GALASSIA FREUD
Materiali sulla psicoanalisi apparsi sui media
Agosto 2016 II - Abiti e abitudini
9 settembre, 2016 - 18:45
BAMBOLE
di Lea Melandri, tysm.org, 16 agosto 2016
Nel gioco della bambina con la bambola si è creduto a lungo di vedere precocemente all’opera l’“istinto materno”. Ma che dire allora delle modelle, delle “veline” e delle conduttrici televisive sempre più simili alle Barbies, e viceversa?
Le bambine hanno sempre avuto un rapporto ambiguo con quel corpo inanimato in tutto simile al loro, fatto per specchiarsi più che per apprendere la difficile arte della relazione con l’altro.
Lo coccolano e, al medesimo tempo, lo invidiano. La sua bellezza e seduzione inducono ansie e voglie devastatrici: diventa necessario impadronirsene, sottometterne il mistero imponendogli norme e leggi. Dietro la copertura apparente dell’iniziazione alla maternità trapelano inequivocabili rituali erotici: vestire per svestire, abbellire per degradare. Su quel corpo i gesti e le parole consumano curiosità e vendetta, il gioco diventa esercizio di un dominio. La relazione, trasgressiva rispetto alle attese educative, rimanda a un corpo femminile visto “da fuori”, come se corpo e pensiero si fossero separati, collocandosi su poli opposti. Analogo è quello che solitamente avviene nel rapporto sessuale, tanto da far nascere il dubbio che sia la donna stessa a muoversi dentro il rituale maschile dell’appropriazione, ad assecondarlo, forse a prepararlo. Il corpo che si consegna all’uomo è già stato guardato e porta già segni di manipolazione, sia pure immaginaria. Il desiderio, la curiosità, la voglia di dominio del maschio, sono già stati preceduti da sentimenti analoghi, da parte della bambina, per il corpo che le è simile, e quindi per il suo stesso corpo: per vincere quello che “dal di dentro” di quel corpo le si oppone, lo fa proprio. Ma se questa per l’uomo è una vittoria, non lo è per la donna che condanna se stessa al destino di bambola, che è “lasciarsi fare”, divenire oggetto in mano di altri.
La “bambola” che l’uomo e la donna incontrano all’inizio della loro vita sembra dunque assommare in sé aspetti diversi: è il corpo che genera, il corpo della madre, se visto dall’interno, ma è anche, guardato da fuori, l’oggetto d’amore che si consegna, muto e seducente, al desiderio sesssuale. Inotre, dato che la bambola viene tradizionalmente associata al figlio futuro, si può pensarla anche come immagine di quel femminile narcisisticamente appagato di se stesso, che Freud accosta al bambino e ad alcuni animali da preda.
Che la bambola abbia poco a che fare con la maternità, lo dimostra in modo evidente un breve racconto di Edmondo De Amicis, Il re delle bambole (Sellerio, 1980).
Segue qui:
Bambole
Nel gioco della bambina con la bambola si è creduto a lungo di vedere precocemente all’opera l’“istinto materno”. Ma che dire allora delle modelle, delle “veline” e delle conduttrici televisive sempre più simili alle Barbies, e viceversa?
Le bambine hanno sempre avuto un rapporto ambiguo con quel corpo inanimato in tutto simile al loro, fatto per specchiarsi più che per apprendere la difficile arte della relazione con l’altro.
Lo coccolano e, al medesimo tempo, lo invidiano. La sua bellezza e seduzione inducono ansie e voglie devastatrici: diventa necessario impadronirsene, sottometterne il mistero imponendogli norme e leggi. Dietro la copertura apparente dell’iniziazione alla maternità trapelano inequivocabili rituali erotici: vestire per svestire, abbellire per degradare. Su quel corpo i gesti e le parole consumano curiosità e vendetta, il gioco diventa esercizio di un dominio. La relazione, trasgressiva rispetto alle attese educative, rimanda a un corpo femminile visto “da fuori”, come se corpo e pensiero si fossero separati, collocandosi su poli opposti. Analogo è quello che solitamente avviene nel rapporto sessuale, tanto da far nascere il dubbio che sia la donna stessa a muoversi dentro il rituale maschile dell’appropriazione, ad assecondarlo, forse a prepararlo. Il corpo che si consegna all’uomo è già stato guardato e porta già segni di manipolazione, sia pure immaginaria. Il desiderio, la curiosità, la voglia di dominio del maschio, sono già stati preceduti da sentimenti analoghi, da parte della bambina, per il corpo che le è simile, e quindi per il suo stesso corpo: per vincere quello che “dal di dentro” di quel corpo le si oppone, lo fa proprio. Ma se questa per l’uomo è una vittoria, non lo è per la donna che condanna se stessa al destino di bambola, che è “lasciarsi fare”, divenire oggetto in mano di altri.
La “bambola” che l’uomo e la donna incontrano all’inizio della loro vita sembra dunque assommare in sé aspetti diversi: è il corpo che genera, il corpo della madre, se visto dall’interno, ma è anche, guardato da fuori, l’oggetto d’amore che si consegna, muto e seducente, al desiderio sesssuale. Inotre, dato che la bambola viene tradizionalmente associata al figlio futuro, si può pensarla anche come immagine di quel femminile narcisisticamente appagato di se stesso, che Freud accosta al bambino e ad alcuni animali da preda.
Che la bambola abbia poco a che fare con la maternità, lo dimostra in modo evidente un breve racconto di Edmondo De Amicis, Il re delle bambole (Sellerio, 1980).
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Bambole
IL DIGITALE RILETTO CON LA LENTE DI FREUD: IL PERTURBANTE DEL XXI SECOLO
di Andrea Granelli, andreagranelli.nova100.ilsole24ore.com, 16 agosto 2016
Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare (Sigmund Freud, Il perturbante)
Ciò che è opposto si concilia, che dalle cose in contrasto nasca l’armonia più bella, e che tutto si genera per via di contesa (Eraclito, DK B 8)
Il simbolismo religioso ha la capacità di esprimere la coincidenza degli opposti e dei paradossi e guarda sempre delle realtà che impegnano l’esistenza umana (Mircea Eliade)
Nel 1919 Siegmund Freud pubblica una riflessione molto importante su una specifica esperienza umana creata da quelle produzioni artistiche e letterarie che maggiormente fanno leva sull’evocazione del “soprannaturale” e dello spaventoso. Il punto di partenza era l’analisi di quegli espedienti letterari (e cinematografici) che pongono il lettore di fronte a una sorta di paradosso cognitivo, nel quale egli si trova impossibilitato a decidere se alcuni personaggi della storia siano oggetti animati o inanimati, esseri viventi oppure cose senza vita.
Per descrivere questo fenomeno “paradossale” Freud utilizza la parola tedesca unheimlich; pur sembrando in tutta evidenza l’antitesi di heimlich (da Heim, casa) e dunque pur potendosi considerare equivalente alla negazione di ciò che è noto e familiare, in quanto si riferisce alla “casa”, in realtà rivela un rapporto molto più complesso con il suo opposto. Infatti tra i significati meno usati di heimlich, quello di “misterioso”, “nascosto” quasi coincide col suo contrario unheimlich. L’espressione “un-heimlich” significherebbe quindi anche non celato, venuto alla luce, affiorato. Questa sorta di straniamento nasce quindi quando in un oggetto o in una situazione si uniscono caratteristiche di estraneità e familiarità in una sorta di “dualismo affettivo”. Ciò che ci spaventa di questo genere di opere letterarie è cioè la loro capacità di evocare in noi ciò che sentiamo come più familiare, conosciuto dentro noi, ma che è allo stesso tempo “tenuto nascosto” e quindi rimosso, negato. Freud nota che la parolaunheimlich è intraducibile in altre lingue e lascia intendere che il significato più autentico di questa parola risiede proprio in una eccedenza rispetto alla sfera semantica consueta, in uno scarto non esprimibile con semplici parole; la specificità di questo concetto coincide appunto con la sua intraducibilità: ogni tentativo di de-finizione, di delimitare il concetto con parole, di stabilire recinti concettuali è destinato a fallire. Questa parola è stata nelle pubblicazioni italiane delle opere di Freud tradotta in perturbante … perturbante che non va confuso con spaventoso o angoscioso, pur contenendo anche questi concetti: una cosa spaventosa è tale in quanto nasce da una minaccia esterna … ma il perturbante è anche interno, domestico.
