p211. le pratiche di meditazione basate sulla consapevolezza (mindfulness) migliorano le capacità cognitive? Una reviewsistematica dell’evidenza
A. Chiesa, R. Calati, A. Serretti
Istituto di psichiatria, Università di Bologna
introduzione: le meditazioni basate sulla consapevolezza (MBC) sono un tipo di pratiche meditative che sta ricevendo crescente attenzione. Tuttavia si sa molto poco riguardo gli effetti che tali pratiche hanno sulle abilità cognitive dei praticanti. Di conseguenza lo scopo del presente lavoro è quello di revisionare gli studi che hanno investigato gli effetti neuropsicologici delle MBC. Materiali e metodi: una ricerca sistematica della letteratura scientifica sugli effetti delle MBC sull’attenzione, la memoria e le funzioni esecutive è stata condotta utilizzando 5 differenti motori di ricerca. risultati: ventitré studi controllati sono stati identificati. Global-mente tali studi suggeriscono che le fasi iniziali della pratica, maggiormente dedite allo sviluppo della concentrazione, sembrano essere associate a significativi incrementi dell’attenzione selettiva ed esecutiva mentre gli stadi più avanzati, maggiormente dediti allo sviluppo di un’attenzione aperta momento per momento, sembrano essere associati a significativi incrementi dell’attenzione sostenuta non focalizzata. Inoltre, la pratica di una MBC è stata associata anche a significativi miglioramenti della working memorye di diverse funzioni esecutive. conclusioni: sebbene i risultati revisionati debbano essere considerati con cautela data l’assenza di standardizzazione di molti interventi, il design cross-sectional degli studi che investigavano meditatori più esperti e il frequente utilizzo di gruppi di control-lo inadeguati, i risultati revisionati sono incoraggianti e suggeriscono la necessità di ulteriore ricerca.
p212. le c.d. “reazioni ad eventi”: la valutazione medico-legale del disturbo dell’adattamento
L. Cimino*, C. Petio**, D. De Ronchi*
*
Istituto di Psichiatria “P. Ottonello”, Università di Bologna; ** SPCD “P. Ottonello”, Ospedale Maggiore, Bologna
introduzione: l’importanza di delineare criteri precisi in cui collocare la valutazione del disturbo dell’adattamento (DA) rappresenta un presupposto fondamentale non solo in termini clinici, ma anche in campo medico-legale onde stabilire in modo rigoroso una correlazione causale fra quadro psicopatologico ed evento traumatico per una corretta valutazione percentuale del danno.
Materiali e metodi: è stata effettuata una revisione della letteratura medico-legale relativa alla valutazione del DA in ambito forense. risultati: l’analisi della letteratura ha rilevato orientamenti dottrinali non convergenti in particolare in merito al ruolo esercitato dalla “variabilità individuale”, dal “timing” dell’evento e dall’efficienza lesiva dell’evento stressante. conclusioni: una corretta valutazione medico-legale del DA dovrà prima considerare l’efficienza lesiva dell’evento stressante ed il preesistente assetto psico-emotvo del soggetto che non dovrà spiegare di per sé la risposta disadattativa; se il DA comporterà esclusivamente una sofferenza psichica soggettiva sarà considerato “lieve”; se oltre alla sofferenza psichica soggettiva determinerà una compromissione del funzionamento sociale/ lavorativo sarà stimato “moderato” o “grave” sulla base dell’entità della compromissione stessa; in ogni caso la valutazione del danno biologico non potrà essere superiore al 10%.
bibliografia
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Cerisoli M, Vasapollo D. La valutazione medico legale del danno bio–
logico di natura psichica. Roma: Società Editrice Universo 2010.
p213. identità di genere in adolescenti con diagnosi di disturbo del comportamento alimentare
I. Costantino, F. Cantini, F. Emanuelli, C. Lenti, A. Albizzati
Servizio per lo studio e la cura dei disturbi alimentari in età evolutiva, U.O. Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento Materno Infantile, Ospedale Universitario San Paolo Milano.
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) colpiscono prevalentemente le donne in adolescenza. Poiché questa fase evolutiva è caratterizzata dalla ridefinizione dell’immagine corporea sulla base dei cambiamenti puberali e dall’adesione a ruoli sessuali, è possibile ipotizzare che nelle adolescenti con diagnosi di disturbo alimentare siano presenti problematiche dell’identità di genere e che queste problematiche si associno al disturbo dell’immagine corporea e ai sintomi DCA. Per verificare queste ipotesi, 14 donne con diagnosi di DCA e 30 soggetti di controllo di età compresa tra 13 e 18 anni, hanno compilato il Bem Sex Role Inventory (BSRI) per la valutazione del ruolo di genere. Le pazienti hanno inoltre compilato l’Eating Disorder Inventory-2 (EDI-2) ed il Body Uneasiness Test (BUT) per la valutazione dei sintomi DCA. I soggetti del gruppo clinico presentavano tratti di femminilità me-no marcati rispetto ai controlli ed è emerso che più un individuo si identifica con caratteristiche tipicamente maschili, minore è la sua sfiducia interpersonale, mentre più abbraccia attributi tipicamente femminili, maggiore è il disagio con cui vive il proprio corpo. La ricerca conferma la presenza di problematiche di identità di genere in adolescenti con diagnosi di disturbo alimentare e sembra dimostrare la relazione tra ruolo di genere e sintomatologia dei DCA; i risultati suggeriscono l’importanza di prendere considerare la dimensione di genere aspetto di vulnerabilità che potrebbe essere utile affrontare nel trattamento di queste patologie.
bibliografia
Cuzzolaro M, Santomassimo C, Aveni F, et al. Disordini alimentari e identità di genere: Uno studio condotto con il Bem Sex Role Inventory (BSRI). Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza 2003;70:505-16.
Hepp U, Spindler A, Milos G. Eating disorder symptomatology and gen
der role orientation. Int J Eat Disord 2005;37:227-33.
Riva, E, editor. Adolescenza e anoressia: Corpo, genere, soggetto. Mi-
lano: Cortina 2009.
p214. Valutazione dell’umore e della personalità in un campione di forti fumatori
D. Cristina, F. Valente, A. Bruno, M.R.A. Muscatello,
G. Pandolfo, U. Micò, P. Micali Bellinghieri, V. M. Romeo,
G. Scimeca, E. Abenavoli, F. Di Nardo, R. Zoccali
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche ed Anestesiologiche, Università di Messina
La dipendenza da nicotina è una malattia complessa sia in merito alla sua eziologia che agli effetti psicobiologici ed alla gestione clinica. Obiettivo dello studio è valutare le caratteristiche di personalità e l’umore prevalenti in un campione di forti fumatori. Ad un campione di 21 soggetti, 13 M e 8 F, (età media 40,05 ± 11,01), fumatori di oltre 40 sigarette/die, e ad un gruppo di 22 soggetti non fumatori (controlli) confrontabili per sesso, età ed istruzione sono stati somministrati i seguenti test BDI: (Beck Depression Inventory), SAS (Self rating Anxiety Scale), ASI (Anxiety Sensitivity Index), STAXI 2 (State Trait Anger Expression Inventory 2), TCI (Temperament-Character Inventory). I dati ottenuti dallo studio sono stati sottoposti ad analisi statistica descrittiva ed inferenziale. Per le analisi statistiche sono stati utilizzati il test Mann-Whitney U-test e la correlazione di Spearman. Le analisi sono state eseguite con lo Statistical Package for the Social Sciences – SPSS 16.0. In merito alla personalità non sono state riscontrate differenze relativamente al TCI mentre nei fumatori sono stati riscontrati maggiori livelli di rabbia di tratto e rivolta all’interno, così come maggiori livelli di ansia; nessuna differenza statisticamente significativa è stata riscontrata nel grado di depressione così come per la variabile sesso. Complessivamente i risultati supportano l’ipotesi dell’uso compensatorio della nicotina come reazione a livelli eccessivi di ansia e di rabbia.
p215. caratteristiche psicopatologiche in pazienti affetti da disturbo borderline di personalità con o senza tendenza all’autolesionismo
D. De Berardis1-2, V. Marasco1, L. Volpe1, D. Campanella1,
N. Serroni1, M. Caltabiano1, L. Olivieri1, T. Acciavatti1,
- F.S.
- Moschetta1, R. La Rovere3, A. Cicconetti4, A. Carano5,
- L.
- Mancini5, G. Mariani5, M. Cavuto6, G. Di Iorio2,
- M.
