Le scale di valutazione dei DCA sono variamente articolate, alcune esplorano uno solo dei due disturbi, l’anoressia o la bulimia, altre esplorano più in generale l’atteggiamento verso il cibo e l’alimentazione, altre, infine, esplorano il tipo di rapporto che il paziente ha con il proprio corpo (Tab. 12.I). Ne faremo qui una panoramica seguendo un criterio cronologico. La prima RS, la Anorexic Behaviour Scale – ABS, fu proposta nel 1973 da Slade ed era mirata alla valutazione del comportamento anoressico di pazienti ricoverati. La scala, con i suoi 22 item, misura 3 dimensioni comportamentali, "resistenza a mangiare", "modi di utilizzazione del cibo" e "iperattività": a parte il fatto che la compilazione di una scala di questo genere richiede un tempo molto protratto di osservazione per poter dare una valutazione attendibile, il fatto di prendere in considerazione soltanto 3 dimensioni osservabili di un comportamento estremamente complesso come quello anoressico, limita molto l’impiego e l’utilità di questa scala. Nel 1978 Herman mise a punto una scala di autovalutazione, la Restraint Scale – RS, che si proponeva di valutare la capacità di astenersi dal mangiare al fine di mantenere un determinato peso. La scala è utile per la valutazione sia dei pazienti obesi che cercano di dimagrire, sia di quelli anoressici e bulimici. La Compulsive Eating Scale – CES (Ondercin, 1979) è il primo strumento messo a punto esclusivamente per lo studio della bulimia: si tratta di una scala di autovalutazione di 20 item che esplorano comportamenti, atteggiamenti e sensazioni relative al cibo ed al mangiare. Può essere considerato come uno strumento generico di studio di questo tipo di problemi, ma non certamente di valutazione clinico-diagnostica o di screening. Una scala ancora oggi largamente impiegata negli studi relativi ai DCA è quella di Garner e Garfinkel (1979), la Eating Attitude Test – EAT, creata al fine di valutare una vasta serie di comportamenti e di atteggiamenti caratteristici dell’anoressia nervosa. È composta da 40 item, che corrispondono ai sintomi di più comune riscontro in questa patologia; è per questo che la scala risulta un ottimo strumento di screening, capace di identificare anche soggetti che ancora non hanno raggiunto a pieno i criteri diagnostici richiesti dai principali sistemi diagnostico-classificatori. Sulla base di un’analisi fattoriale, gli Autori stessi hanno creato una versione a 26 item che correla fortemente (0,98) con la versione originale (Garner et al., 1982).
La prima scala per la valutazione della bulimia è probabilmente la Binge Scale Questionnaire – BSQ, che Hawkins e Clement hanno proposto nel 1980. Gli Autori sono partiti dalla definizione di "abbuffata" (binge eating) come lasso di tempo di assunzione incontrollata ed esagerata di cibo, lasciando comunque al soggetto la definizione di "eccessivo", mancando criteri esterni, oggettivi, per definire tanto la quantità di cibo quanto la durata della sua assunzione. Un altro assunto di partenza è stato quello della coscienza, da parte del paziente, dell’anormalità del suo comportamento alimentare e della sua paura di non essere capace di controllarlo. Partendo da queste premesse, hanno costruito una scala di autovalutazione composta da 19 item che esplorano la frequenza delle crisi bulimiche, la loro durata e le loro caratteristiche, i sentimenti che le accompagnano, la presenza o meno di vomito, eccetera. Il punteggio è ponderato e varia da item ad item, così, ad esempio, all’item che esplora la frequenza delle abbuffate il punteggio va da 0 (rare abbuffate) a 3 (abbuffate quotidiane), all’item che valuta la rapidità dell’ingestione del cibo il punteggio 0 è assegnato alle risposte "mangio più lentamente