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IL GIOCATORE: tra Dostoëvskij, ICD10 e DSM5

17 Nov 18

A cura di Paolo F. Peloso

Con questo testo, desidero riassumere  – in occasione della serata "Gioco d'azzardo: da Dostoevskij alle neuroscienze"  che mi vedrà protagonista con Federico Bruno  MARTEDI' 20 NOVEMBRE alle 18 presso il club Amici del Cinema di Sampierdarena di via Carlo Rolando 15 (a seguire apericena e proiezione del film "The gambler", 2014, regia di Rupert Wyatt) – un ragionamento sul gioco d’azzardo che ci ha già visto recensire per questa rivista due volumi, La posta in palio. L’azzardopatia tra letteratura e psicologia  di Stefano Casarino e Mauro Selis (Amarganta, 2015, clicca qui per il link), e Ludocrazia. Un lessico per l’azzardo di massa, un testo collettaneo curato da Marco Dotti e Marcello Esposito (0barra0, 2016, clicca qui per il link).
L’anno scorso sono stato invitato a tenere due conferenze sul racconto Il giocatore che Dostoëvskij scrisse, stretto dai debiti, mentre stava lavorando al più noto romanzo Delitto e castigo. Nel 2016 entrambi i romanzi hanno compiuto un secolo e mezzo[i].  La prima di esse, organizzata dalla ASL di Reggio Emilia insieme alla Libera università “Il Crostolo” ha trovato spazio nell’ambito della Settimana della Salute Mentale di Reggio, dedicata appunto quest’anno al gioco d’azzardo. La seconda è stata organizzata al Palazzo ducale di  Genova dall’Accademia Ligure di Scienze e Lettere.
Il testo dal quale ho tratto il materiale per queste conferenze è stato pubblicato on-line, open access, con il titolo Sensazioni estreme e ordaie senza fine. "Il giocatore" dal descrivere diagnostico al comprendere psicopatologico dalla rivista Tysm. Phylosophy and social criticism, alla quale rimando chi fosse interessato a conoscerlo nella sua interezza, non potendo qui che richiamarlo per gli aspetti utili a questo ragionamento (clicca qui per il link).
Quello che vorrei proporre invece qui oggi sono alcune brevi note, a mo’ di sintesi, in particolare per ciò che riguarda i meccanismi che Dostoëvskij descrive per il gioco d’azzardo estremo (una definizione che preferisco, perché non dà per scontata una lettura del disturbo come malattia, rispetto a quella di “gioco d’azzardo patologico” o “disturbo da gioco d’azzardo”), e alcune definizioni del gioco d’azzardo da parte dello scrittore. Per quest’operazione, mi avvarrò di quattro fonti: l’epistolario, pubblicato a cura di Ettore Lo Gatto nel  1950[ii]; il diario della seconda moglie, Anja, che lo accompagnò in alcuni dei suoi viaggi in Europa occidentale[iii]; il romanzo Il giocatore, del 1866[iv]; il romanzo L’adolescente, del 1875[v]. Confronterò poi i meccanismi e le definizioni trovati in queste fonti con la definizione del Disturbo da gioco d’azzardo nel ICD 10 e nel DSM 5, dove esso è collocato nell’ambito dei Disturbi da dipendenza.
Tra i meccanismi del gioco d’azzardo che ho potuto enucleare – con una ricerca certamente lacunosa in quanto non ho avuto modo di condurla in modo sistematico – mi paiono più significativi i seguenti:
 