- Di Giannantonio2
1Dipartimento di Salute Mentale, Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura, Ospedale Civile “G.Mazzini”, ASL Teramo; 2Dipartimento di Neuroscienze ed Imaging, Cattedra di Psichiatria, Università “G. D’Annunzio”, Chieti; 3 Istituto Psicoriabilitativo “S. Francesco”, Vasto Marina (CH); 4 Dipartimento di Salute Mentale, Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura, Ospedale Civile di Atri (Te); 5Dipartimento di Salute Mentale, SPDC Ospedale Provinciale “C.G. Mazzoni”, Ascoli Piceno; 6 IASM, L’Aquila.
introduzione: lo scopo del presente lavoro è stato quello di valutare in un campione di pazienti con disturbo borderline di personalità le differenze psicopatologiche tra individui con tendenza all’autolesionismo e individui senza tendenza all’autolesionismo. Materiali e metodi: sono stati valutati 25 pazienti (15 femmine e 10 maschi) con diagnosi di disturbo borderline di personalità secondo il DSM-IV-TR e tendenza all’autolesionismo e 25 pazienti con disturbo borderline di personalità corrispondenti per età e sesso ma senza tendenza all’automutilazione. Sono stati impiegati i seguenti questionari: Dissociative Experiences Scale (DES), Toronto Alexithymia Scale (TAS-20), Body Shape Questionnaire (BSQ), Beck Depression Inventory(BDI), Interaction Anxiousness Scale (IAS), Rosenberg Self-Esteem Scale (RSES). risultati: il confronto tra pazienti borderline con o senza tendenza all’autolesionismo ha mostrato che i primi avevano una maggiore tendenza alla presenza di sintomi dissociativi rispetto ai soggetti senza tendenza all’autolesione; inoltre erano più alessitimici e mostravano una maggiore tendenza alla percezione di un senso di inadeguatezza corporeo unitamente a una più elevata preoccupazione per l’immagine corporea rispetto ai soggetti senza tendenza all’autolesionismo. Infine, i pazienti con autolesionismo mostravano un’autostima inferiore rispetto a quelli senza autolesionismo. conclusioni: i risultati dello studio evidenziano che esistono differenze psicopatologiche nel disturbo borderline di personalità tra individui con tendenza all’autolesionismo e individui senza tendenza all’autolesionismo. Le implicazioni e le limitazioni dello studio sono discusse nel poster.
p216. la valutazione delle variabili impulsività, aggressività e personalità negli automobilisti mediante staXi, bis-11 e tci
G. De Giorgio*, L. Pauselli, P. Moretti**
*Scuola di Specializzazione in Psichiatria, **Sezione di Psichiatria, Psicologia Clinica e Riabilitazione Psichiatrica, Università di Perugia
Lo studio indaga differenze in personalità e gestione di rabbia e impulsività, tra soggetti iscritti ACI che hanno e non hanno perso punti dalla patente di guida. Sono stati inviati per posta 500 plichi contenenti: scheda sociodemografica, Barratt Impulsivity Scale(BIS-11), State-Trait Anger eXpression Inventory (STAXI) e Temperament and Character Inventory (TCI). L’analisi statistica ha previsto: correlazione semplice. test T-student e regressione lineare. 112 persone hanno risposto. Non ci sono differenze significative per età, sesso, scolarità, tipo di infrazioni ed anni di patente. La correlazione semplice dimostra dipendenza tra scale dei vari test. Il test T-Student indica che chi ha punti decurtati presenta una media più bassa in T-Anger, T-Anger/T e Harm Avoidance rispetto a chi non ha perso punti. Risultati confermati dalla regressione logistica, infatti HA risulta essere fattore di protezione per la perdita di punti. Dall’analisi non emergono tratti psicopatologici, ma alcuni profili temperamentali influenzano il comportamento al volante: soggetti con alta HA sono meno predisposti ad impegnarsi in comportamenti a rischio. Le innovazioni dello studio stanno sia nella scelta di studiare le infrazioni piuttosto che gli incidenti, che nel campione, il quale non è stato reclutato né a partire dalla violazione né in ambienti accademici, ciò ha influenzato una più elevata età media che assicura una più appropriata integrazione e modulazione di impulsività e aggressività.
p217. suicidio e internet: una ricerca sui siti web italiani
C. De Rosa, G. Sampogna, L. Del Gaudio, V. Del Vecchio,
M. Luciano, D. Giacco, A. Fiorillo
Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN
Il suicidio rappresenta una delle cause di morte più frequenti nel mondo occidentale: circa 1 milione di persone si toglie la vita ogni anno e un numero di circa 10-20 volte superiore tenta di far-lo. Negli ultimi anni, i media sono diventati una delle principali fonti di informazione sul tema del suicidio e gli studi disponibili ne hanno evidenziato il ruolo nella promozione di comportamenti suicidari; tuttavia, solo di recente sono stati condotti studi specifici volti ad indagare il rapporto tra psichiatria e tecnologie, approfondendo questo argomento in modo sistematico. L’obiettivo di questo studio è stato quello effettuare una ricerca sui siti web in italiano, che può essere fatta da chiunque cerchi informazioni su come suicidarsi. Sono state inserite, nei 5 motori di ricerca più diffusi, le seguenti parole chiave: “suicidio”, “metodi per il suicidio”, “metodi sicuri di suicidio”, “metodi efficaci per suicidarsi”, “come suicidarsi”, “come uccidersi”, “metodi facili per suicidarsi”, “suicidio senza sofferenza”, “suicidio senza paura”, “suicidio veloce”. Sono stati presi in considerazione i primi 10 siti visualizzati, che sono stati successivamente inseriti in 14 categorie. Sono state analizzate circa 500 pagine web. A ciascun sito è stato attribuito un punteggio, da 1 a 10, che ne potesse identificare l’accessibilità. La maggior parte (51%) dei siti analizzati fornisce informazioni su come suicidarsi e promuove o incoraggia il suicidio. Una percentuale minore si occupa di prevenzione o lo scoraggia esplicitamente (16,2). I siti pro-suicidio sono spesso ai primi posti nei risultati delle ricerche, quindi più facilmente accessibili. I risultati di questo studio evidenziano che: 1) esiste una mancanza di controllo sulla diffusione di informazioni online, per cui sarebbe auspicabile istituire una regolamentazione o l’utilizzo di software di filtro; 2) gli operatori psichiatrici dovrebbero chiedere ai propri pazienti, in particolare a quelli con depressione, con rischio di suicidio e agli adolescenti, le loro abitudini di utilizzo di Internet; 3) i medici dovrebbero aiutare i pazienti a identificare le risorse di sostegno disponibili online, in modo che l’utilizzo della rete possa diventare più utile che pericoloso.
p218. Valutazione dell’outcome nelle UfsMia della regione toscana
D. De Wet*, C. Carmassi**, G. Smorto*, C. Rossi*,
L. Dell’Osso**, GVEP (Gruppo per la Valutazione di Efficacia della Psicoterapia)
*Dipartimento di Salute Mentale, AUSL 5 di Pisa; **Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa
introduzione: la valutazione dell’outcome è fondamentale in psichiatria e in particolare nell’ambito dell’infanzia e adolescenza, al fine di fornire prestazioni appropriate in risposta ai
bisogni assistenziali e di cura 1-3. Ogni anno, oltre 30.000 utenti afferiscono alle Unità Funzionali di Salute Mentale Infanzia e Adolescenza (UFSMIA) della Regione Toscana. Tuttavia, ad oggi non vengono adottate metodiche uniformemente condivise per la valutazione degli esiti. L’obiettivo di questo studio è la valutazione degli esiti negli utenti (minori, genitori e/o caregivers) afferenti alle UFSMIA della Regione Toscana. L’obiettivo secondario è quello di valutare il grado di soddisfazione dell’utente mediante un apposito questionario. Materiali e metodi: gli strumenti comprendono: SDQ (Questionario sui Punti di Forza e Debolezza), CGAS (scala di assessment globale per bambini), HoNOS-CA (Health of the Nation Outcome Study for Child and Adolescent). Per la misurazione del grado di soddisfazione degli utenti che hanno usufruito dei servizi erogati verrà utilizzato l’ESQ (Experience of Service Questionnaire). risultati: lo studio involge oltre 50 psicoterapeuti (medici e psicologi) operanti nelle UFSMIA della Regione Toscana che hanno aderito allo studio. Dati preliminari sui primi 200 pazienti reclutati, dimostrano buoni livelli di adesione degli operatori e degli utenti alla compilazione degli strumenti proposti. conclusioni: questo studio risponde ad un’esigenza, sia dei professionisti, sia degli utenti e dei loro familiari, di misurare il lavoro svolto allo scopo di fornire prestazioni sempre più appropriate in risposta a bisogni assistenziali e di cura. Questo studio conferma la fattibilità della valutazione di routine dell’outcome nel contesto italiano. Acknowledgements: N. Artico, S. Carrara, F. Celi, A. Del Rosso,
M. Francesconi, D. Fontana, L. Marconcini, C. Mastrocinque,
I. Minervini, S. Rota; e con la collaborazione di D. Buttaglieri e S. Leoncini.
bibliografia
1 Wolpert M, Cooper L, Tingay K, et al., and the CORC Committee.
Collaborating to improve Child and Adolescent Mental Health Ser
vices. London: CAMHS Outcomes Research Consortium Handbook.