Segue qui:
http://andreagranelli.nova100.ilsole24ore.com/2016/08/16/il-digitale-riletto-con-la-lente-di-freud-il-perturbante-del-xxi-secolo/
Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare (Sigmund Freud, Il perturbante)
Ciò che è opposto si concilia, che dalle cose in contrasto nasca l’armonia più bella, e che tutto si genera per via di contesa (Eraclito, DK B 8)
Il simbolismo religioso ha la capacità di esprimere la coincidenza degli opposti e dei paradossi e guarda sempre delle realtà che impegnano l’esistenza umana (Mircea Eliade)
Nel 1919 Siegmund Freud pubblica una riflessione molto importante su una specifica esperienza umana creata da quelle produzioni artistiche e letterarie che maggiormente fanno leva sull’evocazione del “soprannaturale” e dello spaventoso. Il punto di partenza era l’analisi di quegli espedienti letterari (e cinematografici) che pongono il lettore di fronte a una sorta di paradosso cognitivo, nel quale egli si trova impossibilitato a decidere se alcuni personaggi della storia siano oggetti animati o inanimati, esseri viventi oppure cose senza vita.
Per descrivere questo fenomeno “paradossale” Freud utilizza la parola tedesca unheimlich; pur sembrando in tutta evidenza l’antitesi di heimlich (da Heim, casa) e dunque pur potendosi considerare equivalente alla negazione di ciò che è noto e familiare, in quanto si riferisce alla “casa”, in realtà rivela un rapporto molto più complesso con il suo opposto. Infatti tra i significati meno usati di heimlich, quello di “misterioso”, “nascosto” quasi coincide col suo contrario unheimlich. L’espressione “un-heimlich” significherebbe quindi anche non celato, venuto alla luce, affiorato. Questa sorta di straniamento nasce quindi quando in un oggetto o in una situazione si uniscono caratteristiche di estraneità e familiarità in una sorta di “dualismo affettivo”. Ciò che ci spaventa di questo genere di opere letterarie è cioè la loro capacità di evocare in noi ciò che sentiamo come più familiare, conosciuto dentro noi, ma che è allo stesso tempo “tenuto nascosto” e quindi rimosso, negato. Freud nota che la parolaunheimlich è intraducibile in altre lingue e lascia intendere che il significato più autentico di questa parola risiede proprio in una eccedenza rispetto alla sfera semantica consueta, in uno scarto non esprimibile con semplici parole; la specificità di questo concetto coincide appunto con la sua intraducibilità: ogni tentativo di de-finizione, di delimitare il concetto con parole, di stabilire recinti concettuali è destinato a fallire. Questa parola è stata nelle pubblicazioni italiane delle opere di Freud tradotta in perturbante … perturbante che non va confuso con spaventoso o angoscioso, pur contenendo anche questi concetti: una cosa spaventosa è tale in quanto nasce da una minaccia esterna … ma il perturbante è anche interno, domestico.
Segue qui:
http://andreagranelli.nova100.ilsole24ore.com/2016/08/16/il-digitale-riletto-con-la-lente-di-freud-il-perturbante-del-xxi-secolo/
IL SESSO E DIO. La guerra di religione e la guerra dell’uomo contro la donna, come le bambine rapite da Boko Haram
di Umberto Silva, ilfoglio.it, 17 agosto 2016
E’ in atto una guerra molto combattuta sui fronti dell’opinionismo: parlo della guerra tra coloro che sostengono che l’attuale conflitto tra i popoli sia una guerra di religione e coloro che invece parlano di una battaglia tra uomini e donne, che lì sia l’inferno. Pur la guerra di religione avendo il suo daffare, penso sia più importante e determinante quella dei sessi, la guerra con la quale si cerca di ridurre in un modo o nell’altro la donna a schiava, con tutto quel che comporta. A tal proposito l’estate ha donato molteplici gioie. Non parlo dell’Olimpiade che in quanto a piacere non riesco a far competere con un solo cioccolatino rubato ai miei trigliceridi, quanto di alcune confortanti notizie che arrivano dai paesi arabi. La satanica Is è in più città in fuga, entusiasmante il volto delle ragazze che gli occhi birichini dopo tanto orrore fanno capolino dagli chador che poi faranno a pezzi, la loro sì è vacanza, dall’inferno, un profumo di libertà. Un’altra gioia è partecipare alle parole di Papa Francesco che in questi giorni va a trovare e confortare le ragazze stuprate, ragazze rubate e ingannate, schiavizzate e torturate. Personaggio quanto mai a sua volta torturato da pensieri differenti in lotta tra di loro, come in guerra sono i vari canoni vaticani e i cardinali e i preti, Francesco dice qualcosa di fondamentale per la chiesa, qualcosa che riprende l’insegnamento di Cristo con la Maddalena, e lo porta a conseguenze estreme, a Dio, passando per Maria Vergine.
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2016/08/17/il-sesso-e-dio___1-vr-146002-rubriche_c736.htm
E’ in atto una guerra molto combattuta sui fronti dell’opinionismo: parlo della guerra tra coloro che sostengono che l’attuale conflitto tra i popoli sia una guerra di religione e coloro che invece parlano di una battaglia tra uomini e donne, che lì sia l’inferno. Pur la guerra di religione avendo il suo daffare, penso sia più importante e determinante quella dei sessi, la guerra con la quale si cerca di ridurre in un modo o nell’altro la donna a schiava, con tutto quel che comporta. A tal proposito l’estate ha donato molteplici gioie. Non parlo dell’Olimpiade che in quanto a piacere non riesco a far competere con un solo cioccolatino rubato ai miei trigliceridi, quanto di alcune confortanti notizie che arrivano dai paesi arabi. La satanica Is è in più città in fuga, entusiasmante il volto delle ragazze che gli occhi birichini dopo tanto orrore fanno capolino dagli chador che poi faranno a pezzi, la loro sì è vacanza, dall’inferno, un profumo di libertà. Un’altra gioia è partecipare alle parole di Papa Francesco che in questi giorni va a trovare e confortare le ragazze stuprate, ragazze rubate e ingannate, schiavizzate e torturate. Personaggio quanto mai a sua volta torturato da pensieri differenti in lotta tra di loro, come in guerra sono i vari canoni vaticani e i cardinali e i preti, Francesco dice qualcosa di fondamentale per la chiesa, qualcosa che riprende l’insegnamento di Cristo con la Maddalena, e lo porta a conseguenze estreme, a Dio, passando per Maria Vergine.
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IL «PHUBBING», LA NUOVA TRASCURATEZZA. Distrarsi mentre si conversa non è mai stato sinonimo di patologia. Oggi però i dispositivi per comunicare stanno modificando il nostro modo di stare con gli altri
di Giuseppe Maiolo, ladigetto.it, 18 agosto 2016
A tutti sarà capitato almeno una volta di stare di fronte a una persona, amico o familiare, che mentre noi parliamo guarda il cellulare, risponde ad una mail o interagisce sul suo social. È un comportamento che molti definiscono irritante e altri lo considerano come l’esito della maleducazione imperante. Tecnicamente però questo fenomeno si chiama «Phubbing». Un termine inglese che coniuga il vocabolo «phone» con il termine «sonbbing» e sta a indicare come che il telefonino ci sta portando a ridurre l’interazione con gli altri, a snobbarli e ignorarli.
Distrarsi temporaneamente mentre si conversa, spostare lo sguardo o allentare l’attenzione dalla persona con cui sei in relazione, non è mai stato sinonimo di patologia. Oggi però la diffusione massiccia dei dispositivi per comunicare, in particolare il telefonino o il tablet, stanno modificando radicalmente il nostro modo di agire e di stare insieme agli altri. O parliamo tanto, forse troppo, e ci ascoltiamo poco o nulla, oppure ce ne stiamo in silenzio assorti nei videogiochi e presi dai social.
