Centri psichiatrici, in 10 anni personale diminuito fino al 50%. Allarme della SIP: oltre un milione di persone in carico ai DSM

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5 dicembre, 2013 - 13:24

I Dipartimenti di Salute Mentale hanno in carico circa il 2% della popolazione, oltre un milione e 200 mila italiani. Mencacci: “Si tratta di un numero elevatissimo considerate le condizioni spesso gravi dei pazienti, ma sottostimato perché molti non si avvicinano alle cure a causa dello stigma che pesa sulla malattia mentale”

Firenze, 29 Novembre 2013 – Dimezzate. Ridotte fino al 50 per cento in dieci anni. Sono i numeri delle risorse umane dedicate all’assistenza e alla cura dei pazienti con disturbi psichiatrici. Il tasso del personale operante nell’ambito dei Centri di Salute Mentale (CSM) – comprensivo di tutte le figure professionali (medici, psicologi, infermieri, educatori, assistenti sociali, operatori socio-sanitari e tecnici della riabilitazione psichiatrica) che si prendono in carico le problematiche terapeutiche e gestionali di malati più difficili – è infatti passato da 0,8 a 0,4 ogni 1.500 abitanti. È questa la grave condizione che mette oggi in ginocchio i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM), divenuti strutture sempre più vaste e articolate a seguito dell’accorpamento delle ASL e all’inserimento, all’interno degli stessi, di unità affini come quella di neuropsichiatria infantile e delle dipendenze patologiche, oltre alla presenza di un numero maggiore di malati, la cui incidenza sul territorio è in costante crescita. Numeri di carenze che stridono con l'aumento del bisogno di salute mentale nella popolazione e con il buon senso, soprattutto se collegati con la futura e possibile chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, che lasceranno – ad oggi e senza alternative – in carico ai servizi territoriali tutti i malati di mente autori di reato. È questo l’allarmante quadro dipinto da un’indagine condotta dalla Società Italiana di Psichiatria (SIP) che ha analizzato i dati raccolti in oltre il 30% dei DSM di 14 Regioni italiane, presentata oggi a Firenze in occasione del Convegno “Il DSM-5 e i suoi riflessi nella pratica psichiatrica clinica in Italia”. L’indagine marca, nell’arco di dieci anni, una diminuzione ‘professionale’ enorme, dallo 0,8/1500 abitanti del 2001 (secondo l’ultimo censimento dell’Istituto Superiore di Sanità) all’odierno 0,43/1500 abitanti, a fronte di un incremento della dimensione media del territorio di riferimento dei DSM del 26%.
 
“Questi dati, che saranno poi approfonditi in molti altri dettagli – spiega il presidente degli psichiatri italiani, Claudio Mencacci, che dirige anche il Dipartimento di Neuroscienze dell’A.O. Fatebenefratelli di Milano – sono però già ora la fotografia di una realtà esistente in un numero significativo di DSM e di CSM e sono davvero allarmanti per le forti ripercussioni che hanno sul funzionamento delle strutture, già impoverite, e sull’impatto in termine di mole di lavoro, stress, fatica fisica, dispendio energetico degli operatori per prendersi cura in maniera trasversale di svariate malattie mentali. Il blocco del turn over degli ultimi anni ha inoltre determinato un invecchiamento medio della popolazione degli operatori con prospettive di carriera ridotte e sovente a rischio di burn out”.
Dall’indagine eseguita risulta avere una ‘cartella attiva’ nei DSM l’1,9% della popolazione residente nei territori di riferimento, costituita da una leggera prevalenza del genere femminile (55%). Si tratta di persone soprattutto con forme di disturbi psichici medio gravi oltre che a quelli cronici
“In questa condizione di precarietà – aggiunge il prof. Mencacci – è forte il monito e l’appello della SIP a non tagliare fondi dedicati alla ricerca e all’assistenza psichiatrica al fine di poter garantire assistenza e trattamenti perfezionati e di qualità, nel breve e nel lungo termine. L’esigenza di maggiore attenzione ai disturbi e alle patologie psichiatriche deve essere crescente e tale da potere garantire la migliore assistenza alla popolazione che afferisce ai DSM. Siamo di fronte a persone che hanno nel 34% dei casi tra i 18 e i 44 anni, nel 39% tra i 45 e i 64 anni, e nel 27% oltre i 64 anni”.
“Occorre dunque – aggiunge il prof. Enrico Zanalda, segretario generale della SIP –incrementare anche le risorse umane, il personale in tutte le sue varie figure, oggi sempre più in affanno a gestire servizi per una popolazione con disturbi in costante aumento: il 23% con schizofrenia e disturbi correlati, il 29% con disturbi dell’umore, il 21% con disturbi d’ansia, l’8% disturbi di personalità e il 19% con altre diagnosi”.
I casi nuovi risultano proporzionalmente più elevati nei disturbi d’ansia, e meno elevati nelle persone con diagnosi di schizofrenia e disturbi correlati. Questo indica che i pazienti con diagnosi meno gravi hanno degli interventi terapeutici più brevi, che durano meno di un anno, mentre quelli con diagnosi di psicosi restano in carico al CSM per molti anni, poiché necessitano di interventi e progetti riabilitativi prolungati e complessi che comprendono interventi sulle famiglie, le funzioni dell’abitare e del lavoro. 

- FONTE: Ufficio Stampa SIP -

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