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Il vaso di Pandora della civiltà digitale: nuovi media, nuovo disagio?

3 Nov 12

Di A_SIBILLA@libero.it

L’evoluzione culturale e scientifica delle scienze psichiatriche e i radicali mutamenti socio-economici che stanno conducendo ad una profonda rivoluzione nel mondo del lavoro, nei modelli relazionali e affettivi, nella struttura della famiglia e nella percezione dell’identità e delle appartenenze impongono agli psichiatri un particolare sforzo di individuare la natura delle trasformazioni in atto nella nostra realtà e valutarne l’impatto a livello psichico individuale e sociale.

Osservare e comprendere la quantità e la qualità dei cambiamenti che stanno rapidamente modificando lo scenario della nostra esistenza rendendo singolare e problematico il passaggio al nuovo millennio può certamente aiutare lo psichiatra a definire più accuratamente la natura di molte nuove forme di disagio psicologico e disadattamento.

Abbiamo in effetti la grande opportunità storica di partecipare ad una svolta epocale della nostra civiltà, svolta che renderà obsoleti molti dei concetti affermatisi dalla rivoluzione industriale in poi: la stessa idea di progresso, la preminenza del modello culturale occidentale, le categorie di spazio, tempo, relazione, esperienza, ecc.

Assistiamo ad accelerazioni progressivamente crescenti dell’evoluzione tecnologica e del mutamento sociale. Accelerazioni che portano ad aspettative piene di speranza in un futuro migliore grazie a tecnologie innovative e straordinarie come la realtà virtuale e il cyberspazio delle reti informatiche planetarie ma anche ad una attrazione, fatale o creativa a secondo dei casi, nei confronti del passato e dell’irrazionalità.

La tecnologia rappresenta in effetti il pnncipale motore del cambiamento e la causa più diretta ed immediata di trasformazioni che stanno ampiamente interessando ogni attività umana.

Negli ultimi decenni lo sviluppo tecnologico èstato alla base di nuove forme di comunicazione e di relazione tra gli esseri umani, modificando radicalmente la rappresentazione individuale e collettiva della realtà attraverso una globalizzazione della cultura e dell’esperienza, in particolare la vorticosa espansione dei sistemi di telecomunicazione sta rendendo possibile la condivisione e l’accesso a una quantità di dati assolutamente impensabile fino a pochi anni or sono.

La rapidità del cambiamento sociale è oggi così elevata da risultare difficile e problematico descriverla e immaginarla e forse in alcuni casi anche percepirla. Nuove idee, nuovi progetti, nuove tecnologie stanno accelerando la nostra cultura davanti ai nostri occhi, eppure si ha l’impressione che il significato e le conseguenze di questa velocizzazione ci sfuggano quasi del tutto.

I modi differenti in cui si va evolvendo la nostra cultura possono essere considerati come differenti aspetti di un unico processo le cui spinte principali sono il computer e la telematica, la matematica del caos, lo sviluppo delle telecomunicazioni e la loro convergenza con le tecnologie dell’informazione.

 

C’è chi sostiene che questi fenomeni così ampiamente trasformativi stiano già configurando una sorta di nuovo rinascimento della cultura, dell’arte, della creatività, allargando gli orizzonti conoscitivi e il ventaglio delle possibilità umane.

Ma che questo sia più o meno vero resta il fatto inconfutabile che chi sarà in grado di comprendere la natura di questo cambiamento sarà molto meglio attrezzato per sopravvivere al ventunesimo secolo, così, al contrario, il mancato accesso alle nuove realtà tecnologiche ed alle loro pressochè infinite implicazioni sia in termini di opportunità concrete che riguardo agli aspetti culturali e socio-relazionali, potrà determinare nuove e forse più ghettizzanti aree di esclusione, di emarginazione culturale e sottosviluppo.