Segue qui:
http://www.ladigetto.it/permalink/57032.html
A tutti sarà capitato almeno una volta di stare di fronte a una persona, amico o familiare, che mentre noi parliamo guarda il cellulare, risponde ad una mail o interagisce sul suo social. È un comportamento che molti definiscono irritante e altri lo considerano come l’esito della maleducazione imperante. Tecnicamente però questo fenomeno si chiama «Phubbing». Un termine inglese che coniuga il vocabolo «phone» con il termine «sonbbing» e sta a indicare come che il telefonino ci sta portando a ridurre l’interazione con gli altri, a snobbarli e ignorarli.
Distrarsi temporaneamente mentre si conversa, spostare lo sguardo o allentare l’attenzione dalla persona con cui sei in relazione, non è mai stato sinonimo di patologia. Oggi però la diffusione massiccia dei dispositivi per comunicare, in particolare il telefonino o il tablet, stanno modificando radicalmente il nostro modo di agire e di stare insieme agli altri. O parliamo tanto, forse troppo, e ci ascoltiamo poco o nulla, oppure ce ne stiamo in silenzio assorti nei videogiochi e presi dai social.
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http://www.ladigetto.it/permalink/57032.html
LAURA MORANTE: 60 ANNI E UNA VITA SULLA SCENA, TRA CINEMA E TEATRO. Nipote della scrittrice Elsa Morante, l’attrice festeggia il compleanno il 21 agosto. L’esordio con i Bertolucci, giovanissima, fino al “ruolo” da regista con i suoi due film “Ciliegine” e “Assolo”
di Michaela K. Bellisario, iodonna.it, 19 agosto 2016
Uso troppo la ragione e poco l’istinto. L’istinto non mi fa mai sbagliare. La ragione quasi sempre». Intensa. Intellettuale. Drammatica. Laura Morante compie 60 anni il prossimo 21 agosto. Cresciuta tra libri, teatro e cinema, nipote della scrittrice Elsa Morante (“aveva un carattere impossibile”), l’attrice per questo nuovo traguardo ha deciso di rilanciare passando dall’altra parte della telecamera con i suoi due film, Ciliegine e Assolo. L’ultimo, uscito nel 2016, è stato sceneggiato con l’ex (primo) marito Daniele Costantini e interpretato da Eugenia, figlia della coppia e attrice. Sessant’anni, gran parte dei quali passati a recitare con quel suo sguardo inquieto e misterioso. Laura Morante debutta subito con il cinema d’autore. Prima con Giuseppe Bertolucci nel film Oggetti smarriti in cui si misura con una ragazza tossicodipendente, poi con il fratello del regista, Bernardo Bertolucci, gira La tragedia di un uomo ridicolo con Ugo Tognazzi. Ma è con Nanni Moretti che entra nell’immaginario collettivo con Bianca, film cult del regista con il quale la lega un rapporto solido e tumultuoso («Dal punto di vista professionale è stato il regista che mi ha dato di più, da quello umano… bè, abbiamo avuto un rapporto altalenante. Da 40 anni ci facciamo gli auguri di compleanno, Nanni è parte della mia vita, lo stimo, ma non mi rivolgerei a lui se avessi un problema», ha raccontato in un’intervista). Per La stanza del figlio di Moretti (2001) riceve il David di Donatello come migliore attrice protagonista.
Segue qui:
http://www.iodonna.it/personaggi/interviste-gallery/2016/08/19/laura-morante-compie-60-anni/?refresh_ce-cp
Uso troppo la ragione e poco l’istinto. L’istinto non mi fa mai sbagliare. La ragione quasi sempre». Intensa. Intellettuale. Drammatica. Laura Morante compie 60 anni il prossimo 21 agosto. Cresciuta tra libri, teatro e cinema, nipote della scrittrice Elsa Morante (“aveva un carattere impossibile”), l’attrice per questo nuovo traguardo ha deciso di rilanciare passando dall’altra parte della telecamera con i suoi due film, Ciliegine e Assolo. L’ultimo, uscito nel 2016, è stato sceneggiato con l’ex (primo) marito Daniele Costantini e interpretato da Eugenia, figlia della coppia e attrice. Sessant’anni, gran parte dei quali passati a recitare con quel suo sguardo inquieto e misterioso. Laura Morante debutta subito con il cinema d’autore. Prima con Giuseppe Bertolucci nel film Oggetti smarriti in cui si misura con una ragazza tossicodipendente, poi con il fratello del regista, Bernardo Bertolucci, gira La tragedia di un uomo ridicolo con Ugo Tognazzi. Ma è con Nanni Moretti che entra nell’immaginario collettivo con Bianca, film cult del regista con il quale la lega un rapporto solido e tumultuoso («Dal punto di vista professionale è stato il regista che mi ha dato di più, da quello umano… bè, abbiamo avuto un rapporto altalenante. Da 40 anni ci facciamo gli auguri di compleanno, Nanni è parte della mia vita, lo stimo, ma non mi rivolgerei a lui se avessi un problema», ha raccontato in un’intervista). Per La stanza del figlio di Moretti (2001) riceve il David di Donatello come migliore attrice protagonista.
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http://www.iodonna.it/personaggi/interviste-gallery/2016/08/19/laura-morante-compie-60-anni/?refresh_ce-cp
A CACCIA DI POKÉMON
di Sarantis Thanopulos, il manifesto, 20 agosto 2016
I Pokémon sono esseri virtuali antropomorfi. Eredi tecnologicamente più avanzati degli eroi di Walt Disney. Grazie a un’applicazione, frutto della collaborazione tra Nintendo e Google, sono diventati l’oggetto di una caccia al tesoro mondiale. Il loro inseguimento, attraverso i cellulari, è un fenomeno di massa che va in scena nei luoghi più impensabili: da una strada in pieno traffico a una seduta analitica. L’ambizione teorica che sorregge la caccia ai Pokémon è fondata sul concetto della “realtà aumentata”: l’espansione virtuale del mondo reale. Questo concetto, inconsistente dal punto di vista epistemologico, la dice lunga sulla confusione mentale che convive, e si diffonde, con lo sviluppo della rivoluzione digitale. La realtà è infinita: non può aumentare né decrescere. La nostra esperienza e conoscenza di essa è limitata e nessuna estensione virtuale può annullare questo limite. La compenetrazione tra realtà virtuale e realtà materiale, l’ambizione dei cacciatori di Pokémon, ci porta sul piano di una complessità molto grande che mostra tutta la povertà concettuale del pensiero “tecnologico”. La differenza tra realtà virtuale e realtà materiale è incancellabile. È la condizione non solo della nostra sanità mentale, ma anche della nostra incolumità fisica. Di questo i persecutori di esseri virtuali se ne potrebbero accorgere facilmente, e catastroficamente, se nel momento di pieno fervore catturante capitasse loro di uscire di strada mentre guidano la macchina.
Segue qui:
http://www.psychiatryonline.it/node/6384
I Pokémon sono esseri virtuali antropomorfi. Eredi tecnologicamente più avanzati degli eroi di Walt Disney. Grazie a un’applicazione, frutto della collaborazione tra Nintendo e Google, sono diventati l’oggetto di una caccia al tesoro mondiale. Il loro inseguimento, attraverso i cellulari, è un fenomeno di massa che va in scena nei luoghi più impensabili: da una strada in pieno traffico a una seduta analitica. L’ambizione teorica che sorregge la caccia ai Pokémon è fondata sul concetto della “realtà aumentata”: l’espansione virtuale del mondo reale. Questo concetto, inconsistente dal punto di vista epistemologico, la dice lunga sulla confusione mentale che convive, e si diffonde, con lo sviluppo della rivoluzione digitale. La realtà è infinita: non può aumentare né decrescere. La nostra esperienza e conoscenza di essa è limitata e nessuna estensione virtuale può annullare questo limite. La compenetrazione tra realtà virtuale e realtà materiale, l’ambizione dei cacciatori di Pokémon, ci porta sul piano di una complessità molto grande che mostra tutta la povertà concettuale del pensiero “tecnologico”. La differenza tra realtà virtuale e realtà materiale è incancellabile. È la condizione non solo della nostra sanità mentale, ma anche della nostra incolumità fisica. Di questo i persecutori di esseri virtuali se ne potrebbero accorgere facilmente, e catastroficamente, se nel momento di pieno fervore catturante capitasse loro di uscire di strada mentre guidano la macchina.
