Il gruppo è stato condotto dal dottor Vittorio Valenti e ha rappresentato undici realtà regionali.

Sono stati affrontati argomenti e considerazioni da diversi vertici osservativi e questo ha contribuito alla ricchezza e alla vivacità dei contributi che il gruppo ha prodotto.

A partire dagli stimoli delle relazioni iniziali si è condivisa l’idea che il modello organizzativo più adeguato ed efficace, quindi da difendere e sostenere nei prossimi anni, è quello di un Dipartimento di Salute Mentale (DSM) forte nel senso che:

  1. si faccia garante del governo clinico della salute mentale di un determinato territorio;
  2. sia capace di distribuire in maniera equa le risorse disponibili;
  3. sia in grado di documentare quello che fa e che deve ancora essere fatto (per esempio la promozione della salute mentale dei cosiddetti gruppi a rischio o più vulnerabili).

Un DSM è forte se è in grado di accedere ad altre risorse e se dedica in maniera prioritaria le risorse disponibili alla costruzione "ben fatta" delle sue porte di ingresso (considerate da molti il cuore del sistema), per cui bisogna investire delle risorse chiare e definite per l’accoglienza dei cittadini con problemi di salute mentale.

Un DSM è forte se è in grado di integrarsi con gli altri servizi e con altri soggetti; un DSM è forte se, ancora a mò d’esempio, è capace di tagliarsi le ali nel senso che è in grado di avviare un dialogo costante con i cittadini.

 

E’ forte se produce una rete qualificata di servizi; si è parlato molto di accessibilità come variabile attraverso la quale valutare un DSM.

E ancora un DSM può essere ritenuto forte se produce una vitalità intersettoriale nel territorio in cui è inserito.

E’ stato fatto un ragionamento sul fatto che un DSM è forte se riesce a dichiarare quello che fa e a dimostrare che quello che dice di fare lo fa veramente.

Come emerge da questo riassunto dei lavori del gruppo l’accezione di forte è complessa e anche molto differenziata a seconda del vertice osservativo di appartenenza.

Si è convenuto nel ritenere significativo il fatto che il DSM deve poter conoscere e prevedere le proprie risorse e se le risorse in questo periodo non possono aumentare devono essere quantomeno certe e definite ma sicuramente non possono diminuire.

Uno strumento che sicuramente può essere utile sono i L.E.A. nel senso che possono aiutare a definire le priorità di un DSM,

Rispetto ai L.E.A. sono state portate anche delle criticità riguardo agli aspetti prestazionali, mentre devono diventare più specifici ed uniformi riformulandone gli obiettivi.

I familiari degli utenti, presenti nel gruppo, hanno portato elementi di criticità rispetto al problema dei pazienti cronici e a questo proposito sono stati segnalati due preoccupanti e imponenti contenitori di cronicità: uno in Calabria (Serra d’Aiello) e un altro nel Veneto.

Su questo tema si è molto discusso facendo emergere le enormi difficoltà presenti in questi due territori e si è auspicato l’accensione dei riflettori nazionali su questi due contesti istituzionali rispetto ai quali si devono poter individuare delle forme di corretta interazione istituzionale (nel senso di sensibilizzare i livelli regionali a come fronteggiare tali criticità).

Un altro aspetto importante, affrontato nel gruppo, è quello dei disturbi emotivi comuni (ansia e depressione secondo Goldberg) e alcuni partecipanti hanno sostenuto che i DSM non possono occuparsene in prima persona ma dovrebbero avviare al più presto modalità organizzative di collaborazione con la medicina generale, in una prospettiva di sanità pubblica, e ritenere ciò assolutamente prioritario (onde evitare la saturazione di molti servizi di salute mentale).

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Calensario seminari progetto salute mentale