L’opera riporta la data del 1900, ma in realtà fu pubblicata nel novembre del 1899. Una buona idea, se si considera che questa opera influenzò tutta la cultura del ‘900, la letteratura, l’arte, gran parte delle cognizioni di psichiatria. Si può affermare che il ‘900 è stato dominato da due grandi movimenti: il marxismo e la psicoanalisi, che Wilhelm Reich tentò invano conciliare. Entrambi hanno in ogni caso dato un determinato senso a tutta la cultura, comprese le produzioni letterarie del secolo scorso.



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Com’è nato questo grande movimento? Freud mette come occhiello questo verso di Virgilio: “Flectere si nequeo Superos, Acheronta movebo” (Se non potrò piegare gli Dei, muoverò Acheronte: Eneide, VII, 312). Nell’opera precedente si è visto come Freud abbia fatto una serie di tentativi per mostrare cosa c’è al di sotto di certe malattie psichiche, ma anche al di sotto di certi comportamenti. Freud voleva uscire dalla psicopatologia, utilizzando come esempi quel che accadeva a lui o a persone con cui parlava in treno, come le loro amnesie. Egli voleva far capire che dietro la vita psichica manifesta si trova una serie di contenuti, di realtà, di memorie, che, agendo dal di sotto, tende a modificare, alterare, indirizzare e in qualche modo plasmare, il comportamento cosciente. Era partito dall’isteria perché questa era in qualche modo una malattia della memoria, dove elementi inconsci emergevano e alteravano il quadro normale della vita. Da queste osservazioni era poi passato ai sogni. Come poteva dimostrare l’esistenza di questo elemento profondo, che modifica e altera tutta la vita psichica, non solo dei malati ma anche delle persone normali? Siccome, però, a livello dei “superos” non ci si può muovere (comprendere da che cosa la coscienza sia condizionata), ci si deve piuttosto rivolgere verso le profondità di Acheronte.
Nei sogni c’è una realtà che sfugge al nostro controllo. Noi non sappiamo quel che possiamo sognare, non abbiamo modo di indirizzarlo. Se sul piano della coscienza siamo perdutamente innamorati di Beatrice, il sogno ci può far vedere Laura nuda, e ciò sfugge alla possibilità di un nostro controllo. Non possiamo sapere che cosa sogniamo, ma sappiamo chi è l’autore e il regista dei nostri sogni: noi stessi.
Freud scrive questa opera che, dopo la Bibbia e il Corano, è stata quella che ha avuto più traduzioni. Quest’opera segna la data di inizio della psicoanalisi: a Vienna esiste una lapide in cui c’è scritto “Qui Freud fece il sogno di Irma”.
L’opera é divisa in sette capitoli:
– Il primo capitolo riguarda gli antecedenti, quello che si poteva sapere del sogno fino ad allora.
– Il secondo capitolo riguarda il metodo interpretativo in generale e il sogno tipico, il sogno di Irma.
– Il terzo capitolo parla del sogno come realizzazione del desiderio. Ecco la grande novità, il desiderio diventa sogno: se sogno qualcosa è perché c’è qualcosa che voglio.
– Il quarto capitolo riguarda la deformazione del sogno, per cui il sogno cambia, altera, maschera. Il sogno fa ciò che fanno in guerra gli agenti segreti: quando la spia vede muoversi l’esercito, manda un messaggio al nemico, ma non dice letteralmente “l’esercito si muove”; dice invece: “la primavera è in fiore, gli asfodeli sono fioriti”. Bisogna operare una modifica rilevante perché la censura non blocchi immediatamente e del tutto il messaggio.
– Il quinto capitolo tratta del materiale e delle fonti del sogno. Freud parla di alcuni sogni caratteristici e spiega da dove deriva, dove nasce il sogno.
– Nel sesto capitolo Freud spiega quali sono i meccanismi fondamentali di funzionamento del sogno: la simbolizzazione, la drammatizzazione, la dispersione dell’accento, la condensazione, l’elaborazione secondaria.
– Il settimo capitolo riguarda la psicologia del sogno.
Primo capitolo
É una lunga disamina di Freud, che si spiega in ragione del suo colossale tentativo – Vale per Freud quel che dice Dante di Virgilio: “Facesti come quei che va di notte / e porta il lume dietro e a sé non giova / e dietro sé fa le persone dotte” [Purgatorio, Canto XXII, vv. 67 – 69]) – Egli è consapevole di toccare argomenti che solleveranno scandalo. È, perciò estremamente attento al giudizio che potrà essere espresso sul suo lavoro, per cui ritiene necessario farlo precedere da lunghi preamboli: cita tutto quello che già era stato detto, pur avendo chiara idea della scarsa consistenza delle opere precedenti la sua.