Version 2.0. CORC 2007.
2 Warnick EM, Weersing VR, Scahill L, et al. Selecting Measures for
Use in Child Mental Health Services: mA Scorecard Approach. Adm
Policy Ment Health 2009;36:112-22.
3 Miranda J, Azocar F, Burnam MA. Assessment of evidence-based psy
chotherapy practices in usual care: challenges, promising, approach
es and future directions. Adm Policy Ment Health 2010;37:205-7.
p219. per una evidence-based psychotherapy: valutazione dell’outcome nei dsM e sert della regione toscana
D. De Wet*, C. Carmassi**, G. Smorto*, C. Rossi*,
L. Dell’Osso**, GVEP (Gruppo per la Valutazione di Efficacia della Psicoterapia)
*Dipartimento di Salute Mentale, AUSL 5 di Pisa; **Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa
introduzione: la valutazione dell’outcome è fondamentale in psicoterapia al fine di fornire prestazioni sempre più appropriate in risposta a bisogni assistenziali e di cura. In quest’ottica, diversi Autori hanno rilevato la necessità della raccolta sistematica e routinaria di dati di buona qualità all’interno dei servizi 1 2. Sebbene annualmente oltre 80.000 sedute di psicoterapia siano svolte presso i DSM e i SERT della Regione Toscana, ad oggi non sono utilizzati strumenti per la valutazione degli esiti di tali interventi. Obiettivo di questo studio è la valutazione dell’outcome della psicoterapia (sia clinico, sia di soddisfazione dell’utente) nei pazienti in trattamento presso i DSM e SERT della Regione Toscana. Obiettivo secondario è la validazione del Questionario di Soddisfazione dei Servizi che erogano psicoterapia in Toscana (QSSPT), sviluppato appositamente per lo studio. Materiali e metodi: gli strumenti comprendono: Clinical Outcome Routine Evaluation – Outcome Measure (CORE-OM) 3, per la misurazione degli esiti, e QSSPT per misurare il grado di soddisfazione dei pazienti che hanno utilizzato i servizi. risultati: lo studio coinvolge oltre 50 psicoterapeuti operanti nei DSM e nei SERT delle diverse Asl della Regione Toscana che hanno aderito al progetto. Lo studio si propone di reclutare circa 2.500 pazienti nell’arco temporale di un anno. Dati preliminari, sui primi 200 pazienti reclutati, dimostrano buoni livelli di adesione degli psicoterapeuti e degli utenti alla compilazione degli strumenti proposti. conclusioni:questo studio conferma la fattibilità di una misurazione di routine dell’outcome della psicoterapia nel contesto italiano, oltre ad evidenziarne l’importanza in quanto componente essenziale e irrinunciabile dell’intervento. Viene inoltre evidenziata la valutazione della soddisfazione degli utenti in quanto garante della partecipazione dell’utilizzatore del servizio.Acknowledgements: N. Artico, S. Carrara, F. Celi, A. Del Rosso,
M. Francesconi, D. Fontana, L. Marconcini, C. Mastrocinque,
I. Minervini, S. Rota; e con la collaborazione di D. Buttaglieri e S. Leoncini.
bibliografia
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p220. sviluppo di raccomandazioni di buona pratica clinica sui tso: risultati dello studio eUNoMia
V. Del Vecchio1, C. De Rosa1, D. Giacco1, M. Luciano1,
V. Vinci1, A. Fiorillo1, L. Jurjanz2, K. Schnall2, G. Onchev3,
S. Alexiev3, J. Raboch4, L. Kalisova4, A. Mastrogianni5,
E. Georgiadou5, Z. Solomon6, A. Dembinskas6,
V. Raskauskas7, P. Nawka8, A. Nawka4, A. Kiejna9,
T. Hadrys9, F. Torres-Gonzales9, F. Mayoral10,
A. Björkdahl11, L. Kjellin12, S. Priebe13, M. Maj1, T. Kallert2 14
1 Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN; 2 Department of Psychiatry and Psychotherapy, Dresden University of Technology, Germany; 3Department of Psychiatry, Medical University of Sofia, Bulgaria; 4Department of Psychiatry, 1st Faculty of Medicine, Charles University, Prague, Czech Republic; 5 Psychiatric Hospital, Thessaloniki, Greece; 6 School of Social Work and Geha Mental Health Center, University of Tel Aviv, Israel; 7 Psychiatric Clinic, Vilnius Mental Health Centre, University of Vilnius, Lithuania; 8 Psychiatric Hospital, Michalovce, Slovak Republic; 9 Department of Psychiatry, Medical University, Wroclaw, Poland;10Centro de Investigación Biomedica en Red de Salud Mental (CIBERSAM), University of Granada, Spain and Hospital Regional Carlos Haya, Malaga, Spain; 11 Department of Clinical Neuroscience, Karolinska Institutet, Stockholm, Sweden; 12 School of Health and Medical Sciences, Psychiatric Research Centre, Örebro University, Sweden; 13 Unit for Social and Community Psychiatry, Barts’ and the London School of Medicine and Dentistry, Queen Mary College, University of London, United Kingdom;14Park Hospital Leipzig, Department of Psychiatry, Psychosomatic Medicine, and Psychotherapy, Leipzig & Soteria Hospital Leipzig, Leipzig & Faculty of Medicine, Dresden University of Technology, Dresden, Germany
I trattamenti sanitari obbligatori (TSO) in psichiatria presentano una notevole variabilità in differenti contesti socio-culturali, sia da un punto di vista epidemiologico che clinico. Nel 2002, la Commissione Europea, nell’ambito del V Programma Quadro per lo sviluppo e la ricerca tecnologica, ha finanziato lo studio EUNOMIA, con l’obiettivo di mettere a punto raccomandazioni europee di buona pratica clinica sui TSO. Lo studio, coordinato dall’Università di Dresda, è stato condotto in 12 paesi: Bulgaria, Germania, Grecia, Inghilterra, Israele, Italia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, Svezia. Nella fase iniziale dello studio, sono state messe a punto, da ogni centro partecipante, delle raccomandazioni di buona pratica clinica per l’effettuazione dei trattamenti sanitari obbligatori a livello nazionale. Nella seconda fase, tali raccomandazioni sono state utilizzate per produrre un documento condiviso, che regolamenta i seguenti ambiti: a) condizioni cliniche e requisiti legali per l’effettuazione dei trattamenti sanitari obbligatori; b) rapporti con i pazienti ed i loro familiari; c) aspetti etici; d) piano terapeutico; e) compiti per lo staff sanitario. Il bisogno di uniformare le procedure di TSO è stato sottolineato da tutti i centri. Nelle raccomandazioni “EUNOMIA” è stata evidenziata la necessità di: a) fornire informazioni ai pazienti sui motivi del ricovero e la durata presumibile; b) tutelare i diritti dei pazienti durante i ricoveri; c) favorire il coinvolgimento dei familiari; d) migliorare la comunicazione tra équipe territoriale ed ospedaliera; e) organizzare incontri, seminari e focus-group con gli utenti; f) sviluppare corsi di formazione per le figure professionali coinvolte sulla gestione di eventuali comportamenti aggressivi, sugli aspetti clinici dei principali disturbi mentali, sugli aspetti legali ed amministrativi dei TSO, sulle abilità di comunicazione. I risultati hanno evidenziato l’importanza di sviluppare delle linee-guida internazionali sui TSO e la necessità di migliorare l’assistenza ai pazienti durante i ricoveri.
