di Dino Angelini
La discussione sul combinato disposto attraverso il quale il Governo Renzi si accinge a stravolgere l’assetto democratico della nostra repubblica mi fa tornare in mente da una parte il giudizio parzialmente positivo di Massimo Recalcati su Renzi, dall’altra il recente riferimento di quest’ultimo, di fronte ai rappresentanti dell’Unione Europea, alla “generazione-Telemaco” di cui lui farebbe parte.
Ora – se non ho capito male – il discorso di Recalcati sul complesso di Telemaco (che nel discorso di Renzi poi diventa “generazione – Telemaco”) si basa su una specie di superamento dialettico della contrapposizione fra Edipo e Narciso, che ha caratterizzato le due generazioni che precedono quella attuale.
Dopo il sanguinoso duello intergenerazionale fra Edipo e Laio; e dopo la presunta e debole autosufficienza di Narciso, figlia dell’eclisse dell’autorità paterna; gli attuali Telemaco si disporrebbero alla ricerca di un padre che non sia né il vecchio autocrate né il novello quaquaraquà, ma un essere (Ulisse) capace di ripristinare la legge profanata dai Proci, ma anche di sopportare che i propri figli (i propri Telemaco) attivamente la integrino in base alle esigenze del presente ed alle attese del futuro. La integrino! non la superino, né la santifichino.
Mi è capitato di leggere tutto di un fiato la maggior parte dei testi di Recanati e, pur apprezzando l’impianto di fondo del suo discorso, ero rimasto negativamente colpito proprio dal testo su Telemaco, che a mio avviso allude ad una entità le cui tracce, finora almeno, da un punto di vista empirico risultano scarsamente riscontrabili nella società attuale. Ciò che vedo è – per dirla con Bergeret – da una parte l’emergere impetuoso di personalità di tipo anaclitico (assimilabili ai Narciso di cui parla Recalcati), dall’altra il resistere di un residuo anancastico, figlio della lotta fra novelli Edipo e vecchi Laio, che non rinunciano, più o meno coerentemente, a svolgere la propria funzione legiferante in termini più o meno passatisti.
Forse è a questa enclave anancastica che Recalcati si riferisce quando allude al complesso di Telemaco, la cui venuta fra noi però, per quanto auspicabile (su questo sono d’accordissimo con Recalcati!), in base alla mia esperienza si presenta più come la promessa e l’attesa di un evento, che come una entità contraddistinta dallo spessore di una presenza.
Detto questo però e venendo a Renzi, anche in questa occasione mi pare che il nostro si comporti come un paguro che va opportunisticamente ad abitare in casa altrui. Perché è vero che Recalcati negli anni scorsi ha riposto fiducia in Renzi, contrapponendo la sua vitalità al discorso morto dei bersaniani. Ma intanto fin dall’inizio ha apprezzato solo a metà il discorso renziano della rottamazione, rinvenendo in essa – se non ricordo male – una modalità adialettica di disporsi rispetto al passato (alla vecchia parola, alla vecchia legge). Solo a metà e soprattutto prima che Renzi attivasse il combinato disposto che ci va imponendo dai primi di Luglio con la complicità di Papi e degli altri Proci.
Dov’è nel combinato disposto renziano il debito simbolico nei confronti del passato? dei padri costituenti? della vecchia Legge? E soprattutto dov’è la cacciata dei Proci? che a me paiono invece i suoi principali alleati nel definire una legge liberticida e, di fatto, introduttiva ad una moderna dittatura. Dov’è la giustizia? Dove lo spazio ed il rispetto della parola? Dove il rispetto dell’altro? Dove la dialettica fra generazioni che permetterebbe ai nuovi Telemaco di definirsi come eredi attivi e creativi del passato?
Altro che appartenenza alla generazione-Telemaco! per me Renzi è l’ultimo dei Proci.
La discussione sul combinato disposto attraverso il quale il Governo Renzi si accinge a stravolgere l’assetto democratico della nostra repubblica mi fa tornare in mente da una parte il giudizio parzialmente positivo di Massimo Recalcati su Renzi, dall’altra il recente riferimento di quest’ultimo, di fronte ai rappresentanti dell’Unione Europea, alla “generazione-Telemaco” di cui lui farebbe parte.
Ora – se non ho capito male – il discorso di Recalcati sul complesso di Telemaco (che nel discorso di Renzi poi diventa “generazione – Telemaco”) si basa su una specie di superamento dialettico della contrapposizione fra Edipo e Narciso, che ha caratterizzato le due generazioni che precedono quella attuale.
