DI DIRITTO E DI ROVESCIO
Legge e Giustizia dalla parte dei più fragili
di Emilio Robotti

La storia di Mauro Guerra, ucciso in un T.S.O. che non era un T.S.O. (Parte 2)

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18 maggio, 2019 - 15:33
di Emilio Robotti
Indice:

La morte di Mauro.

La Sentenza: la condizione di Mauro ed i dati clinici.

Un T.S.O. che non è un T.S.O.

Colpevolezza o assoluzione per la morte di Mauro?

Conclusioni
 

(Per leggere la parte precedente cliccare qui: http://www.psychiatryonline.it/node/8023

 

Un T.S.O. che non è un T.S.O.

 

Al di là di come è stata ricostruita la dinamica della morte di Mauro, se si sia trattato o meno di eccesso di legittima difesa, se quindi il Comandante andasse assolto o meno dall’imputazione, la Sentenza è molto chiara nell’affermare che Mauro sia stato ucciso nel corso di un T.S.O. e nell’affermare che i diritti di Mauro sono stati calpestati.

 

Scrive infatti il Giudice, nel valutare se sussistano gli estremi della legittima difesa per il Comandante che ha ucciso Mauro con un colpo della pistola di ordinanza: “indubbiamente, Mauro Guerra ha inteso difendersi verso quella che lui percepiva essere una indebita compromissione della sua libertà personale. In effetti, è da ritenere che tutto l'inseguimento per i campi, nonché i tentativi di immobilizzazione della persona offesa, siano state condotte del tutto arbitrarie ed illegittime, in assenza di un titolo per l'esecuzione di un T.S.O. (o ASO). “

 

La procedura di Legge per disporre il T.S.O. non è stata assolutamente rispettata e “in assenza di un provvedimento amministrativo giustificativo, l'eventuale limitazione della libertà personale di un cittadino (sempre in assenza di condizioni particolari sulle quali ci si soffermerà in seguito), ad esempio per vincere con la forza la resistenza a sottoporsi ad un controllo medico, non può che costituire un atto del tutto illegittimo, in quanto direttamente confliggente con l'art. 13 Cost., addirittura astrattamente configurabile fattispecie criminose come l'arresto illegale e finanche il sequestro di persona.

 

Secondo la decisione, i carabinieri e l’imputato, a più riprese, hanno alternato con Mauro momenti concilianti e pratiche più “attendiste”, tutte volte a prendere il sopravvento su di lui, tentando di vincere o almeno di aggirare la “chiara e ferma opposizione a qualsiasi forma di trattamento sanitario”.

 

Le motivazioni della Sentenza fanno riferimento al “grave tentativo di stordimento del Guerra (in quel momento libero cittadino) attraverso la somministrazione occulta di una dose di tranquillante, iniettato all'interno di una bottiglia di coca-cola, ma anche all'accerchiamento e tentativo di immobilizzazione da parte dei Carabinieri di fronte al portone della chiesa del paese, nelle prime fasi della fuga. Tutte queste condotte, infatti, erano accomunate dalla, più volte menzionata dagli operanti, necessità di "contenimento" del Guerra attraverso l'uso della forza fisica, cauta metafora sottintendente, in sequenza: la sedazione fisica del giovane, il suo ammanettamento, il trasbordo in ambulanza e successivo trasporto al pronto soccorso di Monselice, il tutto si ribadisce contro l'espressa volontà del diretto interessato. “

E ancora, scrive il Giudicante:“un’operazione cosi orchestrata, si sarebbe posta, come minimo, in aperto contrasto con i più elementari diritti costituzionali di libertà personale, autodeterminazione ed integrità fisica del cittadino, ove non supportata da un regolare provvedimento amministrativo. 

Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell'imputato, il Tribunale ritiene che, nel caso di specie, non fosse neppure predicabile alcun stato di necessità, tale da giustificare la necessità di una immediata cattura del malato ed un suo trasbordo in ospedale. (…) la persona offesa aveva certamente, nei giorni antecedenti ai fatti e durante la mattina del 29 luglio, mostrato segni di sofferenza psichica. Tuttavia, nel momento in cui l'imputato decideva, insieme al Brig. (….) di intervenire in forze presso l'abitazione del Guerra, costui non rappresentava un pericolo per nessuno. Egli era tornato a casa propria, mezzo svestito, senza aggredire alcuno né verbalmente né fisicamente. 