Ma se più volte nei secoli scorsi il progresso èstato favorito dal trionfo della tecnologia sulla scienza speculativa, nello scenario post-moderno assistiamo ad un fatto straordinariamente nuovo: il trionfo della tecnologia sull’esperienza, questa, cioè, si allontana sempre più dalla dimensione naturale per essere mediata dalla tecnologia.

Se le vecchie tecnologie della produzione hanno alterato il rapporto tra progresso e natura e la relazione tra l’uomo e il suo habitat, le tecnologie più recenti – basti pensare alle biotecnologie, alla ingegneria genetica, agli svariati tipi di fecondazione artificiale, alla produzione di organismi transgenici ed ibridati e agli esperimenti di clonazione – stanno alterando i termini della nostra relazione con la storia genetica che abbiamo ereditato, la nostra psicologia e la nostra conoscenza del mondo: i bambini di oggi e ancor più le prossime generazioni potranno a pieno titolo percepirsi come figli della madre tecnica, piuttosto che di madre natura.

La tecnologia, se focalizziamo ora l’attenzione sulle tecnologie della rappresentazione, media e simula sempre più l’esperienza in modi che rendono ambigui e sfuggenti molti dei nostri concetti di realtà.

Nell’introduzione al suo romanzo Crash – che sviluppa proprio il tema della nascita di nuove forme di sessualità indotte dalla tecnologia e il rapporto perverso e autodistruttivo tra eros e civiltà – romanzo recentemente realizzato in versione cinematografica da David Cronenberg, James Balard, scrive che viviamo già in un mondo regolato da finzioni di ogni tipo, la finzione esiste già e il ruolo dello scrittore èquello di inventare la realtà.

La necessità per lo psichiatra è allora quello di elaborare nella maniera più aperta ed efficace possibile strumenti, idee, mappe e percorsi in grado di aiutarci a pensare criticamente la teenosfera che abitiamo e a ipotizzare quali potranno essere nel prossimo futuro le conseguenze delle stie dinamiche sulla psiche individuale e collettiva.

I dubbi più forti circa l’evoluzione del progresso tecnologico infatti non derivano più soltanto da timori di tipo ambientale ma riguardano sempre più spesso anche l’impatto psicosociale ditali mutamenti.

Se sembra ormai assodato che il frenetico cambiamento tecnologico e l’espansione economica senza limiti rappresentino una minaccia all’intero pianeta, l’ecologia non appare però l’unico aspetto problematico della crescita senza limiti: altre differenti crisi stanno infatti già interessando le funzioni e i possibili impieghi delle grandi reti informatiche transnazionali, sicuramente l’area caratterizzata dai più grandi mutamenti tecnologici e che sta per introdurci nell’era dell’informazione.

In questo settore il divario tra le attese legate a questi sistemi e la loro effettiva realizzazione, con conseguenze problematiche sul piano psicologico e sociale, ha già prodotto i tre paradossi dell’età dell’informazione di cui parla Langdon Winner (1994).

 

IL PARADOSSO DELL’INTELLIGENZA

Pur avendo a disposizione strumenti straordinariamente efficaci e sofisticati per la trasmissione e la gestione delle informazioni, che funzionano ad una velocità sempre più elevata, larghissime fasce della popolazione mondiale sembrano non trarre alcun beneficio da tali progressi. La tecnologia dei computer (che come è noto è in assoluto il campo del progresso tecnico che si è evoluto in maniera più rapida negli ultimi decenni) consente di disporre di macchine con capacità di memoria e di calcolo strabilianti, grazie a microchip di dimensioni sempre più ridotte e ormai prossimi ad una velocità di clock di mezzo gigabyte, mentre le reti informatiche esercitano un’influenza crescente su ogni ambito della vita sociale e lavorativa: soltanto pochi anni or sono gli scenari odierni legati alla diffusione della telematica potevano apparire come la trama di un interessante romanzo di fantascienza, le possibilità di sviluppo di questo settore appaiono per altro ancora sconfinate e quindi poco prevedibili gli esiti di questo processo. Ma accanto a questa realtà così entusiasmante sono anche evidenti

i segnali di un sottosviluppo culturale che oltre a riguardare la popolazione dei paesi più poveri (circa due miliardi di persone al mondo non sono ancora in grado di acquisire e utilizzare semplici concetti intellettuali) comincia inaspettatamente a interessare anche i popoli delle nazioni più avanzate.

