Fra i numerosi metodi impiegati per valutare il grado di soddisfazione degli utenti nei confronti dei Servizi, il più comune è quello del questionario. Spesso, soprattutto all’inizio, i questionari erano messi a punto localmente, per le esigenze del singolo Servizio, senza neppure tenere in grande considerazione gli aspetti metodologici. In alcuni casi i questionari sono stati costruiti intervistando gli utenti al fine di stabilire ciò che essi consideravano, in base alla loro esperienza, gli elementi chiave per caratterizzare un buon servizio. Un difetto comune alla maggior parte degli strumenti è il fatto che hanno come obiettivo l’identificazione della soddisfazione e la conferma della prassi corrente piuttosto che individuare (e quindi eliminare) aree di insoddisfazione o di scontentezza, cosa che sarebbe di maggiore utilità.

C’è da dire anche che la valutazione della soddisfazione è largamente influenzata dagli scopi che l’investigatore si propone e dall’uso che egli intende fare dei dati raccolti. Così, ad esempio, il clinico può avere come obiettivo l’aumento della compliance dei pazienti al trattamento oppure può voler dimostrare agli amministratori, mediante i risultati positivi dell’indagine, la validità della sua azione terapeutica per evitare che vengano introdotti cambiamenti nel Servizio; gli amministratori, d’altro canto, possono voler valutare le capacità dei singoli operatori oppure usare le informazioni per migliorare l’efficienza del Servizio sul piano delle prestazioni e/o dell’accoglienza e dell’abitabilità. Le diverse (e talora contrastanti) finalità che queste ricerche possono avere, possono giustificare, in parte, lo scetticismo, le critiche e la sfiducia che molti manifestano verso questo tipo di indagini.

D’altra parte la soddisfazione dell’utente è un requisito fondamentale per ogni rapporto, un prerequisito essenziale per il successo del trattamento, il quale rischierebbe di interrompersi per mancanza di compliance, ed è una necessità per il Servizio che, se sottoutilizzato,

rischia la chiusura, indipendentemente dalle sue reali capacità. In molti casi poi, non infrequenti in psichiatria, in cui è difficile evidenziare e quantificare i cambiamenti del quadro psicopatologico, la soddisfazione dell’utente diviene un importante indicatore di efficacia.

Pertanto, nonostante limiti, critiche e diffidenze, negli ultimi 15-20 anni è stato effettuato un numero crescente di studi tesi a valutare la soddisfazione degli utenti dei Servizi di salute mentale nei diversi setting in cui viene prestata l’assistenza (dai reparti di degenza ai day hospital, dai servizi di emergenza psichiatrica agli ambulatori ed alle strutture residenziali), utilizzando diverse metodologie (interviste dirette, telefoniche o per posta, pazienti in trattamento o a varia distanza dalla dimissione, eccetera).

Nonostante le notevoli differenze metodologiche, la soddisfazione nei confronti dei Servizi psichiatrici è risultata generalmente elevata. Questo, come abbiamo già accennato, è un dato che coloro che criticano questo tipo di indagine utilizzano ampiamente a supporto del loro criticismo. In effetti la difficoltà di identificare i soggetti più o meno insoddisfatti è un limite comune di questo tipo di indagini in cui, evidentemente, la desiderabilità sociale (il dare cioè risposte gratificanti per l’intervistatore, il rispondere ciò che si pensa gli faccia piacere di sentire) ha un peso rilevante. È probabile, tuttavia, che il problema sia legato più agli strumenti utilizzati che all’indagine di per sé: è ipotizzabile che, se si indagassero più approfonditamente ed analiticamente le aree di insoddisfazione piuttosto che quelle di soddisfazione, si otterrebbero risultati diversi, probabilmente più obbiettivi (e forse più utili).

