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Dicembre 2015 II Arte, racconto, cinema

28 Dic 15

A cura di luca.ribolini

ECCO PERCHÉ ANDIAMO AL CINEMA (PER PIANGERE O SPAVENTARCI). La spinta fondamentale è il desiderio di provare tensioni di cui si ha timore nella vita reale. Ciò di cui lo spettatore ha paura è in definitiva la paura stessa 
di Danilo Di Diodoro, corriere.it, 11 dicembre 2015

Si va al cinema per sognare, per ridere, ma anche per provare la tensione generata dalla suspence e dallo spavento e perfino per piangere. La sala cinematografica è ideale per le lacrime, perché è buia, le persone sono rivolte verso le schermo e non possono parlare o guardarsi negli occhi. Può sembrare strano che si paghi un biglietto per piangere, ma lo spettatore cerca proprio emozioni intense, comprese quelle tristi.
UNA PERFETTA REALTÀ VIRTUALE
Secondo Frederick Luis Aldama, dell’Ohio State University, esperto di psicologia cognitiva dell’arte: «L’emozione è un ingrediente essenziale della narrativa e se non sperimentiamo emozioni siamo meno coinvolti nella storia, o addirittura la respingiamo». Ma come avviene questa immersione nell’affettività durante la proiezione di un film? «La comprensione delle emozioni del personaggio di un film è basata sulla nostra capacità di intuire quelle delle persone reali», dice Jonathan Frome, docente dell’University of Texas di Dallas e autore di un articolo sulla psicologia del cinema. «Di conseguenza reagiamo alla avventure dei personaggi del film come se stessimo vedendo eventi simili non sullo schermo ma nella vita reale». Nella maggioranza dei casi le lacrime sono generate da situazioni nelle quali il personaggio viene a trovarsi in una situazione dalla quale non ha possibilità di uscire o in cui non può ricevere aiuto. «Anche lo spettatore è indifeso: non può intervenire nella situazione indesiderabile rappresentata, e questo è il meccanismo che scatena il pianto» dice ancora Frome. Le lacrime possono però arrivare anche quando va in scena un’emozione fortemente positiva, come il superamento di uno stato di crisi ottenuto attraverso una dura lotta. In questi casi, come spiega sempre il ricercatore texano, è sufficiente la stessa intensità dell’emozione a generare il pianto.

Segue qui:
http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/15_dicembre_11/perche-andiamo-cinema-piangere-o-aver-paura-0850ebba-a010-11e5-9e42-3aa7b5e47d96.shtml?refresh_ce-cp 

DA HANSEL E GRETEL A POLLICINO, LA STORIA È STORIA (ANCHE PER GLI ADULTI) 
di Marcella Manghi, ilsussidiario.net, 12 dicembre 2015

Alzata la testa dall’ultima pagina di Fiabe per pensare. Proposte di racconto e ascolto, suggestivo saggio sul valore delle fiabe, scritto da Luigi Campagner (Lindau, 2015), posso vantare qualche ragione in più per apprezzare le fiabe di un tempo. Due motivi li avevo già e risalgono a quando avevo i figli piccoli. Primo: con un paio d’orchi e un pugno di fatine al capezzale del seggiolone, riuscivo sempre a far ingerire inimmaginabili mestolate di spinaci; nel tempo di mezza favola, anche le fibre più insapori svanivano come per incantesimo. Seconda ragione: al confronto con tante madri che nelle fiabe risultano poco raccomandabili o son state sostituite da terribili matrigne, ho sempre fatto la mia degna figura (le fiabe forniscono termini di paragone assai “convenienti” per la maggioranza delle mamme).