Negli Stati Uniti, ad esempio, molte ricerche denunciano la preoccupante situazione del sistema scolastico: gli studenti mostrano difficoltà crescenti nel raggiungere il minimo indispensabile per superare le prove e gli esami finali e la loro competenza lessicale appare sempre più bassa ad ogni nuovo rilievo. Sembra proprio strano il destino di una generazione cresciuta con un incessante flusso di stimoli, sollecitazioni ed informazioni e che fatica ad acquisire una sufficiente padronanza linguistica!

Il governo americano (ed in particolare il vicepresidente Al Gore, profeta delle reti informatiche) ha adottato delle contromisure con una informatizzazione ancora più spinta che ha previsto un computer per ogni scuola ma dopo alcuni anni dall’introduzione dell’informatica nelle scuole e alla vigilia dell’apertura delle autostrade informatiche di Internet per tutta l’istruzione dii e Il grado, i deficit del sistema scolastico e degli studenti americani non sono affatto migliorati, in un contesto ambientale che diventa sempre più violento e in cui sono più frequenti i disturbi del comportamento e l’abuso di sostanze.

Il paradosso dell’intelligenza che stiamo esaminando pone quindi il problema della quantità di informazioni che è possibile immettere in un sistema senza renderlo disfunzionante: vi e quindi il rischio che, nell’età dell’informazione, molta gente non riesca ad acquisire strumenti cognitivi adeguati alla complessità del mondo che ci troviamo ad affrontare e ciò potrebbe contribuire a rendere la realtà sempre più caotica ed imprevedibile, aumentando inoltre, anche nei paesi culturalmente più progrediti, il divario culturale e sociale tra gli individui o tra una classe sociale e l’altra.

Viene così a cadere un argomento fondamentale dell’ideologia del progresso, ovvero la convinzione che lo sviluppo tecnologico vada di pari passo con quello delle capacità umane.

Un tipo particolare di paradosso dell’intelligenza dell’era informatica, inverso rispetto a quello enunciato finora, riguarda quei fenomeni, sfumati o più evidenti a secondo i casi, di disadattamento al cambiamento tecnologico che è possibile notare di frequente anche negli strati sociali più elevati, nella classe dirigente, tra professionisti e persone di successo, una forma di analfabetismo tecnologico o di tecnofobia che tradisce la difficoltà o semplicemente il rifiuto di correre alla stessa vertiginosa velocità del cambiamento tecnologico e di modificare i propri schemi di apprendimento per accogliere le possibilità sempre più ampie e potenti messe a disposizione della tecnica.

Si tratta di persone che sviluppano, a volte camuffato da un atteggiamento un po’ snob o di rimpianto per le buone cose del passato, un forte, quanto obbiettivamente poco giustificato, senso di inadeguatezza non solo verso strumentazioni complicate ma anche verso gadget elettronici di facile e intuitivo utilizzo.

Se tale è la difficoltà tra le persone colte e socialmente evolute si può ipotizzare che l’invadenza della tecnologia comporti per soggetti con gravi difficoltà psichiche, uno sforzo adattativo e un impatto psicologico davvero molto elevati.

D’altronde a tutti noi è noto come da circa 40 o 50 anni televisioni, microfoni, radiazioni, antenne, onde magnetiche e microspie, abbiano fornito innumerevoli spunti alla patologia persecutoria, di riferimento e di influenzamento, in parte come segnale della diffidenza più immediata ed esplicita che la percezione ed il pensiero psicotici sviluppano verso oggetti tecnici non facilmente comprensibili nel loro funzionamento.