Dopo il sanguinoso duello intergenerazionale fra Edipo e Laio; e dopo la presunta e debole autosufficienza di Narciso, figlia dell’eclisse dell’autorità paterna; gli attuali Telemaco si disporrebbero alla ricerca di un padre che non sia né il vecchio autocrate né il novello quaquaraquà, ma un essere (Ulisse) capace di ripristinare la legge profanata dai Proci, ma anche di sopportare che i propri figli (i propri Telemaco) attivamente la integrino in base alle esigenze del presente ed alle attese del futuro. La integrino! non la superino, né la santifichino.
Mi è capitato di leggere tutto di un fiato la maggior parte dei testi di Recanati e, pur apprezzando l’impianto di fondo del suo discorso, ero rimasto negativamente colpito proprio dal testo su Telemaco, che a mio avviso allude ad una entità le cui tracce, finora almeno, da un punto di vista empirico risultano scarsamente riscontrabili nella società attuale. Ciò che vedo è – per dirla con Bergeret – da una parte l’emergere impetuoso di personalità di tipo anaclitico (assimilabili ai Narciso di cui parla Recalcati), dall’altra il resistere di un residuo anancastico, figlio della lotta fra novelli Edipo e vecchi Laio, che non rinunciano, più o meno coerentemente, a svolgere la propria funzione legiferante in termini più o meno passatisti.
Forse è a questa enclave anancastica che Recalcati si riferisce quando allude al complesso di Telemaco, la cui venuta fra noi però, per quanto auspicabile (su questo sono d’accordissimo con Recalcati!), in base alla mia esperienza si presenta più come la promessa e l’attesa di un evento, che come una entità contraddistinta dallo spessore di una presenza.
Detto questo però e venendo a Renzi, anche in questa occasione mi pare che il nostro si comporti come un paguro che va opportunisticamente ad abitare in casa altrui. Perché è vero che Recalcati negli anni scorsi ha riposto fiducia in Renzi, contrapponendo la sua vitalità al discorso morto dei bersaniani. Ma intanto fin dall’inizio ha apprezzato solo a metà il discorso renziano della rottamazione, rinvenendo in essa – se non ricordo male – una modalità adialettica di disporsi rispetto al passato (alla vecchia parola, alla vecchia legge). Solo a metà e soprattutto prima che Renzi attivasse il combinato disposto che ci va imponendo dai primi di Luglio con la complicità di Papi e degli altri Proci.
Dov’è nel combinato disposto renziano il debito simbolico nei confronti del passato? dei padri costituenti? della vecchia Legge? E soprattutto dov’è la cacciata dei Proci? che a me paiono invece i suoi principali alleati nel definire una legge liberticida e, di fatto, introduttiva ad una moderna dittatura. Dov’è la giustizia? Dove lo spazio ed il rispetto della parola? Dove il rispetto dell’altro? Dove la dialettica fra generazioni che permetterebbe ai nuovi Telemaco di definirsi come eredi attivi e creativi del passato?
Altro che appartenenza alla generazione-Telemaco! per me Renzi è l’ultimo dei Proci.
La vulgata clinica più
La vulgata clinica più appariscente, quella che ha a disposizione i canali mediatici del gruppo De Benedetti, oggi sembra orizzontalmente appiattita sulla questione dello sfracello del godimento diffuso e senza capo,
determinato dalla mancanza del Padre ordinatore e regolatore, la cui ‘vacatio’ sarebbe all’origine di tanti mali dell’era conteporanea.
Una metafora che dalla clinica alla politica , pare divenuta un golfino col quale si riesce a vestire quasi tutto.
Una metafora che vede nel Telemaco impaziente, quella figura simbolica capace di sfondare la porta dei Proci che della Democrazia stanno facendo una gran guinol, per calmierare quel godimento suddetto,
e in un certo senso riportare, come doveva farlo Anakin Skywalker, la pace nella Galassia.
Va da se che tanti che tale tale ipotesi l’hanno approfondita, specie chi di clinica si occupa, non sono certo unanimi nella evocazione della figura ombra di questo padre che,
scendendo, avrebbe potuto porre un limite a questa società che ne è priva, sfilacciata e affogata dentro al proprio godimento.
Alcuni hanno addirittura qua e là, lanciato il sospetto che questa visione del mondo contemporaneo null’altro sia che un modo per rimpiangere la vecchia e classica autorità riparatrice, forte ed incorruttibile, che per molti assume le forme di un padre totalitario e reazionario.
Pongo solo due riflessioni, una legata al Renzismo, l’altra alle conseguenze di questa visione nel campo sociale e culturale.
La controparte di questa nostalgia del Padre nel mondo ‘colto’, quello per intenderci che sa districarsi tra i riferimenti Omerici , trova il suo corrispettivo ‘popolare ‘ nel patetico uso di una
agiografia del nostalgico, fatta di illogici raffronti tra un contemporaneo inclassificabile e una presenza monadica del malpensato Padre forte che tali intoppi del presente dovrebbe ‘sanare’
Solitamente facebook, o la rete più in generale, è il luogo nel quale proliferano questi assiomi.