Segue qui:
http://www.psychiatryonline.it/node/6384
ISIS, OCCORRE FORNIRE UNA VIA DI RESA AI MILIZIANI
di Luciano Casolari, ilfattoquotidiano.it, 20 agosto 2016
Se voi mettete in un angolo un gatto impaurito e gli impedite ogni via di fuga vi esponete a una grande difficoltà nel prenderlo e al serio rischio di essere gravemente graffiati. Da quello che riferiscono i giornali a Sirte circa mille miliziani dell’Isis sono asserragliati in una parte della città completamente accerchiati dalle truppe di Tripoli. Perché non si arrendono? Semplicemente perché sanno che verranno immediatamente uccisi. Non facciamo prigionieri! Questo pare il motto di questa terribile guerra. Certamente l’Isis per primo ha fatto suo questa decisione sgozzando i nemici e imponendo la legge dell’uccisione di tutti i combattenti che cadevano sotto il suo potere.
Segue qui:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/20/isis-occorre-fornire-una-via-di-resa-ai-miliziani/2983683/
Se voi mettete in un angolo un gatto impaurito e gli impedite ogni via di fuga vi esponete a una grande difficoltà nel prenderlo e al serio rischio di essere gravemente graffiati. Da quello che riferiscono i giornali a Sirte circa mille miliziani dell’Isis sono asserragliati in una parte della città completamente accerchiati dalle truppe di Tripoli. Perché non si arrendono? Semplicemente perché sanno che verranno immediatamente uccisi. Non facciamo prigionieri! Questo pare il motto di questa terribile guerra. Certamente l’Isis per primo ha fatto suo questa decisione sgozzando i nemici e imponendo la legge dell’uccisione di tutti i combattenti che cadevano sotto il suo potere.
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/20/isis-occorre-fornire-una-via-di-resa-ai-miliziani/2983683/
SOGNI, L’INCUBO È DONNA. MASCHI FANTASTICANO SU SOLDI E UFO
di Redazione, adnkronos.com, 20 agosto 2016
Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere, recita il titolo di un famoso bestseller. Una verità che sembra valere anche durante il sonno: le notti di maschi e femmine sono popolate da sogni molto diversi, secondo quanto risulta da un sondaggio condotto su 2mila americani e diffuso in esclusiva dal quotidiano britannico ‘Daily Mail’. Il primo dato che salta all’occhio riguarda la capacità di richiamare alla mente anche una volta svegli i ‘film’ vissuti dormendo: il 24% delle donne è in grado di ricordare quelli fatti ogni notte contro il 14% degli uomini. L’altro elemento significativo è il ‘plot’ dei sogni, che per le femmine diventano incubi assai più spesso che fra i maschi.
Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere, recita il titolo di un famoso bestseller. Una verità che sembra valere anche durante il sonno: le notti di maschi e femmine sono popolate da sogni molto diversi, secondo quanto risulta da un sondaggio condotto su 2mila americani e diffuso in esclusiva dal quotidiano britannico ‘Daily Mail’. Il primo dato che salta all’occhio riguarda la capacità di richiamare alla mente anche una volta svegli i ‘film’ vissuti dormendo: il 24% delle donne è in grado di ricordare quelli fatti ogni notte contro il 14% degli uomini. L’altro elemento significativo è il ‘plot’ dei sogni, che per le femmine diventano incubi assai più spesso che fra i maschi.
L’AMBIZIONE IMPOSSIBILE DEL COLLEZIONISTA
di Massimo Recalcati, repubblica.it, 21 agosto 2016
Durante la seconda guerra mondiale Jacques Lacan si reca in visita nella casa di campagna del famoso poeta Jacques Prevert restando colpito da una strana serpentina che costeggia la sala fatta di scatole vuote di fiammiferi incastrate l’una nell’altra. La povertà dei mezzi (il Prevert di Lacan è l’antecedente dell’Arte povera?) non limita l’emozione dello psicoanalista che vede in questa “opera” l’essenza stessa del collezionismo: assemblare pezzi staccati unificandoli da un vuoto che nessun pezzo potrà mai colmare, ma che è piuttosto la condizione che rende possibile l’accumulazione dei pezzi. Le scatole di fiammiferi, come avviene in qualunque collezione, sono ovviamente dissociate dal loro uso quotidiano. Non servono per l’uso al quale sono state destinate. Non a caso sono vuote, senza contenuto, senza fiammiferi. Il loro vuoto è la condizione del loro incastro.
Segue qui:
Durante la seconda guerra mondiale Jacques Lacan si reca in visita nella casa di campagna del famoso poeta Jacques Prevert restando colpito da una strana serpentina che costeggia la sala fatta di scatole vuote di fiammiferi incastrate l’una nell’altra. La povertà dei mezzi (il Prevert di Lacan è l’antecedente dell’Arte povera?) non limita l’emozione dello psicoanalista che vede in questa “opera” l’essenza stessa del collezionismo: assemblare pezzi staccati unificandoli da un vuoto che nessun pezzo potrà mai colmare, ma che è piuttosto la condizione che rende possibile l’accumulazione dei pezzi. Le scatole di fiammiferi, come avviene in qualunque collezione, sono ovviamente dissociate dal loro uso quotidiano. Non servono per l’uso al quale sono state destinate. Non a caso sono vuote, senza contenuto, senza fiammiferi. Il loro vuoto è la condizione del loro incastro.
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BURKINI, IL SIGNIFICATO SIMBOLICO E PSICOLOGICO
di Luciano Casolari, ilfattoquotidiano.it, 21 agosto 2016
In nome della libertà è lecito e logico vietare un modo di vestirsi? Le donne occidentali sono libere di vestirsi o la moda “impone” loro un certo abbigliamento pubblicizzato dai mezzi di comunicazione di massa? Per una donna, musulmana o no, indossare il burkini è un atto di libertà o di costrizione? Non derubricherei la vicenda burkini sì/ burkini no a un semplice folcloristico tormentone estivo. In questa vicenda si intrecciano visioni molto profonde di cosa sia la civiltà, i valori che la caratterizzano nella nostra cultura occidentale e l’idea di come impostare il futuro collettivo. Il burkini ha un significato psicologico e simbolico molto profondo in quanto rappresenta, come una bandiera di uno stato, un’idea del mondo. Nessuno in Occidente si è mai posto il problema di regolamentare i turbanti indiani perché hanno solamente un significato culturale e non ci disturbano. Rappresentano la cultura di provenienza dell’interessato e non hanno un significato aggressivo verso coloro che non li indossano.
In nome della libertà è lecito e logico vietare un modo di vestirsi? Le donne occidentali sono libere di vestirsi o la moda “impone” loro un certo abbigliamento pubblicizzato dai mezzi di comunicazione di massa? Per una donna, musulmana o no, indossare il burkini è un atto di libertà o di costrizione? Non derubricherei la vicenda burkini sì/ burkini no a un semplice folcloristico tormentone estivo. In questa vicenda si intrecciano visioni molto profonde di cosa sia la civiltà, i valori che la caratterizzano nella nostra cultura occidentale e l’idea di come impostare il futuro collettivo. Il burkini ha un significato psicologico e simbolico molto profondo in quanto rappresenta, come una bandiera di uno stato, un’idea del mondo. Nessuno in Occidente si è mai posto il problema di regolamentare i turbanti indiani perché hanno solamente un significato culturale e non ci disturbano. Rappresentano la cultura di provenienza dell’interessato e non hanno un significato aggressivo verso coloro che non li indossano.
