Abbiamo qui scritto in precedenza a proposito dell'EMDR. Il protocollo EMDR consiste in un lavoro progressivo che tenta di attaccare la natura attivante dei percetti mnesici a contenuto traumatico, depotenziandone l'impatto sull'individuo in termini di attivazione neurofisiologica (ovvero, riesco a pensare a quel determinato evento senza che questa abbia su di me un impatto attivante estremo e senza che questo mi causi un “blocco”).
Una parte del lavoro che si fa con l'EMDR prevede una valutazione delle “cognizioni negative”. Di che si tratta?
Intendiamo qui di una serie di convinzioni che si strutturano in concomitanza con il trauma. Per esempio: “io son in pericolo”, “sono morto”, “sono finito”, “non ne posso uscire”, “non ho la forza per far fronte a questa cosa”.
La cognizione negativa si accompagna a percetti traumatici di tipo visivo: nel lavoro con l'EMDR occorrerà evocare sia l'immagine negativa/traumatica su cui “lavorare”, sia la cognizione negativa che a questa si accompagna. In un modo forse un po' semplicistico e attraverso un razionale di tipo cognitivista “classico”, occorrerà che l'individuo sostituisca a queste cognizioni negative pensieri riferiti a sé più “aperti”, possibilisti e in generale positivi per il futuro.
In questo articolo riferito ai traumi di natura sessuale ai danni di militari negli USA (fenomeno nascosto ma dannoso e frequente), vengono considerate le cognizioni negative riferite all'episodio traumatico; alcune di queste possono essere, per esempio:
- “The event happened to me because of the sort of person I am,”
- “Somebody else would have stopped the event from happening,”
- “Somebody else would not have gotten into this situation,”
- “There is something about me that made the event happen,”
Non è infrequente che in seguito a un trauma la persona che ne è vittima (soprattutto quando il trauma si configuri di natura sessuale) prenda su di sé parte della responsabilità dell'accaduto, cosa che interferisce in modo negativo con l'elaborazione del trauma stesso, con pesanti ripercussioni in termini di identità sessuale, capacità di capire “cosa voglio io/cosa voleva l'altro” e in generale grande sofferenza soggettiva protratta nel tempo.
Questo articolo (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0165032717310303) approfondisce la questione, arrivando a formulare un modello categoriale delle cognizioni negative post-traumatiche incentrato su 4 punti. Le cognizioni negative post-traumatiche, in questo modello, prevedono da parte dell'individuo:
- visione/concezione negativa di sé
- visione/concezione negativa del mondo
- auto-accusa (self-blame: https://en.wikipedia.org/wiki/Self-blame_(psychology))
- poche risorse auto-attribuite di coping
..il che è normale se pensiamo a quanto la realtà del traumatizzato cambi a seguito dell'evento traumatico, divenendo più minacciosa, ma costrointuitivo se pensiamo al senso di “corresponsabilità” vissuta dal sopravvissuto al trauma, come se “qualcosa dentro di lui/lei” avesse causato in parte il trauma, il che potrebbe essere interpretabile come un residuo di pensiero egocentrico di epoca infantile, o un tentativo estremo di dare un senso a qualcosa sentito invece come generato dal caos.
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