Introduzione

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Se ci soffermiamo ad osservare oggettivamente la prassi psichiatrica, è facile rendersi conto che gli psichiatri che fanno ricorso a procedure diagnostiche standardizzate e/o che valutano sistematicamente gli effetti dei trattamenti prescritti sono delle eccezioni, lodevoli ma pur sempre eccezioni.

A differenza degli altri medici, che generalmente supportano ed oggettivano il loro giudizio diagnostico con adeguate (e talora anche pletoriche) indagini (ematochimiche, elettrofisiologiche, ecografiche, radiografiche, tomografiche, endoscopiche, eccetera), che sono in grado di dare una misura della gravità della patologia e che ne documentano i cambiamenti nel corso del trattamento, lo psichiatra si limita, ancora oggi, ad affidarsi alla sua esperienza clinica, al suo "fiuto clinico", limitando sostanzialmente il suo intervento ad una valutazione globale ed approssimativa ("Come si sente?", "Quali disturbi ha?", "Si sente meglio o peggio rispetto alla visita precedente?", eccetera), senza alcun riferimento a parametri obiettivi, capaci di dare una misura non equivoca del disturbo e della sua evoluzione, una misura che possa essere valida, accettabile e condivisa. Sarebbe come se l’ortopedico giudicasse l’evoluzione di una frattura, o il nefrologo quella di una insufficienza renale chiedendo semplicemente al paziente come sta, senza praticare una radiografia o senza effettuare gli appropriati esami del sangue e dell’urina. Nell’Introduzione di questo Repertorio abbiamo scritto che "amministratori e politici sono costretti a porsi il problema di quali prestazioni siano necessarie per i pazienti e se quelle fornite siano efficaci abbastanza da giustificare il loro costo. Si profilano perciò radicali tagli di spesa in quei settori in cui i risultati non siano proporzionati agli investimenti o comunque non documentati; si fa dunque sempre più pressante la richiesta, da parte degli organismi amministrativi, di documentare, mediante procedure standardizzate, i risultati degli interventi, pena la contrazione dell’investimento pubblico in quel settore. Se questo riguarda prevalentemente i servizi pubblici, anche il medico nella sua attività privata dovrà, in tempi brevi, documentare ciò che fa, poiché è prevedibile la crescita del ricorso alla copertura assicurativa privata e questo renderà necessaria un’adeguata documentazione degli interventi effettuati e dei risultati conseguiti onde prevenire il prevedibile contenzioso." In effetti, nonostante (o, forse, proprio per) le crescenti limitazioni imposte alla gestione della sanità dalla non favorevole congiuntura economica, le autorità sanitarie prevedono protocolli diagnostico-terapeutici che richiedono al medico di seguire determinate procedure e di documentare il suo operato. Questa pratica sta piano piano affermandosi e, piaccia o meno, diventerà presto un punto fermo della prassi assistenziale al quale anche la psichiatria dovrà, volente o nolente, adeguarsi. Ma più ancora delle regole e delle limitazioni, dovrebbero essere la logica ed il buon senso a suggerire al medico (ed allo psichiatra) la necessità di fornire una valutazione ed una documentazione del suo operato. Senza fondamento è, ormai, l’obiezione che l’oggetto di studio della psichiatria "non è misurabile": come abbiamo ampiamente detto nell’Introduzione di questo Repertorio, anche la psichiatria dispone delle scale di valutazione, strumenti di obbiettivazione standardizzati, ampiamente collaudati e validi al punto che un settore estremamente delicato ed importante come la psicofarmacologia clinica si fonda sul loro impiego. Semmai il problema è quello di disporre di strumenti di misura pratici, affidabili, di facile e rapida applicazione, poiché la pratica clinica non può certamente permettersi i tempi della ricerca psicofarmacologica clinica. Solo attraverso la diffusione di pratiche, affidabili, accurate e rapide misure del cambiamento lo psichiatra potrà fornire un’adeguata documentazione del proprio operato tanto per rispondere alle esigenze amministrative quanto per soddisfare la crescente spinta a fornire al proprio paziente le informazioni necessarie perché egli possa valutare il suo intervento. Strumenti con queste caratteristiche, che gli Americani hanno definito efficacemente come Rapid-Assessment Instruments - RAI (Levitt e Reid, 1981), esistono, ma sono sparsi, dispersi nel mare magnum della letteratura, per cui è difficile per lo psichiatra averne un quadro completo tale da consentigli di effettuare la scelta più idonea ai suoi bisogni. Ci sembra opportuno dedicare uno spazio adeguato a questi strumenti pur tenendo conto che una parte delle RS classificabili in questa categoria è stata descritta e/o riportata nei vari capitoli di questo Repertorio.

