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Consulenza su DONATO BILANCIA

7 Ott 22

Di rossiga@fastwebnet.it e francesco.deriso85

Si tratta non di una perizia ma di una consulenza psichiatrica richiesta dal Pubblico Ministero, poco dopo l'arresto di Donato Bilancia, allo scopo di chiarire la possibilità di mettere in moto il processo, l'imputabilità o meno e, per quanto possibile, i meccanismi che stanno alle spalle di comportamenti di tal fatta, in seguito durante il dibattimento il tribunale ha nominato dei periti per la valutazione della capacità di intendere e volere. La consulenza viene pubblicata con l'autorizzazione degli autori che hanno avuto il nulla osta dal Tribunale di Genova per la pubblicazione su Internet del testo

1- Esame psichico

Il sig. Donato Bilancia è un uomo di 47 anni, che dimostra la sua età, dai lineamenti scavati e caratterizzati, tendenzialmente accigliato, che si presenta con una motilità scorrevole ed elastica, abbastanza giovanile ed energico nel portamento. All'inizio, al di sotto di certi modi sbrigativi, e al di là di un certo tono brusco, accentuato da un modulo di voce arrochito che sembra da attribuirsi a una disfunzione laringea abbastanza tipica dei fumatori accaniti, si evidenzia un'attitudine collaborativa, una concessione alla compiacenza verso l'interlocutore che lascia trasparire una certa tendenza alla manipolazione, al tentativo di controllare e di prendere l'iniziativa della situazione: sembra inquieto, sistema le seggiole e gli oggetti nella stanza, chiede il permesso di fumare ma nello stesso tempo si fa portare dall'esterno un portacenere (che in realtà esiste già nella stanza). Con un modo comprensivo e accattivante, fa notare che in realtà, pur essendo del tutto d'accordo con quel che si sta facendo, e riconoscendo la competenza e la legittimità degli interlocutori, preferisce che si rinvii l'intervista per un problema di lealtà verso il suo avvocato, che vorrebbe prima informare. E' abile e convincente nell'argomentare, e conduce il suo discorso con una precisa logica ed un buon rigore. L'evidente tentativo di prendere l'iniziativa e di indirizzare il colloquio conferisce all'atteggiamento generale del signor Bilancia un certo andamento vischioso, ripetitivo e circostanziato, ed anche una certa atmosfera d'autosufficienza grandiosa in qualche modo stridente. E' difficile, ed in qualche modo per noi superfluo, distinguere quanto ciò sia dovuto ad un senso di disagio per la presenza dei due interlocutori imposti ed in qualche modo vissuti da lui come prevenuti o istituzionalmente accusatori, o quanto ad un comprensibile timore di non compiere errori di impostazione, senza l'appoggio o il parere del suo avvocato.

Questo atteggiamento non tarda però a venir meno, soprattutto in un colloquio a due, quando il signor Bilancia entra in qualche modo in maggiore intesa e confidenza con lo psichiatra. Se in un primo tempo egli è collaborativo ma guardingo, ed è costretto ad argomentare con abilità, e quasi se lo impone, sembra che procedendo nel colloquio egli via via si sciolga, e sia in realtà ben felice che ciò avvenga: diventa molto produttivo, riccamente narrativo, irruento e vivace. Chiede di poter parlare in piedi, di fronte all'interlocutore seduto, in parte per un bisogno di controllo e di non perdere l'iniziativa, e per superare il senso di subordinazione che sembra tollerare poco, ma procedendo parla andando avanti e indietro, misurando a passi elastici la piccola stanza, gesticolando, modulando la voce in modo efficace ed adeguato al tono della narrazione, due volte scoppiando in un pianto silenzioso, voltando la schiena, quasi per pudore, in circostanze che non mancherò più avanti di rilevare. Risulta molto inquieto e compreso nel racconto della sua vita, molto espressivo, vivace, e dà l'impressione di una totale genuinità di contenuti e d'attitudine generale, mentre la narrazione diventa intensa, precisa e nello stesso tempo efficace, quasi recitata ma priva, a mio parere, di finzione, ricca di modalità metaforiche, con notevoli capacità d'astrazione e di descrizione degli eventi, con modi di dire appropriati e coerenti non senza una vena fantasiosa.

Ne risulta un contatto con l'interlocutore assai valido, in cui il signor Bilancia riesce appieno a comunicare stati d'animo, emozioni, vissuti e reazioni. Ciononostante, al fondo ed a tratti, si coglie qualcosa di distaccato e di lontano, come se esistessero momenti in cui si isola, si nasconde e sfugge al contatto: qualche osservazione viene ignorata, qualche sguardo sfugge, come se esistesse un mondo chiuso, un meccanismo difensivo di isolamento e di scissione, di fronte a difficoltà e a diffidenze profonde, non connesse al colloquio in atto nè alla persona che sta parlando con lui, ma strutturali. Non può sfuggire, nella complessità vivace delle sue espressioni, nelle ambivalenze sistematiche del suo tono e del suo modo di comunicare, nel suo modo assieme cerimonioso e spavaldo, nel suo periodare sicuro e scandito e assieme fortemente conflittuale ed insicuro, nel bisogno di porsi al centro dell'attenzione e di manipolare la situazione assieme al bisogno di essere creduto, ben valutato, in qualche modo nella ricerca di una difficile affettività e comprensione da parte dell'altro, un'aggressività ben strutturata e repressa ma intensissima, un basso livello di tolleranza alla frustrazione, ed un marcato vissuto di sofferenza, legata al senso d'umiliazione, di ferita narcisistica profonda, d'offesa interiore continua e antica, su cui dovremo ampiamente tornare. Da queste ambivalenze e da queste commistioni nasce la singolare impressione di un atteggiamento che oscilla tra la raffinatezza, l'intelligenza e la sensibilità, ed una certa contrastante rozzezza di fondo, tra il portamento dell'uomo di mondo e di un uomo più primitivo e bisognoso di presentarsi in modo amplificativo ("ho girato il mondo" "sono uno specialista "sono sempre carico di soldi" nello stesso tempo "tutti mi hanno sempre turlupinato" "sempre io devo pagare ").

L'orientamento temporo-spaziale non fa, al momento del colloquio, una grinza: sul piano della coscienza e della coscienza dell'Io la lucidità è perfetta. Non vi sono neppure vissuti propriamente di tipo crepuscolare, nel senso che sia il campo che il fuoco della coscienza sono perfettamente in risonanza e vissuti con adeguatezza e precisione, tanto che non risultano fenomeni ditwilight state o del tipo di Dammerzustand, e non c'è nessun tipo di restringimento del campo di coscienza. Nè sembrano presenti, a proposito della coscienza dell'Io (Selbstsbewusstein), fenomeni di sentimento di perdita di proprietà dei propri atti di conoscenza, nel senso che degli episodi della sua vita da lui narrati, compresi i più scabrosi e straordinari, esiste sempre un preciso corredo mnesico e una notevole possibilità di rievocazione, ed a suo dire, c'è sempre stata anche in queste occasioni, una notevole possibilità di controllo del comportamento e di aderenza, talora finemente e imperturbabilmente dissimulatoria, alla realtà.

Questo nonostante che egli riporti come non riesca a motivare una serie di suoi comportamenti, e riferisca che è come un sè che osservi l'altro sè che non riesce a comprendere: in realtà manca totalmente, nel suo racconto, il vissuto di scissione della coscienza, ma piuttosto quello di vedersi prendere decisioni e compiere azioni senza sapere perché, il che pare cosa completamente diversa da una rottura della identità e della coscienza dell'io, nelle sue quattro componenti fondamentali, unità temporale, differenza dal mondo esterno, unità narrativa, e unità emozionale: forse solo quest'ultima può, con qualche fatica, considerarsi intaccata a partire dal suo racconto.

Non esiste segno di ipoprosessia. L'attenzione è ben conservata, precisa, vivace, altamente selettiva e pronta: nulla sfugge alla sua osservazione, notevole è il suo interesse per alcuni argomenti, le sue disattenzioni sono funzionali agli scopi del suo discorso. La memoria appare perfettamente in ordine, sia per i fatti recenti sia per quelli remoti. Ogni evento è presente con precisione e corredato di un'emotività adeguata e ben risonante, ogni particolare del mondo recente e dell'infanzia può essere rievocato vivacemente e con ricchezza di particolari coerenti. Non esistono, in altre parole, deficit di memoria nè diffusi nè lacunari; la registrazione immediata degli avvenimenti è regolare. Esistono contenuti particolarmente rilevanti sul piano emotivo che sono rievocati più facilmente e con grande specificità, e si tratta sempre di episodi in cui risalta il tradimento, la frustrazione, la caduta di fiducia, la ferita e il trattamento ingiusto, dispregiativo o sleale da parte di persone emotivamente vicine.