Gli strumenti di valutazione

Il punto critico nel settore della valutazione della soddisfazione dell’utente è proprio quello degli strumenti di valutazione. In nessun’altro settore si è assistito ad una paragonabile proliferazione di strumenti creati da singoli ricercatori per situazioni locali, specifiche, con scarsa attenzione alla loro validità ed affidabilità. Si tratta di questionari eterogenei, che esplorano aree diverse, con criteri disomogenei, spesso senza alcun riferimento al razionale in base al quale sono state scelte le aree da esplorare, le domande da porre ed il contenuto stesso del questionario; generalmente è stata posta anche scarsa attenzione alla loro validità al punto che qualcuno, estremizzando le critiche, ha detto che queste indagini "non si occupano di ciò che pensa il paziente ma di ciò che coloro che fanno queste ricerche pensano che il paziente pensi" (Cang, 1989). In mancanza di uno standard oggettivo al quale fare riferimento nella valutazione della soddisfazione, è elevato il rischio che queste indagini possano essere manipolate in un senso o nell’altro, per dimostrare, ad esempio che tutto funziona alla perfezione e che non c’è niente da cambiare o che niente funziona e tutto deve essere cambiato: basta focalizzare l’attenzione su aspetti diversi, di maggiore o minore importanza o interesse per il paziente, per ottenere risultati diametralmente opposti. Sarebbe estremamente importante e necessario che fosse messa bene a fuoco la validità per contenuto di questi strumenti di indagine in modo da garantire che siano presi in considerazione gli aspetti realmente importanti e significativi per la soddisfazione del paziente, ma finora non sono state individuate variabili correlate direttamente con questa dimensione (Stallard, 1996).

Diverso è il discorso circa l’affidabilità di questi questionari poiché in questo caso le differenze che si registrano nella soddisfazione possono essere dovute a reali cambiamenti, generalmente legati alle modificazioni del quadro clinico.

Stanti queste premesse, prenderemo qui in considerazione i questionari che hanno dimostrato una maggiore validità ed affidabilità e che sono riusciti, per questo, ad uscire dal setting nel quale e per il quale sono stati messi a punto e sono stati, quindi, utilizzati in contesti diversi e più ampi (Tab. 28.I).

Alcuni strumenti, per quanto interessanti, come lo User Satisfaction Survey – USS (Love et al., 1979) o il Client Satisfaction Survey – CSS (Damkot et al., 1983), non hanno avuto un’adeguata diffusione e non ci soffermeremo a commentarli.

TAB. 28.I – PRINCIPALI STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELLA SODDISFAZIONE DEL PAZIENTE NEI CONFRONTI DEL TRATTAMENTO

Scala

Autori

User Satisfaction Survey – USS

Love et al, 1979

Client Satisfaction Survey – CSS

Damkot et al., 1983

Patient Satisfaction Questionnaire – PSQ

Ware et al., 1976

Patient Satisfaction Questionnaire-II – PSQ-II

Ware et al., 1984

Patient Satisfaction Questionnaire-III – PSQ-III

Marshall et al., 1993

Client Satisfaction Questionnaire – CSQ

Larsen et al., 1979

Service Satisfaction Scale – SSS

Greenfield e Attkisson, 1989

Service Evaluation Questionnaire – SEQ

Nguyen et al., 1984

Client Satisfaction Survey – CSS

Essex, 1981

Satisfaction with Mental Health Care – SMHC

Slater et al., 1982

Patient Opinion Survey – POS

McDonald et al., 1988

Treatment Outome Profile – TOP

Holcomb et al., 1989

Patient Judgment System – PJS

Nelson et al., 1989

Patient Comment Card – PCC

Nelson et al., 1991

General Satisfaction Questionnaire – GSQ

Huxley e Mohamad, 1991

Verona Expectation for Care Scale – VECS

Ruggeri e Dall’Agnola, 1993

Verona Service Satisfaction Scale – VSSS

Ruggeri e Dall’Agnola, 1993

Reid-Gundlach Social Service Satisfaction Scale – R-GSSSS

Reid e Gundlach, 1983

Family Service Satisfaction Scale – FSSS

Grella e Grusky, 1989

Ben altro destino hanno avuto altri strumenti, come il Patient Satisfaction Questionnaire – PSQ (Ware et al, 1976) ed il Client Satisfaction Questionnaire – CSQ (Larsen et al., 1979;

Attkinson e Zwick, 1982), che hanno avuto ampia diffusione e sono stati punto di partenza per lo sviluppo di altre scale di valutazione.