Segue qui:
http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2015/12/12/SCUOLA-Da-Hansel-e-Gretel-a-Pollicino-la-storia-e-storia-anche-per-gli-adulti-/663142/ 

CATHERINE DOLTO: «MIA MADRE FRANÇOISE, UNA RIVOLUZIONARIA DALLA PARTE DEI BAMBINI» 
di Donatella Trotta, ilmattino.it, 13 dicembre 2015

Un progetto transdisciplinare. Concretamente dalla parte della famiglia, e dei bambini e ragazzi. In un territorio segnato da un crescente disagio: psichico, sociale, economico ma anche culturale, educativo. E un piano d’azione, e “interazione integrata”, non soltanto nella dimensione dell’esperienza clinica e della ricerca teorica, ma soprattutto nella prospettiva di buone pratiche che intrecciano tre pilastri della salute “globale”, nell’accezione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms): prevenzione, educazione, cura. Declinate nella parola, nell’ascolto e nell’accoglienza a sostegno dei più piccoli, e della genitorialità. Nasce con queste premesse, a Napoli, il Dipartimento Clinico intitolato – non a caso – «à Françoise Dolto», la cui giornata inaugurale è stata celebrata ieri con un denso e partecipato convegno nella Sala Vasari della chiesa di Sant’Anna dei Lombardi.
Promosso dal Centro Clinico ESpressione e dalla Scuola Esculapio, diretti dallo psicologo, psicoterapeuta e psicoanalista Antonio Maiolino, coordinatore dell’incontro con la psicoterapeuta e psicoanalista Adalinda Gasparini, presidente di Fairitaly Onlus (che ha patrocinato l’iniziativa con l’Ordine degli Psicologi della Campania, il Comune di Napoli, l’A.O.R.N Santobono Pausilipon, l’Associazione Culturale Pediatri e Pianoterra onlus), il progetto del Dipartimento, coordinato dalla psicoterapeuta Annamaria Spina, ha avuto per il suo battesimo una madrina d’eccezione: Catherine Dolto (nella foto).Ovvero, la figlia della grande psicoanalista e medico francese di fede cattolica Françoise Dolto (Parigi 1908-1988), cofondatrice nel 1953 con Jacques Lacan della Società Francese di Psicoanalisi, promotrice nel 1979 della prima «Maison Verte» (la Casa Verde: luogo di accoglienza per bimbi da zero a tre anni con i loro genitori) e figura mediatica celebre per i suoi interventi divulgativi radiofonici negli anni Settanta in Francia, oltre che autrice di una vasta bibliografia sul suo metodo innovativo di lavoro con i bambini e gli adulti che ha letteralmente rivoluzionato la storia della medicina e della psicoanalisi al servizio dell’educazione e dell’infanzia.
 
Segue qui:
http://www.ilmattino.it/NAPOLI/PERIFERIE/fran_amp_ccedil_oise_dolto_catherine/notizie/1733258.shtml 

FRAMMENTI DI MEMORIA DI SILVIA, UNA BAMBINA SENZA STELLA 
di Giuseppe Ceretti, ilsole24ore.com, 14 dicembre 2015

Immaginate di trovarvi in una stanza. Alle pareti sei quadri che raffigurano campagne della Lombardia, dissimili tra loro più di quanto possa pensare un osservatore neutro. Paesi chiusi in una sorta di stato originario che non conosce tempo, con sullo sfondo, non molto lontana, una città avvolta dai bagliori della guerra; e in ciascuno dei dipinti la stessa bambina, mai al centro del dipinto, anche se quanto la circonda prende forma da ciò che i suoi occhi vedono e la sua mente costruisce con le rare gioie e le molte sofferenze scaturite da un dolore “che non cade mai in prescrizione”. Eppure sul suo volto mai si legge rassegnazione, ma solo voglia di capire, di essere amata, di amare. Non altrimenti si può definire l’ultimo libro di Silvia Vegetti Finzi. L’autrice e protagonista lo confessa sin dalle prima pagine: darò voce a frammenti di memoria, a lampi d’oscurità di un passato “che nessuno ha mai raccolto in un album di famiglia”. Solo una spiegazione, doverosa: la bambina è “senza stella” perché non è stata marchiata con la stella giudaica, costretta tuttavia ad affrontare un precoce abbandono in forza delle persecuzioni razziali. Nasce così tra Silvia e la bambina (così chiamata per sottrarla all’egocentrismo dell’autobiografia) un dialogo che sovrappone, in un gioco di specchi, i ricordi di episodi e la riflessione “talora psicanalitica”.
Segue qui:
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2015-12-14/frammenti-memoria-silvia-bambina-senza-stella-155719.shtml?uuid=ACjCc6sB&refresh_ce=1 