La capacità di inquadrare gli avvenimenti in schemi temporali validi è del tutto mantenuta, e gli engrammi sono sistemati secondo modalità gerarchiche formalmente ineccepibili.

La funzione psicopercettiva appare in ordine. Non esistono in atto fenomeni illusori, nè allucinatori, ed un minuzioso colloquio su questo punto permette di escludere che siano mai esistite alterazioni percettive, da acufeni misinterpretati fino a distorsioni delle percezioni di tipo illusorio, a vere percezioni senza oggetto, nè con carattere allucinatorio, nè pseudoallucinatorio, nè allucinosico.

Il linguaggio, ed il pensiero che lo sottende, appaiono privi d'alterazioni formali. Il discorso procede a tratti con una certa pressione ed una certa accelerazione, mentre altre volte si rallenta e si ferma, ma sempre sotto la guida e l'influsso della valenza emozionale e dalla spinta affettiva dei contenuti, e quindi fondamentalmente normale; anzi queste variazioni della velocità e del ritmo contribuiscono alla vivacità e all'espressività del racconto. Non esistono alterazioni della struttura sintattico-grammaticale nè alterazioni associative, non turbe dei legami logici o affettivi, non esistono intoppi, nè deragliamenti, nè iperinclusività, nè legami associativi per assonanza, nonWitzelsucht nè giochi incongrui di parole. In altre parole, non v'è traccia di linguaggio dissociato nè incoerente. Il linguaggio sia parlato che scritto è corretto, adeguato e di struttura ottima rispetto alle condizioni culturali del sig. B Non c'è tendenza al linguaggio concreto, le capacità di astrazione sono buone, il lessico è ricco e variegato e preciso, qualche battuta significativa in dialetto viene fatta solo dopo che egli si è accorto che l'interlocutore può comprendere e corrispondere, quasi ad aumentare l'intimità interpersonale; la mentalizzazione, o la capacità di esprimere per via mentale e con le parole i vissuti emotivi è buona, ricche, come abbiamo già avuto modo di notare, sono le capacità di produzione di metafore, spesso con l'aiuto di detti popolari, citazioni di modi di dire o proverbi, che vivacizzano il discorso.

Nel pensiero risulta una tendenza alla coazione a ripetere. Una certa ossessività su alcuni contenuti si fa strada spesso, ma qui occorre fare alcune precisazioni. Non esistono propriamente contenuti di pensiero che possano definirsi deliranti in nessuna delle due accezioni fondamentali, nè in quanto convincimento del pensiero erroneo, nè in quanto alterazione della coscienza di realtà nei contenuti di pensiero. Però alcune idee tendono ad assumere un valore prevalente (idee prevalenti: Uberwertige Ideen). Soprattutto per ciò che riguarda due componenti: da un lato l'idea continuamente presente e intollerabile di essere stato, dall'infanzia ad oggi, sempre maltrattato, tradito e ferito da coloro a cui concedeva affetto e confidenza; questo rappresenta un nucleo sistemico di idee fortemente intriso da delusione, rabbia, rancore e disperazione. Dall'altro l'idea di essere un solitario, anzi come condannato alla solitudine, con il continuo e ineluttabile fallimento di ogni rapporto interpersonale, anche sul versante affettivo, con l'incapacità di instaurare un legame affettivo e familiare con una donna valido e duraturo, e col prevalere, invece, di rapporti deteriorati, svalutati e passeggeri.

Sul versante strettamente sessuale di questo aspetto torneremo quando saremo al capitolo della struttura di personalità.

Per quanto riguarda l'affettività il discorso si fa complesso, in quanto si rileva certamente un notevole livello d'ansia, che non si esprime però come tale, sia come esperienza ansiosa consapevole sia come corredo somatico e vegetativo usuale, ma è vissuta come esperienza d'inquietudine, d'instabilità e di scontentezza, o di non completezza e mancanza di sosta interiore, ma soprattutto d'irritazione e di risentimento diffuso. Allo stesso modo non si può dire, in termini stretti, che il tono dell'umore sia propriamente abbassato, e che il signor Bilancia sia depresso, nè come astenia somatica globale nè come tristezza nè come abbattimento o melancolia; questa dimensione è vissuta attraverso esperienze disforico-irritabili, come un sentimento di profonda irritazione e malumore di fondo, e non certo legato alla particolare condizione carceraria, o al massimo da questa giustificata e razionalizzata, e come un senso di rabbioso scoramento e di vissuto di perdita dei sentimenti e degli investimenti emotivi: due volte la depressione prende campo, ed il signor Bilancia viene colto da un sentimento di disperazione piangente e silenziosa, che gli toglie per un poco la parola di bocca, quando si tratta della perdita dell'unica relazione femminile durevole che aveva avuta, a causa, secondo lui, della malevola influenza della cognata, e quando viene a parlare della tragedia del suicidio-omicidio del fratello, che si gettò sotto il treno col figlio in braccio, e toccò a lui l'ingrato compito del riconoscimento delle salme; l'intensa emozione depressiva nel ricordo è legata più che ad ogni altra cosa alla constatazione che fece "la morte del povero bimbo innocente non era importata nulla pressoché a nessuno, neppure alla madre ". Tolti questi specifici momenti di alto grado di coinvolgimento emotivo, l'umore è più sul versante eccitato e disforico che depressivo.

La psicomotilità è in ordine, nel senso che non esistono nè rallentamento nè eccitamento psicomotorio, in senso stretto, nè altre alterazioni psicomotorie (tremori, movimenti involontari o altro): le considerazioni generali nell'attitudine mimica e motoria, e sul livello di inquietudine connessa, sono state già fatte a proposito dell'atteggiamento generale all'inizio di questo esame psichico. Si può aggiungere che la mimica è tendenzialmente accigliata e aggrottata, il sorriso è raro ma non manca in certi passaggi del colloquio, e soprattutto la mimica è cangiante, mobilissima, fortemente espressiva e del tutto adeguata agli argomenti. Dorme poco, ma gli basta: sembra si tratti di un poor sleeper, con un risveglio precoce ma senza un difficile addormentamento, che non risente molto delle deprivazioni di sonno.

2- La storia della persona: sviluppo e iter successivo

I dati che si hanno sui precedenti fisiologici e patologici sono pochi ma rilevanti per comprendere la persona. Sul problema dei familiari dovremo specificamente tornare.

La nascita sembra, in assenza di diverse notizie, essere stata regolare nè sembra vi sia stato nulla di rilevante nei primi tempi dello sviluppo, ove si eccettui un disturbo asmatico in tenera età. Il punto più importante è che, almeno fino alla prima adolescenza (sui 10-11 anni) soffrì di enuresi notturna, che causò rilevanti problemi di ordine psicologico. Frequentò le scuole elementari con un discreto profitto, dimostrando prontezza e buon livello intellettivo, profitto che divenne problematico, nella scuola secondaria (frequentata fino alla terza media) per il comparire di una serie di irregolarità della condotta, che resero in qualche modo inciampata e caotica la carriera scolastica, segnatamente in seconda e terza media.

Fece il servizio militare in età regolare, e qui trovò il modo di accorciarlo, dopo un breve ricovero all'ospedale di Sturla, facendosi registrare, egli dice, come "forza assente ".

Gran fumatore da un'età precoce, ebbe a soffrire di un disturbo laringeo (probabilmente una laringite ipertrofica) che gli diede una serie di disturbi e gli arrochì fortemente la voce, cosa che agli inizi fu in qualche modo a lui gradita per il modello più autorevole e virile a cui si conformava, ma che in seguito rese necessari due interventi chirurgici otorinolaringoiatrici (uno a Genova due anni fa ed uno precedentemente in Svizzera). Ad un certo punto si rese imperiosa l'esigenza di smettere di fumare, per cui egli seguì una serie di metodi di smoke aversion, tra cui anche una serie di sedute psicoterapiche specifiche, pare, in Svizzera, con nessun risultato positivo. Ebbe a subire due grandi traumi automobilistici: la prima volta nel 1972 quando precipitò con un camion da un viadotto autostradale producendosi gravi fratture multiple (tra cui il bacino), e rimanendo in coma per parecchi giorni. Fu ricoverato all'ospedale di S. Martino. La seconda volta nel 1990 quando la macchina su cui viaggiava, non guidata da lui, s'infranse contro un palo in Corso Aurelio Saffi: anche in questa circostanza andò in coma pare per parecchie ore ed ebbe una frattura del femore con un gesso d'anca, per cui camminò per mesi con un supporto.

