").
  • Caso n° 37: (maschio, un disturbo delirante – "jealousy of his wife had been the cause of his madness", molto violento – "During eight years he was mostly in a very furious state").

 

Alcuni di questi 37 casi mostrano sintomi di quella che nel secolo successivo sarà chiamata demenza precoce e poi schizofrenia, ma Haslam nel descriverli non utilizza mai il termine dementia o demented.

 

Nel cap. IV del suo testo, Cases of insane children, Haslam si occupa dei disturbi mentali nei bambini, riportando due casi da lui osservati; il primo è una bambina di 3 anni e 4 mesi, il secondo è un bambino di 7 anni.

Non credo che un approfondimento possa fornire notizie utili ai fini di questo lavoro.

Nemmeno in Haslam si trova quindi traccia del concetto di demenza precoce.

 

 

NASCITA DEL CONCETTO DI SCHIZOFRENIA

 

Kraepelin utilizzò il termine "demenza" non nel senso di Morel, per designare cioè lo stato terminale di differenti affezioni mentali, ma, aggiungendovi l’aggettivo "precoce" (che non si trova in Morel), per indicare una nuova entità nosografica, comprendendovi "malattie" diverse tra loro per modalità d’insorgenza, quadro clinico e decorso ma unificate, a suo parere, dal comune esito in demenza. Tali "malattie", unificate da Kraepelin, erano la vesania tipica descritta da Kahlbaum nel 1863, la hebephrenia descritta da Hecker nel 1871 e la catatonia descritta sempre da Kahlbaum nel 1874.

Kahlbaum aveva proposto l’unificazione, sotto il nome di Paraphrenia Pubertatis Adolescens Hebetica, di hebephreniacatatonia edeboidophrenia, quest’ultima da lui descritta nel 1889 (cit. da Lorenzi e Pazzagli-7), lasciandovi fuori le forme deliranti-allucinatorie (vesania tipica); ma è stata la classificazione di Kraepelin a guadagnare il consenso della comunità scientifica dell’epoca.

Credo valga la pena di analizzare per un momento l’operazione di Kraepelin sotto il profilo della coerenza scientifica: riunire differenti entità morbose in un medesimo gruppo sulla base del criterio dell’esito finale, sarebbe come sostenere che, ad es., poiché differenti malattie del fegato (epatite virale C, epatopatia alcolica, epatopatia biliare, ecc.) hanno come esito finale la cirrosi epatica, tali malattie, differenti per eziologia, patogenesi e decorso, sono uguali tra loro e quindi vanno classificate sotto lo stesso gruppo, quello delle "malattie che causano la cirrosi epatica" e curate allo stesso modo.

Questo è ciò che la psichiatria ha fatto e fa con le cosiddette schizofrenie.

 

In Pinel e poi in Morel la diagnosi di demenza viene posta di fronte a pazienti che effettivamente presentano in atto i caratteri clinici di una forma demenziale; per Kraepelin la diagnosi di demenza va formulata anche in assenza di un quadro clinico di tipo demenziale, sulla base della presunzione della possibile evoluzione in demenza della "malattia" osservata.

Nonostante questa grossolana incongruenza, questo rilevante bias nosografico e clinico, l’operazione krapeliniana venne accettata dalla psichiatria dell’epoca e costituì la base della nascente scienza psichiatrica.

Ci si rese conto ben presto che la presunta evoluzione in demenza non reggeva; lo stesso Kraepelin si trovò a dover ammettere che l’esito in demenza non era obbligatorio, addirittura che non era nemmeno il più frequente (cit. da Cappellari-8); ma invece di demolire la sua costruzione, nelle edizioni successive del suo trattato la perfezionò sempre più, allargando il concetto di demenza precoce anche ad altri quadri nosografici, inserendovi, per es., le psicosi allucinatorie croniche della scuola francese.