  1. Il convincimento di poter dominare il caso attraverso una logica razionale, o il piacere di sfidarlo (Epistolario, 20/8-9-63; 18-5-67; Il giocatore, p. 284, 291, 415; L’Adolescente, p. 339).
  2. Il doppio meccanismo per il quale vincere sprona a giocare per vincere di più, perdere spinge a giocare per andare almeno in pari (Epistolario, 20/8-9-63; 28/16-8-67; 24-5-67; 28/16/8-67; 28-4-71; Il giocatore,  pp. 352, 363)
  3. L’espressione di sentimenti di vergogna (Epistolario, 30/18-10-63; 24-8-65; 28/16-8-67)
  4. L’espressione di sentimenti di colpa (Epistolario, 24-5-67; 6-10-67; 4-4-68; 18-11-68)
  5. La consapevolezza del dissesto finanziario e i tentativi di risolverlo contraendo debiti (Epistolario, 24-8-65; 22/10-8-65; 24/12-8-67; 28/16-8-67)
  6. La consapevolezza del dissesto finanziario e i tentativi di risolverlo compiendo reati (Il giocatore, p. 407)
  7. La speranza che la vincita al gioco possa risolvere e ribaltare una condizione economicamente difficile (Epistolario, 18-5-67)
  8. Il timore e contemporaneamente i segni di un certo desiderio del biasimo altrui (Epistolario, 24-5-67)
  9. Il fatto che il gioco coinvolga intensamente il corpo e la mente del giocatore, per cui il gioco dà febbre, fa tremare, scuote nel corpo o intontisce (Epistolario, 30/10-9-63; 28/16-8-67; Il giocatore,  pp. 284, 342, 352, 380, 407-408; L’adolescente, pp. 341-342, 371)
  10. Il fatto che il gioco possa essere affrontato con un atteggiamento prudente o imprudente (Epistolario, 28/16-8-67; Il giocatore, p. 339)
  11. Il fatto che l’occasione, cioè la disponibilità di tempo libero e di luoghi di gioco nelle vicinanze, sia un fattore che induce il giocatore in tentazione (Epistolario, 6-10-67; 28-4-71)
  12. Il fatto che spesso il giocatore esprima con se stesso e con gli altri l’impegno a non giocare più (Epistolario, 24-5-67; 4-4-68; 18-11-68: 28-4-71; Il giocatore, pp. 410-411, 415)
  13. Il paragone del gioco all’emozione di precipitare dall’alto (Il giocatore, pp. 380-384)
  14. La ricerca di riscatto da una condizione avvertita umiliante attraverso il gioco (Il giocatore, pp. 291-293, 407-408; L’adolescente, p. 339)
  15. Diventa nervoso quando da qualche tempo non gioca (Diario di Anja)
  16. Il fatto che il gioco pervada i sogni del giocatore (Il giocatore, p. 408)
  17. Elementi di pensiero magico e superstizione (Il giocatore, p. 415)
 
Altrettanto interessanti della descrizione dei meccanismi mi paiono queste definizioni del gioco d’azzardo, tratte per lo più dagli scritti di Dostoëvskij, ma in qualche caso anche da quelli della moglie, che è stata nel suo caso il familiare indirettamente interessato e  rovinosamente coinvolto:
 
  1. Una specie di inferno, una specie di “bagno” penale (Epistolario, 10/30-9-63)
  2. Maledetta rivolta delle passioni (Epistolario, 30/18-10-63)
  3. Qualcosa che dà nausea (Epistolario, 18-5-67)
  4. Qualcosa che si odia e si maledice (Epistolario, 24-5-67)
  5. Un demone che si fa gioco della vittima (Epistolario, 28/16/8-67)
  6. Miraggio maledetto (Epistolario, 4-4-68)
  7. Una passione profonda, capace di paralizzare tutti i centri di volontà e alla quale non poteva ribellarsi (Diario di Anja)
  8. Un sentimento terribile che tiene sotto la sua influenza (Diario di Anja)
  9. Un godimento che passa attraverso il tormento (L’adolescente, p. 338)
  10. Qualcosa che attira di per sé, non solo per la speranza di lucro (Epistolario, 28/16-8-67)
  11. Qualcosa che rende come di legno, non consente di pensare ad altro (Il giocatore, pp. 408, 411)
  12. Una malattia incurabile / una malattia dalla quale era guarito per sempre (Diario di Anja)
  13. Qualcosa che fa chi non è di mente sana (L’adolescente, p. 391)
  14. Qualcosa di non molto diverso da altre attività economiche (Il giocatore, p. 272)
 