Sul piano psichico, il signor Bilancia non ebbe mai, propriamente, ad una accurata indagine anamnestica, a soffrire di disturbi specifici, nosologicamente inquadrabili: non episodi propriamente psicotici di nessun tipo, nel senso di episodi deliranti-allucinatori, o propriamente episodi melancolici o bipolari, nè precisi sintomi neurotici: in verità, ebbe momenti depressivi rilevanti, ma del tutto connessi con situazioni di trascinabilità reattiva e legati ad eventi di grande entità (come il suicidio-omicidio del fratello col nipotino, o le situazioni di vissuto di tradimento e di sfiducia, o le occasioni di grave isolamento). La componente emotiva e fortemente disturbata non è connessa nel passato ad una forma psicopatologica nosograficamente definita, ma ad una complessa struttura di personalità che tratteremo a parte, e che assorbe anche le componenti ansiose, di tensione irritabile, di disforia, e glia spetti di idea prevalente e di ossessività che caratterizzano i suoi atteggiamenti mentali. Ebbe, alcuni anni fa, una esperienza psicoterapeutica cui si rivolse consigliato per i suoi problemi di irrequietezza e particolarmente per il problema del gambling (una ventina di sedute 4 o 5 anni fa). Nato 47 anni fa in un piccolo centro della provincia di Potenza, la sua famiglia si trasferì presto in Piemonte e poi in Liguria, quando il paziente aveva 4/5 anni (soffriva allora d'asma, come il fratello), tanto che egli si considera genovese e così appare dal suo accento e dal disinvolto e competente uso che può fare del dialetto: la sua famiglia mantenne sempre legami col paese d'origine, e la sua infanzia e forse adolescenza è costellata di viaggi al paese, con visite ai parenti, causa di notevoli conflitti e d'irritabilità marcata con sentimenti d'intolleranza imprecante.

I conflitti familiari devono essere stati, dal suo racconto, rilevanti. L'ambiente in cui nacque ed in cui crebbe era fortemente condizionato da un padre che egli ha sempre vissuto come egocentrico, scostante, autoritario fuori luogo e disinteressato. A sua volta, la madre è sempre stata vista come persona dipendente, sottomessa e quasi un prolungamento inerte ed un automa rispetto ai desideri ed alle direttive del padre (a suo parere, una classica educazione femminile di dipendenza di una famiglia meridionale).Non che i genitori non si occupassero materialmente di lui, ma era in realtà l'unica cosa che facevano. Esprime molto genuinamente verso la sua giovinezza ed i rapporti con la sua famiglia un vissuto amaro, di isolamento e di scostante disinteresse, di lontananza fredda, nonostante il suo continuo bisogno anaclitico, di concreto appoggio, che tuttora perdurerebbe, se solo fosse possibile. Narra con molta efficacia i rapporti con i genitori, mimando col telefono che si trova nella stanza la telefonata quotidiana serale che egli ha sempre fatto ai genitori, che non è mai riuscito a portare al di là di una imbarazzata comunicazione di dati concreti (" hai mangiato, si; come state, bene; come sta la mamma, bene, o ha mal di stomaco "), senza mai riuscire ad essere contenuto e compreso più intimamente."Una telefonata al giorno, per vent'anni, per vent'anni, vent'anni così!…)."Per loro, bastava mettere la minestra a tavola " e tutto finiva lì: l'aggressività emozionale, il senso di frustrazione, il risentimento verso il padre e, secondariamente, verso la madre sono vissuti e presentati con molta intensità, e "il non gli importava nulla " riferentesi al padre è espresso con un linguaggio molto più colorato e sconveniente. Il disprezzo e l'odio verso un padre, ricercato e aborrito insieme, si evidenzia nella sua descrizione ("era uno che faceva a gare a chi scoreggiava più forte ", "si sentiva orgoglioso perché aveva comprato la seicento di m…. del suo capoufficio da quattro soldi ") che rende ragione di un grande deterioramento del super-Io e dell'ideale dell'Io, attraverso l'acquisizione di modelli di identificazione deteriorati. Ma nel rapporto col padre alberga anche un risentimento, un rancore ed un odio anche più profondo, connesso al sentimento di frustrazione, di lesione e ferita narcisistica, di vergogna e di danno subito, che si delinea bene in alcuni episodi del suo racconto: nei viaggi di ritorno al paese, quando lui era bambino, quando vi faceva il giro a salutare i parenti (i termini con cui vengono definiti questi sono "giri di m….", e vogliamo notare che questa terminologia è specifica per questi episodi della vita, perché di solito il signor Bilancia non ha un modo di parlare scatologico), il padre soleva denudarlo per mostrare il suo pene a tre cugine zitelle, episodio di cui ancora oggi si sente profondamente ferito ed angosciato, e che pone all'origine delle sue turbe sessuali. Ancora, fino ad undici anni e forse oltre sofferse d'enuresi, ed egli, con molta amarezza e risentimento, riporta come mai il padre seppe far altro che deriderlo e rimproverarlo, aumentando la sua umiliazione, senza mai occuparsi di farlo vedere ad un medico, nonostante lavorasse come impiegato all'Inam, e fosse quindi circondato da medici. L'esposizione, al mattino, alla finestra o nel ballatoio dei materassi umidi, per farli asciugare, fatto sconsideratamente dalla madre, faceva diventare più cocente il suo senso di umiliazione e di vergogna, ed alimenta ancor oggi il suo rancore profondo e la ferita narcisistica.

Ciò che non potè mai tollerare, e che fu causa allora come adesso d'intense rimuginazioni e di profondo dolore rancoroso, fu il sentimento che egli ebbe di essere messo da parte, considerato secondariamente rispetto al fratello che lo precedeva di un anno e mezzo. Questa curiosa, inusuale, ma intensissima gelosia di secondogenito si approfondiva quando egli constatava, o credeva di constatare, le preferenze fatte dalla mamma al fratello, la porzione migliore, il piatto più buono, le cose più valutate, date al fratello e negate a lui. Come si vede, una profonda offesa, una intensa emozione negativa, un grande senso di defraudamento e di privazione umiliante si andavano delineando.

La sua autonomia da casa venne definendosi parallelamente all'atteggiamento trasgressivo. Dopo le elementari, alle medie, si formava in lui un comportamento antisociale, dal salto delle lezioni, al furto nelle tasche dei cappotti appesi a scuola negli attaccapanni, a furti nelle macchine e così via, fino a confermarsi e strutturarsi in modo preciso il mestiere del ladro.

In tutto questo periodo, dall'autonomia personale fino ad oggi, non riuscì mai a superare il sentimento di solitudine: vivere stabilmente con una donna era per lui impossibile, per l'inquietudine, la scontentezza, e la labilità dei rapporti che stabiliva. Solo una volta ebbe un rapporto più stabile, anche se non di convivenza, con una ragazza a cui "a suo modo " voleva bene, ma fu abbandonato per intervento della cognata, che consigliò alla ragazza di lasciarlo in un periodo in cui egli era in prigione in Francia. Questo episodio è vissuto ancor oggi con intenso dolore e profondo rancore verso la cognata.

Col fratello tentò un rapporto. Fino a vivere per un breve tempo con lui, sposato con una architetto, con un figlio: anzi è probabile che verso questo nipotino egli avesse un certo livello di identificazione, tanto che un giorno tentò di porre in discussione con suo fratello le sue modalità educative e di rapporto verso il figlio (non a torto, diremmo, considerate anomale). Ma non riusciva a comunicare col fratello, così come non era riuscito coi genitori e ad un tentativo di entrare in una discussione di questo tipo, il fratello, ombroso, lo invitò a "farsi i c….. suoi ". Per l'ennesima volta ferito, offeso, umiliato nelle sue istanze di importare qualcosa per i familiari e sentendosi trattare ingiustamente, se ne andò dalla casa del fratello e non tornò più, serbando, come si diceva, sentimenti di rancore e di disprezzo verso la cognata. In questa situazione si può comprendere il vissuto di profonda angoscia, non privo di venature colpevoli, per quel che accadde nel 1982. In quell'anno il fratello, che anch'egli, a parere del sig. Bilancia, con gravi difficoltà di comunicazioni in famiglia, aggravate da profondi dissapori con la moglie, si suicidò gettandosi sotto il treno col piccolo bimbo in braccio.

Le modalità della comunicazione datagli quasi casualmente, la prima notizia ai genitori che toccò a lui di dare, il riconoscimento delle salme straziate, che ancora toccò a lui, l'indifferenza, a suo dire, della cognata per la morte del marito e del figlio, sono rievocate con angoscia e senso di intollerabile dolore ancor oggi, e soprattutto alimentarono il sentimento di scacco, di ferita e di lesione interna, e, tramite un complesso meccanismo di identificazione con il bimbo immolato, il vissuto di abbandono e di cocente perdita d'affetto, fino alla morte.

