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La guerra…questa guerra…

11 Feb 13

A cura di FRANCESCO BOLLORINO

"E' triste pensare a mulini che macinano talmente adagio che la gente muore di fame prima di ricevere la farina" (Freud, Lettera a Einstein 1932)

support americaDi fronte "alla guerra" di fronte a "questa guerra" che riempie ormai in maniera totalizzante le nostre giornate e i discorsi di tutti credo che come POL.it si possa e si debba dire qualcosa.
La posizione della testata sulla "guerra" e' nota da tempo e credo sia emblematicamente rappresentata dalla banner di EMERGENCY che campeggia da molto tempo nella pagina indice di Psychiatry on line Italia in quella logica di "appartenza e comune sentire" che regola da sempre la presenza di un link in POL.it. 
Penso altresì che questa posizione di "rifiuto filosofico" sia largamente condivisa dalla maggioranza degli Italiani e degli europei in genere, mentre, probabilmente, la stessa cosa non credo si possa dire per la maggioranza dell'opinione pubblica americana: ne è testimonianza la pubblicità di T-shirts che mi è arrivata via posta elettronica e che riproduco in questa pagina, indizio concreto credo non già solo di uno sfruttamento commerciale di un evento tanto drammatico e di un nazionalismo a stelle e strisce che è una delle anime costituenti quella realtà complessa che sono gli States ma anche di un "comune sentire diffuso" che in qualche modo credo vada compreso valutato e analizzato quando si considera l'intervento angloamericano in Iraq.
Certo, il concetto di "guerra giusta" è molto faticosamente "applicabile" al concetto di "guerra preventiva" teorizzato dalla destra conservatrice americana legata alle multinazionali del petrolio e messo in atto dall'Amministrazione Bush con così grande dispiegamento di mezzi nella speranza, purtroppo vana alla luce dei fatti, di "risolvere la questione" in poco tempo senza trovarsi come sta accadendo impatanati non tanto nelle sabbie del deserto irakeno ( cosa che prima o poi finirà data la disparità delle forze in gioco) quanto nelle sabbie mobili di una guerra che si sta rivelando per quello che è : una "guerra normale" con tutte le conseguenze connesse in materia di morte, distruzione, errori, eccidi e disperazione e stupirsi di ciò mi pare ingenuo perchè da che mondo è mondo una guerra è una guerra e scappa, come dire, di mano a chi la fa……………..
Il vero problema resta quello di non arrivarci, non di pensare di poterla fare "con i guanti da chirurgo" alla ricerca di un "male minore" che solo la Storia potrà dire se reale davvero……………..
Come Pericle di fronte ai suoi morti, possiamo rivendicare la superiorità della nostra civiltà rispetto ai "nemici" ma i morti restano morti e la guerra una tragedia senza pari e pensare di risolvere il problema del senso di colpa per le vittime civili dando loro il nome di "effetti collaterali" mi pare disumano e inconcepibile dimenticando tra l'altro che, come si dice in medicina, "non ci sono effetti senza effetti collaterali" ma se questi ultimi non sono dittatori sanguinari di varia estrazione e/o patologia ("In ogni epoca della storia dell'umanità sono esistiti matti, visionari, folli , nevrotici gravi e individui che la psichiatria definirebbe malati di mente i quali hanno svolto funzioni importantissime, e non solo quando, a causa delal loro origine, erano per avventura investiti dei pieni poteri. Perlopiù, ma non sempre, costoro sono stati forieri di sventure." – Freud, Introduzione allo studio su Wilson, 1930) o terroristi camuffati da asceti gli uni e gli altri "incredibilmente" imprendibili, ma sono bambini, donne, vecchi, poveri cristi… beh…. è molto, molto "faticoso" trovare una giustificazione a prova di bomba, di nome e di fatto………
Gli antichi lo sapevano bene, non a caso , come mirabilmente racconta Franco Fornari nel suo volume "Psicoanalisi della guerra" (Feltrinelli, Milano,1966), prima di una campagna militare sacrificavano una vergine alla "necessità" di potersi "permettere" l'atto guerresco in nome della vendetta per quel sacrificio simbolico nella logica dell'elaborazione paranoide del lutto che è davanti a noi tutti ogni giorno, nel suo crescendo inarrestabile, in questo mondo impazzito in cui non una ma piu' di 3600 Ifigenie innocenti sono li' sotto le macerie, per nulla simboliche e per nulla "sacrificate" alla bisogna ma morte ammazzate con fredda premeditazione, delle Twins Towers a "giustificare" ogni forma di ritorsione in un circolo vizioso in cui i morti chiamano altri morti, in uno scenario sempre più desolato e desolante che la televisione non riesce più a rendere "lontano" e in qualche modo anestetizzato dalle apparenze di un enorme, asettico videogioco ipertecnologico, in una spirale di violenza che pare posta alla soglia già abbondatemente insanguinata di un dramma che potrebbe allargarsi senza controllo.
