Renato Biasutti (S. Daniele del Friuli 1878- Firenze 1965), forse il più importante geografo ed etnologo italiano della prima metà del XX secolo, intervenendo nell'ottobre 1938 al Convegno di scienze morali e storiche della Reale Accademia d'Italia dedicato all’Africa, affermava senza incertezze:
Il Negro, con questi caratteri [fisici] estremi, appare realmente come un prodotto neomorfo e recente, sebbene porti con sé tante stimmate d'inferiorità morfologica e psichica e la sua recenziosità è confermata dalla mancanza di ominidi fossili che mostrino con chiarezza i sintomi della specializzazione negridica (R. Biasutti, Le razze africane e la civiltà, Roma, Reale Accademia d'Italia, 1939, p. 85).
I negri, proseguiva, occupano l'ultimo livello della gerarchia di razze africane e sono tanto più elevati, quanto più sono mescolati con elementi europoidi:
Non vi è infatti alcun dubbio che, lasciando da parte gli esigui resti dei cosiddetti «primitivi», i biotipi negri, nonostante la loro innegabile potenza animale, rappresentano elementi psichicamente e mentalmente inferiori che in una società moderna possono avere soltanto un posto subordinato. Nei gruppi etnici nei quali la razza negra appare più pura, è sensibilmente più basso il livello mentale e morale: dove 1'analisi antropologica scopre tracce più o meno rilevanti di infiltrazioni europoidi, sono evidenti i segni di una vita culturale più elevata.
A proposito degli Etiopi, Biasutti affermava che erano ad un livello mentale superiore a quello dei negri, precisando però che
Fin d'ora si può affermare che il distacco non è tale da portare quelle genti al livello di una normale popolazione europea: più probabile è una posizione intermedia fra i due grandi rami negroide ed europoide, come è quella che è loro assegnata dai caratteri somatici.
Le citazioni sono tratte dal libro di Roberto Maiocchi, Scienza italiana e razzismo fascista, La Nuova Italia, Firenze, 1999.
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