La sua situazione si venne negli anni stabilizzando, nel senso che egli si raffermò in quella che egli chiama " la mia professione ", che candidamente e, bisogna dire, senza ironia, definisce " quella del ladro ". La vita che faceva gli rendeva bene economicamente (aveva, dice con semplicità, BMW e Porsche), ed il suo modello dell'Io, che riuscì a realizzare, era quello di un ladro ad alto livello, uno specialista, ladro nelle case, con capacità tecniche, in grado di inattivare un sistema di allarme e di forzare una porta blindata di una cassaforte, assieme ad un certo cosmopolitismo, sempre in giro per il mondo (con un doppio passaporto) e ad un certo grado di attitudine alla Arsenio Lupin di quello che ruba dove ce n'è e non danneggia nessuno.

Questa, diciamo così, professione clandestina, lo portò ad alcuni problemi colla giustizia. Dai 20 ai 30 anni fu spesso in prigione, globalmente, al suo computo, numerosi anni.

Nonostante la sufficiente riuscita di questo modello, gli dava in qualche modo la figura di un trasgressivo e di un criminale con un certo " a plomb " e ad un certo livello, tutto ciò non riusciva a superare i suoi profondi sentimenti d'insufficienza che si esprimevano nella solitudine e nella fragilità di fronte al tradimento. Il senso di solitudine era pressoché totale, ed egli faceva fronte a questo tramite una vita sociale forzosa, una sorta di tendenza artificiosa alle relazioni, che lo portava ad essere prodigo, a prestare e ad elargire denaro per ottenere compiacenza ed attenzione, per essere in altre parole voluto, e ad impegnarsi sempre più nel gioco d'azzardo (qualsiasi tipo di gioco, egli afferma): non c'è soggettivamente nella narrativa del signor Bilancia il vissuto soggettivo del "gambler", del gioco come discontrollo degli impulsi, ma piuttosto del gioco come tramite alla socializzazione, al rapporto cogli altri, al tentativo in realtà vano di superamento della solitudine interiore tramite la creazione di legami d'intesa e di solidarietà apparente. Finito il suo "lavoro", che tra l'altro non garantisce orari continuativi, finita l'attività nella piccola officina che aveva a casa, corollario necessario all'attività di scassinatore (torni, banco di lavoro per chiavi, passpartout ecc.) il senso di essere solo lo assaliva e veniva colmato con pseudoattività sociali e con il "gambling ", o indifferentemente, poteva portare a pranzo uno sconosciuto. Tuttavia non potremmo escludere che una tendenza al piacere del rischio, alla soddisfazione intensa, alla bramosia d'azzardo, non fossero presenti ad inquadrare certi aspetti di discontrollo pulsionale. Ma non c'è dubbio che il terrore della solitudine ha giocato qui un ruolo di primo piano. La sua tendenza alla prodigalità e alla grandiosità ("mi sono giocato almeno due miliardi ") è anche ovviamente legata al suo sentimento d'umiliazione e di vergogna del suo isolamento e del suo essere abbandonato antico ("mi vergognavo ad andare al ristorante da solo ").

Dal punto di vista sessuale il suo mondo interno e il suo comportamento hanno rilevanti aspetti di anomalia. Egli fa risalire l'inizio di tutto all'episodio che chiameremo delle tre cugine (aveva 7 anni): di fatto la sua identità sessuale è sempre stata labile, ha sempre avuto sentimenti di profonda insufficienza, non ultima la sensazione di avere un pene piccolo ed insufficiente, fino, nell'adolescenza, a gonfiarsi i calzoni con cotone per fare apparire un pene rilevante. La sua sessualità prevalentemente masturbatoria, nell'infanzia e nell'adolescenza, fino alla età adulta, era sostenuta da un mondo fantastico sul versante parafilico: le fantasie centrali (connesse alla masturbazione) erano di tipo fondamentalmente scoptofilico: una sorta di fantasie su visioni sessuali "rubate", donne intraviste di nascosto nelle loro nudità, colte in atteggiamenti scomposti. La sessualità, fondamentalmente praticata di rado, era raramente penetrativa, e la pratica usualmente messa in atto, quasi sempre a livello prostitutorio, era la fellatio. Il frequente uso di falli finti è ben comprensibile date le premesse. Ogni volta che si accorgeva che il rapporto tendeva appena a scivolare sul versante sentimentale, esso doveva considerarsi finito. Quello che in apparenza era riservatezza, ed una grande timidezza, sembra invece essere una presa di distanza per una grande angoscia del rapporto, con tutto ciò che di doloroso, tormentoso, pericoloso, frustrante e abbandonico esso contiene al suo interno. Confidarsi mai con nessuno, sembra essere stato assieme il suo motto e la sua condanna. E' piuttosto netto nella mente del signor Bilancia il concetto di scadenza e di evento chiave: si può dire che la sua vita sia caratterizzata da una serie di eventi emozionali a cui egli da il valore di "cut – off point " che segnano a scalino un nuovo momento emotivo nella vita: dal primo, quello infantile dell'esposizione del pene e dell'enuresi, che segna il senso di insanabile frattura coi genitori; al secondo, quello dell'abbandono della ragazza che rende definitiva la sua sfiducia nell'amore; al terzo, quello della terribile morte del fratello col nipotino, che dà un definitivo senso di sfiducia e di tradimento nella vita. Ma stranamente, non è a questi episodi che egli dà la maggiore importanza, ma a quello, avvenuto nel 1983, del senso di sfiducia, ferita e profonda delusione per il tradimento di individui che considerava amici, in occasione di un furto col ferimento di una persona in una casa di Croce Fieschi.

Un'altra volta, cui dà particolare importanza, fu quando fu turlupinato con una serie di banconote non false, ma "facsimile", da persona che gli doveva molto, il che lo ferì anche per la grossolanità della truffa, vissuta come insultante per la sua persona e la sua intelligenza. Il senso d'intolleranza della ferita narcisistica è evidente nella sua frase "vogliono metterlo nel c…. e sono anche permalosi, vogliono fare anche bella figura! è un insulto alla mia intelligenza! ".

Ma il senso di essere stato turlupinato, raggirato, la ferita narcisistica della frase udita "quello stupido lo ho agganciato "da parte di chi doveva essergli amico, ha trasformato, nel 1997, la scala e la dimensione della terribile richiesta di risarcimento e della vendetta della antichissima ferita narcisistica, trasformando l'intrusività nel mondo privato altrui del furto, in intrusione nella vita fisica altrui, dando così inizio alla carriera omicida, che ha fatto seguito a quella ladresca

3 – Considerazioni diagnostiche. – Struttura e dinamica profonda della personalità

L'inquadramento in una categoria nosologica psichiatrica può essere tentato, ma risulta, globalmente, improponibile.

Intanto, nel corso di questa diagnosi differenziale, possiamo agevolmente accantonare la possibilità di un disturbo psicorganico, da esaminare sempre accuratamente in questi casi: l'integrità delle funzioni elementari, l'assenza della pur minima sindrome amnestica, la lucidità del giudizio o della critica, la precisione e la ricchezza del linguaggio astratto, la possibilità di usare schemi temporali e gerarchici validi, fanno escludere il quadro psicorganico.

Siamo anche di fronte alla totale assenza attuale, e con tutta verosimiglianza, anamnestica, di un quadro psicotico: mancano le turbe associative del linguaggio e del pensiero, non v'è segno di turbe deliranti o di disturbi della coscienza di realtà in senso formale e di coscienza dell'io, non esistono nè sono mai esistite turbe psicopercettive, in senso allucinatorio, non v'è autismo in senso stretto, (l'isolamento è in realtà un sofferto senso neurotico di esclusione, e non certo autistico, dato che questo tipo di funzionamento mentale comporta lo scarso riconoscimento e le scarse possibilità di utilizzare le componenti del mondo esterno, neppure in senso antisociale); tutto ciò aggiunto all'assenza di elementi di influenzamento e di automatismo mentale permettono di escludere quadri di psicosi di tipo schizofrenico o delirante.

Nonostante che le componenti depressive siano certamente presenti, esse vengono ad essere vissute come strettamente legate ad eventi ad alto significato emotivo o a situazioni conflittuali infantili cariche di valenze emozionali tormentose, ed in ogni caso sempre sul versante dei sentimenti di disforia, irritabilità e in fondo, di vitalità. Manca l'abbassamento del tono vitale, l'inerzia somatica, il rallentamento, l'astenia, rimanendo della depressione solo la profonda sfiducia in sè, qui più secondaria, neurotica e conflittuale, rispetto al quadro melancolico, che può essere escluso anche nei rilevamenti anamnestici. Non si può dunque in nessun modo parlare di un disturbo dell'umore in senso stretto, nè bipolare, nè monopolare, nè di tipi distimico.

