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Il sogno come mezzo di prova della teoria analitica

25 Set 18

A cura di antonello.sciacchi16

Ho sognato di dire una sciocchezza: “I viceré” di De Roberto è un romanzo scritto alla Proust.

Ovviamente non discuto la validità dell’affermazione onirica, ma sfrutto il brevissimo sogno per riaprire una questione che di solito nelle scuole di psicoanalisi non si ama sollevare e in genere attrae poco, essendo ogni analista convinto in base al principio d’autorità della validità della teoria che i formatori gli hanno trasmesso. Intendo il problema della conferma o della confutazione delle teorie analitiche, ossia della loro validità scientifica. In particolare metto a tema la prima teoria freudiana del sogno come soddisfazione di desiderio; ne tento la rivisitazione scientifica. Non garantisco il successo ma provo a prendere la palla al volo.

I resti diurni sono lì e parlano chiaro. Avevo postato su fb una breve riflessione, ispirata alla coazione a confessare secondo Theodor Reik, sullo scrivere romanzi come confessioni pubbliche per senso di colpa, per un crimine, magari solo desiderato e mai realizzato. La sera avevo visto il primo tempo dell’incontro di volley Italia-Slovenia; siccome l’Italia perse il primo set, andai a letto deluso, senza aspettare l’esito del match, vinto poi dall’Italia.

Ecco le interpretazioni freudiane.

Interpretazione di primo livello: "Viceré-vi(n)cere"; desideravo che vincesse l’Italia (nome di mia madre, siciliana come l’autore dei Viceré). L’associazione "Viceré-vi(n)ceremo" risale addirittura alla mia infanzia, quando imparavo a leggere compitando le scritte fasciste sui muri. Mussolini fu il viceré che scalzò il re. Siamo in ambito edipico, sicuramente freudiano.

Interpretazione di secondo livello: il tempo perduto, o primo tempo della sessualità infantile, si giustifica per via dell’assonanza Proust-prostata; oggi la mia, come per metà dei maschi, è ipertrofica e mi procura qualche leggero fastidio; nel sogno vado alla ricerca di quel tempo perduto; desidero tornare bambino con prostata normale. Era forse anche il desiderio di Proust scrivendo la Recherche du temps perdu?

Interpretazione di terzo livello: volley = volli. Prima della partita fece irruzione in campo un clown-mascotte con la scritta “volly” sulle spalle. Insomma, il desiderio polemico del sogno è voler dire che il sogno e la teoria freudiana che lo interpreta sono buffonate. Non è ancora una confutazione.

E si potrebbe andare avanti a interpretare, magari entrando nella saga degli Uzeda di Francalanza – romanzo considerato da Sciascia (1977) il più grande della letteratura italiana dopo iPromessi sposi (contro Croce) – andando in caccia del “vero” desiderio inconscio, edipico secondo Freud. Ma qui mi interessa altro, più sul piano collettivo della pratica scientifica che del desiderio individuale.
L’interpretazione freudiana sembra funzionare. In fondo il sogno è un fatto linguistico come tanti altri e non ci sarebbe bisogno dell’ermeneutica freudiana per confermare la teoria. Il problema è che le conferme non confermano mai al 100% la tesi empirica; il prossimo caso può disconfermarla. È un principio epistemologico spesso dimenticato dagli scolastici, che accettano solo le conferme della dottrina, per esempio attraverso i cosiddetti casi clinici, e respingono come eresie le confutazioni. [1]

Come si falsifica la teoria freudiana? Nell’interpretazione freudiana dei sogni c’è un rimando senza fine da interpretazione a interpretazione, che si convalidano l’un l’altra come se la verità dell’una implicasse ricorsivamente la verità dell’altra. Ma il punto di partenza è vero? È vero che il sogno soddisfa il desiderio? Come si confuta? Questo mi sembra il punto zero dove la logica freudiana sembra arenarsi.