p221. il gruppo d’attesa: un nuovo modello per la psicoterapia nell’istituzione pubblica
R. Delia, A. Pullara, R. Alfa, V. Carlotta, M. Donnina,
T. Staropoli, D. La Torre
Dipartimento di Scienze neurologiche, psichiatriche ed anestesiologiche, Università di Messina
L’esercizio della psicoterapia nell’istituzione universitaria esige grande determinazione, un costante lavoro di gruppo, controllo e supervisione, un clima di condivisione e una libera partecipazione. Si cerca un metodo che sia anche un buon modulo formativo: ogni nostro intervento assistenziale è anche contemporaneamente un’occasione di formazione attraverso la supervisione di gruppo. Abbiamo avuto la necessità di inventare un modello originale che rispondesse a varie esigenze: motivare i pazienti ad esprimere una domanda-desiderio di gruppo; fare della fase di attesa una fase di psicoterapia sia pure breve; apprendere dall’esperienza. L’intento è stato quello di proporre questo metodo come regola per l’ingresso alla psicoterapia. Illustriamo il metodo e ne valutiamo l’efficacia. Materiali e metodi: si propongono quattro sedute di gruppo, come prassi preliminare per coloro che richiedono la psicoterapia. In seguito i terapeuti, durante un colloquio individuale, valutano insieme al paziente l’opportunità di proseguire in un setting di gruppo, questa volta a lungo termine, oppure di iniziare un percorso di psicoterapia individuale. Al fine di creare una procedura pianificata secondo criteri specifici, abbiamo ritenuto opportuno realizzare un protocollo congiunto stilato dal conduttore e dall’osservatore al termine di ogni seduta e garantire periodiche supervisioni di gruppo. Dopo le quattro sedute si procede a valutazione psicodiagnostica con i seguenti strumenti: Big five e test grafici prima di iniziare la psicoterapia e dopo un anno.
bibliografia
Bion WR. Experiences in Groups. London: Tavistock 1961.
p222. differenze di genere nelle correlazioni tra Community Assessment of Psychic Experiences (cape) e Trauma and Loss Spectrum Self Report (tals-sr) 10 mesi dopo il terremoto de l’aquila 2009
L. Dell’Osso, C. Carmassi, C. Socci, E. Massimetti,
M. Corsi, I. Pergentini, C. Capanna, P. Stratta, A. Rossi
Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologia, Università di Pisa
introduzione: l’esposizione a eventi sismici può indurre lo sviluppo di diversi quadri psicopatologici. In letteratura numerosi studi hanno indagato la presenza di sintomi da stress post-trau-
matico ma sono stati altresì riportati sintomi depressivi e psicotici 1 2. Il 6 aprile 2009 un terremoto di magnitudo 5,9 (scala Richter) ha investito la città de L’Aquila, uccidendo 309 persone e ferendone oltre 1600 con 65000 sfollati. Scopo di questo studio è stato di indagare le possibili differenze di genere nelle correlazioni tra sintomi post-traumatici da stress e depressivi o psicotici valutati mediante specifici strumenti 3 4 insorti 10 mesi dopo il terremoto de L’Aquila in un gruppo di studenti del V an-no di scuola superiore. Materiali e metodi: 512 studenti (232 donne e 280 uomini) sono stati valutati mediante: Trauma and Loss Spectrum-Self Report (TALS-SR), Impact of Event Scale (IES) e Community Assessment of Psychic Experiences (CAPE). risultati: nelle donne sono emerse correlazioni tra “moderate” e “buone” (r: 0,39-0,43) tra sintomi post-traumatici da stress e sintomi depressivi del CAPE mentre negli uomini le stesse correlazioni sono risultate più deboli. Tuttavia, negli uomini il dominio evitamento del TALS-SR mostra una discreta (r: 0,40) correlazione con il dominio sintomi positivi del CAPE. conclusioni: lo stress correlato all’esposizione al terremoto sembra rappresentare un fattore di rischio per la presenza di sintomi psicotici prevalentemente negli uomini mentre di sintomi depressivi nelle donne.
bibliografia
1 Katz CL, Pellegrino L, Pandya A, et al. Research on psychiatric outcomes and interventions subsequent to disasters: a review of the literature. Psychiatry Res 2002;110:201-17.
2 Ehring T, Razik S, Emmelkamp PM. Prevalence and predictors of posttraumatic stress disorder, anxiety, depression, and burnout in Pakistani earthquake recovery workers. Psychiatry Res 2011;185:161-6.
3 Dell’Osso L, Carmassi C, Rucci P, et al. A multidimensional spectrum approach to post-traumatic stress disorder: comparison between the Structured Clinical Interview for Trauma and Loss Spectrum (SCITALS) and the Self-Report instrument (TALS-SR). Compr Psychiatry 2009;50:485-90.
4 Konings M, Bak M, Hanssen M, et al. Validity and reliability of the CAPE: a self-report instrument for the measurement of psychotic experiences in the general population. Acta Psychiatr Scand 2006;114:55-61.
p223. il rischio psicopatologico negli adolescenti vittime di esperienze psico-traumatiche precoci
G. Di Iorio*, M. Cornelio*, T. Acciavatti* **, S. Marini*,
V. Infante*, N. Serroni**, D. Campanella**, L. Olivieri**,
M. Caltabiano**, V. Marasco** S. Francesco**,
M. Di Giannantonio*
*
Dipartimento di Neuroscienze ed Imaging, Cattedra di Psichiatria, Università “G. D’Annunzio” Chieti; ** Dipartimento di Salute Mentale, SPDC Ospedale Civile “G. Mazzini”, ASL Teramo
L’obiettivo di tale lavoro è stato valutare se, in soggetti vittime di traumi psichici infantili, il Q.I. possa modulare l’espressione clinica dei disturbi di ordine psicotico successivamente manifestati. È stata analizzata la documentazione fornita su 132 pazienti ospitati da una Comunità Terapeutica per minori. Per 20 di questi è stata riscontrata documentazione accertante l’evenienza di esperienze psico-traumatiche del tipo Trascuratezza/Abbandono antecedenti il 13° anno di vita e la diagnosi di un disturbo dello spettro psicotico. Tale campione è stato messo a confronto con un secondo gruppo di soggetti, omogeneo al primo per numerosità, età media di attribuzione della diagnosi e tipologia di esperienze psico-traumatiche, che si differenziava dal primo per l’assenza di una diagnosi del gruppo dei disturbi psicotici. Nel campione di soggetti psicotici, il 70% avevano presentato diagnosi concomitante di Ritardo Mentale e i restanti un Q.I. normale. Dalle analisi statistiche relative il raggruppamento di adolescenti vittime di trascuratezza e abbandoni che hanno successivamente sviluppato disturbi psicotici si stima che i punteggi del Q.I. alla WISC-R nella popolazione di riferimento si attesti su valori medi inferiori a 59,22. L’associazione con un
Q.I. medio più basso in coloro che avrebbero manifestato in seguito un disturbo psicotico, potrebbe essere spiegato dal fatto che un disturbo cognitivo precoce, influenzerebbe il modo in cui il soggetto struttura la realtà.
p224. prevalenza e intensità dei sintomi di base tra i consumatori di cannabinoidi
G. Di Iorio*, M. Cornelio*, T. Acciavatti* **, S. Marini*,
V. Infante*, N. Serroni**, D. Campanella**, L. Olivieri**,
M. Caltabiano**, V. Marasco**, D. De Berardis * **
F.S. Moschetta**, M. Di Giannantonio*
*
Dipartimento di Neuroscienze ed Imaging, Cattedra di Psichiatria, Università “G. D’Annunzio” Chieti; ** Dipartimento di Salute Mentale, SPDC Ospedale Civile “G. Mazzini”, ASL Teramo
L’abuso e la dipendenza da cannabis sono spesso associati alla presenza di disturbi dello spettro schizofrenico. Alcuni ritengono che l’abuso di sostanze potrebbe precipitare l’insorgenza della schizofrenia in soggetti predisposti (modello della vulnerabilità); secondo altri i pazienti ricorrerebbero all’uso di sostanze per contrastare i sintomi angoscianti della malattia e/o gli effetti collaterali del trattamento farmacologico (modello della self-medication). Rispetto al tema della vulnerabilità pre-psicotica, il modello dei Sintomi di Base di Huber (SB) valorizza la capacità del paziente di autopercepire e comunicare fini cambiamenti che precedono un esordio psicotico propriamente detto. Scopo di questo lavoro è quello di esaminare come frequenza, intensità e andamento dei SB sono influenzati dal consumo di cannabis nel tentativo comprendere meglio il rapporto tra sintomi d’avamposto, esordi psicotici e consumo di sostanze. Il campione è composto da 502 soggetti volontari sani. 114 soggetti hanno ammesso di consumare cannabinoidi. I soggetti avvezzi al consumo di cannabis non hanno ottenuto punteggi significativamente maggiori rispetto al gruppo di controllo in nessuno dei 10 indici fenomenici del FBF raggiungendo, in taluni casi, anche punteggi inferiori. Potrebbe, però, ipotizzarsi, a partire da alcuni risultati, una relazione non causale (e, soprattutto, misurabile) tra andamento delle forme pre-psicotiche e sub-sindromiche e consumo di cannabinoidi.