I RAI

È certamente superfluo specificare che i RAI sono soltanto delle RS e che di queste condividono, quindi, tutte le caratteristiche: sono costituiti da una serie di domande o di affermazioni specificamente studiate per raccogliere in maniera standardizzata (sempre, cioè, allo stesso modo) informazioni relative ai disturbi del paziente, ad ogni risposta è associato un valore numerico che consente di stabilire il livello di gravità del disturbo indagato; in molti casi si tratta di strumenti di autovalutazione ed è perciò il paziente stesso che indica la frequenza con cui il sintomo o il comportamento indagato si verifica ed il grado di compromissione che esso determina.

Ciò che caratterizza i RAI rispetto agli altri strumenti di valutazione è il fatto che:

  • sono strumenti per la maggior parte di autovalutazione, compilati, cioè, dal paziente, anche se alcuni strumenti di eterovalutazione — pochi, per la verità, — possono essere inclusi tra i RAI;
  • sono brevi (1-2 pagine), facili da somministrare e da completare (non più di 10-15minuti);
  • sono scritti in un linguaggio semplice e chiaro, facilmente comprensibile dal paziente;
  • il punteggio può essere assegnato rapidamente, spesso in presenza del paziente;
  • l’interpretazione dei punteggi è semplice e chiara;
  • l’interpretazione dei punteggi da parte dello psichiatra non richiede la conoscenza di particolari procedure testologiche;
  • non richiedono l’adesione a particolari scuole di pensiero;
  • forniscono una visione sistematica dei problemi del paziente, così come informazioni su aspetti specifici da approfondire nel colloquio psichiatrico;
  • il punteggio globale fornisce informazioni sul grado, l’intensità e/o l’estensione dei problemi del paziente;
  • rappresentano una modalità strutturata di raccolta delle informazioni, che è standardizzata e confrontabile fra le diverse valutazioni del singolo soggetto così come fra pazienti diversi;
  • possono essere usate sia come unica valutazione o come valutazioni ripetute fornendo così informazioni circa le modificazioni dei problemi del paziente nel tempo attraverso il confronto fra le diverse valutazioni. I punteggi ottenuti possono essere riportati su un grafico per consentire una visione globale delle modificazioni che si sono verificate nel corso del trattamento.

Tre sono, dunque, le principali funzioni dei RAI:

  • verificare l’andamento nel tempo della sintomatologia esplorata da questi strumenti in modo da valutare l’efficacia degli interventi messi in atto: usati seriatamente nel tempo per misurare ripetutamente la patologia del paziente, forniscono in questo modo dati circa i cambiamenti che si verificano nel corso del trattamento; è evidente che i punteggi delle scale hanno valore non in assoluto ma in relazione ai punteggi delle valutazioni precedenti e successive, poiché è solo la valutazione comparativa che ci consente di dire se il quadro clinico è migliorato, stazionario o peggiorato; trattandosi di dati ottenuti in maniera sistematica e strutturata, sono più affidabili del giudizio del clinico che è più soggetto all’influenza dei suoi pregiudizi o delle sue aspettative;
  • fornire un indice del grado di gravità del disturbo o di deviazione rispetto ad una determinata norma; questa funzione dipende dalla disponibilità di valori normativi che generalmente derivano dalla valutazione di un gran numero di soggetti e dal confronto dei punteggi ottenuti con quelli ricavati da valutazioni effettuate dallo psichiatra con altri strumenti di valutazione;
  • portare alla luce, grazie alla valutazione sistematica, informazioni che potrebbero non emergere nel corso dell’intervista clinica; queste informazioni possono essere poi riprese ed approfondite nel corso del colloquio clinico.