 

Il Tribunale è altrettanto sicuro nel ribadire che la competenza a disporre il T.S.O. e ad attuarlo rientri nell'esclusivo ambito di competenza dell'autorità sanitaria, mentre le forze dell'ordine siano chiamate a svolgere solo un ruolo gregario e di supporto, qualora si renda necessario proteggere l'incolumità degli intervenuti o vincere la resistenza fisica opposta dal malato. 

 

Quindi, il Comandante della Caserma dei Carabinieri, disponendo, e successivamente dirigendo quello che, di fatto, altro non era se non un tentativo di T.S.O. “si è venuto a sostituire all'autorità sanitaria, poiché l'azione stessa a cui egli aveva dato vita aveva natura eminentemente sanitaria. Egli ha, in poche parole, invaso volontariamente (anche se, probabilmente, inconsapevolmente), un settore di competenza non propria, (...) nel "dismettere le vesti" del carabiniere per indossare quelle del medico

 

Insomma, Il Giudice afferma: i Carabinieri hanno eseguito un intervento illegittimo ed i diritti di Mauro sono stati violati. Però anche se illegittimo, per il Tribunale  era comunque un T.S.O.

 

Il ragionamento infatti si inceppa laddove la Sentenza espone che i Carabinieri credevano, in ogni caso, di eseguire un T.S.O. (a loro parere, quindi, legittimo) e che erano comunque erano presenti i due militi dell’ambulanza, anche se la loro partecipazione al (illegittimo) T.S.O. è consistita praticamente solo nell’aver illegittimamente messo a disposizione i farmaci per il tentativo di  stordire illegittimamente Mauro): “Tuttavia, il contesto in cui questo sarebbe avvenuto era, seppur con tutte le riserve appena espresse, quello di un'operazione condotta da ufficiali e sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, con l'ausilio di personale medico presente in loco, finalizzato alla sottoposizione della persona offesa all'attenzione ed alle cure dei sanitari della struttura ospedaliera pubblica e, per quanto incomprensibile potesse sembrare al Guerra, principalmente nel suo stesso interesse.

Questo per dire che non vi sono elementi per dubitare del fatto che, fino all'eventuale adozione di un T.S.O., il Guerra avrebbe comunque usufruito, in sede ospedaliera, dei presidi a tutela del malato, potendo esprimere o meno il proprio consenso ad eventuali trattamenti sanitari. Successivamente, si sarebbero poi venute ad innestare tutte le garanzie di cui alla Legge n. 833 del 1978. 

Non vi è dubbio, infatti, che il trattamento sanitario obbligatorio sia un'attività di tipo squisitamente sanitario, finalizzato unicamente alla tutela della salute del malato, parallelamente alla salute pubblica. “.

 

Non è vero: i diritti di Mauro non iniziavano una volta trasportato illegittimamente in ospedale:  andavano rispettati, anche prima dell’ingresso in ambulanza o in ospedale. È un errore importante, perché è uno degli elementi che portano il Giudice alla decisione finale.

 

 

 

 

 

 

Colpevolezza o assoluzione per la morte di Mauro?

 

E’ evidente, per il Tribunale, che il Carabiniere che ha sparato si sia auto attribuito competenze sanitarie ed autorità che non gli competevano.

 

Il Tribunale afferma che, così facendo, il Carabiniere si sia da solo vincolato a conformarsi alle regole dello psichiatra che esegue un T.S.O., a doversi comportare da “buon medico durante lo svolgimento di un T.S.O.” Ed effettivamente, ammette il Giudice, esistono "cautele in senso generico", generalmente seguite dagli psichiatri durante i T.S.O. Ad esempio, dovrebbero essere impiegati, ove possibile, soggetti intermediari per dialogare con il malato (ad es. parenti o amici); bisognerebbe evitare assembramenti di persone intorno il paziente e l'interlocutore dovrebbe essere uno soltanto; i tentativi di convincimento non dovrebbero essere reiterati troppo a lungo; gli inseguimenti dovrebbero essere evitati.” 

Questi comportamenti sono “generalmente fonte di stress per il paziente, il che, in determinate circostanze, potrebbe anche comportare un aumento dell'aggressività nello stesso.“.

