Inizio riportando, qui sotto, alcuni versi tratti dalla poesia di Baudelaire “Le jet d’eau” astenendomi, per il momento, da ogni commento, per non intromettermi prematuramente tra Poeta e lettore, prima che tra di loro si sia stabilito un rapporto:
Tes beaux yeux sont las, pauvre amante ! Reste longtemps sans les rouvrir, Dans cette pose nonchalante Où t’a surprise le plaisir. Dans la cour le jet d’eau qui jase Et ne se tait ni nuit ni jour, Entretient doucement l’extase Où ce soir m’a plongé l’amour.
(I tuoi begli occhi sono stanchi, povera amante! / Non riaprirli, rimani a lungo / nella posa languida / in cui t’ha sorpresa il piacere. / Nel cortile lo zampillo che mormora / e non tace, né giorno, né notte /intrattiene dolcemente l’estasi / in cui m’ha immerso stasera l’amore)
[La strofa qui sotto è ricorrente e ciò, come dirò più sotto, è significativo. La riporto per intero, e in seguito ne trascriverò solo il primo verso]
La gerbe épanouie En mille fleurs, Où Phœbé ré jouie Met ses couleurs, Tombe comme une pluie De larges pleurs.
(Lo zampillo sbocciato / in mille fiori / in cui Febe rallegrata / mette i suoi colori / cade come una pioggia / di grandi lacrime)
Ainsi ton âme qu’incendie L’éclair brûlant des voluptés S’élance, rapide et hardie, Vers les vastes cieux enchantés. Puis elle s’épanche, mourante, En un flot de triste langueur, Qui par une invisible pente Descend jusqu’au fond de mon cœur.
(Così la tua anima che incendia / il lampo ardente della voluttà / si slancia, rapida e ardita, / verso vasti cieli incantati. / Poi si spande, smorendo, / in un fiotto di triste languore / che, per un’invisibile china, / scende fino in fondo al mio cuore)
La gerbe épanouie
…………………..
O toi que la nuit rend si belle Qu’il m’est doux, penché vers tes seins, D’écouter la plainte éternelle Qui sanglote dans les bassins ! Lune, eau sonore, nuit bénie, Arbres qui frissonnez autour, Votre pure mélancolie Est le miroir de mon amour.
(O te, che la notte rende tanto bella / com’è dolce, chino sui tuoi seni, / ascoltare l’eterno lamento / che singhiozza nella vasca! / Luna, acqua sonora, notte benedetta / alberi che rabbrividite tutt’intorno, / la vostra pura melanconia / è lo specchio del mio amore)
La gerbe épanouie
…………………..
E ora, sulla base delle sensazioni che questi versi ci hanno suscitato, passiamo ad una riflessione che, benché prosaica, diviene istruttiva perché nutrita dalla ricchezza affettiva della Poesia.
Fra bacchettoni sessuofobi e fautori della pornografia esiste un denominatore comune: entrambi sanno vedere, nella sessualità, solo l’aspetto animalesco, anche se i primi lo aborriscono (vorrebbero censurarlo), e i secondi lo esaltano. Entrambi, pur contrapposti gli uni agli altri, lavorano per ottenere lo stesso risultato: la scissione della sessualità da quanto di più elevato e di propriamente umano esiste nel nostro mondo interno. Solo gli Artisti e le persone sensibili alla bellezza sanno affrancarsi da questa sterile contrapposizione. L’Arte (se è vera Arte) ha una funzione riparativa: tende a ripristinare l’armonia interiore, contrastando tutto ciò che vi si oppone; ed in quest’ultimo ambito si colloca la pulsione genitale cruda, non temperata dalla sensibilità e dai sentimenti più elevati. L’Artista non può certamente esaltarla, ma neppure può ignorarla o censurarla. Baudelaire, nella poesia sopra riportata, riesce a ripristinare il dominio della bellezza e della sensibilità sulla sensualità, che pure vi viene rappresentata in modo vivo; essa, qui, si pone al servizio della bellezza, anziché contrapporvisi. Il piacere dell’amplesso viene descritto in termini poetici, eleganti, allusivi, musicali; e ne guadagnano il buon gusto e la sensualità stessa. Quello che, nel crudo linguaggio scientifico, si chiama “orgasmo”, viene rappresentato (tramite la metafora del getto d’acqua) come slancio dello zampillo “verso vasti cieli incantati”. Il mesto rilassamento che segue l’amplesso (sempre seguendo la stessa metafora) è tradotto nell’immagine visiva del getto d’acqua che, raggiunto il suo culmine, ricade “in un fiotto di triste languore”.
Pur partecipe dell’ebbrezza del piacere, il Poeta non perde la capacità di osservazione e auto-osservazione; di conseguenza, l’esperienza dell’amplesso amoroso viene rappresentata nella sua pienezza, anche nei più sottili dettagli. Al centro di questa poesia c’è l’atmosfera di dolce melanconia che segue all’acme del piacere. Il mormorio della piccola fontana del cortile, che gli amanti avvertono durante il loro convegno amoroso, accompagna sia il momento esaltante della fusione dei due corpi, sia quello malinconico del distacco. È un dolce suono che non cessa, “né notte, né giorno”: metafora di un’antica esperienza che rimane impressa nel nostro essere, e le cui tracce ci accompagnano per tutto il resto della vita (quella del liquido amniotico che avvolse l’inizio della nostra esistenza). È improbabile che Baudelaire fosse pienamente consapevole che il dolce suono dell’acqua rappresenti, a livello profondo, le tracce della vita intrauterina. Tuttavia, come ogni Artista, egli è a contatto con queste realtà interiori e, pur esprimendole indirettamente, tramite metafore e termini poetici, ce ne suggerisce l’esistenza.
Le tracce di quest’antica esperienza contribuiscono sia al nostro massimo piacere (quando la ritroviamo, sia pure metaforicamente, nella fusione col corpo della persona amata) sia alla tristezza (quando la perdiamo, ogni volta, al momento del distacco). Tuttavia, la loro persistenza, pur segnalata da una oscura sensazione (cui non riusciamo a pensare se non tramite una metafora), lenisce questa tristezza: rende dolce la melanconia che segue alla più intensa manifestazione d’amore. Ecco il motivo per cui la strofa che ci parla del getto d’acqua viene ripetuta, interposta fra le altre, segnalandoci una presenza interiore che non ci abbandona, anche nel momento della separazione dalle persone che amiamo.
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