Il PSQ è uno strumento creato per la valutazione della soddisfazione per le cure mediche in generale dal quale sono state successivamente sviluppate il PSQ-II (Ware et al., 1984) ed il PSQ-III (Marshall et al., 1993). Il PSQ-II è composto da 55 item che danno luogo a 18

subscale, una di soddisfazione generale, le altre 17, specifiche, che possono essere raggruppate in subscale di secondo ed anche di terzo ordine. Gli item sono valutati su una scala a 5

punti (da 1 = Completamente d’accordo, a 5 = In completo disaccordo); è ampiamente usata anche una forma abbreviata (43 item) del PSQ-II.

Il PSQ-III, una derivazione del PSQ-II, è uno strumento di 50 item che è stato usato nel Medical Outcome Study (MOS); oltre alla soddisfazione generale, misura sei aspetti specifici (Modalità di rapporto interpersonale, Comunicazione, Competenza tecnica, Tempo passato con i medici, Aspetti economici, Accesso alle cure). La scala ha mostrato buona affidabilità e validità.

Il CSQ è, come abbiamo detto, il risultato delle ricerche condotte fin dal 1975 dai ricercatori dell’Università della California – San Francisco, che hanno lavorato allo sviluppo di strumenti di misura per valutare la soddisfazione del paziente nei confronti dei servizi psichiatrici e psicosociali. Il frutto di queste ricerche è rappresentato, oltre che dal CSQ, dalla Service Satisfaction Scale – SSS (Greenfield e Attkisson, 1989). I due strumenti consentono di ottenere una misurazione diretta della soddisfazione dell’utente nei diversi tipi di Servizi.

Il CSQ è un questionario di autovalutazione adatto alla valutazione della soddisfazione del paziente e della famiglia per i servizi ricevuti. I 31 item della versione originale (CSQ-31) sono stati tratti da una vasta serie di domande (Larsen et al., 1979) che coprono 9 aree ritenute in grado di esprimere la soddisfazione del paziente: l’ambiente fisico, le procedure, lo staff di supporto, il tipo di servizio, lo staff terapeutico, la qualità del servizio, la quantità o la durata del servizio, l’esito del servizio e la soddisfazione generale. Attraverso una serie di analisi statistiche sono state isolate diverse misure unidimensionali aventi, ciascuna, una diversa utilità pratica. La versione più ampiamente usata è quella a 8 item (CSQ-8), che ha una forte coerenza interna e che correla fortemente con le versioni più lunghe, in particolare con quella a 18 item (CSQ-18) di cui esistono due versioni, A e B, adatte per studi di testretest.

La scala è ampiamente usata ed è stata tradotta in diverse lingue, tuttavia la sua monodimensionalità rappresenta un limite notevole alla sua sensibilità e validità.

L’SSS-30 è composta da item meno globali e più specifici rispetto al CSQ, questo, associato al fatto che la valutazione è effettuata su di una scala a 5 punti (eccellente/pessimo) (quella del CSQ è effettuata su 4 punti) e che il contenuto degli item è molto più differenziato, ha creato le premesse per una scala multifattoriale. Questa scala consente di discriminare i differenti livelli di soddisfazione associati alle diverse componenti su cui si articola l’attività prestata dal Servizio. L’analisi fattoriale ha isolato quattro dimensioni, due più stabili, "capacità e modalità di comportamento del medico" e "percezione dell’esito", e due meno stabili, "procedure burocratiche" e "accessibilità".

I due strumenti hanno mostrato buone proprietà psicometriche e si sono confrontati positivamente con altri strumenti; sono stati tradotti in diverse lingue ed utilizzati in numerose

ricerche. Nell’ambito dello stesso gruppo, ed in diretta derivazione dal CSQ-8, è stato messo a punto anche il Service Evaluation Questionnaire – SEQ (Nguyen et al., 1984) che valuta anche i sintomi psicologici.

