Luisa Gianferrari e Giuseppe Cantoni, biologi genetisti dell’università di Milano condussero nel Sud Tirolo ricerche finanziate dalla International Union for the scientific investigation of population problems per studiare a quale stadio dello sviluppo dell’embrione umano e per quali cause si producano le mutazioni genetiche, quasi sempre monoallele, più raramente diallele, responsabili della “schizofrenia famigliare”.
I risultati dell’indagine furono presentati nell’articolo Su l’epoca di origine di idiovariazioni. Ricerche su la schizofrenia nel paese alpino di S.P. pubblicato su la «Rivista di biologia», vol. XX, fasc. III, 1936.
La scelta della località era stata fatta perché rispondente ai requisiti di
popolazioni endogame, con scarsa emigrazione, possibilmente non troppo numerose, ché necessita tracciare per tutti gli individui della località, che presentano caratteri patologici ereditari, preferibilmente anzi per tutti gli abitanti, le tabelle degli ascendenti e da queste dedurre le tabelle dei discendenti. […] Nella popolazione poi debbono esser presenti forme morbose ed anomalie ereditarie esattamente diagnosticabili e preferibilmente limitare ad un solo od a pochi ceppi familiari, affinché riesca agevole l’identificazione delle linee pure.
Il paese di S.P. presentava le condizioni ideali:
situato a 796 metri di altezza, con popolazione attuale (censimento 1931) di 1644 abitanti, che in confronto al precedente censimento (1910) quando gli abitanti erano 1843, appare in notevole decremento. […] La consanguineità vi è notevolmente elevata: nel periodo 1860-1932 essa raggiunse valori del 13,69% considerata fino al quarto grado. […]Le condizioni generali di salute sono discrete. […] Nella valle ove si trova anche il paese di S.P. sono frequenti le malattie mentali. Dai dati raccolti presso i manicomi di Hall e di Pergine, risulta che fra la metà dell’’800 ed il 1934, vi vennero ricoverati ben 29 individui nativi di S.P.
Ai 29 potevano essere aggiunti altri 36 individui diagnosticati dai ricercatori malati di mente, “comunque anormali psichici, ancorché mai ricoverati”. Le diagnosi manicomiali erano quelle di schizofrenia, mania depressiva, debolezza mentale congenita, dementia senilis, psiconevrosi isterica, alienazione, epilessia.
L’analisi “ genealogica e genetico-statistica” che riguardò le sole forme schizofreniche portò a concludere che “la schizofrenia si trasmette quale carattere recessivo dimero”.
Tutti senza eccezione gli schizofrenici di S.P. risalgono alla coppia Marsoner-Niederhofer, quasi tutti al figlio di tali genitori, Marsoner Bartl, nato nel 1672; diciamo quasi, in quanto i due fratelli F. J. 1862 e X risalgono ad una sorella di Bartl, Marsoner Anna, nata nel 1860. Dal momento che anche una sorella oltre al ricordato Bartl Marsoner, risulta trasmettitrice dei fattori per la schizofrenia, esso Bartl non può venir considerato come il primo eterozigote, poiché non è probabile che la mutazione germinale, risultante da una complessa serie di condizioni, possa effettuarsi più volte, in un unico individuo in elementi germinali di successive procreazioni.
Qui gli AA annotavano che dalle evidenze disponibili si era dimostrato che “la fase più vulnerabile per nocumenti genotipici fosse quella della maturazione delle cellule germinali”. E pertanto:
Il primo eterozigote è allora con probabilità uno dei genitori di Bartl e Anna, cioè l’uno o altro individuo della coppia Marsoner Bartl- Niederhofer Maria, coniugatasi nel 1670. […] L’idiovariante, l’individuo dalla cui massa germinale si è espressa la cellula con la funesta impronta, deve quindi con probabilità in uno o nell’altro dei genitori della coppia Marsoner B.- Niederhofer M. dei quali nulla abbiam potuto trovare nei documenti e che con una illazione che deve essere assai prossima al vero, stimiamo nati circa il 1615-1620.
Gli AA. ritenevano di escludere che la tara “datasse ancora da più tempo” per la considerazione che essa avrebbe dovuto essere in tal caso “diffusa a pressoché tutta la popolazione” del villaggio di S.P.
Pertanto, si concludeva che
la idiovariazione deve essersi originata, per i fattori discendenti da la coppia Marsoner-Niederhofer certamente prima del 1672, con ogni probabilità fra il 1615 ed il 1672.
Fu studiata come primo trasmettitore anche la coppia endogama Mairhofer 1638- Kaserbacher 1643 nella quale la idiovariazione si sarebbe originata certamente prima del 1668, con ogni probabilità fra il 1615 ed il 1668. Non si escludeva che le due coppie risalissero ad un comune antenato, comune idiovariante, ma mancavano “purtroppo nei documenti i dati riferentesi alla decima corrispondente generazione”.
Gianferrari e Cantoni citavano in conclusione le interpretazioni correnti sulle cause delle idiovariazioni formulate a seguito delle ricerche condotte “in un paese svizzero ad alta consanguineità, per l’atassia ereditaria, il nanismo eredodegenerativo, il sordomutismo”, di quelle condotte in un altro “paese svizzero altamente consanguineo” per la debolezza mentale congenita, la distrofia muscolare progressiva, l’albinismo universale e di quelle condotte nella Svezia del Nord per l’oligofrenia, interpretazioni per le quali
il movente patogeno dell’idiovariazione sia da ricercarsi in epidemie di peste o di sifilide che hanno imperversato all’epoca indicata nelle popolazioni considerate.
Riferivano al riguardo di aver rilevato una “coincidenza impressionante” nella documentazione di una epidemia di peste che nel 1636 aveva portato alla morte oltre 400 individui abitanti S.P.,
pur essendo nostra opinione che allo stato attuale delle nostre cognizioni sia ancora azzardato affrontare un siffatto problema etiologico.
Ma, azzardo per azzardo, ipotizzavano in fine che
quella stessa misteriosa causa che presiede in determinati momenti l’insorgere e il diffondersi di epidemie […]possa aver modificato il terreno costituzionale individuale su cui poi la malattia stessa, con quella impronta particolare del momento ha agito provocando la mutazione, pur in unione con tutti quei fenomeni di ipertermia grave, di intossicazione profonda, di alterazione delle funzioni organiche, che sono l’appannaggio proprio della forma morbosa, quelli che servono ad impartire la fisionomia basale inconfondibile di entità con un’insorgenza, delle manifestazioni, un decorso clinico tipico.
Nota: il 27 gennaio prossimo in Europa si ricorda la Shoah. Al di là del suo valore scientifico e del rigore metodologico la ricerca di Luisa Gianferrari e Giuseppe Cantoni evidenzia la rete di relazioni, scambi di informazioni fra università, istituti di ricerca europei e nord-americani, impegnati a scoprire le basi genetiche delle malattie della specie umana. Sulla base delle acquisizioni ricavate da tali indagini, singoli Stati USA, Stati europei, Germania di Hitler e Svezia in testa, adottarono negli anni ’30 legislazioni che prescrivevano e comunque consentivano la castrazione delle persone portatrici di tare ritenute trasmissibili, in particolare quelle relative alle malattie mentali. Si trattava di pratiche condotte “alla luce del sole”dagli apparati delle università e delle sanità pubbliche europee e nordamericane, sulla base di teorie messe a disposizione della politica dalle “comunità scientifiche”.
I corsivi nel testo sono degli autori.
Luigi Benevelli
Mantova, 1 gennaio 2016
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