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08/21/burkini-il-significato-simbolico-e-psicologico/2987175/
“FEMMINISTE CONTRARIE ALL’UTERO IN AFFITTO. MA NON SI DEVE DIRE”. La sinistra nasconde i dubbi sulla maternità surrogata. In due libri le ragioni del “no”
di Claudio Risè, ilgiornale.it, 22 agosto 2016
Nello stanco scenario della tarda modernità c’è un solo mercato in continuo sviluppo, che garantisca da subito utili a doppia e tripla cifra, anche con investimenti relativamente bassi. Per avviare l’attività basta infatti un sito internet per raccogliere gli ordini e un bi/trilocale dove consegnare la «merce». Si tratta del tile della maternità surrogata o sotto quello, più tecnico e misterioso, della gestazione per altri, GPA.
Per spianare la strada al mercato (un giro d’affari globale di 10 miliardi di dollari, in fortissima espansione) si è cercato di presentarlo come una conquista delle donne, appoggiata dal mondo femminista. Ma non è così. Si era già visto in Francia, dove la campagna contro l’utero in affitto è stata guidata con grande forza argomentativa dal Sylviane Agacinski, femminista e filosofa (anche moglie dell’ex primo ministro socialista Lionel Jospin), che ripete da anni: «La madre surrogata è la nuova schiava. Ma la sua schiavitù è mascherata dal progresso tecnologico». Donne (anche gruppi omosessuali) erano inoltre gran parte dei partecipanti (e leader) delle enormi Manif pour tous contro la legge della ministra Taubira, che legalizzava i matrimoni omosessuali e le nascite all’estero attraverso GPA.
L’avversione femminile all’utero in affitto, che potrebbe rendere più difficile la legalizzazione in Europa di questo nuovo e fiorente mercato, viene però nascosta nella politica e nei media (soprattutto a sinistra) dalla frettolosa promozione della maternità surrogata, lanciata con le parole chiave: progresso, realizzazione dei desideri, benessere delle donne.
Balle colossali, dicono ora anche in Italia due libri molto documentati sull’argomento. Quello, emozionato e assai caldo, della giornalista femminista Marina Terragni (Temporary Mother. Utero in affitto e mercato dei figli, Vanda epublishing) e quello più pacato della filosofa e esponente femminista Luisa Muraro (L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto, Editrice La Scuola), che ha bruciato la prima edizione in poche settimane.
Segue qui:
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/femministe-contrarie-allutero-affitto-non-si-deve-dire-1298140.html
Nello stanco scenario della tarda modernità c’è un solo mercato in continuo sviluppo, che garantisca da subito utili a doppia e tripla cifra, anche con investimenti relativamente bassi. Per avviare l’attività basta infatti un sito internet per raccogliere gli ordini e un bi/trilocale dove consegnare la «merce». Si tratta del tile della maternità surrogata o sotto quello, più tecnico e misterioso, della gestazione per altri, GPA.
Per spianare la strada al mercato (un giro d’affari globale di 10 miliardi di dollari, in fortissima espansione) si è cercato di presentarlo come una conquista delle donne, appoggiata dal mondo femminista. Ma non è così. Si era già visto in Francia, dove la campagna contro l’utero in affitto è stata guidata con grande forza argomentativa dal Sylviane Agacinski, femminista e filosofa (anche moglie dell’ex primo ministro socialista Lionel Jospin), che ripete da anni: «La madre surrogata è la nuova schiava. Ma la sua schiavitù è mascherata dal progresso tecnologico». Donne (anche gruppi omosessuali) erano inoltre gran parte dei partecipanti (e leader) delle enormi Manif pour tous contro la legge della ministra Taubira, che legalizzava i matrimoni omosessuali e le nascite all’estero attraverso GPA.
L’avversione femminile all’utero in affitto, che potrebbe rendere più difficile la legalizzazione in Europa di questo nuovo e fiorente mercato, viene però nascosta nella politica e nei media (soprattutto a sinistra) dalla frettolosa promozione della maternità surrogata, lanciata con le parole chiave: progresso, realizzazione dei desideri, benessere delle donne.
Balle colossali, dicono ora anche in Italia due libri molto documentati sull’argomento. Quello, emozionato e assai caldo, della giornalista femminista Marina Terragni (Temporary Mother. Utero in affitto e mercato dei figli, Vanda epublishing) e quello più pacato della filosofa e esponente femminista Luisa Muraro (L’anima del corpo. Contro l’utero in affitto, Editrice La Scuola), che ha bruciato la prima edizione in poche settimane.
Segue qui:
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/femministe-contrarie-allutero-affitto-non-si-deve-dire-1298140.html
IN ARGENTINA LA PSICOANALISI È COSÌ POPOLARE CHE ANCHE I DETENUTI VANNO IN ANALISI
di Olivia Goldhill, internazionale.it, 23 agosto 2016
La psicoanalisi freudiana è di gran moda in Argentina. Nel paese si registra il più alto numero di psicologi pro capite e la psicoanalisi è un’opzione di cura standard per i bambini. Non stupisce quindi che anche nelle carceri i detenuti abbiano la loro dose di psicoanalisi freudiana una volta a settimana. Almeno questo è ciò che succede in un carcere di Buenos Aires, in cui la psicologa e ricercatrice Alicia Iacuzzi dirige un programma da trent’anni. Ci sono altri servizi di salute mentale per detenuti con un approccio più lacaniano, basati cioè sul lavoro dello psicanalista e psichiatra francese Jacques Lacan, ma, secondo Iacuzzi, Sigmund Freud fornisce le linee guida più appropriate per la terapia in carcere. “Lacan scrive che l’inconscio è strutturato come il linguaggio”, spiega. “Ma molti dei problemi che riscontro qui in carcere sono prelinguistici e la teoria lacaniana non basta a spiegarli”. Se le terapie cognitive o comportamentali possono modificare il modo in cui un paziente agisce, la psicoanalisi freudiana, che sonda l’inconscio a caccia di emozioni nascoste, cerca di focalizzarsi su problemi più profondi.
Segue qui:
http://www.internazionale.it/notizie/oliviagoldhill/2016/08/23/argentina-psicoanalisi-carcere
La psicoanalisi freudiana è di gran moda in Argentina. Nel paese si registra il più alto numero di psicologi pro capite e la psicoanalisi è un’opzione di cura standard per i bambini. Non stupisce quindi che anche nelle carceri i detenuti abbiano la loro dose di psicoanalisi freudiana una volta a settimana. Almeno questo è ciò che succede in un carcere di Buenos Aires, in cui la psicologa e ricercatrice Alicia Iacuzzi dirige un programma da trent’anni. Ci sono altri servizi di salute mentale per detenuti con un approccio più lacaniano, basati cioè sul lavoro dello psicanalista e psichiatra francese Jacques Lacan, ma, secondo Iacuzzi, Sigmund Freud fornisce le linee guida più appropriate per la terapia in carcere. “Lacan scrive che l’inconscio è strutturato come il linguaggio”, spiega. “Ma molti dei problemi che riscontro qui in carcere sono prelinguistici e la teoria lacaniana non basta a spiegarli”. Se le terapie cognitive o comportamentali possono modificare il modo in cui un paziente agisce, la psicoanalisi freudiana, che sonda l’inconscio a caccia di emozioni nascoste, cerca di focalizzarsi su problemi più profondi.