Le prime sei espressioni rendono molto bene, mi pare, il carattere conflittuale della relazione del giocatore col gioco d’azzardo, un fatto che è comune spesso anche agli altri disturbi da dipendenza[vi]: si gioca, ma si odia quello che si sta facendo. Le definizioni n. 7 e 8, appartenenti alla moglie, sono interessanti perché esprimono la  forza della passione per il gioco (terribile, profonda), e insieme l’impossibilità a sottrarvisi (paralisi della volontà, impossibilità a ribellarsi) e la forza della fascinazione (l’influenza che il gioco esercita). La definizione n. 9 esprime il carattere complesso del conflitto in atto nel giocatore, e sembra alludere all’elemento masochistico che può essere presente nel gioco estremo[vii].  La n. 10 è interessante, perché nelle sue lettere Dostoëvskij oscilla tra il fatto di “dover” giocare per ribaltare la situazione finanziaria difficile sua e dei familiari che da lui dipendono, e quello di “voler” giocare perché è il gioco in sé ad appassionarlo, e in questa lettera propende per la seconda ipotesi.  La definizione n. 11, della moglie, tocca una questione fondamentale: ma insomma, è vizio o è malattia? La stima profonda che nutre per l’anziano e famoso marito la porta a propendere per la seconda ipotesi, ma quest’esito non è, invece, scontato per noi, che siamo destinati a rimanere nel dubbio. Un dubbio che non riguarda tanto la questione teorica, del fatto che questo debba o meno stare in una classificazione delle malattie, ad esempio, ma eminentemente pratica: è più utile al giocatore (al dipendente in genere) per affrontare e risolvere il suo problema essere colpevolizzato col richiamo alla responsabilità (il vizio), o vedere il suo problema oggettivato in una malattia (la malattia appunto)? Forse bisognerebbe essere capaci di utilizzare entrambi i registri, scegliendo quello più utile in un dato caso e in un dato momento. Tant’è, è interessante che Anja incappi in questa questione e che, per parte sua, riesca ad aiutare il marito a risolvere il suo problema con un atteggiamento assolutamente non colpevolizzante, per il quale certo il modello della malattia è più funzionale. Se malattia è, si pone un altro problema che è quello della guarigione. Perché essa le pare inguaribile nel momento in cui nulla pare poter frenare la rovinosa passione per il gioco del marito; ma poi la scopre guarita quando, dopo alcuni anni, il problema inaspettatamente si risolve. Nella definizione n. 12, che Dostoëvskij mette in bocca all’adolescente, la questione della malattia è posta in termini più precisi: se si tratti cioè non solo di una malattia, ma di una malattia mentale. L’ultima definizione, infine, pone un’altra questione, quella dell’esistenza di un continuum tra alcune attività finanziarie (le speculazioni borsistiche quando si fanno più “azzardate”, p. es.) e il gioco d’azzardo, il che mi pare innegabile. 
Se confrontiamo ora tanto i meccanismi (M) che le definizioni (D) che abbiamo evidenziato con le caratteristiche del gioco d’azzardo secondo l’ICD 10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, vi troviamo:
 
«Episodi frequenti e ripetuti di gioco d'azzardo che minano la vita del soggetto a detrimento dei valori e degli obblighi lavorativi e familiari, fino a mettere a repentaglio l’occupazione, portare a indebitarsi per grosse cifre (M 5) e a mentire o infrangere la legge per ottenere denaro o per evitare il pagamento di debiti (M 6)».  
 
I principali criteri di inclusione sono:
 
  • 2 o più episodi di gioco d’azzardo in un periodo di almeno un anno
  • Questi episodi non hanno un esito vantaggioso per la persona ma persistono nonostante la sofferenza personale (D 1-8) e l’interferenza con il funzionamento dell’individuo nella vita quotidiana (D 11)
  • L’individuo descrive una necessità impellente di giocare che è difficile da controllare e riferisce di essere incapace di smettere di giocare con uno sforzo di volontà (D 5-8)
  • L’individuo è spesso alle prese con idee o immagini mentali dell’atto di giocare o delle circostanze che accompagnano l’atto stesso (M 16)
 
Quanto al DSM 5, esso definisce il disturbo da gioco d’azzardo come:
 
Comportamento da gioco d’azzardo problematico ricorrente e persistente che porta a stress o a un peggioramento clinicamente significativo, come indicato dalla presenza nell’individuo di 4 (o più) dei seguenti sintomi per un periodo di almeno 12 mesi:
 
1. Necessità di giocare una quantità crescente di denaro con lo scopo di raggiungere l’eccitazione desiderata (M 1, 2)
2. È irritabile o irrequieto quando tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo (M 15)
3. Ha effettuato ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o interrompere il gioco d’azzardo (M 12)
4. È spesso preoccupato per il gioco d’azzardo (per esempio, ha pensieri persistenti di rivivere esperienze passate del gioco d’azzardo, di problematiche o di pianificazioni future, pensando come ottenere danaro con cui giocare) (M 16)
5. Spesso gioca quando si sente in difficoltà (per esempio, assenza di speranza, in colpa, ansioso, depresso) (M 14)
6. Dopo aver perso soldi al gioco, spesso torna un altro giorno (perdite “inseguite”) (M 2)
7. Racconta bugie per nascondere il coinvolgimento nel gioco d’azzardo
8. Ha messo a repentaglio o ha perso una relazione significativa, il lavoro, lo studio o una opportunità di carriera a causa del gioco d’azzardo (D 11)
9. Si basa su altri per cercare denaro per alleviare le disperate situazioni finanziarie causate dal gioco d’azzardo (M 5)
 
