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La “funzione istituente” nella scuola odierna

21 Ott 14

A cura di Leonardo Dino Angelini


 
René Käes e, sulle sue orme, Paolo Mottana c’invitano a non circoscrivere la nostra attenzione a ciò che avviene in classe durante la lezione e ad allargare il nostro sguardo a ciò che sta a monte ed a valle della lezione: cioè da una parte alle precondizioni che ne permettano lo svolgimento, dall’altra ciò che ne consegue nella psiche e nel comportamento dei discenti e dei docenti. Käes nel suo lavoro di ricerca sulla scuola ne individua quattro di queste precondizioni: quattro “funzioni cornice”, come lui le chiama. Due a monte della lezione: la funzione istituente e quella illudente; e due a valle: quella individualizzante e quella di separazione. Per una descrizione di queste quattro “funzioni – cornice” cfr: Docenti e discenti: un esempio di scambio ineguale.
 
Nell’esercizio di queste funzioni – ci avverte sempre Käes – il docente si comporta come un genitore. Con una sostanziale differenza però. Perché mentre il genitore opera e si rapporta con i propri figli all’interno di una atmosfera affettiva il docente al contrario esercita le “funzioni – cornice” all’interno di un quadro impregnato di operatività. Anzi le esercita proprio come indispensabile supporto all’operatività scolastica.
Ci soffermeremo in questo post su ciò che accade nella scuola d’oggi alla prima di queste funzioni, e cioè alla funzione istituente – rimandando ad altri post l’analisi di ciò che accade alle altre tre funzioni nella nuova scuola – proprio perché, a mio avviso, è proprio su questo piano che diventano più evidenti le trasformazioni e le torsioni cui sono sottoposte anche le altre tre funzioni e la stessa lezione nella nuova scuola.
 
Una ventina di anni fa, quando tramite Mottana per la prima volta m’imbattei nei lavori di Käes, per spiegare a me stesso ed ai miei interlocutori[1] cosa significhi la funzione istituente, facevo l’esempio della Scuola di Barbiana che, pur essendo scuola (e che scuola!), stentava a farsi riconoscere istituzionalmente come tale dal resto della scuola dell’Appennino toscano, dalle autorità costituite e –specie all’inizio – perfino dalle famiglie. Mentre al resto della scuola del circondario di Barbiana ciò non accadeva in base al fatto che esse erano riconoscibili da tutti come “scuola”, e per ciò istituite come tali sia dalle autorità che dalle famiglie.
 
Molta nel frattempo è l’acqua che è passata sotto i ponti della scuola italiana, e molte sono le trasformazioni avvenute nella nostra società. E certo è che, mentre qualche tempo fa le coordinate in base alle quali la scuola era istituzionalmente riconosciuta come tale erano condivise da tutti,  oggi non è più così:
– da una parte molti genitori non sono più disposti a ribadire la loro vecchia alleanza con i docenti[2], e tantomeno con i dirigenti, ed anzi sono propensi a contrapporsi ad essi insieme ai loro figli;
– dall’altra lo Stato, in tutte le sue espressioni, tende sempre più a disinvestire sulla scuola, a mortificare la docenza, ed in particolare quella pubblica;
– dall’altra ancora – e questo è ciò che brucia di più sul piano della quotidianità – i discenti fin dal primo impatto con la scuola fanno fatica ad accettare quelle regole che fanno da fondamenta al fare operativo.
Per cui oggi per spiegare che cos’è la funzione istituente non c’è più bisogno di tornare alla eterodossa ed “irriconoscibile” Scuola di Barbiana, poiché il problema della mancata evidenziazione della natura operativa del luogo che chiamiamo “scuola”, il mancato riconoscimento da parte di molti, dentro e fuori dall’aula, delle “regole” in base alle quali quel luogo si istituisce come “scuola” è sotto gli occhi di tutti.
E la discussione regole, il ripristino, o la loro integrazione con nuove regole sufficientemente condivise da tutti, la stesura di una nuova Carta Costituzionale adatta alla scuola odierna – come sa chi ha la ventura di dialogare con docenti e dirigenti – rappresentano in ogni ordine di  scuola la più impellente richiesta che giunge agli “esperti” da parte della scuola.
Ecco perché la riflessione sulla funzione istituente si para di fronte a tutti coloro che hanno a cuore le sorti della scuola italiana come uno dei più importanti problemi da risolvere.
 
 

[1] Stavo portando avanti un corso di formazione che comprendeva una cinquantina di docenti reggiani “di ogni ordine e grado”, e che sarebbe poi sfociato nel testo “Affabulazione e formazione. Docenti e discenti come produttori e fruitori di testi”, Unicopli, Mi, 1998
[2] “visto, e severamente punito”, era il commento che mio padre poneva sotto ogni nota che arrivava a casa.

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