Questo documento ha un carattere interlocutorio dal punto di vista delle scelte programmatiche e da quello del quadro complessivo. Infatti le scelte sulla natura delle REMS e sulle misure di sicurezza provvisorie sono ancora sul tappeto. Il 7 dicembre riprenderà la discussione al Senato sulla legge delega sulla giustizia e sul sistema penitenziario e mi auguro che venga approvato l’emendamento della Presidente della Commissione Sanità, Senatrice Di Biasi, e altri che farebbe chiarezza aiutando la riforma a rafforzarsi.
Riporto il testo dell’emendamento per doverosa informazione e come elemento utile di confronto e discussione per tutti i soggetti interessati, dagli operatori alle associazioni, dagli avvocati e giuristi ai giornalisti: “Nella prospettiva dell’effettivo e definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, introduzione di disposizioni volte a destinare alle Residenze di Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) le sole persone per le quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale e il conseguente bisogno di cure psichiatriche; esclusione dell’accesso alle REMS dei soggetti per i quali l’infermità di mente sia sopravvenuta durante l’esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisoria e di tutti coloro per i quali ancora occorra accertare le relative condizioni psichiche; garanzia dell’effettiva idoneità delle sezioni degli istituti penitenziari ad assicurare i trattamenti terapeutici e riabilitativi, con riferimento alle peculiari esigenze individuali di ciascun soggetto e nel pieno rispetto degli articoli 27 e 32 della Costituzione; valorizzazione dell’istituto del piano terapeutico individuale per ciascun individuo sottoposto a misura di sicurezza anche non detentiva; sviluppo del principio di eccezionalità nella comminazione delle misure di sicurezza di carattere maggiormente afflittivo della libertà personale, con particolare riferimento alla previsione di un novero di fattispecie criminose di rilevante gravità per le quali sole ammettere le misure coercitive dell’infermo di mente non imputabile; introduzione di apposite disposizioni volte a garantire la continuità delle cure e dei processi di riabilitazione in chiave integrata da parte delle REMS e dei servizi territoriali che fanno capo ai Dipartimenti di Salute Mentale”.
L’adozione di questo testo garantirebbe il superamento di una fase di incertezza che è stata affrontata positivamente grazie all’impegno del personale che lavora nelle REMS, consapevole di essere protagonista di una fase delicata, in particolare per rispondere alle Ordinanze emesse dalle Autorità giudiziarie non eseguite in REMS per mancanza di disponibilità e che assommano al 25 ottobre a 241 di cui 176 provvisorie e 65 definitive. Già nella relazione semestrale veniva segnalato il fatto che il 40% delle persone presenti nelle REMS (612 di cui 62 donne) fossero sottoposte a una misura di sicurezza provvisoria.
In questo trimestre sono state aperte due REMS
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– quella di Santa Sofia d’Epiro, in Calabria, che ha accolto sette persone provenienti dall’OPG di Barcellona Pozzo di Gotto che finalmente ospita solo internati siciliani;
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– quella di San Maurizio Canavese, in Piemonte, che ha accolto 10 pazienti provenienti da Castiglione delle Stiviere.
Purtroppo l’apertura della REMS a Genova ha subito un ritardo per ragioni burocratiche e amministrative, ma nel giro di qualche settimana dovrebbero essere risolte e la struttura accoglierà tre internati liguri ancora presenti nell’OPG di Montelupo Fiorentino e 14 pazienti da Castiglione delle Stiviere che a quel punto sostanzialmente avrà presenze di sole persone della Lombardia.
Per l’inizio del 2017 è prevista l’apertura di un secondo modulo a Caltagirone che consentirà la chiusura dell’OPG di Barcellona Pozzo di Gotto ospitando gli ultimi 14 (13 siciliani (11 uomini e 2 donne) e 1 SFD. ) pazienti siciliani ancora presenti e mi auguro che anche in Toscana sia trovata una soluzione che possa permettere la chiusura dell’OPG di Montelupo.
Se per la fine di gennaio sarà raggiunto questo tanto atteso traguardo, ci si potrà dedicare ad affrontare le problematicità indicate nella Relazione semestrale dell’agosto scorso. Le criticità e le prospettive di lavoro futuro, a cominciare dalla definizione delle strutture definitive, saranno alla base del Seminario nazionale convocato dal Ministero della Salute e da quello della Giustizia per una scadenza prossima. Soprattutto servirà per individuare e definire un coordinamento per la verifica e il monitoraggio del lavoro dei prossimi anni.
Questo periodo è stato ricco di incontri e di confronti, ricordo in particolare gli appuntamenti a Bari, a Roma e a Parma per mettere a fuoco i nodi emersi nella fase di sperimentazione, continua e intensa, e di valutare le questioni ancora aperte.
Solo a futura memoria segnalo alcuni punti: l’istituzione di un organismo di monitoraggio e di indirizzo composto dai rappresentanti dei Ministeri della Salute e della Giustizia, del DAP, delle Regioni, delle Associazioni, del Coordinamento REMS, della Commissione mista del CSM; il rispetto della territorialità, in particolare per le donne; l’omogeneizzazione dei Regolamenti e il rapporto con quello penitenziario; la presenza di camere con più di due letti; la competenza per i trasferimenti in ospedale; l’osservanza del principio costituzionale del rifiuto della pratica della contenzione; le problematiche relative ai soggetti senza fissa dimora, italiani e stranieri; le caratteristiche e i vincoli dei protocolli con le prefetture e la magistratura; la formazione del personale. A tutto ciò andrebbero aggiunti altri aspetti apparentemente minori (dal lavoro al vitto) che ineriscono la qualità della vita quotidiana e i diritti inviolabili e soprattutto la dignità delle persone.
In conclusione debbo ribadire che siamo ancora in mezzo al guado, anche se vicini alla riva.
La chiusura del manicomio criminale, degli Ospedali psichiatrici giudiziari, rappresenta davvero una rivoluzione culturale e sociale che si ricollega alla fine del manicomio civile iniziata con la legge 180 attribuita, nell’ispirazione, a Franco Basaglia.
Personalmente ho l’orgoglio di partecipare alla realizzazione di un obiettivo che rende l’Italia un modello unico in Europa e nel mondo. Sono ben consapevole che questo passaggio si svolge su un terreno ricco di contraddizioni, dal momento che la legge 81 non ha eliminato alla radice il nefasto doppio binario del Codice Rocco, ma non bisogna avere paura di vivere le contraddizioni, quando sono felici, perché attraverso di esse si produce il cambiamento.
Non navighiamo in acque tranquille, ma siamo nel gorgo che potrebbe risucchiarci nel fondo degli abissi. Occorre forza, determinazione e ambizione per conquistare definitivamente l’orizzonte più vasto che in questo caso è rappresentato dal superamento della logica manicomiale che è diffusissima. Una volta si amava ripetere che la rivoluzione non era un pranzo di gala, in altri termini vuole dire che non bisogna farsi inchiodare dal formalismo e produrre invece un salto nella coscienza civile. Realizzare cioè nel corpo della società la riforma e conseguentemente tradurre in nuove norme il cambiamento.
Sono convinto che la chiusura degli OPG ci offre una leva per affrontare questioni irrisolte come quella di un nuovo Codice Penale, della riforma del carcere e del senso della pena. L’abolizione del manicomio criminale ci rende più forti per aumentare le libertà e i diritti. Rende plausibile una alternativa alla prigione per i minori, per le donne, per i poveri.
Mi è capitato recentemente di ascoltare una lettura dell’attore Mino Profico, di una testimonianza di un internato nell’OPG di Aversa e ora ospite di una REMS.
Offro con emozione una frase che rende l’idea dell’avventura che stiamo vivendo.
“Hanno chiuso finalmente gli OPG. Sono usciti in tanti. Qualcuno ce l’ha fatta, qualcun altro no. Qualcuno non ce l’avrebbe fatta comunque (…) Io sento che l’aria sta cambiando… non voglio affrontare il mondo, voglio che un po’ di mondo, venga a trovarmi, per conoscermi e condividere un tratto della mia esistenza”.
Che oggi l’aria stia cambiando, dipende da noi. Da ciascuno di noi.
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