La supervisione nei contesti educativi

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1 agosto, 2019 - 12:22
Riconoscimento professionale, analisi delle pratiche e verifica di un modello di intervento.

Abstract
 


This paper aims to present the Action Research that I conducted during my doctoral studies using a specific approach of educational supervision within the frame of Appreciative Inquiry (Cooperrider, Srivastva, 1987). I lead cycles of supervision for various  groups: university students of degree course in Education Sciences,  social workers without degree and practitioners,  pedagogues and social professional educators. I progressively improved  the practical proposal of social educational supervision approach.  This article  offers  an overview of results of  the conducted Action Research   and  about  the possibility to  use of AI framework as kind of supervision in social educational settings.
 
Key words: supervision, education, appreciative, action research, practitioners
 
 

Il presente contributo intende fornire una sintesi della Ricerca Azione condotta durante il percorso dottorale in Teoria e ricerca educativa nel triennio 2016/2018. Ricorrendo alla cornice teorico-metodologica dell’Appreciative Inquiry di Cooperrider e Srivastva, sono stati realizzati cicli di supervisione rivolti ai professionisti del settore socio-educativo e agli studenti del corso di laurea in Scienze dell’Educazione. La sperimentazione avviata ha inteso identificare un approccio di supervisione volto a soddisfare le esigenze e i bisogni degli operatori in servizio delineandone alcune caratteristiche essenziali volte a valorizzare la dimensione positiva e propositiva dell’agire pratico-professionale nel setting educativo.
 
Parole chiave: supervisione, educazione, appreciative, ricerca-azione, professionisti
 

  1. Premessa

La ricerca sulla supervisione socio-educativa nei contesti professionali è stata realizzata nell’ambito del XXXI ciclo della Scuola dottorale in Teoria e ricerca educativa presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Roma Tre.
Il lavoro si è sviluppato a partire da un’accurata indagine conoscitiva che ha inteso comparare lo stato dell’arte delle professioni pedagogiche in 21 paesi europei per poi soffermarsi con maggior dettaglio sulla normativa italiana che, nel corso dell’ultimo biennio, ha riconosciuto e regolamentato i profili del pedagogista e dell’educatore professionale socio-pedagogico.
Le considerazioni emerse a seguito dell’analisi delle fonti nazionali e internazionali disponibili hanno tracciato l’emergere di un quadro generale disomogeneo tra i diversi stati europei in merito ai profili curriculari di studio, ai ruoli e alle funzioni svolte dai professionisti pedagogici.
La mancanza di una politica professionale condivisa ed unitaria, e il conseguente effetto di disorientamento a carico degli operatori del settore pedagogico, sono stati ulteriormente confermati dalla ricognizione sistematica operata, nella prima parte della ricerca, sui resoconti prodotti in Italia dai professionisti afferenti al network de Il caffè pedagogico.
I sentimenti di disempowerment indotti dalla carenza di rappresentatività a livello istituzionale, la scarsa disponibilità di risorse e strumenti professionali fruibili sul campo, la percezione di un ruolo di subordine rispetto ad altri professionisti presenti nelle equipe multidisciplinari, la ricerca di un lessico pedagogico comune, restituiscono solo parzialmente la complessità sporgente dallo scenario generale preso in esame. Si è reso necessario a fronte delle istanze rilevate, individuare nel dispositivo della supervisione professionale socio-educativa, una possibile modalità di intervento idonea a rispondere ai diversi livelli di legittimazione, implementazione tecnico-operativa e tutela della salute, espressi dal professionista pedagogico.
Date le premesse inerenti al contesto investigato, la ricerca-azione condotta nel periodo 2016/2018 ha inteso tracciare il suo percorso di indagine a partire da due domande fondamentali. La prima riguardava la possibilità di individuare una modalità di intervento di supervisione capace di promuovere gli aspetti positivi presenti nella relazione di aiuto e nel professionista, lasciando sullo sfondo quelli di natura deficitaria. La seconda, in subordine, si proponeva di puntualizzare le caratteristiche emergenti dalla sperimentazione sul campo di tale proposta.
 