del solito" e "mangio come al solito" ed il punteggio 1 alla risposta "mangio molto rapidamente". La misura della gravità della bulimia è data dal punteggio totale relativo a 9 item; gli altri 10 servono a fornire un quadro più chiaro della prevalenza e delle caratteristiche del comportamento bulimico. La scala ha mostrato buona consistenza interna ed affidabilità al test-retest. Halmi e Collaboratori (1981) hanno proposto il Binge-Eating Questionnaire – BEQ, un questionario di autovalutazione composto da 23 item, per lo studio epidemiologico dei comportamenti bulimici e delle loro correlazioni con il peso corporeo e con le condotte di eliminazione (vomito, lassativi, eccetera). La Binge Eating Scale – BES è stata proposta da Gormally e Collaboratori (1982) allo scopo di valutare i comportamenti, le sensazioni, gli aspetti cognitivi associati agli episodi bulimici nei soggetti obesi. Ogni item della scala è composto da una serie di affermazioni che riflettono la gravità della condizione esplorata; il punteggio è ponderato ed è diverso nei vari item. La scala si è dimostrata capace di discriminare tra obesi non bulimici e obesi bulimici moderati e gravi. Il 98% dei pazienti con punteggi totali uguali o superiori a 27 risponde ai criteri diagnostici per la bulimia, ma nessuno di quelli con punteggio uguale o inferiore a 17. Buona è l’affidabilità al test-retest.
Lo sviluppo dello Eating Disorder Inventory – EDI (Garner et al., 1983), uno strumento per la valutazione multidimensionale delle caratteristiche psicologiche rilevanti per l’anoressia e per la bulimia, è in rapporto alla crescente presa di coscienza che i DCA siano disturbi multidimensionali con marcata variabilità degli aspetti psicologici fra popolazioni eterogenee di pazienti. È evidente che non è la stessa cosa un paziente con anoressia caratterizzata esclusivamente da restrizioni alimentari ed uno che ha fasi bulimiche con vomito autoindotto. Delineare in maniera più precisa le caratteristiche dei diversi sottogruppi di pazienti è di importanza rilevante per l’impostazione del trattamento, così come è importante distinguere i soggetti con chiara alterazione patologica del comportamento alimentare rispetto a coloro che presentano soltanto qualche sintomo, ma non una vera e propria alterazione patologica. L’EDI è composto da 64 item che si raggruppano in 8 subscale, che esplorano la Spinta verso la magrezza, la Bulimia, la Scontentezza per il corpo, l’Inadeguatezza, il Perfezionismo, la Sfiducia interpersonale, la Consapevolezza interocettiva e la Paura della maturità. La scala ha mostrato una larga concordanza con il giudizio clinico e con criteri oggettivi esterni; è inoltre in grado di distinguere, non solo i diversi sottogruppi di pazienti con DCA, ma anche i soggetti con semplici preoccupazioni relative alla dieta ed all’immagine corporea. L’EDI mantiene la struttura dell’EAT di cui, in sostanza, è un completamento. Nel 1993 Garner ha proposto una nuova versione dello strumento, l’EDI-2, aggiungendo alla versione originale 27 item raggruppati in 3 subscale, Ascetismo, Regolazione dell'impulso e Insicurezza sociale. Ritenendo che le scale disponibili a quel momento non fossero sufficientemente valide ed efficaci nel distinguere i soggetti bulimici da quelli senza problemi nel mangiare o da quelli con problemi alimentari di altro tipo, e che non fossero in grado di distinguere i
