Dialogo tra Sarantis Thanopulos e Nina di Maio
Nina di Maio: “In Europa, che vive un ritorno all’antisemitismo e al razzismo, spicca la stella nera dell’ungherese Orbán. Questo mi porta a parlare del commediografo più irriverente di Hollywood, il pacifista e oppositore del nazismo Melchior Lengyel grande drammaturgo e sceneggiatore ebreo-magiaro. Autore di “Ninotchka”, di “Vogliamo vivere”, di "Caterina la Grande". Ti sembra strano che oggi di fronte alla chiusura xenofoba dell’Europa, io rievochi con forza Lengyel, oppositore del nazismo e autore di commedie elegantissime, brillanti e profonde? La risposte dei suoi personaggi ai dilemmi esistenziali e politici, sono costruttive, essi sono danneggiati dalle persecuzioni e cercano una lievità e una spinta a reagire con il sorriso. Rivisitando oggi la resistenza graffiante e elegante di Lengyel al totalitarismo che attraversava l’Europa allora, pensi che esista un’appartenenza psicologica-antropologica all’Europa?”
Sarantis Thanopulos: “Penso Nina che questo senso di appartenenza esista e oltrepassi i confini dell’Unione Europea. È fatto di migrazioni, viaggi, intensi scambi culturali e economici, conflitti religiosi e politici, grandi ideali e altrettanto grandi miserie, valori comuni, legami solidali e rivalità persistenti, amore e odio. È fondato storicamente su grandi tradizioni: la civiltà greco-romana, cristiana e ebraica, il pensiero critico dell’illuminismo, il movimento operaio. Quando il senso di appartenenza perde la sua sponda nell’incontro con l’altro (noi sempre co-apparteniamo con altre appartenenze), diventa un appartenere al proprio isolamento, cioè al nulla. L’appartenenza diventa il più radicale degli sradicamenti dalla vita, desolazione, “schiavitù volontaria” alla tirannia. Come possiamo riparare i danni oggi se non riscoprendo, resistendo all’uniformazione, il gusto delle vivere?”
Nina di Maio: “Lengyel inserisce caratteri e personaggi femminili liberi e determinati che costituiscono una delle attrattive di cui si alimenta il mito del suo teatro. Il protagonismo delle figure femminili registra lo spazio di disinvolta intraprendenza e di esibita emancipazione che le donne rappresentano nella capitale ungherese negli anni ’10 del secolo scorso. Le risposte di Lengyel sono risposte provocatorie di chi si oppone al nichilismo depressivo di un esistenzialismo sterile e cinico. Il mio far cinema è una messa in scena della resistenza al razzismo e alla misoginia, incentrata sull’amore, ironica e sensuale, angosciante a tratti. La stessa di “Vogliamo vivere”. La commedia di Lengyel “Beniamino o le cose dell’altro mondo” -considero il mio film “Matrimoni e altri disastri” una sua derivazione naturale- ha illuminato le mie notti nere, producendo in me squarci rivelatori: drammaturgici, estetici, etici. La rilettura di questa commedia, che ho riadatto, mi fa venire in mente una domanda che vorrei farti: la rabbia è creativa ? L’ironia è la chiave dei sogni ?”
Sarantis Thanopulos: “Forse il movimento delle donne dovrebbe rivisitare le figure dell’emancipazione femminile del ’900. Figure passionali, per nulla inclini alle pratiche di potere maschili, capaci di destabilizzarle totalmente con la profondità -amante il rischio e l’esposizione e indisponibile ai compromessi- dei loro sentimenti. Il matrimonio tra la sensualità e l’ironia nell’eros femminile, che non ignora l’angoscia, ma non la subisce, è l’antidoto migliore al nichilismo depressivo (la grave malattia psichica che torna a minacciarci). Sì, l’ironia (la destabilizzazione che punge e libera con il sorriso) dischiude alla vita la sensualità dei sogni, il regno del nostro mondo femminile. E una rabbia sana e consapevole di sé serve eccome.”