Segue qui:
http://www.internazionale.it/notizie/oliviagoldhill/2016/08/23/argentina-psicoanalisi-carcere
TRA BURQA E BURKINI. Più che una guerra di religione su questi strumenti di tortura acquatica, meglio fare una sfilata
di Umberto Silva, ilfoglio.it, 24 agosto 2016
So che il mondo intero attende il mio giudizio, e non mi faccio pregare. Intrigante, bisogna ammetterlo, la battaglia che si è scatenata ed è tuttora in corso tra i sostenitori del libero burkini e quelli che chiedono la sua punizione. Mi sembra che entrambe le parti abbiano contribuito con ottime perorazioni e spero che così proseguano, senza furore, la cosa peggiore, quella che merita non tanto il burkini quanto la camicia di forza. Di questa social tenzone non farei una guerra di religione ma una sfilata di Prada, penso che solo così si possa intendere se è il caso di mantenere il burqa in tutte le sue sfumature o cancellarlo. Questo, naturalmente, sempre che le donne, musulmane e no, siano consenzienti e contente come possono esserlo le top model, che peraltro hanno quasi sempre facce corrucciate e tristi, manco avessero fatto indossare loro la veste avvelenata di Glauce, la promessa sposa di Giasone. Trovo il burkini uno strumento di tortura aquatica piuttosto che di ristoro, ma chissà, per donne costrette al caldo del deserto forse è già qualcosa, può essere un primo gradino verso il paradiso quaggiù: se non il Papa, certo il Diavolo tentatore – che della chiesa è uno dei due personaggi eminenti – riuscirà a convertirle al lusso del peccato. Tornando alle sfilate offro il mio parere: trovo un po’ antipatici i burkini non tanto per le cuffie, che preservano da certe piscine e dalle meduse, quanto per i pantaloni che portati dalle donne mi deprimono, beato il giorno in cui le donne tutte spontaneamente torneranno a un’integralista sensuale dolcezza delle gonne.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2016/08/24/tra-burqa-e-burkini___1-vr-146305-rubriche_c406.htm
So che il mondo intero attende il mio giudizio, e non mi faccio pregare. Intrigante, bisogna ammetterlo, la battaglia che si è scatenata ed è tuttora in corso tra i sostenitori del libero burkini e quelli che chiedono la sua punizione. Mi sembra che entrambe le parti abbiano contribuito con ottime perorazioni e spero che così proseguano, senza furore, la cosa peggiore, quella che merita non tanto il burkini quanto la camicia di forza. Di questa social tenzone non farei una guerra di religione ma una sfilata di Prada, penso che solo così si possa intendere se è il caso di mantenere il burqa in tutte le sue sfumature o cancellarlo. Questo, naturalmente, sempre che le donne, musulmane e no, siano consenzienti e contente come possono esserlo le top model, che peraltro hanno quasi sempre facce corrucciate e tristi, manco avessero fatto indossare loro la veste avvelenata di Glauce, la promessa sposa di Giasone. Trovo il burkini uno strumento di tortura aquatica piuttosto che di ristoro, ma chissà, per donne costrette al caldo del deserto forse è già qualcosa, può essere un primo gradino verso il paradiso quaggiù: se non il Papa, certo il Diavolo tentatore – che della chiesa è uno dei due personaggi eminenti – riuscirà a convertirle al lusso del peccato. Tornando alle sfilate offro il mio parere: trovo un po’ antipatici i burkini non tanto per le cuffie, che preservano da certe piscine e dalle meduse, quanto per i pantaloni che portati dalle donne mi deprimono, beato il giorno in cui le donne tutte spontaneamente torneranno a un’integralista sensuale dolcezza delle gonne.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2016/08/24/tra-burqa-e-burkini___1-vr-146305-rubriche_c406.htm
MAYA VESTIDA E MAYA DESNUDA
di Sarantis Thanopulos, ilmanifesto, 28 agosto 2016
A Nizza poliziotti armati hanno costretto una giovane madre, in spiaggia con la sua famiglia, a togliersi il burkini. Il vestito non rispettava la “buona morale e i valori laici”. Imprigionare il corpo della donna in un sudario di lutto, renderlo inespressivo, amorfo, è repressione brutale, indipendentemente dalla percezione che ne ha la vittima. Nella censura del corpo femminile la religione cristiana non è, tuttavia, dissimile da quella musulmana. Il suo orizzonte è la disincarnazione, spiritualizzazione dell’esistenza, che è agli antipodi della profondità psicocorporea destrutturante del coinvolgimento erotico nella donna.
In Europa il cristianesimo è stato moderato in senso laico per ragioni storico culturali (che includono l’eredità dell’antichità classica e il suo potente risveglio nel rinascimento e nel secolo dell’illuminismo). L’evoluzione laica dello stato nel mondo islamico è stata, invece, sistematicamente ostacolata dall’Occidente per motivi di opportunità economica. L’improbabile processo di democratizzazione chiamato retoricamente “primavera araba” (in cui le cattive intenzioni hanno, per l’ennesima volta, avuto la meglio sulle buone), è sfociato in una grave penalizzazione delle donne, private di diritti di cui, pur all’interno di regimi dittatoriali, godevano. Un atteggiamento autocritico da parte degli occidentali, l’assunzione della loro responsabilità nei confronti delle donne dei paesi musulmani, abbandonate alla mercé dei loro oppressori, è impensabile. La latitanza etica getta luce sufficiente sulla natura vera dell’opposizione al burkini: la xenofobia pura e semplice.
Segue qui:
http://www.psychiatryonline.it/node/6387
A Nizza poliziotti armati hanno costretto una giovane madre, in spiaggia con la sua famiglia, a togliersi il burkini. Il vestito non rispettava la “buona morale e i valori laici”. Imprigionare il corpo della donna in un sudario di lutto, renderlo inespressivo, amorfo, è repressione brutale, indipendentemente dalla percezione che ne ha la vittima. Nella censura del corpo femminile la religione cristiana non è, tuttavia, dissimile da quella musulmana. Il suo orizzonte è la disincarnazione, spiritualizzazione dell’esistenza, che è agli antipodi della profondità psicocorporea destrutturante del coinvolgimento erotico nella donna.
In Europa il cristianesimo è stato moderato in senso laico per ragioni storico culturali (che includono l’eredità dell’antichità classica e il suo potente risveglio nel rinascimento e nel secolo dell’illuminismo). L’evoluzione laica dello stato nel mondo islamico è stata, invece, sistematicamente ostacolata dall’Occidente per motivi di opportunità economica. L’improbabile processo di democratizzazione chiamato retoricamente “primavera araba” (in cui le cattive intenzioni hanno, per l’ennesima volta, avuto la meglio sulle buone), è sfociato in una grave penalizzazione delle donne, private di diritti di cui, pur all’interno di regimi dittatoriali, godevano. Un atteggiamento autocritico da parte degli occidentali, l’assunzione della loro responsabilità nei confronti delle donne dei paesi musulmani, abbandonate alla mercé dei loro oppressori, è impensabile. La latitanza etica getta luce sufficiente sulla natura vera dell’opposizione al burkini: la xenofobia pura e semplice.
Segue qui:
http://www.psychiatryonline.it/node/6387
1930, IL PREMIO GOETHE A SIGMUND FREUD
di Nadia Loreti, agenziacomunica.net, 27 agosto 2016
Il 28 agosto 1930 Sigmund Freud, medico e psicanalista austriaco, ricevette a Francoforte un premio prestigioso, il premio Goethe. Il premio consisteva in diecimila marchi tedeschi e veniva dato a persone “la cui attività creativa onorava la memoria di Goethe”. Il premio fu istituito per la prima volta nel 1927 e fu conferito in quella data, il 28 agosto, in quanto era l’anniversario della nascita di Johann Wolfgang von Goethe. Per Freud il premio Goethe rappresentò il culmine della sua vita professionale. Il comitato di Francoforte aveva mostrato di apprezzare le ricerche e gli studi compiuti sulla psicanalisi, anche se al suo interno vi erano componenti che lo contestavano apertamente. Furono i membri del Frankfurt Psychoanalytic Institute a muoversi per far avere a Freud il premio Goethe, soprattutto Heinrich Meng e Stefan Zweig, i quali avevano sostenuto una campagna promozionale per conferire a Sigmund Freud anche il premio Nobel. Da quest’ultimo premio fu purtroppo scartato.
Segue qui:
http://www.agenziacomunica.net/2016/08/27/1930-il-premio-goethe-a-sigmund-freud/
Il 28 agosto 1930 Sigmund Freud, medico e psicanalista austriaco, ricevette a Francoforte un premio prestigioso, il premio Goethe. Il premio consisteva in diecimila marchi tedeschi e veniva dato a persone “la cui attività creativa onorava la memoria di Goethe”. Il premio fu istituito per la prima volta nel 1927 e fu conferito in quella data, il 28 agosto, in quanto era l’anniversario della nascita di Johann Wolfgang von Goethe. Per Freud il premio Goethe rappresentò il culmine della sua vita professionale. Il comitato di Francoforte aveva mostrato di apprezzare le ricerche e gli studi compiuti sulla psicanalisi, anche se al suo interno vi erano componenti che lo contestavano apertamente. Furono i membri del Frankfurt Psychoanalytic Institute a muoversi per far avere a Freud il premio Goethe, soprattutto Heinrich Meng e Stefan Zweig, i quali avevano sostenuto una campagna promozionale per conferire a Sigmund Freud anche il premio Nobel. Da quest’ultimo premio fu purtroppo scartato.