ARCHEO ARTE, BALTHUS A ROMA TRA PSICANALISI E METAFISICA. Alle Scuderie del Quirinale monografia di un eccentrico 
di Redazione, lettera43.it, 15 dicembre 2015

Balthus, un artista post metafisico, un voyerista, un attento osservatore dei risvolti psicologici più intimi: comunque la si pensi, i dipinti di Balthassar Klossowski de Rola, in arte Balthus, offrono spunti di riflessione e piacere estetico a chi voglia percorrere le sale delle Scuderie del Quirinale a Roma dov’è allestita una completa mostra monografica dedicata all’eccentrico maestro polacco.In effetti, spiega Matteo Lafranconi curatore scientifico delle Scuderie del Quirinale, ‘Balthus è un personaggio difficile da collocare nell’assetto del ‘900 ma allo stesso tempo è tanto scarsamente familiare con i grandi nomi come Picasso, Matisse o gli impressionisti quanto importante per capire la complessa rete di relazioni culturali intessuta nei nomi appena fatti. Balthus ha circuitato in tutta Europa, dalla Polonia di cui era originario, passando in Svizzera e approdando in Francia ma avendo sempre l’Italia come riferimento culturale.

Segue qui:
http://www.lettera43.it/attualit/archeo-arte-balthus-a-roma-tra-psicanalisi-e-metafisica—la-notizia_43675227203.htm 

FIABE PER PENSARE, UN LIBRO CI AIUTA 
di Fulvio Bertamini, quimamme.it, 16 dicembre 2015

La fiaba è una narrazione che rivolgiamo prevalentemente ai bimbi. Ma “non è un pensiero infantile. Piuttosto, si tratta di “un pensiero che sfugge a schemi pre-definiti”, che “mette al lavoro l’adulto che narra e il bambino che ascolta”. Proprio questa è la sua magia: creaun ponte fra grandi e piccoli, perché coinvolge allo stesso tempo “il bambino di cui l’adulto si occupa, prendendosi cura di lui, e il bambino che l’adulto è stato. Forse non è l’unico ponte possibile, ma certamente è un ponte ‘favoloso’, il cui attraversamento si rivela ricco di fascino, vantaggioso e piacevole”. Parole dello psicoanalista Luigi Campagner, che nel saggio “Fiabe per pensare. Proposte di racconto e ascolto” (Lindau, 125 pagine, 13 euro) ripercorre alcune delle favole più celebri – dai Tre Porcellini allaBella Addormentata, daCappuccetto Rosso ad Hansel e Gretel – alla luce dei loro significati più profondi e simbolici. Per trarre indicazioni rivolte soprattutto a genitori ed educatori.
La riflessione di Campagner parte dalla constatazione che alcuni dei più grandi favolisti di tutti i tempi – come Perrault, Andersen, i fratelli Grimm – non avevano la minima intenzione di scrivere racconti per l’infanzia: hanno messo per iscritto narrazioni provenienti dallatradizione orale e popolare dei loro Paesi, ovviamente rielaborandole creativamente. Perché queste storie, a volte oscure, altre volte complesse, catturano così facilmente l’attenzione dei bambini? Anzitutto perché sono efficaci “le modalità relazionali del raccontare”. Cosa significa? Che l’inizio di una fiaba è un invito – “Vieni che ti racconto” – vera e propria “convocazione a un’esperienza piacevole che si può fare in due. E poi le fiabe “racchiudono il segreto per farsi ascoltare. Infatti, pur essendo ricchissime di contenuti, si astengono da una certa modalità del parlare: si astengono dall’insegnare e si astengono dal predicare. Non salgono in cattedra, restano allo stesso livello del bimbo, che le ascolta spesso rapito, a bocca aperta.
Ma per Campagner alla base del coinvolgimento del bimbo c’è soprattutto “un atto di stima preliminare rispetto all’ascoltatore”. C’è riconoscimento della sua capacità di elaborazione, che non richiede la spiegazione di tutto: “So che tu pensi (…) basta che ti offra delle tracce, dei suggerimenti, perché so che tu ora, domani o dopo, di questi suggerimenti, di queste tracce, saprai fartene qualcosa“. Come tanti semini, con il tempo potranno germogliare e dare frutti. Questa stima, secondo l’autore, non è dissimile da quella che i compositori di rebus hanno per i loro lettori. Del resto, è importante e utile che la fiaba “venga raccontata come portatrice di una risposta da scoprire; diversamente, anche il pensiero del bambino sarà tratto in inganno e faticherà a mettersi in moto”. La fiaba, insomma, potenzia le capacità di elaborazione del piccolo solo se non gli fornisce una soluzione precotta.
 
