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La fanciulla in fiore

11 Nov 14

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In un’intervista a “New Telegraph”, John Grisham, noto scrittore di gialli, ha parlato dell’estensione impropria del reato di pedofilia creando scandalo.
Grisham, oppositore della pena di morte e della  prigione di Guantanamo, ha citato, criticando il “carcere facile”, il caso di un cittadino canadese che una decina di anni fa ha guardato al computer di casa sua un filmato erotico la cui protagonista aveva 16 anni. Per sua sfortuna è incappato in un’indagine contro la pornografia infantile ed è stato condannato a tre anni di prigione.
Che lo sguardo erotico di un adulto nei confronti di un corpo adolescenziale venga confuso con la pedofilia è preoccupante.
Tra l’infanzia e l’adolescenza c’è una differenza fondamentale: lo sviluppo sessuale. Il corpo nell’adolescenza è compiutamente erotico, in grado di sperimentare un piacere sessuale profondo, orgasmico.
La difficoltà dell’adolescente è la gestione di questo corpo che prima che si acquisisca una certa esperienza le/gli appare familiare e, al tempo stesso, estraneo: un cavallo difficile da domare e sempre sul punto di disarcionarlo/a se cerca di cavalcarlo.
La gestione è ulteriormente complicata dal fatto che la definizione erotica del proprio corpo rende ineludibile l’enigma del corpo dell’altro (in primo luogo del corpo dell’altro sesso). Nella percezione dell’adolescente, il corpo dell’altro estende il proprio campo di esperienza ma gli  mostra anche la propria incompletezza e, mentre lo attrae, lo interroga sui suoi limiti.
Il fantasma che domina lo spazio erotico dell’adolescenza è, per entrambi i sessi, il fantasma della madre virginale, la madre non ancora “sposa”. Questa madre incontrata nella primissima  infanzia come oggetto di desiderio a sé stante, la si ritrova, mediante identificazione, nell’adolescenza come donna acerba, “fanciulla in fiore” pronta a sbocciare ma ancora candida. Nella sua figura convergono le due tendenze in conflitto negli adolescenti: lo schiudersi erotico alla vita e il ritrarsi nell’ideale androgino di un’eterna purezza efebica.
La madre efebica, sospesa tra la bambina e la donna, è la figura attorno alla quale gli adolescenti di entrambi i sessi organizzano le loro fantasie d’iniziazione: l’anticipazione dell’esperienza matura attraverso l’incontro con un corpo adulto con cui ci si identifica. Questo incontro se da una parte è desiderato, perché l’inesperienza rende il proprio corpo desiderante frustrante, dall’altra è temuto perché è vissuto come corruzione di uno stato di grazia, un fiorire effimero che non si rigenera. Le fantasie di iniziazione sfociano in un gioco di seduzione che mentre si immerge nel brivido dell’imprevisto diviene, contemporaneamente, una sfida “sapiente”, l’arte di uscire dall’ascolto  delle Sirene incolumi.
L’incontro erotico tra un adulto e un adolescente è una scena di iniziazione/seduzione in cui i ruoli del seduttore e del sedotto si scambiano. S’incontrano di fatto due adolescenze: l’adolescente che si proietta nella vita adulta, identificandosi con ciò che ancora non è, e l’adulto che ritorna nell’adolescenza per affrontare i suoi irrisolti problemi di transizione con quel senno di poi che in realtà non ha. Uno viaggia nel futuro alla ricerca del sapere, l’altro torna nel passato pensandosi sapiente. Restano nell’eccitazione dell’incertezza tra lo sbocciare e il rinchiudersi del loro desiderio.
L’equiparazione di questo sostare nell’ambiguità di una verginità erotica con la  violenza sessuale su un bambino risolve il conflitto in una direzione regressiva: che la madre (la vita) resti per sempre una fanciulla divina avulsa dal matrimonio. 

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