È curioso quanto la psicoanalisi si occupi di rimasugli (der Abhub [2]). Come possono delle inezie, dal sogno alle associazioni più folcloristiche, confermare una teoria? A maggior ragione come possono confutarla? Come possono delle considerazioni tangenziali all’argomento confermarne o confutarne la sostanza? Bastano piccoli indizi (Anzeichen)? Sembrano casuali. Si sa che la psicoanalisi freudiana nega l’accidente casuale; ogni evento psichico è determinato da fattori pulsionali in modo giustamente detto “deterministico”, addirittura per Freud “sovradeterministico”. In questo la psicoanalisi esula dal procedimento scientifico, che ammette probabilità sia statistiche sia epistemiche e indebolisce la nozione di causa, riducendola a correlazione statistica.

Come la mettiamo?

Con buona pace di chi ne ha la fobia, a me viene spontaneo metterla giù in modo matematico. Nel 1854 George G. Stokes dimostrò un teorema inviatogli per lettera nel 1850 da lord Kelvin, alias Sir William Thomson, l’uomo della scala delle temperature assolute. È un teorema topologico fondamentale sulle varietà differenziali dotate di bordo; pone in equivalenza le operazioni interne a un volume (lungo la normale) e le corrispondenti operazioni alla frontiera (lungo la tangente). [3] Non sapremo mai come Lacan ne sia giunto a conoscenza. In Posizione dell’inconscio lo cita per “dimostrare” l’invarianza del flusso pulsionale attraverso un orificio corporeo. [4]

È un teorema anche della teoria del campo elettromagnetico di Maxwell, nella cui versione lo riporto: Un integrale di linea preso lungo una curva chiusa può essere espresso come integrale di superficie preso sulla superficie limitata dalla curva. [5] Il bordo della superficie è di dimensione inferiore alla superficie: se la superficie ha dimensione n, il bordo ha dimensione n-1; in questo senso è un “resto” della superficie, ma conta come la superficie intera nel determinare il flusso del campo vettoriale che l’attraversa. Le equazioni di Navier-Stokes descrivono localmente il moto di un fluido, ma non se ne conosce tuttora la soluzione integrale.

La premessa biologica che giustifica l’applicazione del teorema di Stokes al sogno è che durante il sonno l’ippocampo fa piazza pulita dei ricordi inutili del giorno prima, per renderne disponibile la memoria per il giorno dopo. L’immondizia dice lo stato di una città; la diffusione del consumo di coca si può valutare misurando la concentrazione di coca nelle fogne. Il dato tangenziale dello scarto si correla alla condizione sostanziale dell’uso. In questo senso il teorema di Stokes è solo uno di una classe di teoremi topologici che rispondono alla stessa “filosofia”: correlano il locale al globale, il differenziale all’integrale; sono il teorema della divergenza, il teorema di Gauss, il teorema di Green, il teorema fondamentale del calcolo integrale. Tuttavia mi guardo bene dal considerare questi teoremi come condizioni trascendentali del reale.

Non dico che queste considerazioni fisico-matematiche giustifichino la bizzarra termodinamica libidica freudiana. Dico solo che le intuizioni freudiane hanno una lontana parentela con la fisica classica. Non dico neppure che bastino a giustificare scientificamente la metapsicologia. Dico che stimolano la riflessione scientifica in soggetti predisposti a simili astrazioni, per il buon senso astruse.

La considerazione da fare, che mi torna anche da altri contesti, è l’equivalenza topologica – l’omeomorfismo – tra interno ed esterno dell’apparato psichico, in genere misconosciuta da Freud e dai freudiani, a eccezione di Melanie Klein (v. la sua identificazione proiettiva). Se la stessa linea chiusa – l’orificio – delimita due superfici, come due semisfere che poggiano sull’equatore, si può considerare una delle due superfici come l’interno dell’apparato psichico e l’altra come l’esterno. In base al teorema di Stokes il flusso da dentro a fuori equivale a quello da fuori a dentro. Un risultato di non poco conto psicologico, perché stabilisce l’equivalenza tra soggetto individuale e collettivo, indipendentemente dalla loro effettiva estensione: possono avere aree diverse ma flussi uguali.

Mi si obietta: “Tu fai sogni matematici, perché sei matematico”.

Ribatto: “No, i sogni sono sempre matematici; essendo un sapere che non si sa di sapere, l’inconscio è originariamente matematico. Interpretare un sogno è come dimostrare un teorema. In matematica il genio (l’inconscio) intuisce verità che il professore (l’analista) non sempre riesce a dimostrare”.[6]Era di questa opinione anche Kurt Gödel, forse pensando ai tre livelli di conoscenza secondo Spinoza: sensoriale, razionale e intuitiva (amor intellectualis Dei).

Matematica, dal greco manthano, significa “che si apprende”. In particolare, in matematica si apprende senza maestro che insegni. Se arrivi a dimostrare che gli angoli di un triangolo sono pari a due retti, apprendi da solo qualcosa senza un autore che ti indottrini. [7] In matematica non c’è ortodossia calata dall’alto. Non adotta il principio di autorità (da autore), ma non è neanche anarchica, la matematica. Che non ha bisogno di maestri ma di istruttori, come qualsiasi pratica, compresa la sportiva. L’istruttore non ti trasmette la teoria; ti istruisce nella pratica; ti dice come fare; nel caso, come scrivere delle equazioni, senza comunicarti la soluzione. Può valere lo stesso in psicoanalisi? Why not? a patto che lo psicoanalista cessi di fare il didatta.

Nella gracile epistemologia psicoanalitica corrente resta aperto il problema di confermare-confutare la teoria vigente. Come si confuta la tesi freudiana che il sogno soddisfa il desiderio, se è corroborata da 640 pagine di Traumdeutung?

Prima di rispondere alla domanda (la risposta è alla fine del post), formulo una precondizione per affrontare la questione senza polemizzare con l’autore Freud. Nella scienza la funzione autoriale è secondaria; la teoria della relatività è di tutti coloro che sanno svilupparla, non è solo di Einstein;[8]quindi non ha senso polemizzare contro questo o contro quello e neppure idolatrare quello o quest’altro, come è consuetudine nelle “scuole di pensiero”.

Analogamente tratto l’autore Freud, che non decanto né svaluto. Secondo me tutto si gioca attorno a una preposizione. Non si tratta di favorire il ritorno aFreud, all’autore Freud, come proclamava Lacan, ma di promuovere il ritorno diFreud, del soggetto Freud.[9]Noi epigoni non dobbiamo scimmiottare il fondatore, ripetendo i suoi idiotismi, ma dobbiamo metterci al suo posto e proseguire la sua opera, riprendendola da dove è arrivato e dove presumibilmente si è arenato, a costo di uscire dall’ortodossia pur senza cadere nell’eresia.

L’opera scientifica freudiana è rimasta incompiuta. Si interruppe nel 1895 sul progetto per una psicologia scientifica. Quali furono le cause? Non so dire precisamente. Probabilmente non furono estranee le pietose vicende del transfert di Freud contro Fliess, che massacrò chirurgicamente Emma Eckstein, paziente unfolgsam (non proprio “docile”) di Freud, nota come Irma nel sogno campione della Traumdeutung. [10]

Oggi tento di riprendere il lavoro scientifico di Freud, come si riprende un’analisi dopo un’interruzione. Parto da tre assiomi esistenziali e un corollario. Il primo assioma è l’esistenza dell’inconscio, inteso come sapere che non si sa di sapere. Questo assioma introduce nella teoria una logica non aristotelica ma di tipo intuizionista, dove non vale il principio del terzo escluso, cioè dove non si può dire a priori che l’enunciato A vel non A è sempre vero, indipendentemente dal sapere se valga o non valga A. In questa logica esistono enunciati indecidibili o “sfuggenti” rispetto al binarismo vero/falso, come diceva Brouwer. [11]