Stiamo costruendo un mondo tecnologico che risulta a volte difficile da intendere e da usare per chi possiede cultura ed equilibrio psichico, ma che può rappresentare una forte limitazione o una fonte continua di disagio, di timore o di minaccia per chi ha minori capacità di adattamento emotivo e di elaborazione cognitiva e sente la propria identità e la propria sicurezza interna più labili e precarie.

 

IL PARADOSSO DELLO SPAZIO VITALE

Una delle conquiste più allettanti del progresso tecnologico è quella di consentire un incremento del tempo libero, dello spazio da dedicare allo svago ed al divertimento, in particolare l’evoluzione degli strumenti per la multimedialità ha consentito di usufruire di sistemi di intrattenimento sempre più coinvolgenti ed affascinanti. La nostra vita di ogni giorno sta radicalmente cambiando grazie ai fax, ai cerca persone, ai modem, ai telefoni cellulari, alla posta elettronica, alla TV digitale e interattiva ai sistemi audiovisivi di home theater e ai molti altri strumenti e sistemi per migliorare la produttività o il divertimento.

Ma anche in questo caso bisogna interrogarsi sugli effetti collaterali ditali tecnologie e ricordare che ogni promessa comporta un rischio:

il proliferare degli strumenti elettronici per la telecomunicazione ha contribuito a sfumare sempre di più la differenza tra spazi pubblici e privati nella vita di ogni individuo e la possibilità di essere rintracciabile pressochè dovunque ha fatto sovrapporre i tempi del lavoro con quelli del relax e della vita sociale, è così che, grazie alla penetrazione della tecnologia in ogni angolo della nostra vita privata, siamo letteralmente inseguiti da una quantità di messaggi diversi che sono sospinti dalla necessità di raggiungerci in qualsiasi posto a qualsiasi costo. Anche l’automobile risente dell’invasione tecnologica, trasformandosi in breve tempo in un centro multimediale mobile, dotato non solo di autoradio digitali, ma anche di computer di bordo, telefoni cellulari, sistemi per la guida satellitare, non c’è nulla di più efficiente che viaggiare in autostrada concludendo affari, analizzando il mercato azionario o aggiornando la propria azienda.

E sempre più spesso anche all’interno delle mura domestiche sofisticati e complessi sistemi tecnologici di work station tendono a trasformare la casa in un prolungamento dell’ufficio. Così in realtà l’effetto finale del progresso tecnologico è quello che lo spazio vitale si restringe sempre di più attorno a noi, con una compenetrazione intima ed ambigua, a volte fortemente stressante, tra attività e riposo, tra lavoro e svago, tra dovere e piacere.

Come afferma Winner, la nostra società comincia a somigliare a un vasto ambiente elettronico nel quale la continua analisi delle informazioni alla ricerca di guadagni economici o di conseguimenti e obbiettivi professionali sta oscurando altri vantaggi sociali e personali. Spazi e luoghi della nostra vita tradizionalmente destinati al contatto sociale o all’intimità, alla solitudine o all’amicizia, all’amore e alla famiglia, vengono ora ridefiniti in funzione della loro produttività, stravolgendo norme sociali e confini tradizionali.

Soggiogati dall’idea di produttività ed efficienza ci ritroviamo a pensare che se un messaggio può muoversi, deve farlo al più presto e ciò genera forti attese sugli individui: le nuove tecnologie della comunicazione non solo rendono possibile raggiungerli, ma li obbligano a essere reperibili.

La continua apparizione nel- corso di questo secolo di sempre nuovi strumenti per risparmiare tempo ha portato a ritenere che ci si sarebbe finalmente liberati dal pedaggio del tempo, liberi di concludere lavori piò creativi, di riflettere in pace, di godersi una migliore vita sociale.