bulimici in sottogruppi caratterizzati da specifici criteri (gravità e tipo dei comportamenti di eliminazione, modalità delle abbuffate…) o di distinguere i soggetti mai trattati da quelli precedentemente trattati, Smith e Thelen (1984) hanno proposto il loro Bulimia Test – BULIT composto da 36 item valutati su di una scala a 5 punti (1 = assenza del sintomo, 5 = massima gravità). Alla definizione del punteggio totale contribuiscono solo 32 item (non vengono inclusi gli item 7, 33, 34 e 36); un punteggio totale o superiore a 102 indica che il soggetto è, con ogni probabilità, clinicamente bulimico, tuttavia, a scopo di screening, può essere utilizzato un punteggio di cutoff più basso (di 88 o più) per ridurre l’incidenza dei falsi negativi. Il test è in grado di discriminare fra pazienti bulimici e controlli sani ed ha mostrato un’adeguata affidabilità e validità. Nel 1991 Thelen e collaboratori hanno presentato una nuova versione del test, il Bulimia Test – Revised – BULIT-R, per adattarlo ai nuovi criteri diagnostici del DSM-III-R. Nella nuova versione il punteggio totale è calcolato su 28 dei 36 item (sono esclusi gli item 6, 11, 19, 20, 27, 29, 31 e 36) ed il cutoff suggerito è di 104 (al di sotto di questo punteggio non si dovrebbe poter fare diagnosi di bulimia), anche se, come per la versione precedente, un cutoff più basso (85) consente di ridurre la percentuale di falsi negativi. Gli studi condotti sulla nuova versione ne hanno documentato la validità e l’affidabilità. Stunkard e Messik (1985), con l’intento di valutare gli aspetti cognitivi del controllo e della mancanza di controllo sull’alimentazione, e la suscettibilità alla fame, hanno messo a punto il Three-Factor Eating Questionnaire, uno strumento di 51 item articolato in tre parti:
• la prima parte è composta da 36 item dicotomi (vero/falso) che esplorano l’atteggiamento del soggetto verso il controllo o il non controllo dell’ingestione di cibo e verso le sensazioni di fame ed i loro effetti comportamentali;
• la seconda parte (item 37-49) esplora, su di una scala da 1 a 4, la frequenza con cui il soggetto mette in atto una serie di comportamenti alimentari;
• gli item 50 e 51 chiedono al soggetto di valutare, su di una scala a 6 e, rispettivamente, a 4 punti, il grado di controllo e di discontrollo sul mangiare.
Il fattore che ha mostrato una migliore consistenza interna è quello del Controllo, seguito da quello della Mancanza di controllo e quindi da quello della Fame. Gli Autori non forniscono dei punteggi di cutoff per le tre dimensioni esplorate. Buone si sono dimostrate l’affidabilità e la validità. Poiché gli studi epidemiologici fino ad allora condotti davano risultati di prevalenza della bulimia molto diversi tra di loro (dal 3,4 al 19% nelle donne, dallo 0,4 al 5% negli uomini), Nevo ha proposto il suo Bulimia Diagnostic Inventory – BDI, uno strumento di autovalutazione di 16 item, valutati su di una scala a 4 punti, che esplorano tre aree: le modalità del mangiare, il comportamento restrittivo-eliminatorio e la preoccupazione per il peso. Adottando come cutoff il punteggio di 26, la prevalenza della bulimia nelle donne poteva essere calcolata intorno all’11% (con una netta prevalenza nei soggetti di razza bianca rispetto a quelli di altre razze). La scala si è mostrata capace di distinguere i soggetti bulimici da quelli sovrappeso con e senza abbuffate.Slade e Dewey (1986) hanno proposto il Self-Report Questionnaire for Screening Individuals at Risk of Developing an Eating Disorder partendo dall’ipotesi che i DCA si sviluppano allorché si creano delle condizioni per cui il soggetto avverte la necessità di un rigido controllo sul proprio corpo e, di conseguenza, usa il mangiare per ottenere questo controllo. Cinque sono le ipotetiche premesse per cui si possono creare quelle condizioni: scontentezza della vita e di sé, tendenze perfezionistiche, ansia personale e sociale, problemi adolescenziali e controllo del peso. Il questionario esplora, attraverso 40 item selezionati mediante l’analisi fattoriale, queste aree: il maggior peso predittivo