Sostanzialmente, la proposta clinica di Kraepelin è stata quella di diagnosticare sempre e comunque la "demenza precoce" in pazienti che presentavano certi sintomi, pur nella convinzione e certezza che non tutti quei casi avrebbero avuto l’evoluzione in demenza; a mio modesto parere siamo fuori da una metodologia clinica rigorosa.

Né si raccolsero le critiche che all’epoca furono rivolte alla formulazione kraepeliniana.

Degna di nota è la relazione svolta dal Dr Victor Parant, Direttore della Maison de Santé di Tolosa, nell’agosto del 1904 al Congrés des aliénistes et neurologistes (9). Parant cita una casistica degli ultimi dieci anni del suo lavoro affermando che la denominazione di demenza precoce poteva applicarsi al 4-25% dei casi e non alla totalità del campione studiato; e più oltre:

 

On veut donner ce nom à une sorte d’entité englobant des états très diverses et dont le disparate est si grand que, sans la perte des facultés mentales, on ne voi pas quels rapports ils ont les uns avec les autres, e sur ce point la faiblesse de la doctrine est vraiment extrème. (9)

(Si vuol dare questo nome a una sorta di entità inglobante stati molto diversi e nei quali la disparità è così grande che, senza la perdita delle facoltà mentali, non si vede quali rapporti abbiano gli uni con gli altri, e su questo punto la debolezza dottrinale è davvero estrema.)

 

Sino a concludere:

 

Les conception récentes, présentées sous le nom de démence précoce, son purement artificielles, elles ne reposent que sur des affirmations sans preuves qui ne justifient ni le séméiologie ni l’anatomie pathologique. (9)

(Le concezioni recenti, presentate sotto il nome di demenza precoce, sono puramente artificiali, esse non poggiano che su affermazioni senza prove che non sono giustificate né dalla semeiologia né dall’anatomia patologica.)

 

Se queste "malattie" non evolvevano tutte in demenza non sarebbe stato più logico abolire sin da allora il concetto di demenza precoce, così come formulato da Kraepelin? Cosa ha permesso alla nascente psichiatria di conservare un concetto nosografico e clinico nonostante tutte le prove contrarie?

 

Successivamente alla sistematizzazione di Kraepelin il criterio dell’evoluzione in demenza cominciò gradualmente a perdere importanza come elemento unificante e l’accento venne posto su quello della dissociazione delle funzioni psichiche.

Bleuler, che insieme a Jung conduceva nella sua clinica studi sulle associazioni mentali, sposò pienamente questa teoria ritenendo che la dissociazione fosse l’elemento caratteristico della demenza precoce e proponendo la nuova denominazione di schizofrenia (o meglio, gruppo delle schizofrenie).

 

Il termine "dissociazione" non è stato introdotto nella psichiatria da Bleuler, ma appartiene, anch’esso, alla psichiatria francese, nello specifico a Pierre Janet (1859-1947), filosofo e medico, allievo di Charcot alla Salpêtrière e poi docente alla Sorbona, che per primo parlò di désagrégation per indicare lo stato mentale dei pazienti isterici.

Scrive Janet:

 




Il ne s’agit pas ici d’un oubli véritable, ni d’une simulation du sujet, il s’agit d’une modification particulière de la conscience que j’avais essayé de décrire en 1889 sous le nom de subconscience par désagrégation. Cette dissociation, ce passage de certains phénomènes psychologiques dans un groupe particulier me paraissait en rapport avec l’épuisement déterminé par diverses causes et en particulier par l’émotion. (10)

(Non si tratta qui di un oblio veritiero, né di una simulazione del soggetto, si tratta di una modificazione particolare della coscienza che avevo provato a descrivere nel 1889 sotto il nome di subcoscienza da disgregazione. Questa dissociazione, questo passaggio di alcuni fenomeni psicologici dentro un gruppo particolare mi sembrava in rapporto con l’esaurimento determinato da diverse cause e in particolare dall’emozione).