 

Però… c’è un però. Quindi, seppure illegittima, l’operazione dei Carabinieri consisteva in un T.S.O. ma l’illegittimità dei comportamenti tenuti dai Carabinieri e dal loro Comandante imputato nel processo, il fatto che i comportamenti tenuti fossero contrari alle elementari norme di comportamento dei sanitari che eseguono un T.S.O., non possono portare, secondo il Giudice, a poter sostenere che vi sia un nesso causale certo tra i comportamenti illegittimi dei Carabinieri e la reazione di Mauro nel colpire con la manetta e sopraffare il carabiniere, a cui l’imputato ha risposto sparando ed uccidendo.

 

La reazione di Mauro a questi comportamenti illegittimi e - almeno in ipotesi - tali da poter portare una persona psichicamente sofferente a sviluppare aggressività insomma non giustificano - secondo il Tribunale - il gesto (di ribellione?) di Mauro e il mettere in pericolo la vita del brigadiere.

 

Il pericolo per la vita del Brigadiere per il Tribunale era, almeno nella concitazione dei fatti e nella visione dell’imputato, tale da giustificare l’azione di sparare e quindi, seppure senza volere, giustificare la possibilità di uccidere. Il colpo di arma da fuoco è stato esploso (secondo la Sentenza) a fronte di una reazione di Mauro ingiusta, seppure a fronte della lesione dei suoi diritti,; è stata una reazione sproporzionata, essendo per di più attuata da un soggetto, Mauro, sottoposto ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio deciso ed attuato da un’Autorità che pure non ne aveva le competenze e soprattutto, scusate il bisticcio di parole, l’autorità; sparare da un metro e mezzo circa, con l’intenzione di colpire un braccio di Mauro, perforandogli invece il fianco e gli organi vitali, è stata una reazione per la Sentenza “proporzionata” alla reazione “sproporzionata” di Mauro e l’uccisore va assolto perché il fatto non costituisce reato.

 

Conclusioni

 

 

Nella Sentenza, Mauro è considerato un folle. Pericoloso per la sua fisicità. Quel folle, pericoloso o meno, che è stato oggetto di incarcerazione e segregazione, trattato come i criminali, per secoli, fino alla chiusura dei manicomi che in Italia è avvenuta 41 anni fa.

 

Esistessero ancora i manicomi, Mauro probabilmente non sarebbe stato ucciso con un colpo di arma da fuoco da un Carabiniere, ma a fronte di una decisione dell’autorità di pubblica sicurezza o sanitaria, sarebbe entrato in un manicomio senza probabilmente mai più uscirne vivo: sarebbe stato ucciso dal sistema manicomiale. La violazione dei suoi diritti fondamentali come persona, al tempo, non sarebbe stata nemmeno oggetto di una sentenza, perché non avrebbe avuto quei diritti fondamentali.

 

La Sentenza che ha deciso l’assoluzione dell’uccisore di Mauro è a parere di chi scrive contraddittoria ed è attualmente oggetto di appello.

 

Tuttavia, la Sentenza, che riguarda un doloroso caso specifico, non riguarda solo la morte di Mauro e il dolore dei suoi cari per la perdita, perché contiene affermazioni a carattere generale.

 

 

La psichiatria oggi non è e non può essere strumento di controllo sociale. Concetto banale, ma non riconosciuto appieno nella decisione, anzi, contraddetto. Oggi la psichiatria, la psicoterapia, non hanno come obiettivo di riportare alla “normalità” il paziente, ma quello di curarlo affrontandone la sofferenza, non farlo isolare, costruire (o ricostruire) una rete di relazioni: questa è la “normalità” alla quale si tende e che peraltro corrisponde alla definizione di salute dell’OMS sin dal 1948: la salute non corrisponde alla semplice assenza di malattia, ma uno stato di “completo benessere psicofisico.

 

In uno stato di diritto, la psichiatria non può né potrà mai più essere considerata uno strumento di controllo sociale, per la repressione dei veri o presunti devianti, di chi appare diverso, degli oppositori, dei folli.

 

Ma se non può essere la psichiatria uno strumento di controllo sociale, premesso che ogni sentenza riguarda un caso specifico e da questo punto di vista è unica ed irripetibile, ci si chiede come possa essere tutto sommato tollerata una azione sanitaria a carattere psichiatrico quale è un T.S.O., deciso e compiuto dai Carabinieri in modo inevitabilmente tragico e maldestro, conclusa con la morte per colpo di arma da fuoco dell’oggetto (proprio “oggetto”, non “soggetto”: vittima, non paziente) del T.S.O.?