Il secondo assioma è l’esistenza della rimozione originaria. Nella mia versione del freudismo lascio intenzionalmente decadere tutti i termini bellici, perché sono antropomorfi, quando non sono vitalistici;[12] semplifico il discorso senza convocare conflitti, difese, occupazioni (Besetzungen, di solito tradotti “investimenti”), rimozioni, censure, resistenze, espulsioni (Ausstoßungen). Tuttavia conservo la rimozione originaria; con Freud la intendo come luogo delle rappresentazioni che non saranno mai rimosse dalla coscienza, perché alla coscienza non saranno mai arrivate. Freud la giustifica in termini di fissazione originaria. Io preferisco dire che la rimozione originaria equivale all’incompletezza del sapere scientifico moderno, in questo senso differente dal sapere antico. Paradigmatica è l’incompletezza dell’aritmetica di Peano, dimostrata da Gödel nel 1931, nell’ipotesi che sia coerente, dove la coerenza stessa è indecidibile. [13] Dispiace che di tale nozione scientificamente feconda Freud abbia fatto scarso uso, se non per portare acqua al mulino dell’analisi interminabile.

Il terzo assioma è la Nachträglichkeit o esistenza di un tempo per sapere. Secondo Freud l’inconscio è senza tempo cronologico, sincronico o zeitlos. Ma per venire a sapere una delle sue verità ci vuole del tempo, che non è cronologico, ma epistemico. È il tempo del lavoro analitico che produce effetti “in differita”: verrai a sapere (erfahren) quel che non sapevi di sapere (wissen). [14]

Conservo poco o nulla della metapsicologia pulsionale – la “strega” di Freud, il suo factotum; in pratica uso solo la pulsione di morte, ma riformulata in modo scientifico. Non la intendo, infatti, alla Freud come causa della ripetizione post-traumatica – perché nella scienza galileiana si cerca di evitare il più possibile i discorsi eziologici [15] – ma la considero un rumore di fondo dell’apparato psichico, che interferisce con la “normale” attività psichica e produce false valutazioni epistemiche. Sono attribuibili a tale perturbazione tutte le Fehlleistungen di cui tratta Freud dalla seconda delle sue lezioni sulla psicoanalisi (1916): si va dai veri e propri atti mancati ai falsi amori di transfert e al vero odio, passando per le spiritosaggini, che sono errori voluti. È questo il corollario di cui dicevo sopra, derivato dal primo assioma “dell’ignoranza”: se ignori il vero, cadi nel falso. Il problema mai affrontato da Freud è: se le formazioni dell’inconscio sono così profondamente compromesse con il falso, come possono falsificare una teoria?

Quali sono i miei risultati? Li ho esposti in Il tempo di sapere. Saggio sull’inconscio freudiano, cui rimando[16] Non posso dire che sia stato un successo editoriale. Pago il mancato riferimento a un insegnamento magistrale. Senza il maestro, che la promulga, chi garantisce la teoria? Chi rischia 14 € per comprare un libro senza ortodossia, anche se non ha eresie?

In verità una teoria scientifica non ha bisogno di essere garantita, tanto meno di essere ortodossa: basta che sia controllabile dal collettivo di pensiero scientifico, descritto da Ludwik Fleck. [17] Non importa che sia confermata o confutata; basta che uno dei due esiti, o non A, sia raggiungibile e sia prima o poi raggiunto, magari solo parzialmente. Il tempo epistemico non si misura con l’orologio, però. Le onde elettromagnetiche, previste teoricamente da Maxwell in Scozia nel 1873, furono scoperte sperimentalmente in Svevia da Hertz 17 anni dopo; per le onde gravitazionali previste da Einstein nel 1916 ci vollero cento anni per osservarle nell’Universo, data la complessità ingegneristica dell’apparato sperimentale necessario a registrarle in due località diverse: la California e la Toscana, tanto per ribadire la natura collettiva del soggetto della scienza.

Anche nel caso della psicoanalisi scientifica occorrerebbe formulare previsioni confermabili o confutabili sperimentalmente. Ma sembra che agli psicoanalisti la cosa risulti indifferente. Basta loro applicare alla psicoterapia quanto hanno imparato a scuola e non si preoccupano d’altro. Del resto Freud non diede il buon esempio, non avendo familiarità con la problematica epistemologica della conferma-confutazione. Come tutti gli scolastici si accontentava delle conferme. Nel breve scritto Un sogno come mezzo di prova (1913) affrontò la questione se un sogno possa confermare un evento negato dalla sognatrice. Non concluse né pro né contro. Concluse che il sogno confermava la propria teoria della soddisfazione del desiderio e chiuse lì.