 

Nel caso della "dissociazione bleuleriana" assistiamo a una forzosa incorporazione del termine all’interno di un contesto a esso estraneo; come si è visto, Janet parlò di dissociazione per provare a descrivere una peculiare modalità di funzionamento della mente di pazienti isterici.

Freud, che conobbe i lavori di Janet, tradusse il termine désagrégation/ dissociation con quello tedesco di spaltung e con esso indicava il medesimo tipo di funzionamento mentale; in particolare si riferiva all’effetto del trauma sulla psiche e la dissociazione/spaltung freudiana rappresentava una peculiare modalità di funzionamento mentale nella psiconevrosi isterica, la separazione di contenuti mentali dalla sfera cosciente.

 

Bleuler si servì di questo termine applicandolo al modo di funzionare della mente dei pazienti affetti da demenza precoce, che da quel momento divenne schizofrenia. Quale rigore scientifico ha consentito questa trasposizione di termini? È possibile che le parole e i concetti siano così intercambiabili?

Per "salvare le apparenze" si cominciò a parlare persino di una "dissociazione di natura isterica" e di una "dissociazione di natura schizofrenica"; ma, appunto, per salvare le apparenze, senza portare a sostegno di questa tesi quelle che oggi chiameremmo "evidenze scientifiche".

 

Ancora, nel 1929 la psichiatria di lingua francese si mostra critica verso il concetto di schizofrenia, con un lavoro di De Morcier e Morel, della Clinica Psichiatrica di Bel-Air (Ginevra) che sostanzialmente definisce la nuova entità clinica bleuleriana come "malattia fittizia" (11).

Con Jaspers (1883-1969) la costruzione kraepelianiana della demenza precoce/schizofrenia verrà minata alla base: "Un esito uguale non è una prova per l’identità delle malattie" (12); nonostante questa puntuale affermazione di Jaspers, tuttavia, ancora oggi il concetto di schizofrenia/demenza precoce continua ad essere utilizzato dalla psichiatria.

In questa rassegna non si cita Chaslin perché, sostanzialmente, la sua proposta delle ‘follie discordanti’ si colloca all’interno del medesimo paradigma kraepeliniano-bleuleriano della unificazione di entità patologiche differenti in base alla presunzione di caratteristiche comuni.

 

 

COSA RESTA OGGI DEL CONCETTO DI SCHIZOFRENIA?

 

Scrivono Rossi Monti e Stanghellini:

 




Questa creatura, forse una vera e propria chimera mitologica, con la quale la psichiatria del XX secolo ha dovuto e continua a fare i conti, si è in seguito rivelata il frutto di un parto quantomeno distocico e di un maternage perverso che ebbero luogo nella gelida penombra del claustrum manicomiale. (13)

"Parto distocico" e "maternage perverso" scrivono i due AA; sembrano ormai maturi i tempi per un ripensamento di questo concetto ormai centenario. Tra l’altro, per citare uno degli aforismi folgoranti del prof. Giulio Perugi, "schizofrenia non è una parola greca ma è una parola svizzera".

 

Una proposta interessante di ridenominazione della schizofrenia nasce in Giappone (14), dalle pressioni esercitate sin dal 1993, dalla federazione nazionale dei familiari di pazienti con malattie mentali (NFFMIJ), verso la Società Giapponese di Psichiatria (JSPN) perché il termine fosse sostituito con uno meno stigmatizzante; nel 2002, tra varie alternative proposte, fu scelto quello di "Disturbo dell’Integrazione" ("Integration Disorder"). Il risultato del cambiamento è stato quello di una migliore informazione ai pazienti sulla diagnosi e una riduzione dello stigma collegato a questa diagnosi.

Si potrebbe pensare di riprendere la proposta dei giapponesi rinominando in tal modo il capitolo del DSM sulla Schizofrenia e proponendo una classificazione di transizione che, lasciando per ora immutati i criteri diagnostici di ciascun disturbo, lo rinomini secondo la nuova prospettiva.