Fra gli altri strumenti possiamo ricordare il Client Satisfaction Survey – CSS (Essex, 1981), che con 10 item valuta la soddisfazione nei confronti del Servizio, l’accettabilità del medico, l’impatto del servizio e la dignità del trattamento. Questo strumento, anche se ha qualche limitazione dal punto di vista psicometrico, è di facile somministrazione ed è uno dei pochi strumenti metodologicamente soddisfacenti che è usato regolarmente, anche se prevalentemente su base locale.

Meritano menzione anche la Satisfaction with Mental Health Care – SMHC scale (Slater et al., 1982) che con 32 item valutati su di una scala a 5 punti prende in esame due dimensioni, l’accettabilità e la soddisfazione, ed il Patient Opinion Survey – POS (McDonald et al., 1988), che ha delle discrete caratteristiche psicometriche, ma che ha il suo limite principale nel fatto che i suoi item sono dicotomi e ne limitano perciò la sensibilità.

Più complesso è il Treatment Outome Profile – TOP (Holcomb et al., 1989), uno strumento specificamente creato per i pazienti ricoverati che si articola su 4 subscale, ognuna composta da nove item valutati su di una scala a 5 punti, che esplorano, oltre alla soddisfazione dei pazienti nei confronti del trattamento, anche i cambiamenti della qualità della vita, la sintomatologia ed il livello di funzionamento. Nella subscala che valuta la soddisfazione i primi tre item riguardano l’efficacia del trattamento, i tre successivi la competenza dello staff e gli ultimi tre l’ambiente del trattamento. Per la sua struttura, la scala consente di verificare il rapporto tra le dimensioni della soddisfazione e le altre misure cliniche e di esito.

Il Patient Judgment System – PJS (Nelson et al., 1989) è uno strumento che valuta l’opinione del paziente sulla qualità dell’assistenza ospedaliera in generale, indipendentemente dalla specifica patologia, e si presta al monitoraggio a lungo termine della qualità dei servizi ma anche all’identificazione delle aree critiche in funzione del miglioramento. È una scala di autovalutazione di 68 item valutati su una scala a 5 punti, da Eccellente a Molto scarso. Il PJS, che già deriva da una versione più ampia, di 108 item, è stato successivamente ridotto a 24 ed a 14 item per giungere alla versione più recente, di 9 item, cui è stato dato il nome di Patient Comment Card – PCC (Nelson et al., 1991). Lo strumento è adeguatamente validato per la valutazione dei servizi ospedalieri ricevuti ed è perciò uno strumento affidabile e psicometricamente valido anche nelle versioni abbreviate.

Uno strumento interessante è il General Satisfaction Questionnaire – GSQ (Huxley e Mohamad, 1991), che si colloca nel solco dal CSQ-8 e misura, oltre alla soddisfazione generale, quella per l’aiuto ricevuto, per l’accesso al Servizio e per la sua accettabilità. Il GSQ è stato sviluppato a partire dalle esperienze degli utenti dei diversi Servizi: sulla base di questi è stata messa a punto una prima versione, il GSQ-20.1, che incorporava anche gli item del CSQ-8. L’esperienza sul campo e l’elaborazione dei dati raccolti con questo strumento hanno portato alla formulazione di una scala generale e di sei scale speciali da utilizzare nei diversi setting:

  • il GSQ-20.2, form generale composta da 20 item;
  • il GSQ-10, form da utilizzare con i pazienti psichiatrici ambulatoriali composta da 10 item;
  • il GSQ-9, form da impiegare nei servizi di supporto della comunità composta da 9 item;
  • il GSQ-8, form per i pazienti psichiatrici ricoverati composta da 8 item;
  • il GSQ-7, form per i centri diurni composta da 7 item;
  • il GSQ-7C, form da utilizzare nei centri di salute mentale della comunità composta da 7 item;
  • il GSQ-6, form da impiegare nel contesto dei servizi di terapia occupazionale composta da 6 item.

