LA VITA CHE VORREI (Giuseppe Piccioni, ITALIA 2004)

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2 ottobre, 2012 - 17:48

Un primo piano stretto apre il film, è il viso di Laura (Sandra Ceccarelli), giovane attrice alle prime armi, insicura, tormentata, con le spalle abbassate ma diretta e disarmante nella sua parte.

E’ al suo primo provino per un film importante; un’opera in costume che racconta la struggente storia d’amore fra Eleonora e Federico, ambientata nell’Ottocento.

Protagonista con Laura è Stefano (Luigi Lo Cascio) attore già affermato ma di recente deluso dal suo lavoro, "pallone gonfiato", controllato, freddo, perseguitato da telefonate anonime cariche di insulti in cui inizia a riconoscersi.

In principio Stefano non gradisce l’entrata di Laura nel cast, preferendo a lei Chiara (Galatea Ranzi), già volto noto, sua vecchia amica; ma dalle prime scene insieme viene catturato dalla prova e dalla personalità di Laura tanto da innamorarsene. Da questo momento in poi nasce una storia d’amore parallela che scivola e si fonde "nel film del film".

E’ un amore vero e difficile, raccontato da quattro voci quelle di Laura/Eleonora e Stefano/Federico.

Giuseppe Piccioni, regista e sceneggiatore (con Linda Ferri e Gualtiero Rosella) osserva e narra la vita e le emozioni dell’attore, acrobata in sospeso tra finzione e realtà, giocoliere con i propri sentimenti, domatore di quelli del pubblico, allo stesso tempo spavaldo e fragile. Racconta con onestà le insicurezze e le tensioni che governano la sua anima mossa dai fili dell’immedesimazione, dalla critica, dalle aspirazioni, alla continua ricerca di conferme: "un attore senza una parte non è nessuno".

Fornisce anche una visione d’insieme dell’ambiente cinematografico dove l’ipocrisia si consuma tra feste e anteprime; un mondo popolato da sinistre figure che, nel film, pur essendo marginali riescono a condizionare il rapporto fra Laura e Stefano.

Le prove allo specchio moltiplicano le già numerose sfaccettature dei personaggi. I dialoghi oltre che di parole sono fatti di sguardi e sorrisi a volte di circostanza a volte tenerissimi.

I pesanti abiti ottocenteschi si mescolano con quelli attuali, le carrozze con le auto in una evocativa fusione fra passato e presente che non complica la trama ma la rende più avvincente.

I caratteri dei protagonisti, però, sono destinati a insidiare la loro relazione. Da un lato Stefano teme di perdere il suo ruolo di rigido attore perché minacciato da Laura che, così aperta e "persa per strada parecchie volte", vive in un instabile equilibrio fra il finto e il reale. Le loro identità personali e professionali sono confuse, appese a domande a cui non sanno rispondere.

Dalle prime incomprensioni si giunge allo scontro da cui emerge l’astio e il rancore di Stefano che non vede più in Laura un’attrice ma simulatrice; Laura non gli appare più diversa ma ordinaria, allo stesso tempo però sembra colma di una libertà che lui stesso invidia, lui che invece è descritto come penoso, giudicante e mortificatore dalla donna che standogli accanto si sente peggiore.

La fine del film (con la morte di Eleonora) coincide con la loro inevitabile rottura e forse con il chiudersi della carriera di Laura.

Nelle ultime scene, con un forte stacco tra finzione e realtà e un ciak in coda, alcuni aspetti di Eleonora e Federico sono appresi da Laura che ora appare più ferma e determinata, e Stefano che non è cambiato ma "migliorato".

Forse al termine dell’opera, dopo diversi mesi e un cammino vissuto lontano l’una dall’altro, sono pronti per nuovi provini, nuovi ruoli, nuove letture, una nuova vita insieme.

La pellicola si conclude con la locandina del film "La vita che vorrei" dove campeggiano i profili dei protagonisti in abiti di scena nell’attimo prima di un bacio, come sottofondo musicale un pezzo di Gianna Nannini…."amarti ma a fatica mi svuota dentro qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto…".

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