Artemidoro, vissuto nel secondo secolo dopo Cristo, scrisse un saggio sui sogni. Come tutti gli antichi, trovava i sogni estremamente interessanti. Gli antichi autori avevano intuito che i sogni erano portatori di informazioni, tuttavia, in accordo con la loro concezione demonistica, li riferivano a messaggi. Nell’Iliade, quando Achille attraversa le note vicissitudini, la madre Teti supplica Giove dicendo: “meschino, deve morire in battaglia e gli succedono queste cose: gli portano via le donne!”. Giove risponde: “qualcosa penserò”, e manda ad Agamennone il sogno fallace, menzognero – Per gli antichi il sogno verace esce dalla porta d’avorio, mentre il sogno menzognero esce dalla porta d’osso – Il sogno menzognero raggiunge Agamennone e gli dice: “Tu va’, attacca in questo momento che non c’è Achille i Troiani, vedrai che espugnerai Troia, e più grande sarà la tua gloria”.
Si distinguevano sogni veraci, preziosi, mandati al dormiente per metterlo in guardia o predirgli il futuro, e sogni vani, ingannevoli e futili, volti a confonderlo o a portarlo a perdizione. Una classificazione di questo tipo, secondo Macrobio e Artemidoro è riportata da Gruppe:
[In realtà c’è un errore: Macrobio è uno storico]
“I sogni erano divisi in due classi. La prima sembrava influenzata soltanto dal presente (o dal passato) e non rivelava nulla del futuro: comprendeva gli ένύπνία, insomnia…
[Insomnia non ha il significato di insonnia, significa sogni da dentro, che vengono da dentro]
… che riproducono direttamente una data rappresentazione o il suo contrario, per esempio la fame o il suo appagamento, e i φαντασματα, che amplificano in modo fantastico la rappresentazione, per esempio l’incubo, Efialte. L’altra classe invece era considerata determinante per il futuro; a essa appartenevano: 1) la profezia diretta ricevuta in sogno (χρήματισμός, oraculum); 2) la predizione di un avvenimento imminente (όραμα, visio); 3) il sogno simbolico, richiedente un’interpretazione (ονειρος, somnium). Questa teoria si è conservata per molti secoli.” Il compito di “interpretare il sogno” era connesso a questa variabile valutazione dei sogni. [O.S.F., Vol. 3, pag. 13]
Freud annota le sagaci osservazioni di Artemidoro: ci sono gli ένύπνία e ci sono i φαντασματα che amplificano le situazioni esterne. Aggiunge una precisazione: ci sono sogni che hanno la componente “dall’alto". Se io sogno di prendere un mio collega e di dirgli “va’ a quel paese, brutto scemo!”, è una componente questa che viene dall’alto (dal cosciente) perché magari il giorno prima ci eravamo scontrati. Ma c’é anche una componente che viene “da sotto”, cioè l’esigenza di buttare fuori un fratello rivale che non voglio tra i piedi. Nell’antichità c’erano gli oracoli, ma era comunque importante l’interpretazione del sogno. Gli antichi erano maestri nell’interpretare i sogni: la gente si recava a Delfi e poneva domande dell’oracolo che vaticinava. Ma l’oracolo non faceva solo questo, faceva anche un lavoro di comprensione, ed i sacerdoti erano dei profondi ed astuti conoscitori dei meccanismi con cui si fanno certi sogni. Se una persona, ad esempio, riferiva di avere sognato di cavalcare un delfino, gli dicevano “tu vuoi cavalcare un delfino perché in realtà vuoi andare a formare una colonia al di là del mare”. La stessa fondazione di Taranto è legata ad un mito: nelle monete di questa città è raffigurato Taranto che cavalca un delfino. Il mito narra che, naufragato con la sua nave, Taranto era stato salvato da un delfino e da questo trasportato a riva, dove quindi fondò la città cui diede il suo nome. La realtà storica riportata da Tucidide è che, quanto gli Spartani partirono in guerra, stettero lontano dalla patria due anni. Al ritorno le loro donne erano incinte di bambini concepiti durante la loro assenza. Quando questi nacquero furono chiamati Parteni, cioè nati da vergini, vennero trattati come gli altri, ma al compimento dei 18 anni furono estromessi dalla vita pubblica. Taranto si recò a Delfi, perché aveva sognato di essere trasportato da un delfino. Qui l’oracolo, colta immediatamente la situazione, gli diede la sua interpretazione. Fu così che Taranto partì per fondare la colonia.
A Kos si vede ancor oggi il tempio di Asclepio: Kos era la patria di Ippocrate, ed é a Kos che é stato fatto il giuramento di Ippocrate. Lì c’è l’ipnoterium, dove i pazienti malati andavano a sognare in attesa del sogno guaritore.