Non sembra che ci si possa qui riferire ad un disturbo del controllo degli impulsi, che riguarderebbe il gioco d'azzardo: abbiamo riferito come qui, di questa categoria, manchi la pulsionalità incontrollabile, l'intenso piacere connesso all'atto, l'inevitabilità automatica che lo rende simile all'impulso piromanico a al disturbo della pulsione alimentare tipo "binge eating ".Qui il gamblingrisponde a precise esigenze di meccanismi difensivi contro l'isolamento, ad una esigenza di sanare il trauma narcisistico e risponde ad uno stile di vita che non ha il gioco d'azzardo come punto centrale ma di cui il gioco non è che uno degli elementi e non il più importante. Anche la categoria della parafilia è qui fallimentare. Non v'è dubbio che la sensualità del signor Bilancia è fortemente anomala, ma è più connessa ad un forte deficit di identità virile, con angosce di insufficienza fallica, bisogno di falli sostitutivi, tendenza ad evitare la sessualità penetrativa, con elementi di scoptofilia, di prevalenza dei preliminari di prevalenza di sessualità mercenaria e orale, in termini clinici una parafilia del tipo polimorfo, non specifico, più ancorata alla permanenza di fissazioni infantili della libido e di generiche modalità arcaiche di soddisfazione, che ad una specializzazione parafilica precisa. Le stesse azioni omicide con una scenografia sessuale sembrano più connesse ad un rituale o ad una preparazione di un setting freddo e distante in cui l'omicidio, non il sesso o le valenze sessuali, sono il punto centrale, nè d'altra parte la dimensione omicida è in realtà prevista nel sadismo che è una categoria prevalentemente simbolica. Manca tra l'altro qui la componente feticistica.

Quando si tratta di un quadro di criminalità ripetitiva, come l'omicidio multiplo e susseguentesi, viene facile, quasi ovvio, pensare alla dissociazione orizzontale della coscienza dell'Io, e cioè al disturbo dissociativo del tipo personalità multipla o duplice, in cui, attraverso un clivage della coscienza dell'Io, non sa la mano destra quello che fa la mano sinistra: insomma ildr. Jekyll e mr. Hide.

Il problema è molto delicato. Intanto, il quadro stesso, se lo si cerca di delineare in confini netti e precisi, come una forma caratterizzata da una netta scissione della personalità, col rispettivo disconoscimento delle due parti alternanti dell'Io, l'entità è molto discutibile, non la si riscontra quasi mai in clinica, se non con modalità molto sfumate o incomplete, o come un fatto che non comporta una serie di azioni precise e coordinate (come negli stati crepuscolari, nel sonnambulismo o nell'epilessia), o come prodotto di forti reazioni emotive (grandi catastrofi, situazioni di guerra, risposte a situazioni violente) che avvengono una tantum,permettono solo azioni grossolane e a valanga, e rispondono ad un vecchio concetto che nella psicopatologia tedesca veniva definito "Kurtschlussreaktion " (reazione a corto circuito), che corrisponde al passaggio dall'evento causale all'azione obliterando le considerazioni intermedie dell'elaborazione della coscienza. Il che non è, del tutto ovviamente, il nostro caso. In realtà la personalità doppia o multipla, intesa in modo coordinato e preciso, è più un'invenzione letteraria che una realtà psichiatrica (il sosia di Dostoewskiy, William Wilson di Edgar Allan Poe, Il dr. Jekyll e mr.Hide, Zelig di Woody Allen, ecc.).

Ma nel nostro caso non v'è cancellazione di memoria nè sospensione di coscienza di una delle ipotetiche parti dell'io alternanti, esiste una serie di attività coordinate per un periodo prolungato e con una progettazione complessa, l'uso di strumenti precisi atti alla bisogna, ed insomma un'evidente unità dell'Io nel senso del vissuto mnesico e della coscienza (Selbstsbewusstein). Il sentimento che il signor Bilancia espone, del non sapere e non capire come è successo e perché tutto questo, è con tutta probabilità genuina, ma esprime non una globale scissione della coscienza dell'Io, ma una sorta di isolamento affettivo dall'atto, che viene oggi, nel ricordo, vissuto come emotivamente estraneo, ma la coscienza dell'Io investe pienamente e unitariamente gli eventi ed i loro ricordi: " dopo aver ucciso una persona, sono stato fermato dalla polizia, e mi sono comportato con molta disinvoltura", " uscivo di casa e decidevo di ammazzare, come avrei potuto decidere di andare al ristorante ". Questo meccanismo, che riguarda le componenti affettive e non la coscienza dell'Io, che può definirsi propriamente meccanismo d'isolamento affettivo, non porta ad un concetto più globale di disturbo dissociativo, che escluderebbe il controllo di una parte dell'io: e tra l'altro la dimensione affettiva di rivendicazione, ritorsione e risposta al male e al tradimento subito è ben presente in altri omicidi.
In una persona come il signor Bilancia con la sua storia personale e infantile così obliqua e difficile, non ci stupisce la presenza di notevoli componenti neurotiche: ma in realtà gli aspetti coatti, anancastici, in altri termini ossessivo-compulsivi e le idee prevalenti ad esso connesse, le angosce generiche, alcune specifiche fobie del dolore, degli strumenti dolorosi, in nessun caso configurano una nevrosi specifica, da poter inquadrare un disturbo di ansia generalizzato, o fobico, o ossessivo-compulsivo. Si tratta d'elementi diffusi; discreti, alcuni sporadici, che affluiscono nella turba di base della personalità. Ed è sulla personalità che dobbiamo concentrare la nostra attenzione.

Anche qui però, il tentativo di inquadrare un personaggio così complesso in un tipo di disturbo di personalità è certamente infruttuoso. Dobbiamo ritenere che almeno tre gruppi di componenti siano in gioco: certamente, la precedenza in età infantile di un disturbo della condotta, evidente fino ai 18 anni, e l'instaurarsi in seguito di comportamenti sistematicamente trasgressivi, che egli, come abbiamo visti, tende a considerare una professione, senza nessuna risonanza per aspetti etici e sociali, o comunitari, fa individuare questi tratti come appartenenti ad un tipo di personalità antisociale, termine questo tautologico, che indica solo se stesso, e non direbbe nulla se non corredato dalle considerazioni dinamiche che seguiranno. Più interessanti sono gli aspetti borderline, molto evidenti qui, e che possiamo elencare: tendenza all'insicurezza angosciosa e al disturbo di identità, personale e sessuale; tendenza all'incapacità a stabilire relazioni valide, significative o di confidenza, tali da costituire una rete relazionale a cui potersi affidare nei momenti difficili; vissuti di malumore irritabile, scarsa capacità di integrare gli eventi negativi e facile caduta in depressioni disforiche; tendenza all'acting out,punto cruciale della nostra storia: su questa tendenza al passaggio all'atto, a mettere in scena le fantasie e a creare uno stage di comportamento anomalo che realizza il mondo interiore, torneremo; tendenza alla dipendenza, intanto dal gioco, ma soprattutto dal fumo da cui ha tentato di liberarsi in diversi modi senza mai riuscirci, pur essendo a grave rischio (i due interventi per laringite ipertrofica o malattia similare).

Ma la descrizione della personalità non è completa senza delinearne le componenti narcisistiche: l'antica ferita crea un mondo interiore che segue la legge del tutto o del niente, cancellando le vie di mezzo, che riduce la tolleranza alla frustrazione, gli dà una esigenza tormentosa di primeggiare e di essere totalmente accettato (la prodigalità), a contrasto e in risposta verso il sentimento di non essere voluto, di essere scartato, trascurato, tradito dagli amici ("era un fratello per me, e mi ha tradito "). Questo aiuta a costruire una mistura tra mondo fantastico e mondo reale, in cui il bisogno centrale è quello d'essere qualcuno, un uomo di mondo, un ladro specializzato, internazionale, un giocatore da centinaia di milioni, un uomo sempre pronto a dare e a prestare soldi, per non essere nessuno, tradito e malvoluto, con un senso di tormentosa insufficienza.