Tutti questi sogni sono stati inevitabilmente smentiti: il tempo a disposizione si dilata in uno spazio congestionato da continue e crescenti interazioni rese possibili dalle nostre macchine. Anche se si risparmia tempo non si è abbastanza lungimiranti da conservarlo, cosicchè alla fine e per ironia della sorte, il desidero di fare tutto sempre più in fretta rovina in effetti la possibilità di realizzare i propri scopi in modi piacevoli. Ci si trova così a riempire ogni angolo della propria vita con apparecchi ad alta tecnologia, ma gradualmente diminuiscono quegli spazi tranquilli e rilassanti dove la vera creatività, la soddisfazione e la calma trovano rifugio. Sotto questa prospettiva la revolving door e più in generale la filia per i servizi psichiatrici e per i ricoveri che i nostri pazienti non di rado manifestano, può rappresentare la difficoltà dei pazienti ad affrontare ambienti non protetti, iperstimolanti, stressanti, competitivi (Meruzzi G. et al., 1995). Ma il problema dello spazio vitale richiama anche quello fisico della città; lo spazio metropolitano sempre più congestionato dei grandi centri urbani vissuto da 5 differenti categorie di persone (abitanti, pendolari, city users, businessman, immigrati) e sempre più dilatato e dispersivo, determina una possibile perdita del senso della propria individualità a favore di realtà e valori sociali e di gruppo non sempre condivisi, compresi e accettati.

La persona affetta da disturbi psichici che si muove all’intemo di una grande città contemporanea facilmente avverte una dimensioiie della propria sicurezza, può sentirsi minacciato, oppresso dalla solitudine, annientato da un mondo troppo caotico e nel quale può divenire sempre più problematico riconoscere dei riferimenti familiari.

La perdita del senso di familiarità degli spazi urbani e delle loro dinamiche è un disagio che spesso i nostri pazienti ci verbalizzano come difficoltà ad abitare la città, a orientarsi, a muoversi, a spostarsi da un luogo all’altro, ad usare i mezzi di locomozione pubblici o privati. Ancora una volta la rapidità del cambiamento investe in modo massiccio anche il modo di vivere metropolitano, creando sistemi complessì e realtà variegate e multideterminate tese a permettere la convivenza di situazioni umane e aspetti multiculturali molto differenti tra loro. Ancora una volta la forza dirompente del mutamento sociale e tecnologico, quell’ insieme di dinamiche il cui effetto psicologico è stato definito da Alvin Toffier (1989) "choc del futuro" è meno agevole da assorbire da parte di quei soggetti che avvertono da una parte un senso di coerenza e di stabilità del sè più precario e dall’altra una minore flessibilità e plasticità dei processi di elaborazione cognitivoemotiva. Ciò che per la maggior parte di noi può essere considerato progresso, può limitare quindi in modo decisivo l’autonomia o la libertà della persona affetta da disturbi psichici. lì collasso della dimensione simbolica, affettiva, etica ed estetica, a favore di quella funzionale, tecnica e matematica così evidente nell’organizzazione delle nostre metropoli, degli spazi urbani, nella scomparsa dei luoghi civici prima dedicati agli incontri, agli scambi alla relazione ed alla discussione e ora gradatainente sostituiti dall’agorà telematica, dall’incontro virtuale in rete, dalla videoconferenza, rende ancora più precario l’orientamento nella realtà di chi, come il soggetto psicotico soffre nella sua interiorità proprio per lo smarrimento del senso simbolico ed affettivo dell’esistere. La civiltà digitale che ci aspetta dietro l’angolo in un futuro ormai vicinissimo tende anche a determinare lo spostamento progressivo della realtà e dell’esperienza umane dal materiale all’immateriale, da visibile all’ invisibile, dal tangibile all’intangibile.

Lo spazio dell’invisibile, una volta abitato dalle deità mitologiche o religiose, dalle leggende e dalle immagini collettive, che cementavano il senso di appartenenza e di identità di un gmppo o di una cultura, sembra ora dimora della tecnica.

Nell’invisibile, categoria mentale così fascinosamente o pericolosamente vicina all’inconscio, scorrono oggi senza posa le reti informatiche nella prospettiva di una interconnettività totale che sta trasformando radicalmente il modo di concepire la comunicazione, l’incontro, il viaggio, la scoperta, quasi ogni tipo di transazione interumana.