Segue qui:
http://www.agenziacomunica.net/2016/08/27/1930-il-premio-goethe-a-sigmund-freud/
MANIE D’ESTATE COSÌ LA FOLLA CI RUBA L’ANIMA
di Massimo Recalcati, repubblica.it, 28 agosto 2016
Chi non ha mai pensato almeno una volta di lasciare tutto per andarsene in un posto lontano, irraggiungibile, magari in un’isola deserta, al polo Nord, o in un qualunque paesino sperduto? Chi di noi non è mai stato attraversato dalla tentazione suprema del distacco improvviso, della fuga, del fascino della propria sparizione? Pensiero che naturalmente si intensifica in questo tempo di vacanza dove il viaggio non è affatto un’esperienza di allontanamento ma, solitamente, di ulteriore alienazione, di sprofondamento nella massa anonima della schiera felliniana dei turisti, dei villeggianti, dei bagnanti. La folla in vacanza non assomiglia alla massa compatta e ordinata descritta da Freud, ma a uno sciame. Nessun leader ne unifica il corpo, nessun Ideale condiviso la rende “squadra”. Lo sciame è variopinto, la sua struttura senza identità, socialmente trasversale, impolitica, globalizzata: il suo movimento non è rigidamente verticale ma perennemente orizzontale. Lo sciame si localizza senza un vertice definito pur essendo attratto dallo stesso miele: le spiagge, i locali, i monumenti, le montagne, i musei, le città che si devono vedere obbligatoriamente. In questo senso l’andamento dello sciame non è mai anarchico ma localizzato secondo punti luce determinati. Nella visita a un museo, per esempio, le localizzazioni dello sciame avvengono intorno alle opere universalmente riconosciute. Una nuova geografia si scrive. Lo sciame domina il territorio. È il movimento dei pellegrini ad aver reso un luogo sacro o è il luogo sacro ad aver attirato il movimento dei pellegrini?
Chi non ha mai pensato almeno una volta di lasciare tutto per andarsene in un posto lontano, irraggiungibile, magari in un’isola deserta, al polo Nord, o in un qualunque paesino sperduto? Chi di noi non è mai stato attraversato dalla tentazione suprema del distacco improvviso, della fuga, del fascino della propria sparizione? Pensiero che naturalmente si intensifica in questo tempo di vacanza dove il viaggio non è affatto un’esperienza di allontanamento ma, solitamente, di ulteriore alienazione, di sprofondamento nella massa anonima della schiera felliniana dei turisti, dei villeggianti, dei bagnanti. La folla in vacanza non assomiglia alla massa compatta e ordinata descritta da Freud, ma a uno sciame. Nessun leader ne unifica il corpo, nessun Ideale condiviso la rende “squadra”. Lo sciame è variopinto, la sua struttura senza identità, socialmente trasversale, impolitica, globalizzata: il suo movimento non è rigidamente verticale ma perennemente orizzontale. Lo sciame si localizza senza un vertice definito pur essendo attratto dallo stesso miele: le spiagge, i locali, i monumenti, le montagne, i musei, le città che si devono vedere obbligatoriamente. In questo senso l’andamento dello sciame non è mai anarchico ma localizzato secondo punti luce determinati. Nella visita a un museo, per esempio, le localizzazioni dello sciame avvengono intorno alle opere universalmente riconosciute. Una nuova geografia si scrive. Lo sciame domina il territorio. È il movimento dei pellegrini ad aver reso un luogo sacro o è il luogo sacro ad aver attirato il movimento dei pellegrini?
NELLA MENTE DEGLI PSICOTERAPEUTI CON IRVIN YALOM
di Roberto Roveda, unionesarda.it, 30 agosto 2016
Cosa pensa uno psicanalista mentre ascolta i segreti più intimi di un suo paziente? Riesce sempre a mantenere la giusta distanza nella relazione con la persona che ha in cura? Oppure una maggiore vicinanza e un maggiore coinvolgimento potrebbero essere di aiuto nella terapia? Queste alcune delle grandi domande relative al mondo della psicanalisi che attraversano il romanzo di Irvin Yalom “Sul lettino di Freud” (Neri Pozza, 2015, Euro 18,00, pp. 493). Nel libro si intrecciano, infatti, le vicende umane e professionali di tre psicoterapeuti facenti parte della stessa scuola psicanalitica: Seymour Trotter, Ernest Lash e Marshal Streider. I tre sono professionisti di successo ma sono allo stesso tempo molto diversi tra loro soprattutto nell’approccio alla terapia e alla relazione con i pazienti. Trotter è un anticonformista anarchico e ritiene che non si debbano porre limiti di alcun tipo all’intervento terapeutico. Viene così accusato di comportamento sessuale inappropriato nei confronti di una donna che ha in cura e sul suo operato si ritrova a indagare Ernest Lash.
Cosa pensa uno psicanalista mentre ascolta i segreti più intimi di un suo paziente? Riesce sempre a mantenere la giusta distanza nella relazione con la persona che ha in cura? Oppure una maggiore vicinanza e un maggiore coinvolgimento potrebbero essere di aiuto nella terapia? Queste alcune delle grandi domande relative al mondo della psicanalisi che attraversano il romanzo di Irvin Yalom “Sul lettino di Freud” (Neri Pozza, 2015, Euro 18,00, pp. 493). Nel libro si intrecciano, infatti, le vicende umane e professionali di tre psicoterapeuti facenti parte della stessa scuola psicanalitica: Seymour Trotter, Ernest Lash e Marshal Streider. I tre sono professionisti di successo ma sono allo stesso tempo molto diversi tra loro soprattutto nell’approccio alla terapia e alla relazione con i pazienti. Trotter è un anticonformista anarchico e ritiene che non si debbano porre limiti di alcun tipo all’intervento terapeutico. Viene così accusato di comportamento sessuale inappropriato nei confronti di una donna che ha in cura e sul suo operato si ritrova a indagare Ernest Lash.
IL LAPSUS DIVINO. Anche davanti al terremoto, la Morte deve inginocchiarsi al sacro ed eterno mistero della Vita
di Umberto Silva, ilfoglio.it, 31 agosto 2016
L’altro ieri un ragazzo sbuffò “che palle questi terremotati!’” e gli storsi il naso. Mi guardò allibito, come se avessi commesso un crimine; a me parve di essere tornato al libro Cuore, quando c’era ancora un bell’amor patrio, e mi congratulai, con me e con lui: gli dissi che gli avevo regalato l’occasione di pensarci su. Diventò pensieroso, in effetti, e non so se progettasse di aspettarmi all’angolo della via per accoltellarmi o se stesse realmente pensando a quel che gli avevo detto. Si vedrà.
Il pensiero, lui conta, uno due tre, quattro… e le cose avvengono. Ora che le dimensioni e il lutto della tragedia sono alla luce di un sole tanto splendente quanto impassibile, ciascuno può andare oltre, e meditare su quel che è successo. Quel che è successo è accaduto anche a ciascuno di noi: sciocco rimuoverlo, si presenterebbe come uno spettro, qualcosa ci crollerebbe brutalmente addosso proprio nei momenti che vorremmo più sereni. Se non si partecipa al lutto, lui entra in noi e ci punisce, ci cosparge di oscure sensazioni di colpa, ci rattrista nei momenti più piacevoli. Avvenga, piuttosto, un sereno terremoto nei nostri cuori, troppo spesso placidamente abbarbicati al nulla.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2016/08/31/il-lapsus-divino___1-vr-146637-rubriche_c315.htm
L’altro ieri un ragazzo sbuffò “che palle questi terremotati!’” e gli storsi il naso. Mi guardò allibito, come se avessi commesso un crimine; a me parve di essere tornato al libro Cuore, quando c’era ancora un bell’amor patrio, e mi congratulai, con me e con lui: gli dissi che gli avevo regalato l’occasione di pensarci su. Diventò pensieroso, in effetti, e non so se progettasse di aspettarmi all’angolo della via per accoltellarmi o se stesse realmente pensando a quel che gli avevo detto. Si vedrà.