Ripartire sostanzialmente dalla psichiatria pre-kraepeliniana, mantenendo transitoriamente nel medesimo gruppo dei "Disturbi dell’Integrazione Sociale" le "psicosi primarie" ma nella consapevolezza che con molta probabilità sono malattie differenti tra loro; come scrivono Maj e Sartorius (15):

 

diversi clinici sono insoddisfatti dello stesso concetto di schizofrenia e ritengono che le psicosi primarie … probabilmente non rappresentino una malattia unica.

 

La proposta elaborata, conforme alla classificazione tuttora vigente del DSM-IV-TR è la seguente:




DISTURBI DELL’INTEGRAZIONE SOCIALE (SOCIAL INTEGRATION DISORDERS)F20.0x Disturbo Paranoide, o Disturbo Allucinatorio-Delirante dell’Integrazione Sociale (Paranoid Social Integration Disorder or Hallucinatory-Delusional Sociale Integration Disorder )

F20.1x Disturbo Disorganizzato dell’Integrazione Sociale (Disorganized Social Integration Disorder)

F20.2x Disturbo Catatonico dell’Integrazione Sociale (Catatonic Social Integration Disorder)

 




F20.3x Disturbo Indifferenziato dell’Integrazione Sociale (Undifferentiated Social Integration Disorder)

 

F20.5x Disturbo Residuo dell’Integrazione Sociale (Residual Social Integration Disorder) Immutati restano i criteri diagnostici e di decorso per ciascun disturbo. Il Disturbo Schizofreniforme (F20.8) diverrebbe Disturbo dell’Integrazione Sociale di Breve Durata (Brief Social Integration Disorder) e per il Disturbo Schizoaffettivo (F25.x) si propone la ridenominazione in Disturbo Misto dell’Integrazione Sociale e dell’Umore (Mixed Social Integration and Mood Disorder).

 

Che vantaggi apporterebbe alla clinica questa proposta?

In primo luogo la riduzione dello stigma, come è avvenuto in Giappone; una psichiatria che non avesse inventato lo stigma (il termine stesso di schizofrenia) non avrebbe oggi la necessità di combatterlo. Ma ogni lotta contro lo stigma è destinata a fallire se la psichiatria non rinuncia per sempre allo stigma che la diagnosi di schizofrenia si porta inevitabilmente dietro, che è strettamente collegato a questa diagnosi, ne è l’ombra sinistra.

In secondo luogo questa proposta darebbe maggiore impulso alla ricerca su questi disturbi; oggi si continuano ancora a considerare i disturbi compresi sotto l’etichetta di schizofrenia come un tutt’uno omogeneo, ma così non è. Non sfuggirà a nessun clinico che un disturbo paranoide è cosa diversa da un disturbo ebefrenico o disorganizzato, sia sul piano dei correlati somatici sia su quello terapeutico.

Credo abbia molto maggior senso una ricerca sui polimorfismi genetici o di neuroimaging condotta su campioni omogenei di soggetti portatori del medesimo disturbo (paranoide, disorganizzato, indifferenziato) piuttosto che su campioni eterogenei ma considerati sottotipi della medesima malattia, la schizofrenia.

Infine, tale proposta sposta il focus dell’attenzione del clinico sul piano dell’integrazione sociale del soggetto, la cui compromissione, più o meno grave a seconda del tipo di "disturbo", sembra essere il fil rouge che in qualche modo permette di raggruppare queste condizioni ancora nel medesimo gruppo, più che l’ipotetica evoluzione in demenza o la supposta lassità delle associazioni psichiche. Sul piano della sintomatologia conosciamo bene l’aspecificità di sintomi quali allucinazioni e deliri, che compaiono anche in altre condizioni morbose; la compromissione dell’integrazione sociale, invece, sembra essere un criterio differenziale più specifico per la diagnosi delle condizioni psichiatriche attualmente raggruppate nel gruppo della schizofrenia.