Si mettono in tensione una serie di magagne attuali ( disoccupazione, criminalità, treni in ritardo) e la foto di Mussolini, con scritto ‘ quando c’era lui, questo non succedeva’.
‘Lui si che tutte queste cose le franava’.
Si tratta in realtà di una visione storicamente e clinicamente sbagliata.
Anche Anakin doveva riportare ordine nella Galassia, e hai visto che casino ha fatto da quando è stato chiuso nello scafandro nero!
La verità è che non è prerogativa di nessun tempo sociale il tacitare la perversione, o redistribuire e calmierare il godimento secondo regole di etica e virtù, etc..etc.
Seguendo questo assioma, che durerà ancora per tanto tempo, i Grandi Padri, siano essi i dittatori o i despoti, hanno da sempre avuto con la perversione ed il godimento fuori legge un rapporto strettissimo.
Scalfari stesso, ridendoci un pò su ( ma senza far ridere tanti altri) ha accennato alla sua giovanile simpatia scrittoria per il fascismo.
Al tempo del Fascismo, il cosiddetto ‘godimento acefalo e travolgente’, quello che oggi vediamo descritto come la cancrena contemporanea, era semplicemente chiuso ai più,
tollerato , conosciuto e controllato. Si ricordi il film su Salò di Pasolini, l’utilizzo sistematico dei bordelli come elemento di calmierazione sociale. La corruzione, la collusione con la Mafia.
La perversione dello stato di diritto.
Senza contare che il podestà aveva una sorta di ius primae noctis su tanta fetta della popolazione. O si pensi alle derive sadiche della forze militari nelle occupazioni del nord Africa.
La Storia ci consegna in molti casi l’esatto contrario di questo assunto. Il padre di Franz Kakfa, figura che assomma tutti i crismi e carismi per essere considerato quel Padre del quale oggi si piange la mancanza, era l’incarnazione vivente di ogni tipo di trasgressione, vietata però al figlio Franz. Il quale nella celeberrima ‘lettera’ lo rimprovera di ciò descrivendo quello stato di terrore nel quale al padre era concessa ogni deviazione dalla legge, legge che imponeva con piglio duro a tutti i sudditi del suo regno familiare.( Ti era concesso mangiare con le mani a tavola, mentre a noi era vietato).
E il presidente del Consiglio? Il Telemaco rottamatore, forte e vigoroso? Colui che ci salverà dallo straripare del godimento diffuso con l’argine della Legge che porta in fodero?
Bah..
Lui stesso , con la citazione fatta al Consiglio Europeo, ha voluto dotarsi di un substrato ‘teorico’, attingendo a piene mani alla suddetta teoria, nominando se stesso come Telemaco.
Lui e la sua generazione.
Tuttavia le cronache quotidiane, descrivono ben altro.
Un uomo che sale al potere senza passare da alcun voto, accoltellando de facto un suo pari ( un fratello?) nella corsa al posto vacante.
Un politico centrista, la cui opera incessante è stata quella di tessere un alleanza ( il patto del Nazareno) con un politico condannato , pregiudicato, e non più ritenuto degno di sedere in Parlamento.
L’ulisse al quel tendeva era forse quel Berlusconi, ritenuto da tanti intellettuali il generatore del ‘Berlusconiscmo’, era di godimento straripante dalla quale uscire con ogni rimedio?
L’Ulisse era forse il padre del Bunga Bunga, col quale stringere il patto per imporre una legge elettorale a lui gradita, o cambiare la costituzione a colpi di maggioranza in un Agosto non tanto caldo?
Telemaco è colui il quale grida ai quattro venti le leggi per la parità delle coppie, del cognome materno ora possibile, per poi fare marcia indietro?
O quello che , continuando l’opera dell’Ulisse milanese, si scaglia contro l’articolo 18, vera e unica causa dei mali dell’Italia?
Non so.
Ne scrissi, proprio su Pol.it, accenando al fatto che la metafora del capo caduto da cavallo di cui parla S. Freud in ‘Psicologia delle masse analisi dell’Io’ è ormai antistorica in quanto il mutamento dell’ordine simbolico di questo secolo ha creato uno stato delle cose in cui il capo, strutturalmente, manca.
La sella è vuota sin dalla partenza del cavallo, occupata di volta in volta da piccoli capetti, autoreferenti e tuonanti, in cerca di non già del comando sull’intero esercito o sulle masse, quanto piuttosto su alcune brigate particolari.
