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Cambio d’oggetto

6 Ott 12

Di ezazzaretti

Ecco, in breve, la mia tesi: la prospettiva del cambio d'oggetto – e più in generale la funzione dell'Edipo – con tutto l'apparato che lo precede (castrazione, invidia del pene, rinuncia al fallicismo, etc.) e che ne consegue (primato della vagina, passività, riproduzione, rimozione moti pulsionali attivi) è il solo dispositivo teorico – potentissimo e quanto mai efficace – di cui Freud dispone per rispondere teoricamente a quell'esigenza storica, sociale, culturale e discorsiva che è la normatività eterosessuale.

Che questo principio normativo abbia caratterizzato, da subito,(almeno dal 1905) la psicanalisi e la sua teoria (pur con le problematiche e le articolazioni che conosciamo) è fuor di dubbio. Lacan, d'altronde su questo punto – almeno su questo! – è chiaro: non smentisce ma ribadisce senza mezzi termini.

Nel contesto di un tale postulato normativo eterosex ed aprioristico, l'affermazione secondo cui la bimba si rivolgerebbe al padre in quanto assumerebbe in proprio il desiderio materno (identificazione) – è questa, se non erro, la tua tesi sulla ragione del cambio d'oggetto – appare felicemente condivisibile in quanto rientra, a pieno titolo, nell'ambito del quadro normativo di cui si tratta.

Direi anzi, più radicalmente, che il cambio d'oggetto fondato sul desiderio materno, fornisce, ai fini della perpetuazione di questo "quadro" un formidabile incentivo: l'eterosessualità materna, il desiderio della madre diretto verso un oggetto di un sesso diverso dal suo, si trasmetterebbe di madre in figlia che diventerebbe a sua volta – presumibilmente e almeno formalmente – eterosessuale. Si può anche azzardare di più e dire che la figlia desidera non solo ciò che la madre desidera ma ciò che la madre desidera da lei per lei, ciò che la madre desidera che lei desideri: un oggetto di un sesso diverso dal suo.

Considerando la questione in questa prospettiva, mi sembra che l'argomentazione da te sostenuta, configurandosi come parte costitutiva essenziale del "quadro" teorico etero, non possa essere assunta – al tempo stesso – quale "alternativa" al quadro di cui partecipa e che contribuisce a costruire. Credo che l'impasse sia tutta qui. Mi sembra, insomma, che tu abbia utilizzato come "alternativa" o come obiezione – diciamo così – alla mia tesi un elemento che, anziché smentirla, la conferma. Naturalmente sto semplificando e "lavorando" su quelle poche battute scambiate via telefono. Non si è trattato, probabilmente di un'alternativa o di un'obiezione al mio ragionamento ma, più semplicemente, di due pensieri che viaggiavano paralleli e che alla fine – ecco la cosa interessante – si trovano incrociati.

Ma, se così fosse, vedo aprirsi due orizzonti possibili: o il progetto etero che la teoria veicola viene assunto e condiviso (e, in tal caso acquistano senso al suo interno, non solo la necessità del cambio d'oggetto, ma anche di tutti gli orpelli teorici che lo legittimano) ol'eterosessualità viene riconosciuta come limite interno alla teoria e dunque da oltre -passare (e, in tal caso, il cambio d'oggetto esige – per essere sostenuto come necessario o anche soltanto come possibile, delle motivazioni teoriche differenti da quelle da cui trae la propria legittimità, la propria causa prima (castrazione, invidia……..)

A considerare attentamente i famigerati orpelli presenti nella teoria a sostegno del cambio d'oggetto, ci possiamo tuttavia render conto che essi non nascono affatto da una necessità teorica alimentata, magari, dalla clinica (a dubitarne è lo stesso Freud) ma da unpostulato eteronormativo che pur non avendo nulla a che fare con la teoria – e troppo a che spartire con una necessità d'ordine pratico e sociale – ha finito per piegare il discorso analitico alla finalità di un discorso che non le appartiene – con buona pace di Lacan e dei famosi quattro discorsi.

E allora quale identità soggettiva, quale soggetto donna, quale sessualità femminile si può ricavare da una teoria che, baciata da quel "Flectere si nequeo Superos Acheronta movebo", dopo avere prudentemente rinunciato a "flectere Superos," ha finito per impantanarsi nella melma paludosa dello Stige?

Occorre uscire dalla palude.

Per saperne di più occorre valorizzare la più formidabile resistenza alla teoria – un'obiezione di coscienza – che ci viene incontro – eri tu a ricordarlo – dall'assenza di un desiderio della madre nei riguardi dell'oggetto maschile che aprirebbe la via all'omosessualità femminile.

Dire che il discorso analitico è l'opposto del discorso del padrone – affermazione che ho sempre condiviso con riserva – non basta, comunque, più. Occorre che il discorso analitico sfiori il reale – il suo essere senza garanzia – senza invocare quel sembiante che è il Nome del Padre.

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