Per comprendere in realtà quello che accade in questo personaggio che sembra corrispondere al Riccardo III Shakespeariano ("Since I cannot prove to be a gentleman, I will prove to be a villain "), occorre entrare all'interno della dinamica e della struttura della personalità. Quando si chiede al signor Bilancia di descriversi, come persona, egli ha una lieve pausa, un rapido aggrottamento di fronte e, senza alcuna ironia, dice "buono, generoso, tollerante, non vendicativo, sensibile, un uomo che ha sempre vissuto, invidiato, e potrei trovarne chissà quanti aggettivi, tutti, di questo tipo ", e ciò che egli dice è, dal suo punto di vista, genuino e vero, anche se del tutto paradossale. Di fatto, egli si sente una vittima, non un persecutore, un uomo buono esposto alla cattiveria degli altri: ciò c'introduce alla dinamica della persona. Alla radice troviamo il senso di sofferenza per la lontananza, il distacco emotivo materno (crediamo che l'origine più antica sia questa, anche se egli cerca in qualche modo di giustificare la madre, in un disperato tentativo di non perderla, attraverso la sua supina sottomissione al padre, madre che poi cercherà di punire nelle sue vittime), ed il distacco dal padre, più immediato e direttamente vissuto questo, con un senso assieme di disprezzo e di disperazione, per il personaggio deteriore e cinico, com'egli lo vide e lo visse. La gelosia per il fratello, il quale a giudicare dall'esito non meno tragico della sua vita, deve avere vissuto anch'egli quest'evento intollerabile di mancato contenimento antico, ha completato il quadro. Il sentimento di frustrazione narcisistica, di male ricevuto, di intolleranza alla frustrazione con la legge del tutto e del niente, di profonda lesione del sè, con un bisogno rancoroso di risarcimento, compreso in un odio surrettizio che viene confessato a circolo vizioso negli eventi centrali della vita, la morte tragica del fratello, il tradimento degli amici che egli cerca in ambienti dove non esiste lealtà, il senso di ferita che vieppiù si approfondisce, sono il quadro in cui si muove questa dinamica. Il rapporto alterato col padre rende ragione della formazione del superIo da un lato rigidissimo, pronto a castrarlo e a deriderlo per ogni cosa, e quindi causa delle componenti ossessive, e dall'altro, per l'opposizione e il disprezzo della figura paterna, inefficiente a porre un freno ad azioni distruttive e autodistruttive.

L'ideale dell'Io si è, in questa situazione, costituito in maniera perversa, con l'idealizzazione del perfetto criminale, ricco, di mondo, sicuro di sè, un vero professionista specializzato, esposto però in ogni momento al tradimento ed alla frustrazione. Anche l'identità sessuale ha risentito di questo, con vissuti castratori, aspetti di insufficienza e incertezza sulla propria virilità, tendenza al controllo dell'oggetto d'amore, e impossibilità di contatto valido, se non parafilico o deteriorato. Nell'oscillare difensivo tra gli eccessi superegoici (grandiosità e potere) e insufficienze del superIo (perdita del senso del limite), tra l'ideale dell'Io grandioso e le sue istanze di grandiosità perversa di tipo criminosa, si costituisce un tipo di personalità instabile, "stormy ", in balia di esigenze emotive del momento, e non bene in possesso di strumenti interiori per tollerare le frustrazioni così usuali e concrete in un mondo di questo tipo, con una forte incapacità di elaborare la depressione, accettando gli aspetti positivi assieme a quelli negativi dell'oggetto-sè, con una forte mescolanza aggressività-colpa, dinamica che doveva essere similare nel fratello dove il binomio si è realizzato nel gesto suicida-omicida. Di questo oscillare del superIo è testimone la sua frase "io che mi agito per una marachella poi ammazzo uno come niente fosse ".

I sentimenti di ferita e di umiliazione narcisistico, con i vissuti di risarcimento impotenti e catastrofici, con il sentimento di insufficienza profonda, vengono contenuti e attenuati da meccanismi di difesa grandiosi e trasgressivi assieme, tramite la figura del ladro gentiluomo, di mondo, attraverso modalità di isolamento emotivo, con la totale mancanza di insight del danno apportato nell'attività di ladro (che è poi l'idea di Robin Hood oArsenio Lupin) o con la totale mancanza di consapevolezza dell'intrusione nella vita altrui, a un passo dall'intrusione più grave e decisiva che è l'omicidio. Anche il gambler è un personaggio che, sul filo del rischio, ma della grandiosità, fa recuperare l'insufficienza tramite meccanismi di difesa espansiva; ma su questo torneremo. Alla base di questa situazione, per sintetizzare in una parola il problema, sta il cosiddetto narcisismo maligno, di cui parlano alcuni autori (2), legato alla ferita narcisistica, tanto più insanabile quanto più è stata intensa e quanto più è stata antica.

4 – Natura e significato dei comportamenti sessuali

Ci si pone ora un problema fondamentale. Cosa accade, o meglio cosa scatta, per trasformare, a valanga, un individuo di 45 anni, con un forte trauma narcisistico della personalità, un'insufficienza superegoica e d'ideale dell'io, con meccanismi di difesa ipertrofici di ladro ricco e gentiluomo, di gambler, e con sentimenti d'insufficienza e di deficit d'identità sessuale, ma pur sempre un ladro, in uno spietato omicida che in pochi mesi consuma una serie così nutrita di delitti?

Dobbiamo pensare ad una via facilitante che abbia aiutato e reso scorrevole una via precostituita che, come abbiamo visto, è quella che dall'incapacità di elaborare la ferita narcisistica, l'umiliazione antica, l'offesa affettiva mortale alle esigenze primarie del sè, conduce al sentimento di risarcimento terribile e di rivendicazione totale che segue la legge del tutto o del niente, tenendo dietro alla stessa immagine del sè, e quindi alla stessa proiezione del sè grandioso che veniva seguita prima: il cambiamento appare quantitativo, e non qualitativo, tendendo, come prima, ad annullare come risarcimento estremo ogni considerazione dell'altro e, per identificazione introiettiva, dell'oggetto sè. L'alto grado di isolamento può avere favorito questo passaggio quantitativo, ciò che è sottolineato dagli autori americani quando sostengono " you too can learn serial killing ", sottolineando appunto l'importanza del principio del learning, a cui io, in verità, credo poco.

Un secondo aspetto del problema è quello dell'emergenza del mondo immaginario e fantastico, e cioè del passaggio dal mondo interno (porto franco di ogni tipo di fantasia) al mondo esterno come acting o messa in scena senza mediatori simbolici o metaforico: è evidente che questo acting out non può avvenire senza eventi o realtà sociali facilitanti (3). Dopo le prime traduzioni in atto il meccanismo di isolamento e di scissione affettiva, associato con la coazione a ripetere, propria del superIo perverso, entra in gioco e in qualche modo il signor Bilancia non ha torto nel dire che non sa più come mai è successo, dato che è entrato in gioco un automatismo e l'isolamento affettivo.

L'acting, o quello che potremmo chiamare la acted sadistic fantasy(5) ha quindi dietro fantasie di distruttività infantili e adolescenziali, fantasie polimorfe e confuse, che vanno dalla vendetta pura al comportamento sadico sessuale, come se si fosse di fronte ad una fantasia come possibilità insatura che, ove saturata, fa passare dal mondo fantastico a quello reale.

E qui possiamo cogliere con una certa precisione i meccanismi di saturazione e quindi l'inizio e il cambio di rotta, da "ladro gentiluomo " a "omicida multiplo ". Cercheremo di cogliere gli aspetti dinamici dei delitti per trovare il denominatore comune, o meglio il fil rouge e l'iter che lega assieme situazioni disparate. Possiamo premettere che tre elementi fondamentali costituiscono questo continuum, il vissuto d'esigenza di risarcimento della ferita narcisistica arcaica che corrisponde al senso d'insostenibile umiliazione attuale, l'intolleranza della frustrazione e della depressione conseguente, il controllo totale della situazione per evitare l'abbandono. Per questo, e per brevità, numereremo gli omicidi da 1 a 17 secondo lo schema allegato. In verità, come abbiamo già detto, egli fa precedere il tutto, come un mutamento interiore al senso di essere tradito dagli amici che si è evidenziato dal 1983, in occasione del furto di Croce Fieschi. Ma il primo episodio è, come si dice, la goccia che fa traboccare il vaso: questo omicidio era in attesa da anni sostituito fino ad allora dalla rivendicazione costituita dall'intrusione ladresca nella intimità altrui, dalla grandiosità mondana e disinvolta a superare l'angoscioso isolamento, da una vita relazionale apparentemente tumultuosa a celare il senso di blocco interno, e dal gamblingrischioso e milionario. Ma la frase colta per caso "t'è vistô che l'ho agganciô ô belinôn ", ha messo in moto l'intollerabilità finale, la ritorsione complessiva di tutti i torti e ingiustizie subite dalla prima infanzia e via via ingigantiti nel mondo fantastico fino all'oggi, un "te la faccio vedere "riassuntivo di tutte le frustrazioni e di tutto il fremente senso d'ingiustizia profondo che risale al distacco e al disinteresse per la scarsa sensibilità materna prima e paterna dopo.