 

La morte di Mauro è conseguita ad un illegittimo T.S.O. deciso ed attuato da soggetti che non ne avevano la competenza né l’autorità. L’operazione ha rappresentato palesi e gravi violazioni dei diritti di Mauro. Mauro, secondo la sentenza, era in uno stato di grave sofferenza psichica. Stato di sofferenza che, la Sentenza non lo nega, si è aggravato proprio a causa degli interventi dei Carabinieri diretti dal loro superiore imputato nel processo.

 

Ma se il Giudice dei gradi successivi scriverà la parola definitiva sul processo, si possono fare già alcune considerazioni.

 

Oggi, anno 2019, quasi mai in una grande città un paziente arriva al ricovero per T.S.O. con il provvedimento del sindaco in mano ai sanitari: il provvedimento giunge solo dopo, a ricovero ormai in corso.

 

Dal 1978 ad oggi abbiamo avuto sul territorio nazionale un’applicazione a macchia di leopardo delle modalità di T.S.O.

 

Abbiamo avuto, per il lato della cattiva applicazione del T.S.O., prima di Mauro Guerra, i casi di Andrea Soldi a Torino, ucciso nell’agosto con uno strangolamento eseguito dagli agenti di polizia municipale, sotto gli occhi di uno psichiatra. Strangolamento seguito dal caricamento di Andrea Soldi, prono e ancora privo di coscienza su una barella in ambulanza, senza alcun controllo delle sue condizioni da parte del medico, nonostante le evidenti condizioni di sofferenza. Per tali fatti, nel 2018, in primo grado,  gli imputati sono stati condannati dal tribunale di Torino ad un anno e otto mesi.

 

Prima ancora, è stato nel 2012 il caso di Mastrogiovanni, sottoposto a TSO e a contenzione in un letto senza interruzione per giorni nel reparto psichiatrico; più per esigenze investigative che non psichiatriche. La Cassazione ha confermato la condanna dei responsabili.

 

Un TSO dovrebbe avvenire molto raramente con modalità di esercizio della forza, di violenza. Ascoltando, mediando, parlando, con le competenze giuste, il paziente può salire volontariamente, senza contenzione, senza violenza, sull’ambulanza o sull’automobile per andare a ricoverarsi. Oppure, in alcuni casi, con fuga, inseguimento, attesa, mediazione ecc. C’era bisogno, anche lo avesse chiesto lui, di ammanettare Mauro? Certo, se il paziente è in uno stato di agitazione psicomotoria incontrollabile ed in preda alle allucinazioni, la forza può essere l’unico modo per fermarlo ed occorre l’intervento dell’autorità; ma anche qui c’è esercizio della forza ed esercizio della forza, che deve essere comunque la minore possibile e proporzionata.

 

Quello che purtroppo quasi sempre manca è la preparazione della polizia e dei carabinieri che eseguono - come ausiliari autorizzati all’uso della forza -  il TSO, o che si trovano ad intervenire in situazioni dove un individuo è in una situazione di alterazione comunque indotta anche dall’intervento dell’Autorità. Mauro era già sofferente, la sua sofferenza è stata aumentata fino a farlo fuggire senza che avesse motivo di fuggire, anzi prima che ci fosse un provvedimento dell’Autorità da cui fuggire.

 

La psichiatria è affrontare la sofferenza, non fare isolare,  costruire una rete di relazioni; tutto  questo insieme, ovviamente, a molte altre cose che fanno parte dell’arte medica, esercitata nel rispetto dei diritti del paziente, primo tra tutti quello della dignità che dei diritti fondamentali dell’uomo è la pietra angolare.

 

Se la sofferenza è compresa, se la relazione è instaurata (e instaurarla richiede grande professionalità, tempo, empatia, partecipazione, ascolto, dialogo ai quali Carabinieri e Polizia non sono preparati), quasi mai occorre l’esercizio della forza, meno che mai occorrono armi da fuoco o tecniche di combattimento.

 

Ma soprattutto, occorre il rispetto della dignità. La dignità non è un astratto concetto morale, è un diritto previsto, consacrato anzi, nella Costituzione, nella Carta Fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea, nella Convenzione dei Diritti dell’Uomo, è uno dei pilastri di tutto il sistema internazionale dei Diritti Umani.

 

Siamo completamente al di fuori della psichiatria e del TSO nel caso di Mauro Guerra.

 

Siamo di fronte ad una operazione di pubblica sicurezza, decisa ed attuata sotto le spoglie del trattamento sanitario obbligatorio.

