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Cosa ci racconta la rete
di Francesco Bollorino

MILITANZA POLITICA E PSICOANALISI, IL CASO MASSIMO RECALCATI

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24 luglio, 2017 - 11:30
di Francesco Bollorino
Non sembra placarsi specialmente in rete, dal momento in cui non credo che la cosa sia seguita, con apprensione, sotto gli ombrelloni di Ostia Lido, la polemica sull’Endorsment (Appoggio in italiano, lingua ormai desueta sembra…) forte di Massimo Recalcati in favore di Matteo Renzi e della sua linea politica, in un crescendo rossiniano che partito dalla Leopolda, passando per la creazione a Milano della Scuola Politica del PD intitolata a Pier Paolo Pasolini fino ad arrivare al recente contributo di Recalcati sulle pagine di Repubblica dove “accusa” la sinistra fuoriuscita dal PD di incapacità di elaborazione depressiva del lutto e regressione ad una posizione schizoparanoide di attacco al “nemico” Renzi, soprattutto per rafforzare profondamente la propria posizione di opposizione e se vogliamo “di guerra” come accade nel mito di Ifigenia in Aulide richiamato da Franco Fornari nel suo antico e bellissimo saggio “Psicoanalisi della Guerra” del 1970 che meriterebbe una ristampa essendo introvabile purtroppo .
 
Ritengo giunto il momento di provare, con spirito laico, com’è nella tradizione della rivista, a fare un po’ di chiarezza e a proporre quello che è il nostro punto di vista sulla querelle.
 
Non è da oggi che Recalcati esprime opinioni politiche e le declina utilizzando gli strumenti del suo sapere lacaniano ne sono testimonianza anche diversi video che abbiamo pubblicato, in anni non sospetti, sul canale tematico della Rivista.
 
Eppure è solo da quando ha iniziato molto apertamente ad appoggiare Matteo Renzi e non a fustigare Berlusconi come ha fatto in passato, che le polemiche e le critiche sul suo operare si sono moltiplicate.
 
Non mi pare che Massimo Recalcati sia l’unico psicoanalista schierato politicamente né che sia l’unico a usare i suoi strumenti per analizzare la situazione politica e ha in questo compagni, a dir poco illustrissimi, a cominciare da Freud, passando per Reich per arrivare a Fromm.
 
Credo valga la pena porsi delle domande e provare a dare delle risposte il più possibile obiettive.
 
Può uno psicoanalista schierarsi pubblicamente a favore di una forza politica?
La mia risposta è SI’ nella misura in cui è anche un cittadino e ha come tutti tale diritto. Ciò che poi potrà significare per il suo lavoro e nel rapporto con i suoi pazienti (che, per altro, da tempo vanno da lui sapendolo personaggio pubblico a livello nazionale) sarà la sua competenza a valutarlo all’interno del setting e, come dovrebbe sempre accadere, tutto potrà e dovrà essere riportato alla dimensione analitica.
 
Può uno psicoanalista usare le categorie del suo sapere per argomentare le sue tesi politiche o persino per controbattere le tesi di chi non la pensa politicamente come lui?
La mia risposta è SI’ poiché, non essendo un tuttologo, l’uso di argomentazioni, ovviamente appropriate, desunte dal suo sapere può rappresentare un contributo qualificato ancorché soggettivo e ovviamente “di parte”, come sono “di parte” coloro i quali lo contestano sia chiaro. Non credo che esprimere opinioni ex cathedra sul PIL da parte di uno psicoanalista sia di un grande aiuto alla risoluzione delle tensioni economiche in ambito UE.
 
Hanno queste polemiche a che fare con la popolarità di Recalcati?
E’ un dato di fatto obiettivo che Massimo Recalcati abbia un crescente successo tra la gente, ne sono testimonianza i numeri di vendita dei suoi saggi di divulgazione alta (ma qui vorrei consigliare la lettura di quello che per me resta il suo miglior libro, certo il più originale, che è “L’UOMO SENZA INCOSCIO” uscito nel 2010 per Cortina) e le platee che assistono alle sue frequenti conferenze in giro per l’Italia. E’ indubbio che tale popolarità faccia da cassa di risonanza alle opinioni espresse dal Nostro, rendendole per ciò stesso “più visibili” e come tali più, necessariamente, attaccabili, da chi non la pensa come lui, ma non sono sicuro che le critiche a lui rivolte non abbiano anche a che fare con una certa percentuale d’invidia per detto e obiettivo successo popolare. Non sono, per altro, sicuro che chi accusa Recalcati di eccessiva esposizione mediatica rifiuterebbe, sdegnosamente, un invito per una conferenza in un luogo prestigioso o una miniserie su RAI3 o la collaborazione alle pagine culturali di un quotidiano a tiratura nazionale.
 