è associato ad alti punteggi nelle sub-scale della Scontentezza (42) e del Perfezionismo (22). Strettamente correlato all’EDE (di cui abbiamo detto a proposito della valutazione iniziale) è il Body Shape Questionnaire – BSQ (Cooper et al., 1987) che si propone di valutare l’immagine corporea che il paziente ha di sé, poiché è ampiamente accettato che l’immagine di sé abbia un ruolo centrale nei DCA e nell’anoressia nervosa in particolare. Attraverso una serie di studi preliminari, sono stati individuati i 34 item che costituiscono la scala ed ai quali il soggetto è invitato a rispondere scegliendo fra 6 livelli di gravità, espressa dalla frequenza con cui i pensieri, le sensazioni ed i comportamenti descritti negli item si manifestano. Problemi con l’immagine di sé sono abbastanza comuni e, pertanto, ciò che è importante è il livello di gravità: punteggi inferiori a 70 indicano assenza di anoressia; fra 70 e 100 l’assenza di anoressia è probabile; fra 100 e 130 l’anoressia è probabile e oltre 130 è certa. L’analisi fattoriale del BSQ, condotta su campioni diversi, ha messo in evidenza un primo fattore che assorbe praticamente il 50% della varianza e che è saturato da 25 dei 34 item, in assenza di altri fattori significativi. Questi risultati suggeriscono che la maggior parte degli item misurano lo stesso problema, cioè la preoccupazione per l’immagine corporea. Sulla base dei dati di una ricerca da loro condotta, Evans e Dolan (1993), dopo aver eliminato gli item 26 e 32, che avevano mostrato il peso più basso nel procedimento analitico, hanno suddiviso, sempre sulla base dei risultati della ricerca, i rimanenti 32 item in 2 scaledi 16 item ed in 4 scale di 8 item:
• scale a 16 item:
Scala 1: item 1, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 15, 17, 20, 21, 22, 25, 28, 34
Scala 2: item 2, 4, 6, 12, 13, 14, 16, 18, 19, 23, 24, 27, 29, 30, 31, 33
• scale a 8 item:
Scala 1: item 1, 3, 7, 8, 9, 10, 17, 34
Scala 2: item 5, 11, 15, 20, 21, 22, 25, 28
Scala 3: item 4, 6, 13, 16, 19, 23, 29, 33
Scala 4: item 2, 12, 14, 18, 24, 27, 30, 31
Tutte le sei scale abbreviate hanno dimostrato di possedere caratteristiche psicometriche praticamente sovrapponibili e i due Autori suggeriscono l’opportunità di utilizzare le versioni a 16 item quando la svalutazione del proprio corpo non è l’unico obiettivo dello studio o quando le valutazioni devono essere ripetute. Le scale ad 8 item possono essere utili quando è di primaria importanza la rapidità della valutazione. Greenfield e collaboratori (1987) hanno messo a punto un loro Eating Habits Questionnaire – EHQ utilizzando i 23 item del BEQ di Halmi e collaboratori ed aggiungendovene 18 per esplorare in maggior dettaglio i sintomi ed i comportamenti dell’Anoressia Nervosa e della Bulimia descritti dal DSM-III; i primi 38 item sono comuni ad entrambi i sessi, gli ultimi 3 esplorano le funzioni mestruali, e sono perciò specifici per le femmine. Questo strumento appare più sensibile ed affidabile rispetto al BEQ, ed è capace di discriminare i soggetti bulimici da quelli con soltanto "condotte bulimiche". Maggior fortuna hanno avuto il Bulimic Investigatory Test Edimburgh – BITE, di Handerson e Freeman, ed il Clinical Eating Disorder Rating Instrument – CEDRI, di Palmer e collaboratori, entrambi pubblicati nel 1987. Il BITE, è un questionario di autovalutazione che esplora le condotte bulimiche mediante 33 item che, in parte, misurano l’intensità dei sintomi presenti (Symptoms Scale) e, in parte, indicano la frequenza delle abbuffate e delle condotte di eliminazione (Severity Scale). Il secondo, CEDRI, è invece un questionario di eterovalutazione che esplora entrambi i tipi di DCA mediante un’intervista semistrutturata. È composto da 31 