no warMa è questo che vogliamo davvero? Dobbiamo dunque accettare come un dato di fatto inellutabile nella sua tragicità che " il tentativo di sostituire la forza reale con la forza delle idee sia per il momento votato all'insuccesso." (Freud, Lettera a Einstein 1932)?
Siamo certi che questo scontro che sempre più va configurandosi come una scontro di "civiltà" di modelli di organizzazione sociale porti, con la vittoria certa dell'Occidente, una reale pacificazione? Ovvero siamo certi che, se "il diritto era in origine violenza bruta e che esso ancor oggi non può fare a meno di ricorrere alla violenza" (Freud, Lettera a Einstein 1932), il "diritto" che imponiamo corrisponda realmente ai bisogni dei popoli che subiscono tale violenza impositiva? 
Se ha ragione Freud a dire: "tutto ciò che favorisce l'incivilimento lavora contro la guerra" (Freud, Lettera a Einstein 1932) è forse un vero modello "civile" quello che sempre più si afferma nel mondo? o non è forse vero che due barbarie si contrappongono e che la sopraffazione dei fondamentalismi religiosi è nella sostanza poco diversa dalla sopraffazione e dall'ineguaglianza di un modello di mondo basato sul profitto? E' veramente impossibile "tenere lontana dagli uomini la fatalità della guerra?" (Freud, Lettera a Einstein 1932)
colomba della paceVedendo ciò che accade risultano tragicamente tuttora attuali le affermazioni di Einstein (Lettera a Freud 1932) sulle cause delle guerre: "La sete di potere della classe dominante si oppone in ogni Stato a qualsiasi limitazione della sovranità nazionale. Questo smodato desiderio di potere politico viene sovente alimentato dalla brama di potere di un altro ceto sociale, che mira a conquistare vantaggi materiali, economici". Detenendo di fatto il controllo sulla scuola, sulla stampa e persino sulla religione questa oligarchia può "dominare e orientare i sentimenti delle masse, rendendoli docili strumenti della loro politica ", senza escludere gli intellettuali visto che " è proprio la cosiddetta "intellighenzia" a cedere per prima a queste rovinose suggestioni collettive, poichè l'intellettuale non ha contatto diretto con la realtà ma la vive attraverso la sua forma riassuntiva più facile, quella della pagina stampata" anche perchè "quando gli uomini vengono incitati alla guerra, è possibile che si desti in loro un'intera serie di motivi consenzienti, nobili e volgari, alcuni di cui si parla apertamente e altri che vengono sottaciuti. Non è il caso di enumerarli tutti. Il piacere di aggredire e distruggere è certamente uno di essi; innumerevoli crudeltà della storia e della vita quotidiana confermano la loro esistenza e la loro forza" (Freud, Lettera a Einstein 1932).
L'ideale sarebbe naturalmente una comunità umana che avesse assoggettato la sua vita pulsionale alla dittatura della ragione. Nient'altro potrebbe produrre un'unione tra gli uomini altrettanto perfetta e tenace, capace di resistere persino alla rinunzia di vicendevoli legami emotivi. Ma, con ogni probabilità questa è una speranza utopistica." (Freud, Lettera a Einstein 1932).
Così come pare utopistico pensare ad un "dopoguerra" migliore (non ne vedo all'orizzonte i prodromi e spesso mi domando in che mondo terribile insicuro e imbarbarito diverrà adulto il mio Andrej) ma tuttavia non posso non fare mie le conclusioni di Freud in "Caducità", piccola gemma scritta nel 1915, in pieno conflitto mondiale: "Noi sappiamo che il lutto, per doloroso che sia, si estingue spontaneamente. Se ha rinunciato a tutto ciò che è perduto, ciò significa che esso stesso si è consunto e allora la nostra libido è di nuovo libera (nella misura in cui siamo giovani e vitali) di rimpiazzare gli oggetti perduti con nuovi oggetti, se possibile atrettanto o più preziosi ancora. C'è da sperare che le cose non vadano diversamente per le perdite provocate da questa guerra. Una volta superato il lutto si scoprirà che la nostra alta considerazione dei beni della civiltà non ha sofferto per l'esperienza della loro precarietà. Torneremo a ricostruire tutto ciò che la guerra ha distrutto, forse su un fondamento più solido e duraturo di prima" …..come vorrei fosse vero………

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