Segue qui:
http://www.quimamme.it/con-i-tacchi/2015/12/16/fiabe-per-pensare-un-libro-ci-aiuta/?refresh_ce-cp 

DON CAMILLO O MIKE?. Che cosa c’entra Bongiorno e l’esercito di falsi profeti con la caduta della chiesa cattolica 
di Umberto Silva, ilfoglio.it, 16 dicembre 2015

Perché la chiesa paurosamente vacilla? Colpa della pedofilia? Bah, basta leggere il racconto “Sarrasine” di Balzac per capire quanto in certi tempi i cardinali le fossero devoti, alla pedofilia, a livelli ben più elevati: solo i castrati dell’Opera di bella voce e fattezze avevano diritto di accedere alle lussuriose stanze dei palazzi cardinalizi. Sfarzosi crimini che con ammirazione i fedeli si passavano di bocca in bocca, e quando nel 1748 Papa Benedetto XIV tentò di bandire i castrati dalle chiese, il popolo minacciò di disertarle. Ma se non proprio e soltanto i pedofili, chi è il colpevole del disastro della chiesa? Quel Francesco che viene dalla fine del mondo attirando su di sé una pelosa benevolenza sottratta alla chiesa? Povero cristo lasciamolo in pace, c’è chi lo accusa di osare troppo e chi poco, assomiglia al coraggioso Tùpac Amaru squartato in quattro dai cavalli spagnoli. Direi piuttosto colpa di quei fresconi che credono a tutto – a Grillo e a Salvini, alla Le Pen e a Sarkozy, ai politici e alla ripresa economica – tranne che a Dio e alla sua chiesa, senza la quale saremmo ora bestie selvagge alla pari dell’Isis. Che peraltro ci offre l’occasione di una splendida crociata.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2015/12/16/don-camillo-o-mike___1-vr-136108-rubriche_c190.htm 

LA “VITA NUOVA” COME FONTE DELLA FELICITÀ 
di Paolo Cervari, huffingtonpost.it, 17 dicembre 2015

