CLINICO CONTEMPORANEO
Attualità clinico teoriche, tra psicoanalisi e psichiatria
di Maurizio Montanari

Il perverso va in analisi?

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13 novembre, 2013 - 15:52
di Maurizio Montanari

'La perversione, in cui il desiderio appare nel farsi prendere per quello che detta la legge, vale a dire per una sovversione della legge, esso è in realtà un supporto bello e buono di una legge- C’è qualcosa che sappiamo del perverso, che quello che da fuori appare come una soddisfazione sfrenata è difesa e messa in esercizio di una legge, in quanto essa frena, sospende, ferma il soggetto nel cammino del godimento’
J. Lacan. seminario X

Esiste un assunto sinora ritenuto immutabile sul quale credo valga la pena di riflettere, quello secondo il quale il perverso non va in analisi. Nel gergo comune il termine 'perverso' ha assunto nel corso del tempo una connotazione totalmente negativa, usato non senza un fondamento nella maggior parte dei casi per descrivere soggetti dediti a pratiche sessuali particolari, devianti, fuori norma o percepite come bizzarre e pericolose. Dire ' è un perverso' segna una mescolanza dei termini clinici nel linguaggio comune che li utilizza con valenze che frequentemente si discostano alquanto dalla radice originaria. Perverso e perversione sono un esempio attuale di questa commistione tra il dire analitico e il gergo contemporaneo. Cosa si mantiene e cosa va perso in questa 'lost in traslation'? Come è possibile attualizzare questo concetto e renderlo un fruttuoso strumento di lettura del presente, senza dimenticare la lezione freudiana e lacaniana?

Con Lacan l'accento viene spostato dalle manifestazioni esteriori del perverso entrate nella vulgata per lasciare spazio alla struttura perversa come organizzazione psichica a sè stante. Una soggettività che si connota principalmente per il suo rapporto con la Legge e per una predisposizione a chiamarsi fuori come soggettività per divenire oggetto del volere dell'Altro. Un' abdicazione della volontà ad un ordine superiore, un mettersi nella posizione del maggiordomo che non prova sensi di colpa anche eseguendo ordini indicibili. La clinica mostra che il perverso è ben lontano dall'ignorare la Legge. Ne ha invece bisogno come punto di gravità, attorno al quale muoversi mantenendo una distanza di sicurezza, un incedere che ne fa a meno comprendendola, un punto di riferimento dal quale non si può prescindere senza mai farci davvero i conti. Una Legge sfidata, stuzzicata, fatta uscire dalla tana per poi rifuggirla quando essa diviene punitiva o si manifesta sottoforma di sanzione. Il suo metterla  alla prova assomiglia alle incursioni dell'hacker, il quale tentando di violare il sistema informatico di un ente, al contempo mostra il bisogno di validarne l'esistenza e la tenuta, salvo poi cadere nella rete sanzionatoria di quel mondo che lui vuole profanare. Come scrive Clavreaul : ' E' in questo modo che ( il perverso ) si fa sostegno di una Legge della quale  non è riuscito a provare la solidità, ricollegandola alla sua origine nella differenza tra i sessi e nell'interdetto all'incesto.'
Lo psicoanalista J. A. Miller scrive che  il vero perverso ' non chiede un analisi. Non ne ha bisogno, perché conosce con esattezza la ragione del sUo stare al mondo. Egli sta al mondo per il godimento e sa bene dove cercarlo, dove incontrarlo, oltre ad essere un buon conoscitore dei luoghi di godimento presenti nella città, dato che è proprio il godimento che lo orienta. (..)  Il nevrotico invece si imbatte sempre nelle esitazioni del godimento e questo fa si che il suo desiderio sia sempre mutevole e, quando si avvicina al punto di ottenere ciò che desidera, il desiderio si dissolve'.

E quando è troppo? 
Sempre più persone con struttura perversa giungono in seduta con un troppo ingestibile.
 Con il marchio di una sanzione sulla pelle causata dai loro eccessi.
‘ Fumo, cocaina. Gioco e scommesse.  Questa è la mia vita, e cosi’ la voglio mantenere. E’ che non si può godere di tutto, dottore! ' racconta il giovane industriale privo di sensi di colpa e di morale che non riesce più a gestire la sua impalcatura perversa perché troppo difficile da incastrare con i ritmi della vita quotidiana. Questi pazienti raccontano di limiti a questa condotta imposti da un lato dalla legge, dall’altro dall’impossibilità fisica ed economica di mantenere quei livelli di godimento cosI' alti. 
Il dipendente della multinazionale è dedito a rapporti di tipo sadomasochista con alcuni colleghi. E' l'impossibilità di confinare nella sua abitazione tali rapporti ( che avvengono anche sul luogo di lavoro ) che lo angoscia, poichè questi  vengono ripresi e sanzionati dal caporeparto, mettendo in pericolo il suo posto di lavoro. Non dai rapporti in quanto tali è spaventato, ma dalla loro gestione. 
Così come il marito ama uscire ogni sera, dedicandosi al gioco d’azzardo e a pratiche sessuali improntate alla sofferenza teme che la moglie, che ne è al corrente da tempo, non sia più disponibile a sopportare altri eccessi per tutelare il loro buon nome col vicinato, tornando  a casa spesso pieno di lividi e cicatrici.  Tutte queste persone sono state sanzionate nel loro eccedere dal ‘sistema’, che ora minaccia di licenziarli, ora di divorziare, ora di metterli all'angolo.
‘ Lei deve aiutarmi a capire quando sforo, prima che mi cacci di nuovo nei guai’.