L’epoca del ‘narcisisimo territoriale’ è segnata da un populismo locale, assai più intriso di perversione che non legato all’istrionismo. Il leader autofabbricato si contraddistingue per una marcata allergia alle regole, che vuole tuttavia ferree per gli altri. Inadatto ai regolamenti, incline al capriccio personale e sempre in cerca di adepti graditi da arruolare, al momento del redde rationem con la Legge non sceglie la sottomissione e l’inquadramento, preferendo fuggire altrove per garantirsi un ingiudicabilità nel tempo, per poi dedicarsi a ricreare nuovi gruppi con adepti che passino il vaglio della sua adorazione, al posto di quello che era un giuramento in nome della legge, riservando per sè la carica di capo autoincoronato per acclamazione preselezionata, dalla quale impartire il proprio desiderio come legge.
Nella ricerca dell’elettorato il nuovo leader, che ama una Legge solo se sottomessa alle sua pruderie, è dunque ben lontano dallo statista del secolo passato, che aveva magari qualche pecca nel privato, ma era interamente dedito a promulgare Leggi per il bene comune, vestendo l’abito di padre della Nazione.
Egli si sintonizza con i bisogni personali dell’uno per uno, ponendosi come risolutore del problema del singolo, domandando in cambio un sostegno al proprio interesse.
Non è dunque la Legge eguale per tutti, della quale lo statista del tempo passato si poneva come tramite, ma quella del ‘mio orto’in cambio del tuo.’
Non è un caso che molti di questi leader utilizzino nel loro vocabolario elettorale adagi quali ‘ se voi mi darete, io faro per voi’. Quando il voi è riferito ad una categoria, una corporazione, più suscettibile di essere solleticata nella pancia.
Più che di democrazia malata è più giusto parlare di perversione diffusa nelle crepe dell’edificio democratico, con l’autorità ormai nebulizzata che lascia il posto ai tanti piccoli califfati.
Questa situazione è una diretta conseguenza dell’inaridimento delle fonti, del tramonto dei punti di riferimento originari, i grandi campi contrapposti del novecento, che hanno lasciato il posto ai neo personalisimi del narciso, dando forma alla prima campagna elettorale centrata sul ‘mi piace’.
L’autonominato Telemaco non sfonda la porta dei Proci ( fermi tutti! Qua si modera il godimento, aprite!), ma piuttosto ha cercato il placet di chi organizzava il baccanale.
E, si badi, lo ha potuto fare perchè quel capo sul quale la sua maggioranza in parlamento si sostiene, non è mai caduto, pur avendo subito una condanna.
Quando il parlamento lo fece cadere, fu sbagliata la dicitura di ‘parricidio’ che si levò dai quotidiani di destra.
Il parricidio presuppone un padre regolare ( non necessariamente retto). Il parricidio èl’eliminazione fisica di un ingombro inamovibile con la parola, di qualcuno che sta tuttavia nella dialettica. Il padre perverso invece non ha figli, intesi come pargoli da ‘educare’ e ai quali impartire insegnamenti. Piuttosto si tratta di accoliti, di devoti, o di adoranti. Non siamo nell’ordine del padre che educa secondo meritocrazia, ma piuttosto quello del ‘godi’ come imperativo.Prendi parte alla festa. Il padre perverso non sta nella dialettica, non osserva le regola, la legge, puravendone bisogno per poterla lambire ( chi fa il mio lavoro lo sa bene). Ma usa metodiche di controllo, aggiramento, plagio, ricatto dei figli. La selezione avviene non sul merito, quanto sull’accettazione del gioco perverso. Arrivando a tenerli in scacco con ricatto. Con lui non si dialoga, ma si accetta o no il suo gioco. . Non è un padre, ma un sodale che introduce a lbaccanale. E’ con costui che il Telemaco si accinge a mutare la costituzione dei Padri. Quelli si, degni di tale nome.
Esiste anche il godimento
Esiste anche il godimento “freddo”, che deriva dall’uso e dall’abuso nudo e crudo del potere (quel potere che logora chi non ce l’ha, diceva Andreotti). E’ questa ricerca di godimento freddo che spinge Renzi a entrare a man bassa nella reggia dei Proci, facendo “scempio della casa” e della legge.
Dino Angelini
La contraddizione di fatto
La contraddizione di fatto c’è: il rottamare confligge in teoria col fare accordi col capo dei Proci però, a mio avviso, almeno in apparenza, qualcosa di buono in tutto ciò c’è. In una democrazia le leggi nell’interesse dei cittadini devono nascere col consenso di tutti. Se una cosa é utile al paese é ora che tutte le forze politiche si accordino per realizzarla senza essere perennemente opposte come in una partita di calcio. Se per far ciò il pd si appoggia al nemico storico del pdl………forse non per forza é un male. …