Tale proposta è in controtendenza al draft del DSM-V (16) che propone l’abolizione dei sottotipi della schizofrenia riunificandoli definitivamente nell’unica entità chiamata schizofrenia, e questo è un dato col quale confrontarsi.

 

Perché questa proposta di un ritorno alla psichiatria pre-kraepeliniana? Sono tanti gli elementi che spingono in questa direzione.

Il dogma del blocco D2 è ormai tramontato, le sostanze che si utilizzano per la cura di questi disturbi vanno dai bloccanti D2 puri ai bloccanti D2/5-HT2, dagli agonisti parziali D2 ai bloccanti multi-recettoriali; per non accennare poi al fatto che tali sostanze trovano in psichiatria anche altri usi terapeutici. Cosa stiamo curando allora?

Anche sul piano psico-sociale e riabilitativo diverso è l’approccio di fronte a quadri clinici differenti.

Sembra quindi, a mio parere, giunto il momento di dare la spallata decisiva al concetto di schizofrenia.

 




CONCLUSIONE

 

Questo concetto di schizofrenia che tutto abbraccia e tutto avvolge richiama il discorso di Baudrillard sulla trans-politica: se tutto è politica nulla più è politica. La trans-politica, scrive Baudrillard, rappresenta l’irruzione dell’osceno, cioè la fine della scena (17).

Il concetto di "schizofrenia" che tutto comprende ("trans-schizofrenia", alla Baudrillard) rappresenta la fine della scena clinica e in questo senso è un concetto "osceno". Dicendo "osceno" il concetto di schizofrenia intendo anche significare che con esso si pone fine alla "scena" del soggetto, al suo rappresentarsi, al suo "essere nel mondo", nel mondo a noi consueto, collocandolo definitivamente "nel mondo schizofrenico", qualunque cosa ciò voglia dire; ormai oggetto tra gli oggetti. Si pone fine, anche, alla scena della psichiatria come possibilità di comprendere l’altro, irrimediabilmente "schizofrenico" e come tale oggetto dello stigma cui inevitabilmente tale termine rimanda.

 

L’irruzione dei disturbi psicopatologici (allucinazioni e deliri) sulla scena umana che il paziente vive richiama l’irruzione sulla scena teatrale dove si sta provando una commedia, dei "sei personaggi in cerca d’autore" (18), ovvero, nell’accezione del presente lavoro, l’irruzione dell’autenticità dell’Io mentre sono in corso le prove della commedia inautentica della vita:

 




"Il padre (facendosi avanti, seguito dagli altri, fino a una delle due scalette):

Siamo qua in cerca d’un autore

Il capocomico:

Ma qui non c’è nessun autore, perché non abbiamo in prova nessuna commedia nuova.

La Figliastra (con gaja vivacità, salendo di furia la scaletta):

Tanto meglio, tanto meglio, allora, signore! Potremmo esser noi la loro commedia nuova".

 

L’Io "schizofrenico", con i suoi deliri, le sue allucinazioni, i suoi neologismi, potrebbe essere visto, in quest’ottica, come un "Io in cerca d’autore", in cerca di una narrazione che gli dia forma; la cosiddetta schizofrenia potrebbe semplicemente essere "l’Io impossibilitato a narrarsi".

Compito della psichiatria del terzo millennio dovrebbe essere proprio quello di facilitare questa narrazione; cent’anni di schizofrenia bastano e avanzano.