p225. indagine statistico-epidemiologica per l’analisi dei rischi di psicopatologia in giovani affetti da diabete mellito di tipo 1
F. Di Nardo, G. Scimeca, M.R.A. Muscatello, G. Pandolfo,
A. Bruno, U. Micò, P. Micali Bellinghieri, V.M. Romeo,
R. Zoccali
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche ed Anestesiologiche, Università di Messina
Il diabete mellito tipo 1 (DM1) è una delle malattie più diffuse in Pediatria. Si stima che solo nel nostro paese ci siano 20000 bambini con diabete. La malattia è di complessa gestione e s’inserisce nel contesto dello sviluppo intellettivo, psichico e relazionale del bambino. Obiettivo dello studio è valutare le condizioni psicopatologiche dei giovani con diagnosi di DM1, considerando le differenze di genere. Ad un campione di 40 soggetti, 16 M/24 F (età media 17,90 ± 0,95). sono stati somministrati i test SCID-II, HAM-A e HAM-D (Hamilton Rating Scale for Anxiety and Depression), STAXI 2 (State Trait Anger Expression Inventory 2) e TAS-20 (Toronto Alexithymia Scale). I dati ottenuti espressi come media ± deviazione standard mentre i test statistici utilizzati sono stati il Mann-Whitney U-test e il Chi-quadro test (χ2-test). In merito ai disturbi di personalità, i risultati indicano che l’unico diagnosticabile è il disturbo antisociale; mentre per ciò che concerne la valutazione dell’umore, si riscontrano maggior livelli di rabbia espressa all’esterno nei maschi e di rabbia rivolta all’interno nelle femmine; i livelli di depressione risultano più elevati nei maschi, mentre i livelli di ansia ed alessitimia nelle femmine. Complessivamente i risultati indicano che il diabete è correlato con il disagio psicopatologico, e che la variabile genere agisce nel diversificare le manifestazioni di tale disagio.
p226. il cambiamento del terapeuta: una risorsa o un limite? Una ricerca nella scuola di specializzazione in psichiatria dell’Università di bari (a.a. 2009-2010)
G. Fabio*, A. Mangione*, A. D’Ippolito*, C. Calculli**,
M.P. Sacco*
* Dipartimento Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università di Bari; ** Dipartimento di Scienze Statistiche “Carlo Cecchi”, Università di Bari
La Scuola di Specializzazione in Psichiatria prevede che, durante la formazione, ogni specializzando segua 20 pazienti in psicoterapia sotto il controllo di un supervisore. La conclusione del percorso formativo dello specializzando impone, pertanto, al paziente il cambiamento del terapeuta. Questo lavoro intende verificare se tale cambio rappresenti un ostacolo o sia di scarsa rilevanza nel processo terapeutico. È stato somministrato un questionario a risposta multipla agli specializzandi della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università di Bari che avessero ricevuto pazienti in psicoterapia da un altro specializzando. Le domande del questionario indagano principal-mente sulle modalità di passaggio adottate, sulle difficoltà del medico ricevente, sulla reazione del paziente alla notizia del cambio. Abbiamo raccolto 68 questionari; si sono analizzati i seguenti items: variabili demografiche, patologia del paziente, eventuali cambi di diagnosi e/o di farmacoterapia, contatti psichiatrici pregressi, numero di cambi precedentemente effet
tuati, tempo trascorso tra la notizia del cambiamento e l’affidamento al nuovo medico, durata complessiva del trattamento. L’analisi dei dati ha permesso non solo di effettuare uno studio osservazionale per la valutazione qualitativa del fenomeno in esame, ma di individuare i fattori significativi che rendono questo passaggio una fase strategica nel processo terapeutico ed “elemento non disturbante” per i risultati della terapia.
p227. ruolo di modulazione sulle funzioni cognitive dell’abuso di cannabis su un campione di soggetti al primo episodio psicotico
L. Ferraro*, M. Di Forti M**, V. Alabastro*, A. Bruno*,
V. Di Giorgio*, R. Grassia*, G. Grillo*, C. La Cascia*,
M. La Placa*, V. Marcianò*, C. Mistretta*, A. Mulè3,
M. Pomar*, M.V. Rumeo*, C. Sartorio*, L. Sideli* ** ,
A. Trotta*, D. La Barbera*
*
Sezione di Psichiatria, Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche, Università di Palermo; ** Institute of Psychiatry, King’s College London; 3 AOUP “P. Giaccone”, Palermo
introduzione: il ruolo dell’abuso di cannabis sulle funzioni cognitive è controverso. In alcuni studi sembra costituire un fat-tore protettivo, in altri un fattore di rischio. Ricerche recenti evidenziano che i soggetti affetti da psicosi all’esordio presentano performance cognitive più scadenti rispetto ai controlli in alcune forme di memoria, mentre i consumatori di cannabis hanno performance migliori sulle funzioni esecutive e in alcune prove inerenti l’attenzione (De La Serna 2010). Materiali e metodi: sono stati reclutati 74 soggetti con diagnosi di psicosi (M:51), età media 26,3 anni, e 27 controlli sani
(M:18) età media 26 anni. I test utilizzati comprendono: Social Data Schedule, Cannabis Experience Questionnaire, WAIS-R e PANSS (per la valutazione della sintomatologia psicotica). risultati: i dati sono relativi a un sottogruppo del campione to-tale di pazienti al primo episodio psicotico, costituito da 43 soggetti, e a un gruppo di controllo costituito da 23 soggetti sani. Dalle analisi preliminari emerge che il 78% dei controlli (23% uso corrente) e il 58% dei casi (40% uso corrente) ha fatto uso di cannabis. Il punteggio medio di QI TOT nei pazienti è 74,26 (SD = 17,36), 104 (SD = 11,42) nei controlli sani. Performance cognitive migliori sono state registrate sia nel gruppo dei casi che nel gruppo dei controlli che fanno uso di cannabis, ad esclusione del sottogruppo di pazienti con QI > 70 (QI medio = 100; deficit mentale QI ≤ 70), nel quale l’uso di cannabis non sembra associato alle prestazioni cognitive. conclusioni: i risultati preliminari dello studio suggeriscono un’associazione, meritevole di ulteriori indagini, tra performance cognitive e consumo cannabis, ma l’esiguità del campione non consente di spiegare le variazioni di QI né di osservare efficacemente le relazioni tra punteggi ai singoli sub-test.
bibliografia
de la Serna E, Mayoral M, Baeza I, et al. Cognitive functioning in children and adolescents in their first episode of psychosis: differences between previous cannabis users and nonusers. J Nerv Ment Dis 2010;198:159-62.
Di Forti M, Morgan C, Dazzan P, et al. High-potency cannabis and the risk of psychosis. Br J Psychiatry 2009;195:488-91.
Løberg EM, Hugdahl K. Cannabis use and cognition in schizophrenia. Front Hum Neurosci 2009;3:53.
p228. la riproducibilità genitori/insegnanti sui comportamenti problematici nei bambini attraverso il Questionario sulle capacità e sulle difficoltà
F. Floris*, E. Bilancetta*, G. Orofino*, D. Orgiana*,
G. Pittau**, C. Serra*, S. Palmieri*, L. Pilitzu*, M.C. Hardoy*,
M.G. Carta*
*Centro di Psichiatria di Consultazione e Psicosomatica, Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari; ** ASL 7 Carbonia
introduzione: lo screening dei problemi di comportamento e psicologici è determinante per l’identificazione precoce dei disturbi mentali nei bambini. L’SDQ, compilato da genitori e insegnanti, rappresenta un agile strumento di screening ma, in Italia, poco è noto circa la concordanza fra insegnanti e genitori, i più rilevanti informatori chiave. Obiettivi: valutare la riproducibilità sulla capacità di identificare la presenza di problemi psicologici e di comportamento in bambini, attraverso l’analisi delle risposte allo strumento SDQ compilato rispettivamente da un insegnante e un genitore. Materiali e metodi: disegno dello studio: studio di riproducibilità su un campione ad hoc. Campione: 68 bambini tra i 6 e gli 11 anni scelti tramite una tecnica per quote da una scuola (n = 20) e da un consultorio per disturbi mentali dell’infanzia (n = 48). Strumenti: questionario SDQ compilato da un genitore e un insegnante. Misura dell’accordo nelle risposte agli item, calcolata tramite il test k. risultati: accordi 72%; Discordanze 28%; K totale 0,42 (p < 0,001); i genitori indicavano presente il problema nel 68% delle discordanze (P < 0,05). conclusioni: il risultato Kappa = 0,42 indica che i genitori e insegnanti forniscono valutazioni con un accordo solo limitatamente superiore rispetto a quanto atteso per caso. Il relativamente basso accordo fra i due principali osservatori del bambino è un tema che merita un particolare approfondimento di ricerca. Studio Europeo School Children DG SANCO, Luxemburg.