 

La proposta del T.S.O. non è arrivata da un medico, ma dal carabiniere comandante della Stazione che ha chiamato un’ambulanza: non un medico che potesse valutare le condizioni di Mauro, non un medico che facesse la proposta, non un altro medico che la convalidasse.

 

Tutta l’operazione è stata condotta dai carabinieri.

 

Mi chiedo dove dove sia la dignità di Mauro in tutta la vicenda, nell’agire dei protagonisti. Dove stia la medicina, la cura.

 

Se sia possibile che dei carabinieri ed il loro comandante possano ignorare completamente cosa sia un T.S.O., quando e come possa essere richiesto, come attuato. Che possano essere completamente privi di formazione in merito. Che dei sanitari intervenuti non si pongano il minimo problema rispetto all’illegittimità di quello che accade, solo perché l’autorità ha deciso di agire in quel modo.

 

Non possiamo sapere quale sarà l’esito dell’appello e dell’eventuale giudizio di Cassazione;

Sicuramente questa sentenza è come già detto fortemente contraddittoria.

 

Se Mauro Guerra non dovesse avere Giustizia davanti ad una Corte Italiana, è utile valutare cosa potrebbe in ipotesi dire la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha deciso recentemente un caso di relativo al decesso di un uomo, paziente psichiatrico, a seguito dell’intervento della Polizia (Boukrourou et autres c. France).

 

Il sig. Boukrourou era un cittadino con patologie psichiatriche che in una farmacia francese, al rifiuto di cambiare i suoi farmaci con quelli di un altro tipo, aveva dato in escandescenze, tanto che era stato richiesto dai farmacisti l’intervento della Polizia.

 

Non si trattava quindi di un TSO, che tra l’altro in Francia è regolato in maniera diversa da quella italiana, ma di un intervento della polizia in materia di pubblica sicurezza su richiesta del farmacista.

 

Di fronte al rifiuto di uscire dalla farmacia senza i farmaci che pretendeva, i poliziotti sono intervenuti con la forza: dopo aver trascinato fuori sul marciapiede il sig. Boukrourou lo hanno immobilizzato, caricato sulla loro camionetta dopo alcuni pugni al plesso solare: poiché si dibatteva ancora, dopo averlo ammanettato al sedile steso supino sul fondo del retro del furgone, si sono piazzati sulle sue spalle, sui polpacci e sulle natiche per tenerlo fermo.

Non sapevano che il sig. Boukrourou soffriva anche di una patologia cardiaca che, in quella situazione, per i colpi ricevuti, la posizione  imposta, la violenza e lo stress conseguente lo ha ucciso.

 

La Corte di Strasburgo, nel giudicare il caso dopo l’inutile ricorso al Giudice francese, ha ritenuto che  l’art. 2 della CEDU, il diritto alla vita, non fosse stato violato; un nesso causale tra il comportamento dei poliziotti e la morte dell’uomo c’era, ma secondo la Corte, i poliziotti ignoravano la patologia cardiaca che ha causato la morte dell’uomo e  l’intervento dei sanitari in soccorso era stato richiesto senza ritardo. Tuttavia, l Corte ha comunque condannato la Francia per la violazione dell’art. 3 della convenzione, che vieta i trattamenti inumani e degradanti.

 

Mauro, a prescindere dall’esito del processo e della responsabilità penale del Carabiniere che lo ha ucciso, ha subito dei trattamenti inumani e degradanti? E’ stata violata la sua libertà personale, la sua dignità? Lo Stato italiano è esente da qualsiasi colpa per quello che è accaduto a Mauro?

 

Per la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, gli Stati hanno l’obbligo di tutelare la vita dei propri cittadini nel momento in cui si trovano in una situazione di fragilità ed in balia delle autorità. E’ il caso tipico del prigioniero in carcere o agli arresti nella caserma, ad esempio.

 

La Sentenza descrive continuamente - al fine di motivare l’assoluzione del suo uccisore - Mauro come il soggetto forte, pericoloso.

 

Ma nella vicenda, è stato in realtà Mauro ad essere il soggetto fragile: ucciso dall’incapacità dell’Autorità di proteggere lui e gli altri, di rispettare i suoi diritti.

 

Perché se i diritti di Mauro fossero stati rispettati, se la sua dignità fosse stata rispettata, se la sua sofferenza fosse stata veramente considerata, quel colpo di pistola forse non sarebbe mai partito.

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