L’impiego dei RAI, perciò, fornendo al clinico informazioni standardizzate sulle condizioni del paziente ai vari tempi, consente una pianificazione più attenta e precisa del trattamento, sia globalmente, sia per singoli aspetti del quadro clinico che possono apparire come elementi di specifico rilievo nel complesso del quadro psicopatologico, e tutto questo senza significativi allungamenti dei tempi del colloquio psichiatrico.

Alla luce di quanto abbiamo detto finora, sembrerebbe che i RAI fossero la soluzione di tutti i problemi dello psichiatra, una sorta di panacea per tutti i problemi di valutazione: evidentemente le cose non stanno proprio così ed esistono, in realtà, dei problemi nell’impiego di questi strumenti, problemi di cui diremo e che ci aiuteranno a capire come sia possibile usarli per ottenere dei risultati ottimali.

La selezione degli strumenti di valutazione

Gli strumenti di valutazione disponibili sono numerosi ed è perciò importante avere dei criteri-guida per scegliere quelli più adatti allo scopo che ci proponiamo.

Il primo punto da prendere in considerazione è la standardizzazione. Due sono gli aspetti principali della standardizzazione:

  • il primo riguarda il fatto che uno strumento standardizzato deve avere item, procedimenti di assegnazione dei punteggi e metodi di somministrazione uniformi, che non cambiano indipendentemente da chi li usa o da quante volte vengono usati; unica eccezione può essere il fatto che può esserci la necessità di fornire spiegazioni supplementari a soggetti che hanno difficoltà a comprendere come devono utilizzarli;
  • il secondo, che gli strumenti standardizzati sono accompagnati, in genere, da una serie di informazioni ad essi relative; è compito di chi ha sviluppato lo strumento fornire queste informazioni in modo che il potenziale utente abbia gli elementi per poterne giudicare il valore. Le informazioni dovrebbero riguardare lo scopo per cui è stato sviluppato lo strumento, l’interpretazione, l’applicazione ed i punteggi usati, l’affidabilità, la validità ed i valori normativi.

Se di uno strumento non sono disponibili tutte queste informazioni, non si può dire che non è standardizzato: non sempre è facile disporre di tutte queste informazioni (ed in particolare quelle sulla validità), poiché può essere difficile ottenerle, soprattutto se lo strumento è relativamente nuovo. Quante più informazioni sono disponibili, tanto più razionale può essere la scelta e maggiore è la probabilità di scegliere lo strumento più adatto ai nostri fini.

Vantaggi e svantaggi dei RAI

Il fatto che i RAI siano degli strumenti di facile impiego nella pratica clinica non significa che il loro impiego non abbia limitazioni o che vi siano soltanto vantaggi nel loro uso.

Come accade nella maggior parte delle cose, anche l’utilizzo dei RAI ha, accanto a indubitabili vantaggi, degli svantaggi che ne possono limitare l’impiego.

Non si può negare che l’impiego di questi strumenti nella pratica clinica ne migliora significativamente l’attendibilità e l’efficacia. I principali vantaggi che ne possono derivare sono:

  • l’efficienza, che è forse il principale punto di forza: i RAI sono efficienti perché sono facili da somministrare, non richiedono particolari preparazioni o training, sono brevi e non richiedono perciò tempi lunghi di applicazione, sono facilmente reperibili nella letteratura e generalmente possono essere utilizzati senza alcuna spesa o con costi modesti, sono numerosissimi e coprono praticamente ogni area della vita umana, dall’infanzia alla vecchiaia, dalla vita personale a quella di coppia o familiare, dal comportamento alle emozioni, dalle diverse patologie psichiatriche alla personalità, e così via, per cui lo psichiatra può scegliere quello o quelli più adatti ai problemi del singolo paziente;
  • l’accessibilità, cioè la possibilità di acquisire informazioni su cose che è difficile osservare direttamente (come comportamenti o manifestazioni che si verificano sporadicamente, o come sentimenti, ansie, pensieri, eccetera) e delle quali è possibile venire a conoscenza solo attraverso ciò che riferisce il paziente: i RAI, grazie al fatto che esplorano un’ampia varietà di comportamenti, atteggiamenti e sentimenti, possono rappresentare uno stimolo adeguato per far emergere queste informazioni, con l’indicazione, anche, di quanto siano importanti o gravi per il paziente stesso;
  • il manifestare, con l’intermediazione dello strumento di valutazione, problemi delicati (ad esempio, comportamenti sessuali particolari o insoddisfacenti, violenze subite, eccetera) che il paziente può avere difficoltà a comunicare verbalmente; questo è particolarmente importante nelle prime fasi del rapporto, prima che tra lo psichiatra ed il paziente si sia stabilito un rapporto di fiducia;
  • la confrontabilità, cioè la possibilità di confrontare i punteggi del paziente con i punteggi normativi dello strumento impiegato o con i punteggi di valutazioni precedenti; nel primo caso è possibile stabilire se ed in quale misura il soggetto può essere considerato patologico in quel determinato settore esaminato, nel secondo, si può monitorare l’evoluzione del disturbo nel corso del trattamento;
  • la neutralità, il fatto, cioè, che i RAI sono potenzialmente neutrali, nel senso che, o non fanno capo ad uno specifico costrutto teoretico o, se sono in relazione ad una qualche teoria, non è necessario aderire alla teoria da cui derivano per usarli nel monitoraggio del paziente anche se, al limite, l’approccio terapeutico è basato su un diverso orientamento teoretico.

I RAI non sono, come abbiamo già detto, una panacea poiché in effetti presentano, accanto a tutti questi vantaggi, degli svantaggi:

  • quelli psicometrici sono senza dubbio quelli più importanti e sono di quattro tipi:
    • i dati relativi all’affidabilità ed alla validità derivano da ricerche su specifici gruppi di soggetti ed è perciò difficile stabilire se uno strumento può essere ugualmente valido ed affidabile per quello specifico paziente. Per minimizzare questo rischio è necessario usare molta cautela nell’accettare i punteggi come "la verità": essi sono semplicemente la stima di alcuni attributi e non devono essere accettati, perciò, acriticamente; sarebbe un grave errore basare le nostre decisioni solo sui punteggi dei RAI, senza prendere in considerazione altri elementi, come il giudizio clinico;
    • i RAI possono essere vissuti come invadenti da alcuni pazienti i quali possono provocare perciò reazioni che interferiscono con il rapporto; di solito è il contenuto degli item che può sensibilizzare il paziente provocando la sua reazione;
    • i RAI non sono esenti dai bias propri di tutte la scale di autovalutazione e dei quali abbiamo detto nella Parte Generale del primo tomo di questo Repertorio ed in particolare al Cap. 4. Il paziente può, ad esempio, cogliere le aspettative dello psichiatra di un miglioramento e tendere a dare risposte più positive per compiacerlo oppure può accentuare la sintomatologia nel tentativo di ottenere maggiori attenzioni o altri vantaggi, eccetera. Non esistono modalità specifiche per evitare queste manipolazioni; solo una franca discussione sulla natura del rapporto medico-paziente, sulla necessità di un rapporto basato sulla sincerità e sulla massima apertura e sulla funzione di questi strumenti di valutazione può ridurre, limitare, il peso di questi bias. Come ha giustamente sottolineato Mischel (1981), "Non possiamo aspettarci una sincera autovalutazione se le persone non sono convinte che la loro onestà non sarà usata contro di loro";
    • mentre alcuni strumenti sono specificamente focalizzati su un problema particolare, altri sono, invece, aspecifici, generali, e non sono perciò in grado di cogliere le più sottili sfumature; per ovviare a questo problema è necessario scegliere, fra i numerosi RAI disponibili, quelli più specifici e diretti. Sarebbe anche opportuno, quando è possibile, utilizzare più di uno strumento di valutazione;
  • altri svantaggi riguardano il come i RAI sono impiegati nella pratica clinica. Un primo limite nasce dal fatto che la facilità di somministrazione, di valutazione e di interpretazione può portare ad un eccessivo uso di questi strumenti (troppo spesso, troppi) e ad un’eccessiva fiducia nel significato dei punteggi. Talora i problemi sono legati alle capacità intellettive e strumentali (vista, udito, eccetera) del paziente ed in questo caso una più oculata scelta degli strumenti può essere risolutiva. Quando è necessario, si possono fornire più accurate istruzioni, ricordando, in questo caso, che si tratta di strumenti standardizzati e che per ottenere risultati il più possibili validi, è necessario seguire ogni volta le stesse procedure; • quando si opera in una struttura, può essere la struttura stessa (responsabili, colleghi, eccetera) che crea ostacoli all’impiego dei RAI indirettamente, attraverso un sovraccarico di lavoro, o direttamente, attraverso un’aperta opposizione al monitoraggio ed alla valutazione dell’attività clinica. Se nel primo caso la brevità dei RAI e la possibilità di farli compilare dai pazienti prima della visita può aiutare a superare il problema, nel secondo caso le possibilità di superare il problema sono molto scarse.