Capita spesso, durante una consulenza filosofica (devo dire che questo nome mi sta sempre più stretto e un giorno di questi ne troverò un altro), che si arrivi a un certo punto in cui tutto sembra risplendere di luce nuova. È come se si fossero aperte delle nuove porte e delle nuove finestre, come se il mondo fosse a un tratto più lucido e splendente. È come se tutto fosse esattamente come prima, ma del tutto diverso. In effetti è proprio lì che bisogna giungere, anche se non sempre vi si riesce. Come dicevano molti filosofi antichi, si tratta di trasfigurare il soggetto. E non si tratta di qualcosa di magico, mistico o esoterico: in termini tecnici si tratta di unaridescrizionedi sé e dei propri rapporti col mondo.
Nella sua fondamentale opera giovanile la Vita Nova, Dante “rubrica” – utilizza questa espressione – quanto poi scriverà in quell’opera sotto l’espressione incipit vita nova. Ma che cos’è questa nuova vita? Una vita rinnovata, una vita che sembra rifiorire a partire da una nuova svolta, da una nuova acquisizione, da un nuovo incontro: per Dante quello con Beatrice. Cosa intendo dire con questo rimando a Dante? Che nella consulenza filosofica come in molte, se non tutte, le pratiche trasformative di sé, qualora siano efficaci, si tratta, e si tratta sempre, di un inizio o di una partenza, di un esordio o di un cominciamento, ma anche di una nuova creazione e, più generalmente, di una ricreazione. E anche di un rammemorare, di un riprendere in mano quanto già occorso e accaduto nella vita “precedente”. Infine, come già accennato, si tratta anche sempre di un incontro: con una persona o con un’idea, con un sentimento o con un evento. Con queste considerazioni intendo manifestare il mio accordo e il mio disaccordo con quanto dice un grande filosofo contemporaneo, un filosofo molto “pop”, Slavoj Žižek , che nel suo bellissimo e consigliabile Leggere Lacan, sostiene che secondo la nostra tradizione ebraica e cristiana la verità – perché di questo in fondo si tratta – trova la sua fondazione, la sua emergenza, in un incontro e forse, aggiungo io, in una specie di “scontro” con… Qualcosa che viene da fuori: si pensi per esempio alla folgorazione di San Paolo sulla via di Damasco o all’offerta fatta a Giuda per tradire Gesù. Insomma, secondo questa teoria, la verità su di noi, la verità che ci abbaglia e destina, la verità che ci rende quel che noi stessi siamo, ci viene da un incontro con l’Altro – e con il suo desiderio (il desiderio dell’Altro): incontro che, come tutti gli incontri, può benissimo anche non avvenire, il che ci consegna, purtroppo o per fortuna, all’assoluta contingenza.

Segue qui:
http://www.huffingtonpost.it/paolo-cervari/la-vita-nuova-come-fonte-della-felicita_b_8819936.html 

IL NATALE È UN GRANDE COMPLEANNO UNIVERSALE 
di Armando Torno, ilsole24ore.com, 18 dicembre 2015  

Louise Andreas von Salomé (1861-1937), chiamata semplicemente Lou, ha influenzato alcuni tra i sommi personaggi della letteratura e del pensiero contemporaneo. Bastano tre nomi per ricordarla: Nietzsche, Rilke, Freud. Morì a Gottinga, era nata a san Pietroburgo. Ha lasciato opere degne di considerazione per la letteratura e la psicoanalisi. E, tra l’altro, anche una deliziosa “Fiaba per il Natale” (ora tradotta con una bella postfazione di Alba Chiara Amadu per il Melangolo, pp. 64, euro 6). La scrisse nel 1907, indirizzandola a Bubi e Schnuppi (due bambini, figli dell’amica Helene Klingenberg, che si chiamavano Reihnold e Gerda). Lou racconta ai due bimbi, abitanti a Berlino, che si era recata nella sua Gottinga per comperare le candele da mettere sotto l’albero. Ritornando a casa (sita in collina, poco fuori città) passa lungo la foresta.
 
Segue qui:
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2015-12-18/il-natale-e-grande-compleanno-universale-113545.shtml?uuid=ACdW31vB&refresh_ce=1 

UN ANDROIDE SUL LETTINO DI FREUD 
di Andrea Vaccaro, avvenire.it, 19 dicembre 2015