p229. depressione dell’umore in adolescenza: studio osservazionale clinico
G. Francesconi, E. Arimatea, B. Nardi
Centro Adolescenti per la Promozione dell’Agio Giovanile, DSM Zona 7 Ancona; Sezione Psichiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università Politecnica delle Marche
introduzione: la diagnosi di depressione in adolescenza è problematica per la complessità dei cambiamenti, le disarmonie del-la crescita e la ricorrenza di momenti di tristezza esperienziale. Scopo di questo studio osservazionale è stato di indagare la depressione adolescenziale in una casistica pluriennale. Materiali e metodi: sono stati studiati tutti i soggetti afferiti al Centro negli ultimi 4 anni con sintomi depressivi al colloquio clinico e alla testistica (Beck Depression Inventory, MMPI-A/ MMPI-2, SCL-90, CORE-OM). Essi sono stati trattati con psicoterapia cognitiva (alcuni anche con farmacoterapia). Un re-test è stato fatto a 6 mesi.
risultati: la depressione è stata riscontrata in 56 soggetti (range 13-28 a, media = 20; ds = 3), 37 femmine e 19 maschi; solo nel 16% è stata compatibile con i criteri del DSM IV, con alta comorbidità che può complicare la formulazione diagnostica. Al re-test c’è stata remissione clinica nel 74% dei casi trattati con psicoterapia e nel 62,5% di quelli che hanno richiesto una terapia combinata anche con farmaci antidepressivi. conclusioni: la depressione adolescenziale richiede interventi precoci ma anche protratti. La psicoterapia cognitiva post-razionalista è efficace per non stabilizzare un’immagine negativa di sé, liberando le risorse individuali.
bibliografia
Cassano GB, Pancheri P, editors. Trattato Italiano di Psichiatria. Milano: Masson 2002.
Nardi B. Costruirsi. Sviluppo e adattamento del sé nella normalità e nella patologia. Milano: Franco Angeli 2007.
p230. Pattern psicopatologici di giovani abusanti e modellizzazione di un trattamento terapeutico riabilitativo precoce. Una ricerca nel distretto giudiziario minorile della sicilia occidentale
A. Francomano*, A. Argo**, R. Colline*, L. Fucà*, A. Meli*,
G. Trapolino*, D. La Barbera*
*
Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche, Sezione Psichiatria, ** Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Legale, Sezione di Medicina Legale, Università di Palermo
introduzione: definizione di un percorso di conoscenza dei pattern bio-psico-sociali del giovane abusante per descriverne il funzionamento psicologico, l’incidenza di tratti psicopatologici e costruire percorsi di intervento terapeutico-riabilitativi tali da strutturare un modello efficace per interrompere il “ciclo dell’abuso”. Materiali e metodi: la prima fase ha visto la costituzione di un’équipe di ricercatori psichiatri, medici-legali, psicologi e la stesura di una scheda di rilevazione dati per un’agevole consultazione (effettuata presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo) di 67 fascicoli giudiziari riguardanti reati di violenza sessuale (art. 609 C.P.) commessi da abusanti minorenni tra il 2005 ed il 2009. risultati e conclusioni: solo in una minima percentuale di casi vengono posti accertamenti di natura psicologico/psichiatrica sugli abusanti. Gli interventi sanitari risultano carenti per metodologia ed uso di strumenti di rilevazione di quote di disagio psichico
o di malfunzionamento personologico tale da non offrire spunti per la definizione di una valida progettualità terapeutico-riabilitativa. Nelle prime fasi dell’iter giudiziario non vengono messe in atto terapie mediche o psicologiche centrate sul tema della rabbia, della paura, del dolore per stigma patito in conseguenza delle vicende in cui il soggetto è stato coinvolto. L’assenza di iniziative diagnostiche e/o trattamentali è da rilevare come uno dei pattern più significativi per la possibile reiterazione dei reati.
bibliografia
Aguglia E, Riolo A. La pedofilia nell’ottica psichiatrica. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore 1999.
Dettore D, Fuligni C. L’abuso sessuale sui minori. Milano: McGraw-Hill
2008.
Ferracuti S. I test mentali in psicologia giuridica e forense. Torino: Cen-
tro Scientifico Editore 2008.
p231. Valutazione dell’enpowerment nei percorsi integrati di riabilitazione psichiatrica: il contributo dell’autovalutazione della quality of life nell’esperienza del gruppo albatros
A. Francomano, A. Guella, M. La Placa, D. Mangiapane,
C. Auteri, F. Sciortino, D. La Barbera
Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche, Sezione Psichiatria, Università di Palermo
introduzione: lo studio della qualità di vita in percorsi riabilitativi multidisciplinari ha motivato la strutturazione di un nuovo strumento di valutazione delle aree di intervento individuate nelle seguenti dimensioni: Salute Fisica/Attività, Emozioni, Occupazione, Lavori domestici, Attività scolastiche, Passatempo, Relazioni Sociali, Attività Generali. Lo strumento è stato applicato a 15 soggetti afferenti all’area dello psicoticismo schizofrenico denominato “Albatros” costituito presso il servizio di Psichiatria del Policlinico Universitario di Palermo. Materiali e metodi: lo strumento permette la rappresentazione dei livelli diempowerment raggiunti dai pazienti tramite l’utilizzo di schede di ricognizione, avvalendosi di una eterovalutazione a feedbackeffettuata dagli operatori e di una autovalutazione dei pazienti con l’ausilio del Quality of Life Enjoyment and Satisfaction Questionaire. Step del processo: 1. identificazione e articolazione delle dimensioni da analizzare; 2. condivisione e elaborazione multiprofessionale delle schede di ricognizione; 3. rilevazione dei dati; 4. somministrazione del Q-LES-Q; 5. utilizzazione dello strumento da parte di operatori dell’équipe; 6. valutazione dell’efficacia dello strumento. conclusioni: i risultati permettono di rilevare un aumento dei livelli di life skill dei pazienti e della soddisfazione generale nei settori della vita quotidiana. Il costrutto dell’empowerment consente, mediante l’ausilio di specifici diagrammi radar, una valutazione proattiva e permette un monitoraggio delle dimensioni indagate, supportando la gestione dei punti di forza e di debolezza nei percorsi riabilitativi. I risultati ottenuti nell’experience fanno rilevare il potenziamento della cognizione sociale degli utenti.
bibliografia
Endicott J, Nee J, Harrison W, et al. Quality of Life enjoyment and Satisfaction Questionnaire: A new measure. Psychopharm Bull 1993;29:321-6.
Franceschini F, Galetto M, Maisano D. Indicatori e misure di prestazione per la gestione dei processi – Modelli e tecniche di sviluppo. Il Sole 24 Ore 2007.
La Barbera D, Francomano A, La Cascia C. Cento fiori nel giardino – Apporti teorici, interventi terapeutici e nuove prospettive nella riabilitazione psico-sociale. Milano: Franco Angeli 2007.
p232. l’emergenza-urgenza psichiatrica nell’ospedale generale. indagine epidemiologica e raffronto tra il policlinico Universitario e l’spdc dell’ospedale “V. cervello” di palermo nella progettualità di un collegamento tra le diverse strutture nella gestione di servizi acuzie, post-acuzie e non-acuzie
A. Francomano*, M. La Placa*, B. Bonanno*,
D. Mangiapane*, M. Montalbano**, V. Cavalieri**, S. Varia**,
D. La Barbera*
* Dipartimento di Biomedicina sperimentale e Neuroscienze cliniche, Sezione Psichiatria, Università di Palermo; **Dipartimento di Salute Mentale, Dipendenze patologiche Neuropsichiatria Infantile e dell’adolescenza, ASP 6 Palermo
introduzione: lo studio analizza e confronta le modalità di intervento nel campo dell’emergenza-urgenza in Psichiatria nella città di Palermo nell’ottica di un collegamento fra strutture psichiatriche e ospedaliere per un’ottimale gestione dei servizi nelle fasi di acuzie e di quelle post-acuzie e non-acuzie. Materiali e metodi: 1. utilizzo di una scheda di raccolta dati per determinanti socio-anagrafiche, analisi motivazionale del-la richiesta, anamnesi patologica, comorbidità, diagnosi e descrizione intervento; 2. censimento degli interventi dell’anno 2010 presso l’U.O. di Psichiatria dell’A.O.U.P. e SPDC “V. Cervello” di Palermo attivati dal P.S. e da altre UU.OO. ospedaliere e territoriali; 3. analisi e raffronto della tipologia di intervento; 4. andamento storico e confronto con le annualità precedenti. risultati: dai dati preliminari raccolti è possibile riscontare il crescente numero di richieste incongrue (20,5% vs 2,8%), di revolving door (10,2% vs 8,9%) e di proposte di T.S.O. (n. 9 vs
n. 8) talvolta effettuate fuori dall’ambito cittadino (n. 4 vs n. 3). conclusioni: risulta necessaria la creazione di efficaci servizi di collegamento tra le diverse strutture, ospedaliere e territoriali per una migliore gestione delle fasi di acuzie. La realizzazione di strutture dedicate alla gestione della post-acuzie potrebbe ottimizzare l’aderenza alle cure e ridurre il fenomeno del revolving door.
bibliografia
Caput Y, Paridis M, Bealieu L, et al. A qualititative study of a psychiatric emergency. Int J Ment Health Sys 2008;2:9.
