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Terra e confini: una recensione

24 Dic 16

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Si intitola Terra e confini. Metamorfosi di un solco l’agile, snello, chiaro e stimolante saggio che Sandro Mezzadra, docente di filosofia politica all’Università di Bologna e collaboratore delle Università di Sidney e di Berlino, esperto di problemi di politica delle migrazioni, ha pubblicato quest’anno per Manifestolibri (63 pp., 8 euro). Nel testo si ripercorre la storia del confine, un solco che continua a sanguinare da quello fratricida tracciato da Romolo nel mito fondativo dell’Urbe alla herida abierta che separa oggi Messico e Stati Uniti nelle parole della poetessa messicana Gloria Anzaldua. Del confine come elemento di privatizzazione di una porzione della terra a opera di un gruppo, che fonda la cittadinanza, vengono così ripercorse appunto le metamorfosi a partire dal solco tracciato per separare, appropriare e consentire un attraversamento discrezionale e selettivo; alla frontiera che è invece confine mobile, perennemente in espansione verso ovest nel sogno americano; alla linea immaginaria tracciata nell’ambito di una cartografia, con la quale sono stati fissati gli artificiali confini della decolonizzazione; ai muri e reticolati che si vanno moltiplicando per  mantenere separati i destini di chi abita il nord e il sud del mondo e frenare la pressione dei corpi per un oltrepassamento che sia insieme materiale e simbolico. Confini di terra dunque, ma anche confini d’acqua: il nostro Mediterraneo e le migliaia di uomini, donne, bambini che ogni anno le sue onde ingoiano voraci. Confini esterni a separare territori, ma anche confini interni ai territori a designare campi, riserve, luoghi di esclusione e/o inclusione differenziale, selettiva, provvisoria che vanno oggi moltiplicandosi. E che interpellano i Centri di Salute Mentale quando sotto il peso del fallimento e dell’incertezza l’integrità della mente vacilla, e la tristezza e la disperazione si fanno più grandi. Perché la globalizzazione non ha mantenuto la promessa di liberarci dalla “pesantezza della terra e dei solchi tracciati su di essa”; anzi ha reso semmai più impermeabili e violenti i macabri e mortiferi rituali dei guardiani del confine. L’ultima nota di Mezzadra, tuttavia, non è per loro; è per le reti di solidarietà che dalla Grecia, alla Germania, alla Catalogna (ma anche più vicino), vanno tessendosi intorno ai profughi e ai migranti, progetti d’”invenzione democratica” nei quali germoglia forse il seme – e sarebbe imperdonabile che la nostra generazione non lo sapesse far crescere – di un’altra Europa. Un’Europa per tutti. Buona lettura!

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