Hanno diritto i suoi detrattori a contestare le opinioni di Recalcati?
Assolutamente SI’. E ne hanno diritto anche usando i suoi stessi strumenti, fa parte del gioco che l’esporsi porta con sé. Come ha scritto Giovanni Lamagna su Facebook commentando un post di Recalcati: “Il problema, caro Massimo, non è utilizzare le categorie psicoanalitiche per giudicare le cose della politica. Questo è legittimo. Ci mancherebbe! Altri (a cominciare dallo stesso Freud e passando per la scuola di Francoforte) lo hanno fatto prima di te . Il punto è che, se emetti giudizi e valutazioni politiche, devi mettere in conto che altri non le condividano. Anzi che non condividano neanche la giustezza dell'utilizzo delle categorie psicoanalitiche che motivano (a tuo dire) i tuoi giudizi politici. Mica puoi pensare (lo dico col massimo rispetto possibile) di essere insindacabile.” Anche se mi pare giusto sottolineare che una buona parte del livore dipenda anche da una certa antipatia diffusa, ancorché difficilmente classificabile, nei confronti di Matteo Renzi vissuto “molto male” da ampi strati di quella sinistra più radicale contro cui ultimamente Recalcati si è scagliato. Mi domando se sarebbe successo lo stesso se Recalcati avesse fatto un endorsment a favore del dolce Pisapia o del mitico D’Alema.
 
In Italia è più facile essere “contro” che essere “a favore”?
Questo è un tema delicato che travalica l’attuale polemica e lo stesso Recalcati. Siamo il popolo del NO, ci ritroviamo molto meglio specie a sinistra attorno all’opposizione piuttosto che all’appoggio al punto di cavalcare pure le deliranti idee di chi contesta le vaccinazioni. In questo senso Recalcati si è posto e si pone in una posizione eccentrica rispetto ad un certo sentire di una certa Sinistra Storica che temo continui ad essere più vicina a Bertinotti che a Obama.
 
Mi auguro che questa breve nota possa aprire su Psychiatry on line Italia un dibattito costruttivo e serio. Una speranza che spero non venga disillusa…

 

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Commenti

Sul tema rimando a due ulteriori contributi pubblicati sulla rivista:
L'AFFAIRE MILLER VERSUS RECALCATI. Intervista a Sarantis Thanopulos
http://www.psychiatryonline.it/node/6814
RECALCATI, JOYCE E ALAIN MILLER
http://www.psychiatryonline.it/node/6878

Caro Bollorino, la tua è la posizione più intelligente, perché spiega pacatamente (e sulla querelle è proprio la pacatezza che manca) e sillogisticamente, il diritto di ognuno
• di avere la propria opinione,
• di militare per la causa che ritiene giusta
• e soprattutto di “sbagliare”.
Io mi sono addentrato, forse sbagliando, in un commento in psicanalese sulla lettera di Recalcati a Miller, ma è che volevo comunicare a una persona che tutti abbiamo a cuore, di cercare una riconciliazione con che ha sbagliato (Miller), perché gli addii contengono sempre un resto e un retrogusto di amaro, mentre il perdono (“Il perdono nella vita amorosa”, ma non solo nella vita amorosa) è il migliore antidoto contro le amarezze della vita.

p.s. Purtroppo, se una volta c’era la “Rive Gauche”, oggi c’è la “Dérive Gauche”, di una sinistra che non ne azzecca una.

L'intervento di Bollorino tanto rotondo quanto pacato (non di parte) mi suggerisce un interrogativo.
Quando in Italia (soprattutto in Italia) riusciremo a fare politica che non sia in riferimento stretto alle persone ma alle idee? Facciamo politica a favore di quello contro quell'altro; il modello è sempre quello degli amici contro i nemici. Non facciamo politica sui problemi del paese. Ci muoviamo, ci agitiamo, inveiamo contro questo, elogiamo quell'altro, ma sembra un movimento sterile. Oggi sul Corriere Paolo Franchi parla del socialismo che è stato un movimento e pare che stia morendo perché cessa di muoversi. Aggiungo: il socialismo (la nostra sinistra) ha cessato di muoversi perché non ha elaborato idee per cui valga la pena di muoversi, ma ha prodotto solo reazioni emotive contro questo o contro quello.
Anche lo psicoanalista non sa pensare altro che politiche personalistiche. Questo ha origine antiche. Si risale al 1921, quando Freud pubblicò un psicologia delle masse basata unicamente sull'identificazione al Führer. Allora il mio Führer va bene, il tuo Führer va male, il mio è migliore del tuo. Non si esce dai personalismi neppure con Freud. Forse un approccio alla politica meno narcisistico e più scientifico sarebbe più conveniente, forse anche più democratico.

A questo punto ci vorrebbe un saggio sulla psicoanalisi del consenso, per capire, al di là delle identità tribali e regressive o più semplicemente del trascinarsi passivo dietro icone televisive o telematiche, se sia effettivamente possibile costruire un percorso culturale, umanista, scientifico, efficace anche nella memoria storica, che non abbia solamente la capacità di unire dietro un leader o un'icona televisiva, ma soprattutto di realizzare un progetto culturale, umanista, scientifico e storico che costruisca nuova capacità relazionali e sociali, nuova realtà identitarie emancipate, su ogni scala della differenza, che è sempre illusione superficiale, mentre profondamente queste siano legate appunto da un idea di progetto efficace.
I detrattori per chi lavora sempre se ne trovano o speculatori o perfino rapinatori.

concordo con Francesco Bollorino​! è questo che non ha compreso Recalcati! Ed è questo che non hanno compreso molti dei suoi detrattori. Ora però occorre trovare il modo di uscire da questa posizione di stallo che a mio avviso finisce con accecare lui e molti di noi: torniamo a calcare la strada della ri\flessione e della pacatezza.


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