Qual è l'entità del coinvolgimento emotivo della sua equipe soprattutto quando viene a contatto con il mondo della pedofilia?
Per fortuna, ce ne occupiamo poco; questo non significa che non ci capiti; la cosa determinante è che facendo questo tipo di mestiere si arriva ad acquistare non propriamente un'insensibilità, quanto piuttosto una “setticità”!
E' talmente profonda però la ferita che si viene a creare che anche i più forti subiscono sollecitazioni di un certo rilievo fino a provare un vero e proprio disgusto, pur nell'abitudine di vedere determinati scenari.
Qual è l'atteggiamento della legge nei confronti degli hackers?
E' diffusa l'idea che la malefatta che si oggettivizza attraverso la rete sia comunque non attribuibile all'effettivo responsabile, cosa che non corrisponde sempre al vero.
Per fortuna le dinamiche di rete danno ancora la possibilità di reperire l'impronta digitale, il DNA del responsabile.
I problemi vengono però fuori dopo, perché siamo forti ad inviduare chi è stato, ma le leggi non sono capaci di punirlo, soprattutto se il fatto è avvenuto in un paese in cui non c'è reciprocità di carattere normativo, in un paese dove non c'è previsione di reato.
E' stato fatto un Protocollo d'Intesa a livello comunitario allargato a Stati Uniti, Giappone, il famoso Protocollo di Budapest, a cui per esempio non ha partecipato il Brasile che molto avrebbe da offrire in termini di pirateria informatica.
L'hacker che viene intercettato rischia sicuramente la reclusione, anche se non è nostro intento procedere in maniera cruenta, ma l'interesse primario è piuttosto il suo recupero, cosa che non è del tutto facile soprattutto a causa della limitate possibilità di manovra consentite dalla legge.
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