La rigidità dei secoli scorsi ha cancellato questa capacità di rimanere sospesi tra l’immaginazione e la scienza. Resta comunque il fatto che i sogni hanno sempre destato grande interesse, anche sul piano letterario. Dante dimostra di conoscere bene quel che succede sognando: “qual’ è quei che somniando vede / e dopo il sogno la passione impressa / rimane e l’altro la mente non vede” (Paradiso, Canto XXXIII, vv. 58 – 60)
Nel poema didascalico di Lucrezio ‘De rerum natura’ si trova il passo seguente:
[Freud in verità lo mantiene in latino, sarà il traduttore inglese a suggerire la sostituzione del testo originale con quello tradotto]
“Quel che l’oggetto forma dei nostri pensieri più caro.
O cui prima fu a lungo rivolta la nostra fatica
[Qui c’è l’oggetto amato per primo, c’è un elemento di forte sapore psicoanalitico]
O che più veemente destò de lo spirito l’acume
ci compare sovente nei sogni…
[Lucrezio fu molto preciso: non sono né oracoli né altro, ma è ciò che abbiamo amato intensamente, ciò che abbiamo sentito]
… S’illude il legale
Di difendere processi e norme e comporre il dritto
Il capitano vede battaglie ed eserciti…”
E Cicerone dichiara (De divinatione, 2. 67), in modo del tutto analogo a quanto, molto più tardi, dirà Maury: “Maximeque reliquiae earum rerum moventur in animis et agitantur, de quibus vigilantes aut cogitavimus aut egimus”. (S’aggirano confuse negli animi specialmente le ombre delle cose pensate o fatte da desti). In realtà il contrasto fra le due opinioni sul rapporto tra vita onirica e veglia sembra irriducibile. [Ibidem, pag. 18]
Si coglie, qui, un problema importante: i sogni non sono altro che immagini della vita reale oppure hanno una diversa origine?
Che al mattino il sogno “si dissolva”, è proverbiale. Ma, naturalmente, lo si può ricordare. Difatti conosciamo il sogno solo attraverso il ricordo che ce ne rimane dopo il risveglio; ma molto spesso ci pare di ricordarne soltanto una parte, mentre nella notte esso era assai più ricco. Possiamo notare come il ricordo, ancora vivido al mattino, svanisca durante il giorno lasciando minuscoli frammenti (…)
Seguono alcune annotazioni in cui si parla di Strümpell, un grande clinico che si era occupato di sogni.
(…) L’esame più minuzioso del fatto di dimenticare i sogni è stato compiuto da Strümpell. Si tratta evidentemente di un fenomeno complesso, visto che questo studioso lo riconduce non a uno solo, ma a tutta una serie di motivi.
In primo luogo, sono validi anche per il sogno tutti quei motivi che provocano la dimenticanza nella vita vigile. Da svegli siamo soliti dimenticare immediatamente infinite sensazioni e percezioni, o perché siamo molto deboli o perché l’eccitamento psichico a esse legato era troppo tenue. Lo stesso accade a molte immagini oniriche, che vengono dimenticate perché troppo deboli, mentre si ricordano immagini, a esse vicine, più forti. [Ibidem, pag. 50]
Strümpell ha una visione positiva: l’immagine debole si dimentica, l’immagine forte rimane. Freud rivedrà in seguito queste posizioni, per osservare che tanto più forte è l’immagine quanto più é probabile che sia dimenticata: le immagini più facilmente dimenticate sono proprio quelle connesse all’incesto, e l’unico modo per non dimenticare è sostituirle con un elemento non incestuoso, che poi lasci trasparire qualche tratto dell’elemento cui subentra.
Freud cita qui l’unico grande psichiatra italiano di quell’epoca, De Sanctis. Questi fu un medico di Roma che fondò un centro di neuropsichiatria infantile nella sua città e scrisse una serie di grandi opere. L’ultima di queste riguarda la conversione religiosa, e ciò lo mise in forte contrasto con la Chiesa Cattolica. In tale opera sostiene che la conversione religiosa è una sublimazione di elementi funzionali perversi.
Il copioso volume di Sante De Sanctis sui sogni, di cui è apparsa una traduzione tedesca poco dopo l’edizione originale, si è incrociato con la mia Interpretazione dei sogni così che né io né l’autore italiano abbiamo potuto prendere nota delle nostre rispettive pubblicazioni. In seguito sono stato purtroppo costretto a costatare che il suo diligente lavoro era straordinariamente povero di idee, povero al punto da non far nemmeno intuire la possibilità dei problemi da me trattati. [Ibidem, pag. 96, 97]
Freud sperava che De Sanctis scrivesse qualche cosa a riguardo, per avere un ulteriore testo con cui consolidare le proprie scoperte. Ma quello di De Sanctis è un libro modesto, una descrizione dei sogni che classifica gli elementi rimossi, quelli dimenticati.


 


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