item valutati su di una scala a 4 punti, dove 0 corrisponde all’assenza del sintomo (o al comportamento normale) e 3 alla massima gravità; per ogni livello di gravità sono forniti degli anchor point; è prevista anche la rilevazione di altre informazioni importanti quali il peso attuale, la data delle ultime mestruazioni, eccetera. La scala è stata costruita anche per la valutazione degli effetti del trattamento ed anche in questo caso il periodo di tempo esplorato è quello relativo alle ultime 4 settimane. Buone si sono dimostrate le sue caratteristiche psicometriche. Un altro strumento per l’autovalutazione per la bulimia è lo Eating Questionnaire – Revised – EQ-R (Williamson et al., 1989); costituito da 15 item che esplorano le caratteristiche del comportamento bulimico, consente di differenziare i soggetti obesi dai bulimici. È uno strumento breve, di facile impiego, che può essere utilizzato sia negli studi di screening, sia per valutare gli effetti del trattamento. Gli item sono valutati su di una scala a 5 punti di gravità crescente da 1 a 5, con l’eccezione degli item 7 e 10 in cui il punteggio è invertito. Lo strumento ha mostrato un’ottima validità concorrente e di gruppo. Lo strumento (nelle due versioni di auto e di eterosomministrazione) di cui diremo adesso riguarda un aspetto particolare dei DCA messo in evidenza dal DSM-IV, il "binge eating", cioè le abbuffate. Si tratta del Questionnaire on Eating and Weight Patterns-Revised – QEWPR (autovalutazione) e del Binge-Eating Disorder – Clinica Interview – BEDCI (eterovalutazione) (Spitzer et al., 1994), due strumenti di screening che forniscono gli elementi descrittivi e demografici correlati alla sintomatologia del disturbo bulimico e consentono di distinguere, fra questi soggetti, quelli con e senza le condotte di eliminazione. Poiché non tutte le domande sono applicabili a tutti i soggetti, un albero decisionale fornisce chiare indicazioni per compiere i salti logici che rendono più facile e rapida la valutazione. La versione di autovalutazione (QEWP-R) è composta da 28 item mentre quello di eterovalutazione è composto da 40 item e, ferma restando la sua primaria funzione diagnostica, consente un maggiore approfondimento della sintomatologia. I due strumenti, sottoposti ad estesi studi di validazione, hanno mostrato delle buone caratteristiche psicometriche (consistenza interna, affidabilità al test-retest, validità) ed una predittività del 70% circa.
L’ultimo strumento di cui faremo menzione è lo SCOFF (Morgan et al., 1999), uno strumento di screening semplice, agile e di pratica applicazione che si rifà al CAGE (Ewing e Rouse, 1970), di cui diremo a proposito dell’alcolismo (Cap. 14). Il CAGE è composto da 4 item che prendono in esame, ciascuno, un aspetto caratteristico dell’alcolismo (Cut down on drinking, Annoyed by criticism, Guilty about drinking, hangover at Eye-opener) dall’iniziale del cui nome deriva il nome dallo strumento. Lo SCOFF è composto da 5 item che prendono in considerazione il provare conati di vomito (Sick) perché insopportabilmente ripieni, la preoccupazione per la perdita di controllo (Control) sulla quantità di cibo ingerita, la perdita di più di 6 chili di peso (One stone) in circa 3 mesi, il ritenersi grassi (Fat) anche quando gli altri ritengono eccessivamente magri ed il riconoscere che il cibo (Food) domina la propria vita, ed anche in questo caso il nome della scala deriva dall’iniziale della parola che definisce il problema considerato. Per la sua brevità, semplicità e facilità di interpretazione lo SCOFF ben si presta per un rapido screening (anche da parte del medico generale), ferma restando la necessità di conferme mediante indagini più mirate, di specifica competenza specialistica.