Tuttavia in Al di là del principio di piacere (1920), Freud onestamente riconobbe nella ripetizione dei sogni post-traumatici, se non proprio la confutazione alla teoria del soddisfacimento del desiderio, l’esistenza di qualcosa “di più originario, di più elementare, di più pulsionale, del principio di piacere, messo da parte”. [18] Ma tentò di salvare capra e cavoli, inventando una seconda pulsione accanto alla sessuale: la pulsione di morte, responsabile della ripetizione come la pulsione sessuale lo è della soddisfazione del desiderio.

A dirla tutta, personalmente preferisco stare dalla parte della confutazione. In questo sono più vicino a Lacan che a Freud; come Lacan concepisco una sola pulsione, quella di morte, che nella topologia lacaniana fa il giro dell’oggetto senza entrarne in possesso. Allora il godimento è l’esito mortifero dell’apparato psichico, dominato da quella pulsione. Meno antropomorfo di Freud e di Lacan, sono però orientato a dire che il godimento, in modo non molto dissimile dalla soddisfazione onirica del desiderio, non è “mortifero” ma “falso”, cioè più vicino al reale che all’immaginario. Tipicamente falso è il godimento compromissorio offerto al soggetto dal sintomo nevrotico. Ma parlare di pulsione del falso non è molto gradito a una sensibilità estetica da millenni educata ad aborrire il falso in nome dell’imperante idealismo. Infatti, “non sembra possibile, dentro all’alternativa idealista, opinare il falso”.[19] Freud ci ha aperto una via di verità per pensare il falso, indicando nell’analisi del sogno la via regia ad falsum, buona per i sintomi come per i transfert. In questo fu uomo di scienza, probabilmente malgré soi.

A noi epigoni freudiani resta da pelare una gatta: come si falsifica il falso?
 