Ci sono molti rispecchiamenti del Superuomo di Nietzsche nell’attuale cultura (o culto) del cyborg che si protende, in varie forme e con diversi nomi, come corda tesa verso una condizione di sovrapotenza e di ultradotazione. Chi si fosse fermato a Kevin Warwick, primo storico cyborg in virtù del suochip impiantato nell’avambraccio nel 1998, si è perso un variegato campionario di body hacking, l’arte di trattare il corpo come un sistema informatico, divertendosi a violarlo, manipolarlo, “anagrammarlo”. I nuovi eroi del cyborgismo sono assai più audaci e le loro protesi molto meno riservate. Tale è l’Eye-borg di Neil Harbisson, una sorta di antenna pieghevole osseointegrata nella nuca che accarezza la calotta cranica e termina all’altezza della fronte. Tramite essa, il trentenne artista anglospagnolo è in grado di “tradurre” i colori in vibrazioni, quindi “udire” le peculiarità dello spettro cromatico (bianco è il silenzio), aggiungendovi – unico tra i mortali – anche il suono degli ultravioletti e degli infrarossi.
Dopo essere riuscito a dichiarare l’Eye- borg tra i suoi “segni particolari” nel passaporto (anche se la foto sarebbe stata sufficiente), egli può fregiarsi del titolo di primo cyborg ufficialmente riconosciuto dal Governo del Regno Unito. Anche il docente di Ingegneria informatica Steven Mann ha un dispositivo incastonato nel cranio, ma la sua videocamera assomiglia molto ad un normale paio di occhiali, anche se non è proprio uguale.

Segue qui:
http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/ANDROIDE-.aspx

LA SFIDA DELL’ETERNA INCOMPIUTA 
di Roberto Da Rin, ilsole24ore.com, 20 dicembre 2015

Una città in cui la vita quotidiana e la letteratura si mescolano semplicemente. Una città aperta come un libro. Ogni sera a Buenos Aires vanno in scena trecento spettacoli teatrali, più che a New York, più che a Parigi. Capitale macrocefala di un’Argentina che produce cibo per 400 milioni di persone e non riesce a sfamare tutti i suoi 40 milioni di abitanti. Sempre in bilico tra salvezza e default, nel suo passato glorioso è stato un Paese di riferimento. Mario Vargas Llosa, Nobel per la letteratura, racconta che nella sua infanzia boliviana e nella sua adolescenza peruviana, i giovani sognavano di studiare e affermarsi in Argentina, non negli Stati Uniti e neppure in Europa. Quell’Argentina che oggi è considerata uno dei Paesi latinoamericani meno invitanti per gli investimenti e più incerti per il futuro di chi ci abita. La libreria Ateneo, una delle più belle di Buenos Aires, in calle Florida, mette in vetrina i titoli di geniali narratori argentini, degni eredi di Borges, Cortazar, Sabato, Giardinelli. Ma anche decine di copertine che descrivono l’inspiegabile volatilità dell’economia, la follia di un Paese ricco che, come in una coazione a ripetere, resta vittima di uno sviluppo bloccato. Alcuni titoli dei libri esposti: El horror economicoComo acabar con la pobreza (come sconfiggere la povertà), El default mas tonto de la historia argentinaEsta vez serà diferente? (stavolta sarà differente?), La gran degeneracion, Un pendulo austral. (La grande degenerazione, un pendolo australe).
 
Segue qui:
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2015-12-20/la-sfida-dell-eterna-incompiuta-081519.shtml?uuid=ACItp1wB 

Audio  
LO SCHERMO DIVISO. LACAN, IL CINEMA, LO SGUARDO

dalla pagina Facebook di Pietro Bianchi
Matteo Bonazzi dialoga con Pietro Bianchi, lunedì 14 Dicembre 2015. 

Al link la registrazione dell’incontro:
https://soundcloud.com/pietro-bianchi-952575442/lo-schermo-diviso-lacan-il-cinema-lo-sguardo?utm_source=soundcloud&utm_campaign=share&utm_medium=facebook

 
I più recenti pezzi apparsi sui quotidiani di Massimo Recalcati e Sarantis Thanopulos sono disponibili su questo sito rispettivamente ai link:
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4545
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4788
 
Da segnalare anche la rubrica
"Mente ad arte, percorsi artistici di psicopatologia nel cinema ed oltre, di Matteo Balestrieri al link 
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4682  
 
 
(Fonte dei pezzi della rubrica: http://rassegnaflp.wordpress.com

 

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