Un accurato cerimoniale di controllo della coppia genitoriale, con un rituale complesso che completa e integra l'atto precedente, definisce nel secondo episodio (casi 2, 3) contenuti conflittuali delineati prima, mentre nel terzo episodio siamo al punto fondamentale, quando il signor Bilancia ha compreso ed ha avuto la rappresentazione precisa della facilità e della scorrevolezza del passaggio all'atto dalla fantasia rivendicativa e distruttiva, che diventa in qualche modo rutinaria. In effetti questo duplice omicidio, che rinnova il rituale del controllo e della vendetta sulla coppia genitoriale, è l'interruttore che produce la scelta del comportamento ripetitivo, e il momento che definisce l'elemento facilitante il quale definitivamente fa passare dal crimine immaginario all'atto criminoso, dissolvendo ogni confine tra mondo interno e mondo esterno. Rimane a coprire e a razionalizzare l'atto di fronte a sè stesso un'improbabile rapina che è una difesa dell'Io estrema contro l'emergere delle pulsioni arcaiche e che cerca inutilmente di nasconderle all'Io stesso dell'omicida. Gli elementi di vendetta per il torto antico si ripresentano puntualmente, ormai facilitati ed in discesa, e con un procedimento iniziale di ritualizzazione, nel quinto episodio (caso 7), ove la debole giustificazione nell'hic et nunc diventa una banale contravvenzione che sta al posto del torto profondo, ma in cui sono fondamentali la coazione a ripetere e la facilità del passaggio, una volta dissolta la membrana mentale che separa il mondo esterno da quello interno. Ed è proprio a questo punto, nel sesto episodio (caso 8) che la rivendicazione arcaica si inserisce nelle fantasie masturbatorie adolescenziali, e l'elemento di controllo della donna (o di controllo materno) si fa commisto e si intrica nella trama fondamentale della grandiosità infantile e del risarcimento del torto: il delitto si fa qui sessuale, in quanto comporta una prostituta, un rapporto sessuale, una donna nuda (la dimensione scoptofila di cui parlavamo); ma in realtà l'aspetto propriamente erotico appare del tutto secondario; mentre domina la coazione a ripetere e la ritualizzazione cerimoniale in un rituale di controllo e di possesso grandioso e distruttivo, ad evitare il tragico ed intollerabile vissuto di perdita.

Questa ritualizzazione e questa coazione a ripetere risultano evidenti nel settimo (caso 9), nel decimo (caso 13) e nel dodicesimo (caso 15) episodio, che sono una ripetizione cerimoniale degli altri, seguendo la via facilitante nel tentativo illusorio di una soluzione del conflitto dell'ieri con una serie di azioni nell'oggi. L'ottavo episodio (caso 10), è una falsa rapina: cambia lo scenario, il setting totale, diremmo; viene inscenata una sorta di rapina professionale, dove il signor Bilancia cerca di rendere compatibili e di mettere insieme la figura del ladro professionista e quella del vendicatore omicida, a formare una immagine di sè stabile: in fondo inizia qui un iter per darsi una rappresentazione convincente, superando una incertezza di identità che lo tormenta anche dopo aver trovato la via facilitante dell'omicidio per mettere in scena e liberarsi con l'acting del conflitto: ed oscilla tra un rivendicatore ed uno che fa pagare il torto, un rapinatore ben definito, o un "serial killer "preciso del tipo culturalmente noto: in questo senso vanno intesi l'undicesimo e il tredicesimo episodio (casi 14, 16), dove in qualche modo egli costruisce una immagine che accontenta quello che per lui è la rappresentazione di un omicida classico, ma anche qui il rituale narcistico onnipotente della presa di possesso e del controllo, via fantasie sessuali adolescenziali (la fantasia masturbatoria centrale, porto franco di tutte le rappresentazioni sessuali e distruttive) domina il quadro, con la masturbazione ed i rituali connessi del tredicesimo episodio. Per ritornare poi al punto comune, sempre presente nel fondo, che è la rivendicazione e la ritorsione per il torto e la ferita narcisistica, sanando l'intolleranza della frustrazione nel quattordicesimo episodio (caso 17), costruito come risposta ad una frase scontrosa.

Un'ultima annotazione di particolare interesse, riguarda il nono (casi 11, 12) e il quindicesimo episodio (omicidio non attuato) della nostra serie, che stanno a dimostrare il fondamentale intervento della sua parte infantile.

Nel nono episodio, il signor Bilancia, terrificantemente preciso e infallibile in tutti gli altri omicidi, qui uccide due metronotte ma fallisce nell'uccisione del transessuale con cui si accompagnava: l'ipotesi che si può fare qui, ove si tenga conto dei rilevanti disturbi dell'identità sessuale, legata all'intensa identificazione materna come oggetto sè introiettato per evitare la perdita antica, e alle difficoltà d'identificazione paterna per l'eccesso d'ambivalenza, è che nel rapporto progettato col transessuale la relazione narcisistica con la parte di sè a sessualità incerta, identificata con la madre, sia stata dominante, secondo un meccanismo ben noto in psicoanalisi, del sè bambino amato dal sè madre, come si sarebbe desiderato che la madre amasse il bambino. In questo caso, il fallimento sarebbe un atto inconsciamente determinato per risparmiare il sè bambino o il sè madre. Così come l'istanza inconscia di risparmiare il sè bambino, e la relazione madre-bambino, ha certamente salvato, nel quindicesimo episodio, la vita della prostituta, che è stata graziata nel momento in cui ha fatto appello al piccolo bambino cui doveva accudire. A ben vedere, i delitti possono essere inquadrati, sul piano dinamico profondo, in alcune categorie di massima, che sono diverse espressioni del denominatore comune, che, come abbiamo più volte detto, si basa sulla diade ferita narcisistica intollerabile- rivendicazione aggressiva.

1 – Delitti diretti da transfert, in cui l'angoscia e l'intolleranza della ferita narcisistica originaria e l'istanza di risarcimento e rivendicazione viene trasferita dal mondo antico infantile, cui appartiene, nell'hic et nunc, venendo ad essere agita, o messa in scena, tramite un dissolversi dei confini tra mondo interno e realtà.

2 – Delitti pseudoerotici, con rituale parafilico, che mettono in scena, tramite la struttura rituale perverso-ossessiva, oltre al denominatore comune di cui sopra, l'esigenza di controllo onnipotente.

3 – Delitti coperti da razionalizzazione, o acting con giustificazione che ripete la formazione del malavitoso grandioso, come la continuazione e la trasformazione del suo personale Arsenio Lupin, omicidi in apparenza per rapina, ma in realtà, al di sotto del travestimento razionalizzante, non diversi dagli altri.

4 – Delitti con tentativo di soppressione di una parte di sè infantile e scissa, legati alla turba di identità, che sono quelli che parzialmente non riescono o non sono realizzati, per l'esigenza di preservare il sè bambino o il rapporto madre-bambino: sarebbero questi progetti interiori suicidi, simili al gesto del fratello, che non possono essere posti in atto per l'ambivalenza prevalente ed il forte bisogno di rapporto fantasticato.

Per continuare nell'esame della struttura profonda di questo agito criminoso, possiamo notare la frequenza del fenomeno del ritorno del rimosso, che mette allo scoperto nuclei integri degli eventi conflittuali antichi. Intanto, la comparsa dei gabinetti dei treni, che ci riportano all'area del bagno e dell'accudimento infantile, loholding nel rapporto madre-bambino, con l'angoscia di separazione e il trauma connesso. Poi gli aspetti scoptofilici, presenti sia nelle fantasie sessuali sia nelle realizzazioni d'alcuni rituali parafilici. Infine l'eliminazione delle coppie, come attacco alla coppia possibilmente con notevole intesa, dato che il rapporto d'intenso legame e subordinazione padre/madre ha significato nella sua infanzia l'impossibilità di relazione con la madre. In realtà, come si vede, la sessualità, anche quando c'è nel rituale omicida, è sempre, come dicevamo prima, cerimonializzata, simbolica e metaforica, e di fatto del tutto congelata al servizio di ben altre istanze profonde, di tipo arcaico e pregenitale, e proprio per questo così tragiche, con la tendenza a dissolvere i confini dell'Io tra mondo fantastico e reale. Poco a che vedere dunque questi omicidi hanno con la parafilia, e mancano gli elementi omosessuali ed il feticismo ossessivo che di solito si prevede in casi similari. Invece, sono presenti tutti gli elementi di sovvertimento del sè previsto dalla letteratura scientifica, e cioè la presenza del rovesciamento delle pressioni dell'istinto di morte, per cui l'angoscia di morire per la lesione narcisistica arcaica si trasforma in angosciosa esigenza di uccidere, la presenza di eventi facilitanti e scatenanti nella personalità le dimensioni distruttive, come i "tradimenti" successivi e la tragica fine del fratello, il ruolo delle fantasie e del senso di umiliazione nella terra di nessuno delle fantasie masturbatorie, ed infine il continuo fallimento di ogni valido rapporto tanto che "the devil jump out of the isolated man " (3).

 

5 – Osservazioni conclusive

Per una sintesi conclusiva possiamo dire che ci troviamo di fronte ad una complessa struttura della personalità, segnata specificamente da una dinamica in cui domina la ferita narcisistica, ed in cui, per conseguenza, il funzionamento mentale è tutto improntato a modalità narcisistiche: secondo gli schemi abbastanza atipici di queste forme (Kohut, Kernberg), alla radice sta una perdita antica che, per l'importanza del rapporto infantile, tende ad essere insanabile e grandiosa, e talmente grandiosa è la perdita e talmente azzerato e rimpicciolito da questa è l'Io, che la proiezione nel mondo esterno tende ad essere espansiva e grandiosa (proiezione del sè grandioso) creando quindi istanze di risarcimento e rivendicative eccezionali, e qui eccezionalmente "criminali".