La scelta degli strumenti

Per scegliere i RAI più adatti alla valutazione del singolo paziente è necessario avere un’idea il più possibile chiara circa i problemi del paziente e gli obiettivi dell’intervento. In questo modo aumentano le probabilità di individuare gli strumenti più adatti a monitorare l’andamento del trattamento e l’evoluzione dei suoi problemi.

Il primo problema è stabilire quale sarà la fonte di informazione, se il soggetto stesso mediante l’autovalutazione, se un informatore qualificato o noi come clinici.

Nel caso di bambini o di persone con problemi intellettivi o con deficit strumentali può essere più indicata la scelta di un informatore qualificato, che conosce bene il paziente e che ha familiarità e consuetudine con questi.

In altri casi può essere lo psichiatra che valuta il paziente nel corso della visita, oltre che mediante il giudizio clinico, utilizzando strumenti standardizzati di eterovalutazione che possono convalidare il giudizio clinico stesso ed anche migliorarlo.

Un buon osservatore dei problemi del paziente e degli effetti del trattamento può essere considerato il paziente stesso il quale è il solo capace di fornire informazioni e valutazioni di alcuni problemi clinici. Non sempre, comunque, il soggetto è un "informatore" affidabile o un valido "osservatore" e perciò può essere necessario affiancare l’autovalutazione con altre modalità di raccolta di informazioni.

Nella scelta degli strumenti di valutazione dobbiamo tener conto anche del nostro approccio pratico: è pur vero che i RAI sono potenzialmente neutri, ma è possibile che noi vogliamo delle valutazioni coerenti con un particolare approccio teoretico oppure vogliamo evitare

valutazioni impostate su specifiche basi teoriche. Nel decidere quali strumenti adottare, ci dobbiamo perciò chiedere se particolari problemi o specifiche finalità terapeutiche implicano particolari prospettive teoretiche e scegliere in funzione delle risposte che ci saremo dati.

Nella scelta dei RAI si deve tener conto sia dell’ambiente nel quale avviene la valutazione, poiché i problemi del paziente possono essere diversi nei diversi ambienti e quindi le osservazioni effettuate in un setting non sono generalizzabili ad altri setting, sia del fatto che si valuti un tratto piuttosto che uno stato.

In sintesi, quando dobbiamo scegliere quali strumenti scegliere per uno specifico paziente con un particolare problema, si dovrà, in primo luogo, definire in modo chiaro ed evidente il problema. Ci si dovrà, quindi, accertare che gli strumenti che abbiamo preso in considerazione siano validi ed affidabili, adatti alle caratteristiche del soggetto (livello intellettivo, grado di comprensione, eccetera). Con gli strumenti che abbiamo individuato come eleggibili per il nostro caso, dobbiamo innanzitutto familiarizzare noi stessi, compilandoli e valutando se i singoli item corrispondono ai problemi del paziente. Dopo aver acquisito piena familiarità con gli strumenti si deciderà quali utilizzare nella pratica tenendo presente che, in ogni caso, la loro compilazione non deve richiedere più di 10-15 minuti.