  1. La cornice teorica

Nel selezionare la metodologia di indagine appropriata si è tenuto conto della necessità di dover integrare continuamente le informazioni provenienti dal campo di ricerca, affinandone le ipotesi emerse e ritarandone il disegno in corso d’opera (Ripamonti et al., 2010). Per tale ragione si è individuata nella metodologia della ricerca-azione un possibile riferimento teorico-pratico poiché tesa “a coniugare teoria e prassi, rendendo la ricerca - o l’intervento professionale - direttamente finalizzata ad un’azione (...) - volta ad esplicitare - una trasformazione in contesti educativi, psicologici e sociali, secondo criteri strutturati, che consentono di calibrarla, di esserne consapevoli, di monitorarla, di valutarla e ridefinirla periodicamente (...) - per - renderla sempre più efficace” (Aluffi Pentini, 2001, pag. 1).
Avendo cura di volgere l’impianto della ricerca verso una prospettiva positiva e di empowerment professionale, dopo aver vagliato numerose opportunità tra quelle presenti nel panorama internazionale, ci si è avvalsi della cornice teorica dell’Appreciative Inquiry (AI)  (Cooperrider, Srivastva, 1987), il cui focus prevalente è rivolto agli aspetti di piena funzionalità dei sistemi organizzati. L’AI non indugia, infatti, sulle mancanze e/o le cause di depotenziamento ma cerca di apprendere dalle migliori esperienze narrate dai partecipanti al processo di indagine. Il suo fine è quello di osservare un sistema vivente quando si esprime al meglio delle sue potenzialità anziché perdurare sulle analisi delle deficienze e/o dei bisogni. L’impianto epistemologico dell’AI si fonda, oltre che sugli insegnamenti di Kurt Lewin anche sulle teorie della conoscenza socio-costruttiviste (Cockwell J., McArthur-Blair J., 2012), generative (Magruder, Mohr, 2001) e sugli studi sperimentali condotti nell’ambito della psicologia positiva (Seligman, 1996).
 

  1. Metodologia

Le fasi della ricerca sono state precedute da un'indagine conoscitiva relativa alla supervisione sui luoghi di lavoro da parte dei professionisti socio-educativi. Il questionario, elaborato sulla base delle considerazioni emerse dalle precedenti analisi del contesto esaminato, era composto da 39 items il cui fine era di rilevare: dati anagrafici, reddituali, presenza e frequenza della supervisione sui luoghi di lavoro, titoli di studio e qualifiche del supervisore, tipologia di casistica affrontata, fattori individuali, di gruppo e riferiti agli utenti  che il processo di supervisione dovrebbe rinforzare, abilità e competenze ritenute necessarie per esercitare la funzione di supervisore.

 I gruppi formati per la ricerca sono stati otto: quattro sperimentali e quattro di controllo. La loro composizione prevedeva tre categorie di soggetti: studenti in formazione, operatori socio-educativi senza titolo e professionisti con titolo[1].
Gli incontri di supervisione sono stati organizzati in quattro cicli. Ogni ciclo si componeva di cinque incontri totali della durata di due ore ciascuno. La cadenza è stata diversificata in base alle disponibilità dei gruppi dei partecipanti, da settimanale a quindicinale.
Nella fase di pre-intervento si è provveduto a:

  • rendere edotti i supervisionati circa la cornice teorica dell’Appreciative e la natura sperimentale della supervisione;
  • firmare l’incarico professionale;
  • consegnare l’informativa sulla privacy e autorizzare il supervisore alla registrazione degli incontri e al trattamento dei dati sensibili;
  • somministrare le scale di autoefficacia per la gestione dei problemi complessi e quelle riferite alle competenze sul lavoro (Spencer & Spencer, 1995)

Nel corso dell’intervento si è provveduto a raccogliere i dati previo ricorso a supporti di registrazione audio, trascrivendoli su apposite schede di lavoro e rendendoli successivamente disponibili all’elaborazione mediante software NVivo. Nella fase di post-intervento, al termine di ogni ciclo programmato, sono state somministrate nuovamente le scale e si è provveduto ad operare gli assestamenti necessari all’implementazione del modello di supervisione. Nel condurre l’analisi della produzione narrativa derivante dalle interazioni degli incontri realizzati si è scelto di ricorrere ad una metodologia fenomenologico-emergenziale (Mortari, 2013; Giorgi, 2010; Moustakas,1994) che ha consentito di addivenire all’identificazione di temi e macrocategorie nominali a partire dalle quali è stato possibile identificare e tratteggiare il profilo di un modello di intervento di supervisione ad orientamento Appreciative.

  1. Esiti

L’esito del percorso compiuto ha consentito di rispondere agli interrogativi iniziali della ricerca. La metodologia dell’Appreciative Inquiry si è rivelata idonea a produrre il cambiamento di prospettiva auspicato ricontestualizzando lo scenario di base dei partecipanti, dagli assunti problematici e dalle rappresentazioni deficitarie delle relazioni di aiuto con gli utenti, fino alla valorizzazione delle esperienze di successo capaci di sollecitare la disponibilità dei professionisti verso ulteriori acquisizioni positive e costruttive nei rispettivi contesti di rilievo professionale. Il riscontro ottenuto, pur nel limite ristretto del campione analizzato, ha confermato i risultati incoraggianti già ottenuti nel campo della supervisione professionale degli assistenti sociali in Romania (Cojocaru, 2010).
Con riferimento al secondo interrogativo posto dal disegno della ricerca, si è giunti a delineare alcune caratteristiche dell’approccio sperimentale alla supervisione professionale ad orientamento Appreciative. Il dispositivo di intervento elaborato si declina attraverso alcuni elementi distintivi riconducibili a:

  • Il ricorso ad una prospettiva CC.A.I.I: Critical-Comparison Appreciative Inquiry - Integration. Volta a favorire la combinazione degli aspetti critico-significativi presenti nella narrazione dei professionisti socio-educativi con la valorizzazione delle componenti di successo attraverso un continuo lavoro di coscientizzazione, indagine e integrazione.
  • La presenza di una fase di Disarm nel corso della supervisione unitamente alle tre condizioni rogersiane. Tratti di fondo che necessitano di abitare costantemente la relazione tra supervisionati e supervisore. L’elemento fiduciario tipico della fase di Disarm viene ad essere arricchito dalla compresenza intenzionale di empatia, congruenza e valorizzazione positiva e non condizionata dell’altro.
  • La presenza di domande generative. Requisito fondamentale per avviare e sostenere il processo di supervisione Appreciative poiché aiuta i supervisionati a cambiare lenti e filtri invitandoli ad osservare la loro relazione con il cliente da una prospettiva diversa.
  • Impiegare il linguaggio positivo per ricontestualizzare necessità ed istanze del supervisionato. Riguarda l’abilità essenziale del supervisore di saper riformulare le richieste del supervisionato trasformandone gli elementi critico-deficitari in piani costruttivi e obiettivi perseguibili.
  • Costante orientamento S.E.P. In relazione alle funzioni svolte dalla supervisione Appreciative si ritiene che queste possano essere riconducibili, in misura alternata, ciclica e ricorsiva, a quelle di tipo supportivo, educativo e propositivo.
  • Composizione eterogenea del gruppo di supervisionati. Si tratta di promuovere, nei limiti del setting e delle opportunità, gruppi di supervisione eterogenei, composti da professionisti afferenti a diversi settori di intervento professionale. Questa impostazione si ritiene, vista la natura della cornice teorico-metodologica dell’Appreciative, possa favorire la disponibilità ad accrescere le esperienze di successo riferite all’agire pratico professionale consentendo anche una conoscenza diacronica più ampia e continuativa dei processi e dei fenomeni socio-educativi affrontati quotidianamente.

In conclusione l’originalità del presente lavoro contribuisce a colmare la carenza di letteratura sul tema della supervisione pedagogica nei contesti socio-educativi, la cui necessità diviene oggi urgente alla luce del recente riconoscimento professionale e al diffondersi di forme di lavoro autonomo che cominciano ad interessare in modo consistente la platea di educatori e pedagogisti che operano nell’ambito del Terzo settore. L’elaborazione e la verifica di un modello di intervento pratico di supervisione professionale si è delineato proprio a partire dai bisogni rilevati a seguito delle analisi condotte sulla documentazione raccolta sul campo. Le unità narrative estrapolate dai protocolli degli incontri di supervisione realizzati, illustrano nel dettaglio l’espressione di tali istanze, in diverse situazioni e contesti professionali. Il lavoro risponde quindi alla sfida, sempre presente in ambito educativo, di comporre una sintesi tra saperi disciplinari teorici e pratiche professionali.
 
Bibliografia
Aluffi Pentini A. (2001). La ricerca azione motore di sinergia tra teoria e prassi. Bologna: Ed. Pitagora.
Cojocaru S. (2010). Appreciative supervision in social work. New opportunities for changing the social work practice, «Revista de cercetare si interventie socialà», 29, 72-91.
Cooperrider D., Srivastva S. (1987). Appreciative Inquiry in organizational life, Research. In Organizational Change and Development, 1, 129-169.
Cockell J., McArthur Blair J. (2012). Appreciative Inquiry in Higher Education: a transformative force. San Francisco: Jossey Bass.
Giorgi A. (2010). Introduzione al metodo fenomenologico descrittivo: l’uso in campo psicologico, Encyclopaideia, 14 (27), 23-32.
Magruder Watkins J.; Mohr B.J., (2001). Appreciative Inquiry: Change at the speed of imagination. San Francisco: Jossey-Bass/Pfeiffer.
Mortari L. (2013). Azioni efficaci per casi difficili. Milano: Bruno Mondadori.
Moustakas C., (1994). Phenomenological Research Methods. California: Sage Publications
Ripamonti, S. C., Gorli, M., Scatolini, E., (2010) Setting, metodo e strumenti della ricerca-azione. In Kaneklin, C., Piccardo, C., Scaratti, G. (a cura di), La Ricerca-Azione. Cambiare per conoscere nei contesti organizzativi, (pp. 155- 175). Milano: Raffaello Cortina. 
Seligman M.E.P. (1996). Imparare l’ottimismo. Firenze, Ed. Giunti.
Spencer L.M., Spencer S.M. (1995). Competenza nel lavoro. Milano: Franco Angeli.

 
 



[1] I partecipanti totali sono stati 29 per i gruppi sperimentali e 35 per quelli di controllo. La composizione dei gruppi di operatori con e senza titolo è stata scelta coerentemente con quanto previsto dall’attuale normativa (Legge 205/2017 art. 1 cc. 594-601) che ha istituito due profili: educatore professionale socio-pedagogico con titolo ed educatore professionale socio-pedagogico con qualifica ma senza titolo.
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