 

Del resto questi ripensamenti sono espressi chiaramente anche da uno psichiatra del calibro di Timoty Crow, quando scrive (19):

 

Eliminando [il concetto di schizofrenia] sembra che la struttura portante della psichiatria, come disciplina, corra il rischio di andare in frantumi. E tuttavia l’edificio è costruito sulla sabbia. Oscilla e vibra al vento e, con ogni crepa nella struttura c’è una corsa per puntellarlo, per paura di ciò che potrebbe succedere senza. La prospettiva della psichiatria senza il concetto di schizofrenia è orrenda solo a pensarla

 

L’utilizzo acritico delle categorie nosografiche kraepeliniane/bleuleriane fa, ormai, sempre più somigliare la pratica dei Servizi a una psichiatria podalica capace soltanto di evacuare flatulenze diagnostiche ma le cui capacità di dialogo con i pazienti colliquano in bituminose poltiglie psicofarmiche.

 

Ho fatto un sogno.

Ho sognato un mondo ove mai più viene pronunciata, da uomo verso altro uomo, la parola che allontana, che annichila, annienta, emargina, esilia, che interdice ripetendo l’antico gesto dell’esclusione, la parola che reclude e rinchiude: "tu sei schizofrenico".

 

 

 

Riassunto

 

L’A compie una revisione storica dei concetti di demenza precoce e schizofrenia, mediante l’analisi dei lavori di Pinel, Haslam e Morel e riprendendo alcune delle critiche che all’epoca furono rivolte alla neonata malattia. Sin dalla sua nascita la demenza precoce/schizofrenia fu ritenuta una costruzione artificiale che inglobava malattie differenti; in questo senso, come concetto che tutto comprende, viene definita "oscena", secondo la tesi del filosofo Jean Baudrillard.

L’A propone di mantenere l’attuale modello nosografico della schizofrenia ma considera i disturbi elencati come entità autonome e non sottotipi della schizofrenia; propone inoltre di rinominare il gruppo dei disturbi psicotici primari come "Disturbi dell’Integrazione Sociale", riprendendo una indicazione della psichiatria giapponese.

Viene infine proposto, in controtendenza al draft del DSM-V, di mantenere lo schema attuale della classificazione della schizofrenia rinominata come Disturbo dell’Integrazione Sociale e che comprende il Disturbo Paranoide (F20.0x), il Disturbo Disorganizzato (F20.1x), il Disturbo Catatonico (F20.2x), il Disturbo Indifferenziato (F20.3x) e il Disturbo Residuo (F20.5x). Circa gli altri disturbi psicotici propone di rinominarli come Disturbo dell’Integrazione di Breve Durata (F20.8) e Disturbo Misto dell’Integrazione e dell’Umore ((F25.x). Criteri diagnostici e di decorso restano immutati, ponendo così le basi per lo studio separato di ogni singolo disturbo, secondo una indicazione metodologica fondamentale di Jaspers il quale ha affermato che "un esito uguale non è una prova per l’identità delle malattie".

 

 

Résumé

 

L’auteur fait un rappel historique des concepts de démence précoce et schizophrénie en analysant les travaux de Pinel, Haslam et Morel et la récupération de certaines des critiques qui ont été abordés a l’époque à la nouvelle maladie; depuis sa création, la démence précoce/schizophrénie a été considéré comme une construction artificielle qui a incorporé différentes maladies; dans ce sens, comme concept qui inclut ‘tout le monde’, est décrit comme "obscène", selon la thèse du philosophe Jean Baudrillard.

L’auteur propose de maintenir le modèle actuel nosologique de la schizophrénie, mais considère les conditions énumérées comme des entités indépendantes et non sous-types de schizophrénie; également propose de renommer le groupe des troubles psychotiques primaires tels que "Troubles de l’Intégration Sociale", en reprenant une indication de la psychiatrie japonaise.