 

IL PARADOSSO DELLA DEMOCRAZIA ELETTRONICA

Molti guru dell’informatica, da Bilì Gates a Negroponte, hanno profetizzato che l’information technology (IT) favorirà in misura crescente la democrazia consentendo ai popoli di tutto il mondo di condividere negli stessi tempi le stesse informazioni e di connettersi in modo assolutamente orizzontale e al di fuori di ogni censura o controllo; Internet con la sua stmttura aperta e il suo carattere non autoritario rappresenta una sorta di modello ditale profezia. Ma non bisogna dimenticare che, nonostante la loro vorticosa crescita, le reti informatiche transnazionali sono e rimarranno appannaggio e privilegio di una esigua minoranza mondiale; la stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta dipenderanno ancora per parecchi anni dalla televisione come unico strumento di gestione e diffusione delle informazioni. Uno strumento che facilmente tende ad essere abusato con una overdose di ipersensorialità, con una dispersione provocata dall’elevato numero di canali e programmi disponibili che orientano l’utente ad una utilizzazione del mezzo sincopata e frammentata. Questa tendenza, che probabilmente corrisponde ad un bisogno continuamente distraente di suoni, immagini e contenuti sempre diversi, è favorita ed accentuata da quelle emittenti, come MTV, canale di musica e videoclip, che spezzettano le scene e i messaggi in parti sempre più piccole, con il risultato che sullo schermo le immagini possono cambiare fino a 100 volte in un minuto. Una pulsazione continua e frenetica che determina una sorta di assuefazione con la relativa insofferenza verso programmi che richiedono una attenzione maggiore e che implicano un fluire di suoni e immagini più lento e rilassato.

Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane, scrive: Viviamo sotto una pioggia ininterrotta di immagini; i più potenti media non fanno che trasformare il mondo in immagini e moltiplicarlo attraverso una fantasmagoria di giochi di specchi: immagini che in gran parte sono prive della necessità interna che dovrebbe caratterizzare ogni immagine, come forma e come significato, come forma di imporsi all’attenzione, come ricchezza di significati possibili. Gran parte di questa nuvola di immagini si dissolve immediatamente come i sogni che non lasciano traccia nella memoria; ma non si dissolve una sensazione di estraneità e di disagio. Ma forse l’inconsistenza non è nelle immagini o nel linguaggio soltanto: è nel mondo.. .rende tutte le storie informi, causali, confuse, senza principio nè fine" (1988). Sembra quindi che la nostra cultura di massa, la nostra società della fruizione incessante e dello spettacolo continuo più che favorire una reale crescita culturale e la capacità di integrazione e utilizzazione dei dati, esaltino aspetti infantili e patologici che hanno notevoli analogie con la dimensione borderline, dove l’lo è costretto a oscillare tra dipendenza e pseudoadattamento.

Inoltre, manca spesso qualsiasi insight o elaborazione e la vita non diventa storia, perchè la memoria non esiste. In una dimensione temporale che privilegia il "consumo" dell’esperienza, piuttosto che il suo vissuto profondo e che tende a dilatarsi sempre di più nel presente, tutto passa molto in fretta ed è cancellato completamente, sia nella vita del singolo, sia in quella delle mode, dei gusti, delle ideologie (Di Lorenzo 5., 1989).

Nella civiltà dell’effimero e della non permanenza, svuotata di ideali e dominata dal desiderio, sarà allora indispensabile trovare nuovi modi e nuovi canali per risignificare la relazione umana, l’incontro, il valore della storia e del passato, nella vita degli individui, delle famiglie, dei gruppi sociali, delle nazioni; sarà fondamentale il recupero di una dimensione simbolica che restituisca alla vita senso, scopi, consapevolezza e tensione morale, che riscopra il senso del vivere e del morire all’intemo di un universo simbolico e che apprezzi, assieme al senso del limite, il rapporto ineludibile tra gioia e dolore come indispensabile elemento maturativo della personalità umana.

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