[1] La ragione psicologica di tale atteggiamento “conservatore” sta nel processo di individuazione. Per il soggetto è più facile confermare ciò che è piuttosto che negare ciò che non è. La prima operazione garantisce l’unità della persona, confermando l’Io con deriva paranoica; la seconda rischia la dissociazione schizofrenica, confermando l’Altro (v. il sintomo del negativismo). In senso filosofico il discorso di conferma si configura come parresia, cioè come “dire la verità” o dire di ciò che è che è. Il discorso scientifico prende le distanze da simili tautologie ontologiche; adotta la strategia del dubbio e si affida alla confutazione delle congetture più che alla loro conferma.
[2] S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi. II lezione (1916SFGW, vol. XI, p. 20). Il termine Abhub ricorre nel senso di “rifiuto” o “scarto” (Freud usa il francese refuse) anche nel Mosè di Michelangelo, (1914, SFGW, vol. X, p. 185), dove Freud cita il lavoro di Giovanni Morelli (1816-1891), che identifica le opere d’arte in base a dettagli secondari, “rifiuti” apparentemente insignificanti.
[3] Si tratta di una dualità che correla due operazioni l’una inversa dell’altra: la derivazione e l’integrazione, come prevede il teorema fondamentale del calcolo integrale. Forzando l’analogia, sarei tentato di dire che l’integrazione è come la sintesi del sogno, prodotta dall’inconscio dell’analizzante per condensazione e spostamento, mentre la derivazione è come l’interpretazione, prodotta dall’inconscio dell’analista. Ma bisogna andar cauti con le analogie.
[4]J. Lacan, “Position de l’inconscient”, (1960-64, Posizione dell’inconscio), in Id., Écrits, Seuil, Paris 1966, p. 847). Ecco l’enunciato lacaniano: “On sait ce que ce théorème énonce sur le flux de rotationnel. Il suppose un vecteur champ, défini dans le continu et le dérivable. Dans un tel champ, le rotationnel d'un vecteur étant articulé des dérivées de ses composantes, on démontre que la circulation de ce vecteur sur une ligne fermée est égale au flux de rotationnel qui s'engendre de la surface prenant appui sur cette ligne comme bord. C'est dire qu'à poser ainsi ce flux comme invariant, le théorème établit la notion d'un flux «à travers» un circuit d'orifice, soit tel que la surface de départ n'y entre plus en ligne de compte”. Propongo una traduzione diversa dall’ufficiale: “Si sa ciò che questo teorema enuncia sul flusso del rotore. Suppone un campo vettoriale definito nel continuo e derivabile. In tale campo il rotore di un vettore si articola nelle derivate delle sue componenti. Si dimostra che la circuitazione di questo vettore lungo una linea chiusa è uguale al flusso del rotore generato dalla superficie, che ha tale linea come bordo. In altri termini, posto il flusso come invariante, il teorema stabilisce la nozione di un flusso ‘attraverso’ il circuito di un orificio, tale che la superficie di partenza non conta più.” I matemi di Lacan hanno poco valore scientifico. Sono formule mnemotecniche per ricordare agli allievi i punti salienti della dottrina.
[5] J.C. Maxwell, A treatise on electricity & magnetism(1873-1891), Dover, New York 1954, vol. I, p. 27.
[6] La resistenza alla matematica ha molte affinità con la resistenza all’analisi.
[7] Nel Menone Platone usa questo argomento per dimostrare che conoscere è ricordare ciò che si sa già. Il paralogismo platonico fonda la scienza antica come storiografia e l’idealismo come storicismo: historia magistra vitae.
[8] In base alle date di pubblicazione, prima che di Einstein la relatività ristretta fu di Poincaré; la generale di Hilbert. Sia Poincaré sia Hilbert riconobbero la priorità intellettuale di Einstein. Il soggetto collettivo precede l’individuale.
[9] Cfr. A. Sciacchitano, Come si fa ricerca in psicoanalisi, “aut aut”, 379, 2018, p. 140.
[10] Cfr. “C’è peste e peste”, http://www.psychiatryonline.it/node/7632.
[11] Cfr. A. Sciacchitano, “Lo psicoanalista bigia la scuola. L’intuizionismo in psicoanalisi” (2016), in Pensare il rovescio.Psicoanalisi in movimento, a c. A. Siciliano e F. Chicchi, Galaad Edizioni, Teramo 2018, p. 175.
[12] Antropomorfismo e vitalismo sono approcci tautologici al reale. Spiegano l’uomo con l’uomo, la vita con la vita. L’errore logico risale a Socrate. Invano tentò di correggerlo Nietzsche: “La vita non è un argomento; tra le sue condizioni può esserci il falso (Irrtum)”, La gaia scienza, af. 121.
[13] Non esiste fissazione (Fixierung) nell’aritmetica assiomatizzata da Peano.
[14] Cfr. “In differita”, http://www.psychiatryonline.it/node/7539.
[15] La ripetizione dell’identico alla Nietzsche o alla Freud non ha cause specifiche. È l’effetto generico della finitezza del meccanismo che la genera. Una macchina deterministica, che entri nello stato meccanico Q, ripete tutte le prestazioni successive alla prima volta che è passata per Q.
[16] Mimesis, Milano-Udine 2013.
[17] Cfr. L. Fleck, La scienza come collettivo di pensiero (1927-47), a c. C. Catenacci, Melquiades, Milano, 2009. Quale fisico quantistico cestinerebbe la pregevole Quantum Theory(1952) di David Bohm, solo perché non allineata ai canoni della scuola di Copenhagen? Nel 1964 J.S. Bell formulò la sua celebre disequazione di non località e di non realismo, confermata sperimentalmente da A. Aspect nel 1980, assumendo la versione di Bohm dell’entanglement quantistico. (Cfr. J.S. Bell, “Sul paradosso di Einstein-Podolski-Rosen” (1964), in Id., Dicibile e indicibile in meccanica quantistica (1987), trad. G. Lorenzini, Adelphi, Milano 2010, p. 20).
[18] S. Freud, “Jenseits des Lustprinzips” (1920, Al di là del principio di piacere), in SFGW, vol. XIII, cap. III, p. 22.
[19] Platone, Teeteto, 188c.

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