Enfin, il propose, en contraste avec le projet du DSM-V, de maintenir le régime actuel de classification de la Schizophrénie et de la renommé comme Trouble l’Intégration Sociale qui comprend Trouble Paranoïde (F20.0x), Trouble Désorganisé (F20.1x) Trouble Catatonique (F20.2x), Trouble Indifférencié (F20.3x) et Trouble Résiduel (F20.5x). A propos de l’autres troubles psychotiques propose de les renommé comme Trouble de l’Intégration de Courte Durée (F20.8) et Trouble de l’Humeur et de l’Intégration Mixte (F25.x). Critères diagnostiques et de course restent inchangés, jetant ainsi les bases pour l’étude séparée de chaque trouble, selon une indication méthodologique fondamental de Jaspers qui a dit que "Une même issue n’est pas une preuve de l’identité des maladies".

 

 

Resumen

 

El autor hace una revisión histórica de los conceptos de demencia precoz y esquizofrenia mediante el análisis de la obra de Pinel, Haslam y Morel y la recuperación de algunas de las críticas que se abordaron en el momento a la nueva enfermedad. Desde su inicio temprano la demencia precoz/esquizofrenia se considera una construcción artificial que incorpora diferentes enfermedades; en este sentido, cómo concepto que incluye todos, se describe como "obscena", según la tesis del filósofo Jean Baudrillard.

El autor propone que se mantenga el actual modelo nosológico de la esquizofrenia, pero teniendo en cuenta las condiciones que figuran como entidades independientes y non subtipos de la esquizofrenia; también propone cambiar el nombre del grupo de los trastornos psicóticos primarios tales como "Trastornos de la Integración Social", volviendo una indicación de la psiquiatría japonesa.

Por último, propone, en contraste con el proyecto del DSM-V, de mantener el actual esquema de clasificación de la esquizofrenia y rebautizada como Trastorno de la Integración Social que incluye Trastorno Paranoide (F20.0x), Trastorno Desorganizado (F20.1x) Trastorno Catatónico (F20.2x), Trastorno Indiferenciado (F20.3x) y Trastorno Residual (F20.5x). Sobre el otros trastornos psicóticos propone que pasará a denominarse como Trastorno Breve de la Integración (F20.8) y Trastorno Mixto del Humor y la Integración (F25.x). Criterios para el diagnóstico y el curso no han cambiado, sentando así las bases para el estudio separado de cada trastorno, de acuerdo a una indicación metodológica fundamental de Jaspers, quien dijo que "Un éxito igual no es prueba de la identidad de las enfermedades".

 

 

Resumo

 

O autor faz uma revisão histórica dos conceitos de demência precoce e esquizofrenia, analisando a obra de Pinel, Haslam e Morel e recuperando algumas das críticas que na época foram abordadas à doença recêm nascida. Desde a sua criação a demência precoce/esquizofrenia foi considerada como uma construção artificial que incorporou doenças diferentes; neste sentido, como conceito que inclui tudo, é descrita como "obscena", comforme à tese do filósofo Jean Baudrillard.

O autor propõe que se mantenha o atual modelo nosológico da esquizofrenia, mas considerando as condições listadas como entidades independentes e não subtipos de esquizofrenia; também propõe de renomear o grupo de transtornos psicóticos primários, tais como "Transtornos da Integração Social", retomando uma indicação da psiquiatria japonêsa.

Por último, propõe, em contraste com o projecto do DSM-V, de manter o esquema atual de classificação da Esquizofrenia renomeada como Transtorno da Integração Social, que inclui Transtorno Paranóide (F20.0x), Transtorno Desorganizado (F20.1x) Transtorno Catatônico (F20.2x), Transtorno Indiferenciado (F20.3x) e Transtorno Residual (F20.5x). Sobre os outros transtornos psicóticos propõe a ser renomeados como Transtorno Breve da Integração (F20.8) e Transtorno Misto do Humor e Integração (F25.x). Critérios de diagnóstico e curso permanecem inalterados, lançando assim as bases para o estudo separado de cada transtorno, de acordo com uma indicação metodológica fundamental de Jaspers que disse que "Um êxito igual não é uma prova da identidade das doenças".

 

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