Dunque lo studio dell'analista come autovelox che segnala in tempo utile la velocità troppo elevata. Non perchè il conducente abbia a cuore la sua incolumità o quella altrui,  o perché desideri una condotta di vita 'regolare', quanto perchè è troppo alta la seccatura del vigile che lo ferma togliendoli punti dalla patente, impedendogli di fatto di sfrecciare sulle autostrade ancora e ancora. 
L’analista è convocato perchè il soggetto perverso possa continuare nel suo stile di vita, prima che l’Altro lo fermi e gli metta le ganasce.

Possiamo definirla analisi? Non in senso proprio. Non c'è sintomo che produce sofferenza opaca al soggetto sulla quale intende fare chiarezza. Egli soffre, questo si,  non per cause a lui ignote, ma per un giocattolo ingestibile che conosce bene. Non siamo nell'ordine del 'mi accade qualcosa, ma non so da dove abbia origine'. Egli sa bene che il pericolo che corre è l'inabissamento definitivo dentro ad un mare di godimento, col rischio di perdere  quei minimi requisiti ( stipendio, casa, legami) che gli permettono di accedervi.   
In ultima analisi anche  il perverso  domanda. 
Non un contatto con l’inconscio, ma un sostegno regolatore. 
Accetta dunque una sorta di ‘segretariato’ dell’eccesso per mettere un limite laddove egli non lo percepisce.

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Commenti

Intervento lucido, chiaro, condivisibile. Ho lavorato sul tema libertini/perversi, che è anche un capitolo del mio ultimo libro "Rivolte del pensiero". Ma sono sempre più convinto che esistono costellazioni dell'eccesso - potremmo chiamarle così, usando il lessico di Maurizio Montanari - che mettono in evidenza soggetti in bilico: in conflitto non solo con il problema delle conseguenze sociali (sanzioni, pericoli, perdita di status, di reputazione, eccetera) del loro eccesso, ma anche in conflitto con se stessi: alle prese cioè con il dubbio, l'incertezza, l'insicurezza identitaria relativamente allo stile di vita che l'opzione trasgressiva comporta. Se è vero, come già sostenne acutamente Janine Chasseguet-Smirgel, che per accedere, in quanto terapeuta, al perverso, devo prima io, terapeuta, mettere in gioco con me stesso le mie componenti perverse latenti, ciò significa che tra perversi e non perversi molto spesso il confine è mobile, friabile, incerto. D'altro canto, scoprire questa zona intermedia significa anche poter accedere - realizzando, nella misura del possibile, un rapporto empatico - alla perversione dell'altro. Funzionare come istanza regolatrice dell'eccesso - come "segretariato dell'eccesso", per dirla con l'autore - mi sembra una posta molto modesta e limitata. Ho solo aperto il problema, nella consapevolezza che le vie d'uscita non sono né facili né scontate.

Si, il confine è più labile di quello che si pensi. Tuttavia alcune cose vanno puntualizzate, vista la prospettiva ristretta dalla quale opera il clinico. Il perverso si rapporta all’analista-terapeuta in questa modalità di richiesta di contenimento dell’eccesso. Come con lo psicotico, si funge da elemento regolatore, per tutto il tempo dell’analisi. Col perverso invece le cose sono ben diverse: accettare questa richiesta è comunque ottenere il suo ingaggio, che può durare pochissimo. Spesso dura sino a che egli percepisce nell’analista un censore, un critico dei suoi modelli di vita. Mettere in tensione la propria parte perversa con quella del soggetto che fa una richiesta, paga il rischio di una formazione personale che deve essere precisa quanto un diamante intagliato, e non sempre le istituzioni ‘scolastiche’ riescono a garantire che l’analista sia adeguatamente formato. Ne tratterò in un prossimo post sulla formazione dell’analista e sugli errori contratransferali.

Maurizio M


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