Se andiamo a tirare le somme, possiamo osservare che integrando i criteri definitori del gioco d’azzardo dell’ICD 10 e del DSM 5, l’unico criterio al quale non abbiamo trovato riscontri negli scritti privati e pubblici di Dostoëvskij e nel diario della moglie è il n. 7 del DSM 5, quello relativo al fatto di mentire. E ciò perché Aleksej non deve rendere conto a nessuno di ciò che fa, e Dostoëvskij può contare sulla infinita tolleranza delle due donne con le quali si accompagna e sulla comprensione degli amici (a meno che non si vogliano interpretare, ma sarebbe un po’ forzato, come “bugia” le ripetute raccomandazioni alla riservatezza che troviamo nelle lettere).
Per converso, mi pare che nella rappresentazione del giocatore d’azzardo estremo che possiamo ricavare dalla lettura dei testi di Dostoëvskij e delle due donne che l’accompagnano nei suoi viaggi, possiamo ricavare notizie maggiori sull’atteggiamento emotivo verso il gioco, rispetto a quelle che possiamo ricavare dai due sistemi di classificazione. Sono cioè descritti: sentimenti di vergogna (M 3), colpa (M 4), vergogna, timore e insieme desiderio ambivalente del biasimo altrui (M 7) e sensazione di ricerca di un godimenento che passa per il tormento (D 9), eccitamento fisico e mentale (M 9) e sensazione di vertigine (M 13) durante il gioco, consapevolezza della possibilità in linea generale – e della propria impossibilità invece – di giocare anche in modo prudente (M 10), elementi di pensiero magico (M 17), tuti elementi che mi pare rimandino a uno sforzo, maggiore da parte dello scrittore rispetto ai due sistemi classificatori, di comprendere psicologicamente il giocatore e non limitarsi a descriverlo. In più, mi pare che le parole della moglie colgano la questione del carattere morboso o meno del gioco, e in tal caso della guaribilità/inguaribilità (D 12); quelle che Dostoëvskij presta all’adolescente (D 13) ci interroghino intorno alla natura di malattia mentale del gioco d’azzardo; mentre il fatto di sottolineare l’importanza dell’occasione (M 11)[viii], che forse non per caso è omessa nelle due classificazione che danno per scontata una lettura clinica del disturbo, ci interroga sull’alternativa protezione/permissivismo, proibizionismo/deregulation che abbiamo visto come uno dei temi centrali del testo collettaneo Ludocrazia. Ancora, l’ultima definizione (D 14) coglie il problema del continuum tra il gioco d’azzardo e altre attività economiche più o meno arrischiate, un punto per il quale è di nuovo, come per i due precedenti, prezioso il rimando al saggio Ludocrazia già ricordato.

In allegato il link alla prima parte dello sceneggiato "Il giocatore" tratto dal romanzo di F.M. Dostoëvskij.



[i] Per Delitto e castigo segnalo, in questa stessa rubrica, 150 ANNI CON RASKOLNIKOV (clicca qui per il link). Sempre su Pol. It, ci siamo già occupati dello scrittore con: Dostoëvskij e la psichiatria positivista del suo secolo. Le tre direzioni dello sguardo di Mitja Karamazov (clicca qui per il link) e Data in pegno. Impraticabilità dell’amore e dell’odio per “La mite” di Dostoëvskij (clicca qui per il link).
[ii] F. Dostoëvskij, Epistolario (a cura di E. Lo Gatto), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1950.
[iii] Dostoëvskij A.G., Dostoëvskij, mio marito, Milano, Bompiani, 1939 (1977).
[iv] F.M. Dostoëvskij, Il giocatore. Romanzo. Dalle memorie di un giovanotto, in: Id., Racconti e romanzi brevi, Firenze, Sansoni, 1962, pp. 257-416.
[v] F.M. Dostoëvskij, L’adolescente, in: Id., Romanzi e taccuini, vol. IV, L’adolescente. Memorie di una casa di morti,  Firenze, Sansoni, 1958, pp. 1-661.
[vi] Sul tema, sempre nell’ambito degli scritti di Dostoëvskij, rimando a quanto scrivevo vent’anni fa a proposito del personaggio di Marmeladov in: P.F. Peloso,  Problemi relazionali e sociali correlati all'alcoolismo. Rappresentazione e autopercezione di un bevitore problematico in Delitto e Castigo di F.M. Dostoevskij, Atti dell'Accademia Ligure di Scienze e Lettere, LII, 1995, pp. 171-192.
[vii] Per l’ipotesi che il gioco d’azzardo di Dostoëvskij nascesse dalla pressione di inconsce pulsioni masochistiche cfr.: S. Freud: Dostoëvskij e il parricidio (1927), in: Opere, vol. 10, Torino, Boringhieri, 1976, pp. 521-541.
[viii] Si veda in proposito il concetto di ludocrazia, cioè dell’importanza dei fattori esterni, in gran parte regolati da scelte di carattere politico-economico, oltre che interni, nella spinta al gioco.

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