Ziegenbein M., Anreis C., Brùggen B., Olhlemeir M, Kropp S. Possible criteria for impatient psychiatric admission: which pstiens are trasferred from emergency services to impatient psychiatric treatment? BMC Health Serv Res 2006;6:150.
p233. psicopatologia correlata alla migrazione: analisi di due centri di salute mentale, rurale ed urbano
S. Goljevscek, E. Maso, M. Balestrieri
Clinica Psichiatrica, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Udine
introduzione: la psichiatria transculturale indaga i rapporti esistenti tra i disturbi psicopatologici ed i fenomeni culturali. La cultura di appartenenza, come pure l’adattamento ad un nuovo contesto di vita possono influenzare fortemente le modalità di espressione delle diverse forme psicopatologiche, nonché il decorso e la prognosi di queste.
scopo della ricerca: analizzare e confrontare la richiesta di intervento psichiatrico in un campione di cittadini stranieri afferenti a due centri di salute mentale, rurale ed urbano. Materiali e metodi: le due popolazioni oggetto di studio comprendono tutti i cittadini stranieri afferenti al CSM di Codroipo e di Udine Nord nel quinquennio 2003-2008, a cui è stata somministrata una scheda ad hoc, che indaga le variabili sociodemografiche e cliniche. risultati: il campione di Codroipo è costituito da 42 utenti, così distribuiti: Est Europa (47,6%), Africa Centrale (33,3%). Udine Nord comprende 142 utenti: Est Europa (48,2%) e Africa Centro-Settentrionale (34%). Nella popolazione rurale le diagnosi formulate comprendono disturbi d’ansia (31%), disturbi dell’adattamento (28,6%), disturbi dell’umore (21,4%), disturbi psicotici (16,7%), disturbi di personalità (2,4%), mentre nell’area cittadina i disturbi psicotici sono il 25%, seguiti da disturbi depressivi (15%), disturbi dell’adattamento (15%), disturbi dello spettro ansioso (10%), disturbi di personalità (2,8%). conclusioni: come già confermato in diversi studi, esiste una fenomenologia psicopatologica differenziata, in relazione al territorio di appartenenza, con una prevalenza di disturbi dello spettro psicotico in area urbana.
p234. interazione tra psicoticismo e attività prefrontale durante working memory
A. Incampo, L. Fazio, B. Gelao, R. Romano, P. Taurisano,
M. Mancini, A. Porcelli, A. Papazacharias, G. Ursini,
T. Quarto, G. Blasi, M. Nardini, A. Bertolino
Gruppo di Neuroscienze Psichiatriche, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università di Bari
Numerosi studi, condotti in soggetti sani ed in pazienti affetti da schizofrenia, mostrano come alti livelli di psicoticismo possano essere associati a peggiori performance durante differenti compiti motori e sensoriali. Punteggi di psicoticismo, inoltre, appaiono correlare negativamente con l’attività striatale associata alle funzionalità sensorimotorie. Non è chiaro, tuttavia, che ruolo possa esercitare lo psicoticismo in compiti cognitivi complessi. Obiettivo del presente studio è valutare la relazione tra psicoticismo e attività prefrontale durante working memory (WM) ipotizzando una relazione negativa tra tali variabili. 56 soggetti sani (20 maschi, età media 27,8 ± 7,3, QI medio 109,4 ± 13,8) sono stati studiati con fMRI durante un compito di working memory (N-Back). Per ciascun soggetto, lo psicoticismo è stato valutato tramite l’Eysenk Personality Inventory. L’analisi dei dati fMRI (p < 0,005), condotta in SPM5, ha mostrato una correlazione tra l’attività bilaterale della corteccia prefrontale dorso-laterale (DLPFC) e dello striato con i punteggi di psicoticismo. I risultati del presente studio indicano un effetto significativo dello psicoticismo nella modulazione dell’attività di regioni cruciali in compiti di WM, come la DLPFC e lo striato. La direzione negativa di tale relazione appare coerente a precedenti studi sulle funzionalità sensori-motorie e sembra suggerire un importante ruolo dello psicoticismo anche su funzioni cognitive complesse.
bibliografia
Eysenck HJ. The definition and measurement of psychoticism. Pers Individ Dif 1992;13:757-85.
Gray NS, Pickering AD, Gray JA. Psychoticism and dopamine D2 binding in the basal ganglia using Single Photon Emission Tomography. Pers Individ Dif 1994;17:431-4.
p235. perturbazione del sistema glutammatergico e markers del metabolismo glucidico cerebrale: implicazioni traslazionali per la fisiopatologia delle psicosi
G. Latte*, L. Avvisati*, E.F. Buonaguro*, S. Calandro*,
F. Iasevoli*, C. Sarappa*, C. Tomasetti*, L. Aloj**,
A. de Bartolomeis*
* Laboratorio di Psichiatria Molecolare e Psicofarmacoterapia, Sezione di Psichiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università “Federico II” di Napoli; 2 Istituto Nazionale Tumori IRCSS, Fondazione G. Pascale, Napoli, Area Funzionale di Medicina Nucleare
La perturbazione della neurotrasmissione glutammatergica potrebbe essere coinvolta nella patogenesi delle psicosi. La ketamina, antagonista del NMDA-R, può modificare il metabolismo glucidico cerebrale e l’espressione di geni della PSD, e indurre danno neurodegenerativo in regioni cerebrali correlate con la fisiopatologia delle psicosi. Di contro la memantina ha affinità moderata per il NMDA-R, ha proprietà pro-cognitive ed è stata approvata per il trattamento dell’Alzheimer. Questo studio esplora, mediante ibridazione in situ, l’espressione genica di: 1) Homer1b e PSD95, geni della densità postsinaptica (PSD), dopo trattamento con differenti antagonisti NMDA-R (ketamina, MK-801, memantina); 2) esochinasi I (Hex1) e GLUcose Transporter 3 (GLUT3), geni coinvolti nel metabolismo glucidico, dopo trattamento con ketamina a differenti dosaggi. La ketamina incrementa l’espressione di Hex1: a dosaggio neurotossico in diverse regioni corticali e in tutte le regioni del caudato-putamen e del nucleus accumbens esplorate; a dosaggio subanestetico e neurotossico nelle regioni CA2, CA3 e giro dentato dell’ippocampo. Inoltre non modifica l’espressione di GLUT3 nelle regioni esplorate. L’espressione di H1b e PSD95 non è modificata dal trattamento con antagonisti NMDA-R. Tali risultati suggeriscono che molecole del metabolismo glucidico possono avere un ruolo nella risposta omeostatica al danno neurotossico da ketamina e nei processi neurodegenerativi ipotizzati nella patogenesi delle psicosi.
p236. riconoscimento dei sintomi psicotici sottosoglia in un campione di studenti: uno studio preliminare
R. Magnani, M. Barcella, N. Brondino, M. Cappucciati,
V. Martinelli, M. Rocchetti, S. Tinelli, L. Vecchia, P. Politi
Università di Pavia, Facoltà di Medicina e Chirurgia. Dipartimento di Scienze Sanitare Applicate e Psicocomportamentali, Sezione di Psichiatria
background: shortening the duration of untreated psychosis through the early detection of prodromal symptoms is paramount to improve long-term clinical outcome. The aim of this study was to explore the usefulness of the Italian version of a psychometric scale aimed to assess subthreshold psychotic symptoms in a sample of Italian students.
