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Grecia: la Speranza e la Morte

6 Lug 15

A cura di Sarantis Thanopulos

Zoe Williams, commentatrice del “Guardian”, conclude un articolo, in cui difende  la Grecia dai moralizzatori neoliberisti, con questa frase: “si sta sacrificando il paese per mantenerne un insieme di illusioni che ci indebolisce tutti”.
Un popolo stremato, confuso e diviso vota sul suo futuro sapendo che il proprio destino non è nelle sue mani. La scelta che difende le sue ragioni e la sua dignità, potrebbe accelerare la catastrofe, il voto è sotto il ricatto del più forte. Rischiare la morte a testa alta o sopravvivere (per poco) umiliati? Qualsiasi sarà la scelta dei greci merita il rispetto dovuto a chi va dalla buona alla cattiva sorte.
Il popolo greco vive in un luogo diventato sacro per la nostra civiltà e questa sacralità gli è di peso. Gli si deve un riconoscimento non per la sua casa, un’eredità troppo ardua per poterla davvero conquistare: questo spetterebbe all’intera umanità, non a un popolo di predestinati. Gli si deve la memoria storica della sua lotta impari contro il nazifascismo, che non gli ha fruttato alcun onore, solo cento mila morti di fame ad Atene, nell’inverno del 1943, e crediti non pagati.
I greci hanno votato Syriza nel segno della speranza. La speranza che spinge legioni di migranti ad attraversare il mediterraneo rischiando un’alta probabilità di morte. La disperazione è cieca, lo sguardo della speranza attraversa il buio della notte alla ricerca di spiragli. Presente i varchi tra i terreni paludosi, il vento favorevole, i campi fertili oltre le montagne rocciose. Consente di abitare il futuro, di non sprofondare nell’esistente.
L’ottusità mentale, il pensiero senza futuro, è una malattia dell’anima che si trasmette come l’influenza virale. Non distingue tra deboli e potenti. Della sua gravità ci si rende conto quando si incarna in figure istituzionali. La direttrice del FMI ha invitato i rappresentanti del governo greco a entrare nel mondo degli adulti. Se questo mondo fosse il suo, sarebbe preferibile restare il più a lungo possibile bambini: per sentirsi, almeno, vivi.
Dietro l’ottusità c’è qualcosa di ben più insidioso la cui miglior rappresentazione è la maschera di contrazione che ha preso il posto dell’essere umano che è Schaeuble. Il potente ministro ha trattato i greci come bambini, usando mezzi correzionali che hanno la loro lontana ispirazione nel pedagogo tedesco del diciannovesimo secolo Schreber. Costui era diventato famoso per i suoi manuali di sana educazione con cui sono state cresciute intere generazioni di tedeschi. Aveva inventato strumenti ortopedici di corretta impostazione del corpo, veri e propri mezzi di tortura che ha applicato ai propri figli.
Uno di loro era il magistrato il cui libro “Memorie di un malato di nervi” ha ispirato a Freud alcune riflessioni geniali sulla paranoia. La sua follia è stata un gesto di disperazione misto a speranza senza sbocco con cui si è ribellato a un principio inumano di ortopedia che non fu creato da suo padre, ma che in lui aveva trovato il suo alloggio mascherato. Tutte le volte che la depressione psichica si espande dopo una grave depressione degli scambi, è in agguato la regressione in una particolare forma di narcisismo di morte: l’identificazione con un ideale di efficienza e di perfezione che ha il suo modello non consapevole in un funzionamento meccanico che abolisce il corpo del desiderio e il suo dolore.
Il voto dei greci è un voto impotente. Tuttavia è un valore democratico che coinvolge tutti gli Europei: volenti o nolenti devono scegliere tra la Speranza e la Morte. Prima che l’unica via d’uscita da quest’ultima diventi una follia distruttiva collettiva.
 

 

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