Nina di Maio: “In Europa, che vive un ritorno all’antisemitismo e al razzismo, spicca la stella nera dell’ungherese Orbán. Questo mi porta a parlare del commediografo più irriverente di Hollywood, il pacifista e oppositore del nazismo Melchior Lengyel grande drammaturgo e sceneggiatore ebreo-magiaro. Autore di “Ninotchka”, di “Vogliamo vivere”, di "Caterina la Grande". Ti sembra strano che oggi di fronte alla chiusura xenofoba dell’Europa, io rievochi con forza Lengyel, oppositore del nazismo e autore di commedie elegantissime, brillanti e profonde? La risposte dei suoi personaggi ai dilemmi esistenziali e politici, sono costruttive, essi sono danneggiati dalle persecuzioni e cercano una lievità e una spinta a reagire con il sorriso. Rivisitando oggi la resistenza graffiante e elegante di Lengyel al totalitarismo che attraversava l’Europa allora, pensi che esista un’appartenenza psicologica-antropologica all’Europa?”
Sarantis Thanopulos: “Penso Nina che questo senso di appartenenza esista e oltrepassi i confini dell’Unione Europea. È fatto di migrazioni, viaggi, intensi scambi culturali e economici, conflitti religiosi e politici, grandi ideali e altrettanto grandi miserie, valori comuni, legami solidali e rivalità persistenti, amore e odio. È fondato storicamente su grandi tradizioni: la civiltà greco-romana, cristiana e ebraica, il pensiero critico dell’illuminismo, il movimento operaio. Quando il senso di appartenenza perde la sua sponda nell’incontro con l’altro (noi sempre co-apparteniamo con altre appartenenze), diventa un appartenere al proprio isolamento, cioè al nulla. L’appartenenza diventa il più radicale degli sradicamenti dalla vita, desolazione, “schiavitù volontaria” alla tirannia. Come possiamo riparare i danni oggi se non riscoprendo, resistendo all’uniformazione, il gusto delle vivere?”
Nina di Maio: “Lengyel inserisce caratteri e personaggi femminili liberi e determinati che costituiscono una delle attrattive di cui si alimenta il mito del suo teatro. Il protagonismo delle figure femminili registra lo spazio di disinvolta intraprendenza e di esibita emancipazione che le donne rappresentano nella capitale ungherese negli anni ’10 del secolo scorso. Le risposte di Lengyel sono risposte provocatorie di chi si oppone al nichilismo depressivo di un esistenzialismo sterile e cinico. Il mio far cinema è una messa in scena della resistenza al razzismo e alla misoginia, incentrata sull’amore, ironica e sensuale, angosciante a tratti. La stessa di “Vogliamo vivere”. La commedia di Lengyel “Beniamino o le cose dell’altro mondo” -considero il mio film “Matrimoni e altri disastri” una sua derivazione naturale- ha illuminato le mie notti nere, producendo in me squarci rivelatori: drammaturgici, estetici, etici. La rilettura di questa commedia, che ho riadatto, mi fa venire in mente una domanda che vorrei farti: la rabbia è creativa ? L’ironia è la chiave dei sogni ?”
Sarantis Thanopulos: “Forse il movimento delle donne dovrebbe rivisitare le figure dell’emancipazione femminile del ’900. Figure passionali, per nulla inclini alle pratiche di potere maschili, capaci di destabilizzarle totalmente con la profondità -amante il rischio e l’esposizione e indisponibile ai compromessi- dei loro sentimenti. Il matrimonio tra la sensualità e l’ironia nell’eros femminile, che non ignora l’angoscia, ma non la subisce, è l’antidoto migliore al nichilismo depressivo (la grave malattia psichica che torna a minacciarci). Sì, l’ironia (la destabilizzazione che punge e libera con il sorriso) dischiude alla vita la sensualità dei sogni, il regno del nostro mondo femminile. E una rabbia sana e consapevole di sé serve eccome.”
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