La somministrazione dei RAI

La somministrazione dei RAI è molto semplice e richiede soltanto che si tenga conto di alcuni accorgimenti elementari. Ma il punto centrale è ottenere la piena collaborazione del paziente.

Per ottenere questa collaborazione è necessario, in primo luogo, spiegare al paziente che cosa intendiamo fare, perché intendiamo farlo, perché è importante farlo e, se necessario, mostrargli come intendiamo utilizzare i risultati degli strumenti di misura che gli chiediamo di compilare. È opportuno spiegargli il razionale per l’uso di questi strumenti, facendogli capire che, come il medico di famiglia controlla periodicamente la pressione arteriosa e/o ausculta il cuore per monitorare il suo stato di salute fisica, noi, che non disponiamo di strumenti analoghi, facciamo ricorso alle scale di valutazione per monitorare la sua salute psichica, per verificare l’efficacia del trattamento al quale lo sottoponiamo al fine di risolvere i problemi per i quali ha fatto ricorso a noi. È importante rassicurarlo, da un lato, che gli strumenti di valutazione che gli proponiamo non sono dei test e che non ci sono risposte giuste o sbagliate, dall’altro, che i risultati di queste valutazioni sono strettamente confidenziali così come tutto ciò che fa parte del rapporto medico/paziente.

Per quanto riguarda la somministrazione di questi strumenti nella pratica, un primo accorgimento è quello di somministrare questi strumenti prima del colloquio clinico o nelle sue prime fasi poiché, se fosse fatta al termine del colloquio, sarebbe fortemente influenzata da questo al punto da rifletterne i contenuti e difficilmente apporterebbe nuove e/o diverse informazioni.

È necessario, inoltre, che la somministrazione e/o la lettura dei RAI non occupi uno spazio eccessivo del colloquio psichiatrico per non dare al paziente l’impressione che il colloquio stesso sia affrettato. Ad alcuni pazienti si potranno consegnare i questionari perché li compilino a domicilio: questo può far parte del programma di trattamento, nel senso che può essere vissuto come un atto di fiducia nei loro confronti e può aumentare l’autostima; inoltre, con maggiore tempo a disposizione, il paziente può fornire risposte più meditate e complete. In questo caso è opportuno invitare il paziente a compilare le RS sempre nello stesso giorno in modo da avere una certa omogeneità nel ritmo delle valutazioni.

Come abbiamo già accennato, le valutazioni non devono essere troppo frequenti: un’eccessiva frequenza può provocare noia, scarso impegno, o ripetitività delle risposte. Per mantenere desto l’interesse del paziente è opportuno che egli abbia un rapido feedback circa i test da lui eseguiti; può essere utile, quando è possibile, predisporre un diagramma sul quale riportare i punteggi delle RS ed aggiornarlo ogni volta in presenza del paziente in modo da visualizzare l’andamento della sintomatologia e discuterne con lui in modo da motivarlo ulteriormente, se l’andamento è favorevole, o discutere con lui la mancanza di cambiamenti o addirittura la presenza di cambiamenti negativi.

Oggi si va sempre più affermando e diffondendo l’uso dei computer: un numero crescente di medici e di psichiatri ne hanno uno sulla scrivania ed i pazienti sono ormai abituati all’uso di questo strumento anche in ambito medico. Pertanto, qualora siano disponibili programmi specifici per la lettura e l’elaborazione degli strumenti di valutazione impiegati nella pratica clinica, l’impiego del computer anche nel contesto del colloquio psichiatrico per quei pochi minuti necessari per digitare i numeri corrispondenti alle risposte e per ottenere l’output (magari stampato) non dovrebbero incidere negativamente sul rapporto medico/paziente.

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