Methods: a total of 407 secondary school students were asked to fill anonymously the Italian version of the Screening for Psychotic Experiences (SPE), a 20-item questionnaire focusing on the prodromal symptoms of schizophrenia. Participants also completed the Perceived Stress Scale (PSS) and the Retrospective Bullying Questionnaire. results: the prevalence of positive answers on different items ranged between 10.1% and 60.6%. There was a positive correlation between the total SPE score and a history of cannabis use in the past six months (p = 0.02). In addition, the total SPE score showed a significant association with a history of being bullied during the primary and secondary school (p < 0.001). The scale showed a good reliability (Cronbach a = 0.79). Stress scores on the PSS did not predict indepentently the total SPE score. conclusions: this pilot study provides evidence of a good internal consistency of the SPE scale in apparently healthy Italian individuals, suggesting its potential usefulness as a screening tool for early psychosis. Further studies are needed to devise an optimal cut-off value for identifying individuals at risk.
p237. effetto di varianti genetiche del recettore d2 della dopamina su schizotipia e funzioni cognitive in soggetti sani
M. Mancini*, P. Taurisano* **, R. Romano*, B. Gelao*,
A. Porcelli*, M. Colizzi*, L. Fazio*, A. Di Giorgio* ** ,
G. Ursini*, L. Lo Bianco* ***, I. Andriola*, R. Masellis*,
M. Nardini*, G. Blasi*, A. Bertolino*
*
Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università di Bari; ** IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, S. Giovanni Rotondo (FG); *** Dipartimento di Neuroscienze, Università Politecnica delle Marche, Ancona
Diversi studi sperimentali su campioni di soggetti sani hanno indagato la relazione tra schizotipia e funzioni cognitive, in particolare working memory (WM) e attenzione sostenuta. Precedenti studi suggeriscono una probabile alterazione dopaminergica in soggetti con disturbo di personalità schizotipico ed una probabile influenza sulle performance cognitive della densità dei recettori D2 della dopamina. Un polimorfismo di un singolo nucleotide (SNP) intronico nel gene per i D2 (DRD2, rs 1076560-G > T) influenza le funzioni cognitive, mostrando un’associazione fra l’allele minore T, che corrisponde ad una ridotta espressione di D2S in corteccia prefrontale, e basse performance in compiti di WM e attenzione. Scopo di questo studio è indagare un probabile effetto del polimorfismo DRD2 rs1076560 su tratti schizotipici e funzioni cognitive. 67 soggetti sani, genotipizzati per il polimorfismoDRD2 rs 1076560 (GG/GT = 42/25), sono stati sottoposti all’Nback test, per valutare la WM, e al Continuous Performance Test, per l’attenzione. I tratti schizotipici sono stati misurati attraverso lo Schizotypal Personality Questionnaire (SPQ). I soggetti GT mostrano punteggi più alti nello SPQ totale e al Fattore Cognitivo-Percettivo rispetto ai soggetti GG (p = 0,008). Inoltre ad alti punteggi allo SPQ totale e al Fattore Cognitivo-Percettivo correlano peggiori performance cognitive nel gruppo dei GT (p < 0,05). Questi risultati suggeriscono l’esistenza di un effetto del polimorfismo DRD2 rs1076560 sulla schizotipia e sulla relazione fra questa e le performance cognitive.
p238. Setting istituzionale e psicoterapia di gruppo nei disturbi di personalità
V. Manini, S. Bascioni, G. Mircoli, C. Bellantuono
Clinica Psichiatrica, Università Politecnica delle Marche, Ospedali Riuniti Ancona
introduzione: i disturbi di personalità (DP) sono spesso caratterizzati da discontrollo degli impulsi, angosce di perdita, fragile immagine di sé e meccanismi difensivi primitivi. Nell’ultimo decennio sono stati intrapresi diversi studi sull’efficacia della psicoterapia di gruppo per tali pazienti 1. Il presente studio ha analizzato l’interferenza dei cambiamenti del setting istituzionale nella psicoterapia di gruppo con soggetti DP. Materiali e metodi: nel Servizio dei DP della Clinica Psichiatrica di Ancona è attualmente attivo un gruppo di psicoterapia ad orientamento analitico, con incontri a cadenza settimanale della durata di 90 minuti, condotti da una terapeuta e da una osservatrice partecipante. I pazienti sono stati selezionati attraverso colloqui di warming e somministrazione di testistica psicodiagnostica: SCID-II 2.0, AQ, BIS-11, S.C.L.-90 Adult Attachment Interview (AAI) e Reflective Self Function Scale (R.S.F.). risultati: da anni erano attivi due gruppi di psicoterapia che sono stati fusi insieme, negli ultimi sei mesi, in seguito alla riorganizzazione delle attività istituzionali legata alla riduzione delle risorse economiche. I pazienti hanno affrontato tali cambiamenti attraversando una fase iniziale caratterizzata da sensazioni di incertezza, paura, rabbia, la cui elaborazione ha permesso di sperimentare sentimenti di curiosità, di speranza e di riprendere e continuare il viaggio nel proprio mondo interno-esterno. conclusioni: i cambiamenti del setting istituzionale, dove operano forze distruttrici, innovatrici e riparatrici, possono determinare confusione, rabbia, sentimenti di perdita, e di abbandono, ma anche rappresentare la possibilità di analizzare dinamiche di fondo e opportunità di crescita individuale e gruppale 2.
bibliografia
1 Visintini R, Ubbiali A, Donati D, et al. Referral to group psychother
apy: a retrospective study on patients’ personality features associated
with clinicians’ judgments. Int J Group Psychother 2007;57:515-24.
2 Gans JS, Counselman EF. Patient selection for psychodynamic group
psychotherapy: practical and dynamic considerations. Int J Group
Psychother. 2010;60:197-220.
p239. fattori di rischio associati all’aumento ponderale in un campione di persone sovrappeso not treatment seeking
E. Manzato*, A. Bolognesi*, V. Lazzari*, M. Leoni*,
L. Puntone*, F. Zurlo*, M. Simoni*, M. Cuzzolaro**
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Centro Multidisciplinare DCA, Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara Sant’Anna; ** Sapienza Università di Roma
introduzione: in letteratura scarsi sono gli studi riguardanti per-sone in sovrappeso. Scopo del presente studio è la valutazione dei fattori di rischio associati all’incremento ponderale in un campione di soggetti sovrappeso seguiti per un anno.
Materiali e metodi: il campione è di 167 soggetti sovrappeso not treatment seeking (57 M e 110 F; BMI 27,64 ± 1,49; età media 49,7 ± 10,8 anni), reclutati presso 23 medici di medicina generale di Ferrara e provincia. È stata somministrata una scheda epidemiologica e test: Binge Eating Scale, Beck Depression Inventory e Body Uneasiness Test. È stato inoltre valutato il BMI dopo 1 anno (125 soggetti, compliance del 75%). risultati: il follow-up ha evidenziato l’instabilità del peso del campione: nel 43,2% dei casi il peso è aumentato, nel 40,8% diminuito, solo nel 16,0% mantenuto stabile. I fattori che sono risultati significativamente (p = 0,05) e positivamente associati con maggior rischio di incremento ponderale al follow-up so-no stati: vivere da soli, non praticare attività sportive, presenza di ansia attuale o pregressa e alti livelli di insoddisfazione corporea. conclusioni: i soggetti sovrappeso devono essere considerati un gruppo instabile ad alto rischio di incremento ponderale. Considerata la scarsità di dati a disposizione, campioni di soggetti sovrappeso con associati fattori di rischio, dovrebbero essere ulteriormente studiati e oggetto di azioni di prevenzione mirate.
p240. atteggiamenti alimentari e immagine corporea in un campione di maschi che frequentano una palestra di
body building
E. Manzato, E. Roncarati, M. Arcella, M. Simoni
Centro Disturbi del Comportamento Alimentare, Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Anna, Ferrara
Nella società occidentale le preoccupazioni per il peso e la forma fisica sono presenti anche nei maschi. Se nelle donne il modello proposto è di estrema magrezza, negli uomini il modello è di un corpo muscoloso. L’insoddisfazione corporea (intesa come discrepanza tra corpo ideale e corpo reale) è riconosciuta come core psicopatologico dei disturbi del comportamento alimentare e porta i maschi ad utilizzare maggiormente l’esercizio fisico piuttosto che le diete. L’obiettivo della ricerca è studiare la presenza di insoddisfazione corporea e di atteggiamenti alimentari alterati in un campione di popolazione maschile non clinico. Abbiamo analizzato un campione di circa 50 maschi che frequentano regolarmente una palestra di body building. Abbiamo somministrato un questionario sull’andamento di peso (peso massimo e minimo raggiunto, peso attuale e peso desiderato), sulla presenza di diete attuali e precedenti e comportamenti disfunzionali legati all’insoddisfazione corporea. Abbiamo somministrato due test: Eating Attitudes Test e Body Uneasiness Test. I risultati ottenuti sottolineano l’importanza dello studio dei fat-tori di rischio nel genere maschile per la prevenzione primaria dei disturbi del comportamento alimentare.
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