L'importanza, in questo caso, data all'esistenza, alle emozioni e alle esigenze psichiche fuori di se, è assai limitata, e la risonanza delle emozioni altrui esiste solo in quanto queste entrino nell'ambito del sè e riguardino il soggetto. Le altre persone, insomma, non contano se non come personaggi (character) della scena interiore: nessuna pietà o considerazione del dolore o della vita altrui ci si attende da queste persone, a meno di non entrare, nel copione che hanno scritto dentro, come personaggi loro (vedi l'episodio della prostituta col bambino risparmiata).

Tra l'altro esiste paradossalmente un bisogno continuo d'approvazione, ma non critica, che tiene apparentemente conto dell'altro, ma che è, in realtà, incondizionata e totale, che deve presentare sempre sè stesso completamente approvato, negando l'importanza dell'altro in quanto essere autonomo, con un atteggiamento pseudo-indipendente. La tendenza è quella del funzionamento secondo la legge del tutto o del niente, con un inesistente livello di tolleranza alla frustrazione, accanto ad un'angoscia dell'intimità; tanto che ogni comportamento è fatto per evitare l'intimità (così come il pagare, prestare soldi, giocare grosse somme, cose che creano legami stretti, ma mai intimi). L'illusione del potere e del controllo onnipotente, è portato dall'angoscia della situazione sempre fuori di controllo e senza speranza. L'altra illusione è quella di evitare ogni umiliazione, anche minima, al già troppo umiliato sè e, in effetti, di non accettare nessuna limitazione della realtà, con la creazione di un sè onnipotente ed emozionalmente intoccabile, che non deve essere mai ferito, pena rappresaglie immense e, quel che è più importante, di un sè libero dalla colpa.

E' abbastanza interessante che esiste per alcuni autori (1) una connessione tra aggressività profonda verso la madre e i motivi inconsci del "gambling ", e che R. Rosenthal (4) annota la sovrapponibilità delle due opere Dostoewskiyane "Il Giocatore " e " Delitto e castigo " che hanno come denominatore comune l'omicidio, il furto e il gioco d'azzardo, come espressione di fantasie profonde specifiche di controllare e di garantirsi il rapporto antico, e di vendicarsi della privazione. 
Nel signor Bilancia la frustrazione arcaica fa sì che la sua parte bambina porti dentro di sè un senso di risentimento e di rancore per la grande ferita narcisistica, con bisogno di risarcimento e di controllo che travalica il gioco d'azzardo o la modesta e normale criminalità, e il rifacimento e la riedizione del senso di umiliazione, quando raggiunge la soglia sufficiente, scatena l'omicidio. La rottura del confine tra fantasia e realtà, una volta avvenuta, e la facilitazione legata alla constatazione della semplicità del passaggio, agiscono con un meccanismo di learning e s'inseriscono nell'immagine del criminale grandioso e privo di colpa, con relazioni narcisistiche che non tengono conto degli altri e non come propri oggetti, dando il via a numerosi omicidi di natura e struttura diversa, con diverse sfumature d'organizzazione mentale e razionalizzazioni, ma sempre col denominatore comune del risarcimento della ferita narcisistica. Solo due volte il sistema funziona in modo incompleto: l'uno perché ha risparmiato la parte di sè con il difetto d'identità e identificato con la madre, l'altro perché ha risparmiato la diade madre bambino.

Il signor Bilancia è un uomo umiliato e offeso nelle sue esigenze e nei suoi bisogni affettivi primari infantili, tradito e ferito nelle sue istanze narcisistiche, con un eccessivo senso di frustrazione insanabile, rancore e recriminazione, con un intollerabile sentimento di dolore e di solitudine ed un profondo senso di vergogna rispetto all'Ideale dell'io, ma non di colpa, dato che è escluso il controllo Supergoico via narcisismo, ed un disperato bisogno di risarcimento. E' l'espressione di ciò che dice W. Auden nella sua poesia September 1939:

I and the public know

what all schoochildren learn,

men to whom evil is done

do evil in return

Tutto ciò che ha fatto il signor Bilancia, ogni suo comportamento, è conseguente al suo modo di funzionamento mentale, e, dovremmo dire, rispetto alla sua struttura narcisistica di personalità, non fa sciaguratamente una grinza. Ma il fatto che tutto è funzionale al modo di muoversi interno dell'attività mentale non riduce neppure di una minima parte la responsabilità di fronte al mondo, a meno che qualcosa (debolezza mentale, deterioramento psicorganico, psicosi) non renda inefficiente o indebolisca la parte dell'Io che ha la possibilità di pianificare, programmare e mettere a confronto con le valutazioni etiche e sociali, che qui non è intaccata. Il momento di passaggio dal mondo fantastico interno all'agito comportamentale, aveva sempre la possibilità, nel signor Bilancia di essere tenuto sotto controllo, tramite una maggiore tolleranza della frustrazione, per quanto difficile da sostenere. 
Dunque i movimenti profondi, inconsci, che abbiamo attentamente cercato di delineare, non aboliscono la parte dell'Io che osserva, pianifica e progetta, e di fronte alla spinta profonda l'Io può accontentarle o meno, in un modo oppure in un altro. L'indagine profonda può vedere, comprendere o cercare di curare le parti soggette a spinte anomale, ma non può considerarle irresponsabili e, almeno in questo caso, negarne la capacità di giudizio e di discernimento.

La domanda che ci si pone è in definitiva se questo funzionamento mentale e queste dinamiche di personalità sono sufficienti a configurare una situazione d'impossibilità di scegliere, d'obbligo senza alternative ad un certo tipo di comportamento distruttivo. La risposta è no, e ci rende ragione del "futile insanity plea " in casi del genere e specificamente nel caso del signor Bilancia

Egli è un uomo preso da un turbine di conflitti e passioni profonde, che noi possiamo tanto più comprendere e spiegare quanto più ne approfondiamo la dinamica e la storia interiore, che possiamo capire alla luce delle sue grandi sofferenze e della tormentosità di ogni momento della sua vita, ma che non possiamo considerare, per causa di infermità psichica, affetto da una diminuita capacità di intendere e di volere.

Una ultima annotazione: la connessione tra uccidere e morire nella profonda sofferenza di quest'uomo, che pare uscito da una tragedia sofoclea, è spiccata e inestricabile. L'attivo e il passivo, l'extrapunitivo e l'intrapunitivo, l'omicidio e il suicidio (rappresentati da lui e dall'altra parte di sè agita dal fratello) sono profondamente e strettamente intersecati ed embricati. La sua accorata, e a mio parere sentita e vissuta affermazione è "un uomo come me deve morire, e prima o poi lo farò, quando riuscirò a superare o troverò il modo di evitare il dolore fisico, che mi terrorizza, perfino una puntura". Il senso di morte che segue i suoi passi e caratterizza in ogni momento il mondo interno di questa persona, è il suo segno distintivo, il suo marchio, che dà il via ad ogni avvenimento tragico della sua vita.
Lo psichiatra e lo psicoanalista che ha avuto contatto con lui, al di là dei compiti peritali, non può trattenersi dall'osservare che quest'uomo, altamente sofferente anche se responsabile, dovrebbe essere seguito con un adeguato intervento psicologico profondo, per poter alleviare la tensione angosciosa e la tragica trama interiore che ha sconvolto la sua vita e quella di tante altre persone.

 

 

6- Elenco di riferimento

Elencazione degli omicidi confessati dal Bilancia in ordine cronologico, riportati in due colonne, la seconda riguardante i delitti ad ipotetica valenza sessuale


TAVOLA RIASSUNTIVA

 

I

II

1

1.Centenaro

 

2

2. Parenti

3. Sig.ra Parenti

 

3

4. Solari

5. Sig.ra Solari

 

4

6. Cambiavalute di Ventimiglia

 

5

7. Metronotte

 

6

 

8. Prostituta Stela Truya (albanese)

7

 

9. Prostituta Ljudmila Zuskova (ucraina)

8

10. Cambiavalute di Latte di Ventimiglia

 

9

 

11.Metronotte in località

12. Metronotte- Barbellotta

Transessuale (tentato omicidio)

10

 

13. Prostituta Tessy (nigeriana)

11

 

14. Donna sul treno

12

 

15. Prostituta (slava)

13

 

16. Donna sul treno

14

17. Benzinaio

 

Si tratta di quattordici episodi, tre dei quali concernono omicidi multipli, per un complesso di 17 omicidi ed un tentato omicidio.

 


 

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1 commento

  1. admin

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