La rivista La Psicoanalisi ha voluto, con questo numero, rendere omaggio a Franco Basaglia.
E sulle intuizioni di Basaglia – e sulle conseguenze concrete che tali intuizioni hanno avuto nel campo della psichiatria e più in generale nel campo della salute mentale – diversi autori – alcuni, discepoli di Basaglia, e altri, allievi di Lacan – hanno scritto vari e interessanti articoli.
Noteremo nei diversi autori l'accento posto sulla modernità di Basaglia, sugli interrogativi circa la malattia mentale, le tecniche in uso che cambiano le strutture istituzionali psichiatriche, la prassi che porta l'abolizione degli ospedali psichiatrici e, infine, la sfiducia nella psicoanalisi, come metodo e come teoria.
Eppure un autore intitola il suo saggio "Basaglia con Lacan", indicando in tal modo la possibilità di un annodamento tra le due opere.
Sottoscrivo la possibilità di questo annodamento e, pur lasciando al lettore il piacere della lettura di questi saggi, vorrei sottolineare due aspetti. Il primo riguarda il punto di raccordo che lega Basaglia a Lacan. È detto in più di un articolo. Vorrei però ricordarlo. Questo punto di raccordo ha un nome: Tosquelles. Basaglia si è ispirato a Tosquelles, ma Tosquelles è debitore di Lacan. Lacan lo ricorda più volte, tra l'altro nel testo riportato in questo numero: "Secondo un ritmo al quale siamo ormai abituati, la mia tesi ha iniziato a essere letta solo dopo dieci anni in luoghi di avanguardia come il manicomio di Saint-Albans […]". Ora, è proprio all'ospedale Saint-Albans che Tosquelles mette a punto quella che verrà chiamata psychothéra-pie institutionelle. E la tesi di Lacan, il famoso caso "Aimée", è servita a Tosquelles per orientarsi.
Ora, è questo il secondo aspetto, è evidente che Lacan, fin dall'inizio, istituisce nel suo insegnamento un filo conduttore per cui la malattia mentale è collegata con il sociale. Questo dato non è, a mio avviso, secondario per l'importanza che Basaglia dà al sociale rispetto alla malattia mentale. Per Basaglia, la malattia mentale è intrinsecamente collegata con il sociale. Apparentemente come per Lacan.
Eppure tra Basaglia e Lacan c'è una differenza essenziale: per Basaglia il sociale è un sociale che chiamerei sociologico. E così abbiamo da un lato il sociale e dall'altro la malattia mentale prodotta da questo sociale. La malattia mentale è un effetto di questo o di quel sociale.
Per Lacan invece il sociale è equivalente all'ordine simbolico e l'ordine simbolico è equivalente a ciò che nella psicoanalisi si chiama edipo. Per Lacan dunque l'edipo consiste in quel simbolico che rende umano il mondo degli uomini ed è quindi correlativo all'entrata dell'uomo nel campo del linguaggio. In questa lettura il sociale implica – strutturalmente – la malattia mentale: la malattia mentale prende l'uomo nel momento stesso in cui entra nel campo del simbolico, del linguaggio. La modalità di questa cattura è indicata nella tripartizione della clinica differenziale freudiana: nevrosi, perversione, psicosi.
Per questo, fin dal 1946, Lacan ricorda che "l'essere dell'uomo non solo non può essere compreso senza la follia, ma non sarebbe l'essere dell'uomo se non portasse in sé la follia come limite della sua libertà" (Scritti, Einaudi, p. 170).
Ora, se da un lato il sociale – strutturalmente – equivale all'edipo, al simbolico, al linguaggio – per cui la malattia mentale è la compagna dell'essere dell'uomo – da un altro lato, però, per il fatto che il linguaggio non è riconducibile a un metalinguaggio, il simbolico si relativizza in una pluralità di cui Lacan ci ha fornito la logica, nel 1969-1970, nel Seminario XVII Il rovescio della psicoanalisi (Einaudi). A causa di questa relativizzazione, Lacan potrà, a proposito dell'edipo, dire che si tratta di "un sogno di Freud" e, a proposito della malattia mentale, indicare che, pur essendo un effetto dell'incidenza del linguaggio sull'uomo, essa è tuttavia sensibile ai diversi discorsi. Dunque, mentre per Basaglia la malattia mentale è un effetto di questo o di quel sociale, per Lacan la malattia mentale è un effetto del sociale in quanto simbolico, ma è diversamente ricettiva rispetto agli elementi in gioco in questo o in quel discorso.
Non è tutto. Dobbiamo aggiungere, in questa nota, che, per Lacan, il malato mentale ha qualcosa da insegnarci: egli ci insegna come funziona la struttura dell'inconscio. È quanto afferma Lacan nella "Presentazione delle Memorie del presidente Schreber" riportato in questo numero: "Diciamo che il testo di Schreber è un grande testo freudiano, nel senso in cui, invece di essere Freud a chiarirlo, è esso a mettere in luce la pertinenza delle categorie forgiate da Freud […]" (Altri scritti, Einaudi, p. 214).
In questo contesto ci è parso prezioso pubblicare la conferenza di Jacques-Alain Miller su "Schizofrenia e paranoia", tenuta a Bruxelles nel 1982, ancora inedita in italiano.