Il pensiero, lui conta, uno due tre, quattro… e le cose avvengono. Ora che le dimensioni e il lutto della tragedia sono alla luce di un sole tanto splendente quanto impassibile, ciascuno può andare oltre, e meditare su quel che è successo. Quel che è successo è accaduto anche a ciascuno di noi: sciocco rimuoverlo, si presenterebbe come uno spettro, qualcosa ci crollerebbe brutalmente addosso proprio nei momenti che vorremmo più sereni. Se non si partecipa al lutto, lui entra in noi e ci punisce, ci cosparge di oscure sensazioni di colpa, ci rattrista nei momenti più piacevoli. Avvenga, piuttosto, un sereno terremoto nei nostri cuori, troppo spesso placidamente abbarbicati al nulla.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2016/08/31/il-lapsus-divino___1-vr-146637-rubriche_c315.htm
CONFESSIONI DI UN CANCELLATORE DI SOTTOLINEATURE ALTRUI
di Paolo Caloni, Guido Vitiello, internazionale.it, 31 agosto 2016
Caro Guido, dice che nessuno mai cancella le sottolineature altrui. Ebbene, io l’ho fatto. Anche più volte e senza alcuna gioia, per cancellare la memoria segnica di chiunque altro. Non sono libri preziosi, ma leggendo principalmente con l’intento di studiare, mosso da paranoie enciclopediche, non sopporto che altri abbiano inteso – chissà cosa e per quali volgari fini! – prima di me. Quindi prendo una gomma, la pulisco su una superficie adatta, e comincio a cancellare pagina dopo pagina, con pazienza, anche per più giorni, per evitare di stropicciare le pagine del libro, di consumare l’inchiostro della stampa o di ammorbidire eccessivamente la costa. Tra le molte occasioni, ricordo fatiche improbe, durate giorni, sul Trattato teologico-politicodi Spinoza e sulla Ricerca sull’intelletto umano di Hume. La mia ragazza si preoccupa, anche se a volte ride, quando mi vede chino su un volume a spazzare sul tavolo i rimasugli della gomma bollente. Mi ha anche fotografato: non sono venuto bene. Allora dottore, che fare? Paolo Caloni, Milano
Caro Paolo, non so se conosci il caso di quel piccolo industriale di mezza età che aveva escogitato un incredibile rituale di “annullamento” (così lo chiamava lui) delle azioni che considerava peccaminose. Lo ha raccontato lo psicoanalista Elvio Fachinelli, che lo ebbe tra i suoi pazienti, nel libro La freccia ferma. In breve, quest’uomo ripercorreva in senso inverso tutte le tappe dell’azione vergognosa: usciva dal luogo del misfatto camminando all’indietro, scendeva le scale voltato all’insù, guidava in retromarcia fino a casa, risaliva le scale guardando in basso (e non oso immaginare cosa prevedesse il suo rituale nell’evenienza in cui, poniamo, sul tragitto si fosse fermato a mangiare un panino).
Segue qui:
http://www.internazionale.it/opinione/guido-vitiello/2016/08/31/sottolineare-libri-cancellature
Caro Guido, dice che nessuno mai cancella le sottolineature altrui. Ebbene, io l’ho fatto. Anche più volte e senza alcuna gioia, per cancellare la memoria segnica di chiunque altro. Non sono libri preziosi, ma leggendo principalmente con l’intento di studiare, mosso da paranoie enciclopediche, non sopporto che altri abbiano inteso – chissà cosa e per quali volgari fini! – prima di me. Quindi prendo una gomma, la pulisco su una superficie adatta, e comincio a cancellare pagina dopo pagina, con pazienza, anche per più giorni, per evitare di stropicciare le pagine del libro, di consumare l’inchiostro della stampa o di ammorbidire eccessivamente la costa. Tra le molte occasioni, ricordo fatiche improbe, durate giorni, sul Trattato teologico-politicodi Spinoza e sulla Ricerca sull’intelletto umano di Hume. La mia ragazza si preoccupa, anche se a volte ride, quando mi vede chino su un volume a spazzare sul tavolo i rimasugli della gomma bollente. Mi ha anche fotografato: non sono venuto bene. Allora dottore, che fare? Paolo Caloni, Milano
Caro Paolo, non so se conosci il caso di quel piccolo industriale di mezza età che aveva escogitato un incredibile rituale di “annullamento” (così lo chiamava lui) delle azioni che considerava peccaminose. Lo ha raccontato lo psicoanalista Elvio Fachinelli, che lo ebbe tra i suoi pazienti, nel libro La freccia ferma. In breve, quest’uomo ripercorreva in senso inverso tutte le tappe dell’azione vergognosa: usciva dal luogo del misfatto camminando all’indietro, scendeva le scale voltato all’insù, guidava in retromarcia fino a casa, risaliva le scale guardando in basso (e non oso immaginare cosa prevedesse il suo rituale nell’evenienza in cui, poniamo, sul tragitto si fosse fermato a mangiare un panino).
Segue qui:
http://www.internazionale.it/opinione/guido-vitiello/2016/08/31/sottolineare-libri-cancellature
Audio
BALLERINI, PELOSI, CHECHI: ALLA SCOPERTA DELLA SCONFITTA!
radio24.ilsole24ore.com, 21 agosto 2016
Quando si perde è sempre un fallimento? Come ci si riprende da una sconfitta? Meglio vincere un argento o un bronzo? Queste le domande poste dai bambini nella settima puntata di “Terra in vista – Le Olimpiadi spiegate a mio figlio”, il programma condotto da Federico Taddia e Telmo Pievani. La parola chiave è “Sconfitta”. Gli esperti invitati a rispondere sono Luca Pelosi, giornalista e autore del libro “Olimpiche. Storie immortali in cinque cerchi”, Luigi Ballerini, psicoanalista e scrittore, e Yuri Chechi, atleta e “Signore degli Anelli”. Come sempre nella rubrica “Animaliadi” scopriamo i record degli animali raccontati da Caterina Spiezio, responsabile settore ricerca e conservazione “Parco Natura Viva” di Pastrengo; mentre con le”Scienziadi”, andiamo a capire la scienza nello sport grazie ad Andrea Vico, divulgatore scientifico dell’associazione “ToScience”. Infine spazio a “Non batter la fiaccola”, una raccolta degli avvenimenti più divertenti di tutta la storia delle Olimpiadi moderne.
Quando si perde è sempre un fallimento? Come ci si riprende da una sconfitta? Meglio vincere un argento o un bronzo? Queste le domande poste dai bambini nella settima puntata di “Terra in vista – Le Olimpiadi spiegate a mio figlio”, il programma condotto da Federico Taddia e Telmo Pievani. La parola chiave è “Sconfitta”. Gli esperti invitati a rispondere sono Luca Pelosi, giornalista e autore del libro “Olimpiche. Storie immortali in cinque cerchi”, Luigi Ballerini, psicoanalista e scrittore, e Yuri Chechi, atleta e “Signore degli Anelli”. Come sempre nella rubrica “Animaliadi” scopriamo i record degli animali raccontati da Caterina Spiezio, responsabile settore ricerca e conservazione “Parco Natura Viva” di Pastrengo; mentre con le”Scienziadi”, andiamo a capire la scienza nello sport grazie ad Andrea Vico, divulgatore scientifico dell’associazione “ToScience”. Infine spazio a “Non batter la fiaccola”, una raccolta degli avvenimenti più divertenti di tutta la storia delle Olimpiadi moderne.
Vai al link:
http://www.radio24.ilsole24ore.com/programma/terra-vista/alla-scoperta-sconfitta-112344-gSLAStmC0B
(Fonte dei pezzi della rubrica: http://rassegnaflp.wordpress.com)