I sette questionari prevedono due domande aperte relative a ciò che l’utente giudica la cosa migliore e su ciò che cambierebbe del Servizio ed un giudizio generale sui servizi ricevuti, da esprimere su di una scala analogica con solo i due "anchor point" estremi (il servizio migliore e, rispettivamente, peggiore che il paziente abbia avuto).

Tutte le versioni, compresa quella generale che è un po’ più lunga, sono di facile e rapido impiego e, forniscono informazioni paragonabili a quelle degli altri strumenti, rispetto ai quali non sono inferiori nell’identificazione dei pazienti insoddisfatti del Servizio.

Due strumenti italiani, messi a punto dal gruppo di Verona, hanno ricevuto sostanziali consensi anche fuori dall’Italia. Si tratta del Verona Expectation for Care Scale – VECS e del Verona Service Satisfaction Scale – VSSS (Ruggeri e Dall’Agnola, 1993). Le due scale rappresentano un tentativo di migliorare la qualità della valutazione della soddisfazione degli utenti dei servizi psichiatrici di comunità. Il VECS chiede all’utente di specificare i cinque aspetti che, nella sua esperienza, ritiene i più importanti nel caratterizzare un’assistenza psichiatrica soddisfacente e chiede inoltre di valutare su di una scala analogica da 0 a 100 l’importanza di 46 item. La VSSS esplora l’opinione dell’utente sui servizi ricevuti nell’ultimo anno. Prende in considerazione sette dimensioni (Soddisfazione generale, Capacità e comportamento professionale, Informazione, Accesso, Tipo degli interventi e Coinvolgimento dei familiari) ed è costituita da 82 item valutati su una scala a cinque punti simile a quella dell’SSS-30. Degli 82 item, 36 sono ricavati dall’SSS-30 e da scale da essa derivate e coprono aspetti considerati importanti nei diversi ambiti dell’assistenza sia medica che psichiatrica, 46 sono originali ed esplorano aspetti importanti in particolari ambiti dell’assistenza psichiatrica ed in particolare nei servizi psichiatrici di comunità, come, ad esempio, la soddisfazione per l’efficienza rispetto alle capacità sociali e la soddisfazione per gli interventi forniti (psicoterapeutici, riabilitativi, eccetera). La scala ha dimostrato di possedere un’ottima accettabilità e buone caratteristiche psicometriche. Sono state messe a punto delle versioni abbreviate per l’impiego routinario (Ruggeri et al., 1996).

Uno strumento specificamente diretto agli operatori sociali è la Reid-Gundlach Social Service Satisfaction Scale – R-GSSSS (Reid e Gundlach, 1983), una scala di autovalutazione composta da 34 item, valutati su una scala a 5 punti (da "completamente d’accordo" a "in totale disaccordo"). La scala fornisce un punteggio globale della soddisfazione verso il Servizio e tre subscale che prendono in considerazione le reazioni dell’utente nei confronti dei servizi sociali relativamente alla rilevanza (la misura in cui un Servizio corrisponde alla

percezione del paziente, dei suoi bisogni e problemi), all’impatto (la misura in cui il servizio riduce i problemi) ed alla gratificazione (la misura in cui i Servizi aumentano l’autostima del paziente e contribuiscono al senso di potere e di integrità). Le tre subscale sono sufficientemente indipendenti da giustificare il loro impiego per la valutazione di aspetti diversi della soddisfazione dell’utente.

Pochi sono gli strumenti specificamente destinati a valutare la soddisfazione dei familiari degli utenti nei confronti del Servizio. La Family Service Satisfaction Scale – FSSS (Grella e Grusky, 1989) è certamente uno strumento interessante ma scarsamente studiato dal punto di vista psicometrico, così come interessante è il Family Service Satisfaction – FSS, derivato dall’SSS-30 ma di cui non sono stati pubblicati dati. Probabilmente quello più pregnante e più approfonditamente studiato è quello derivato dal VSSS.

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sommario

Parte generale

Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici