Riflessioni (in)attuali
Uno sguardo psicoanalitico sulla vita comune
KATIE HILL E LA MORALE DEI COMPORTAMENTI
Katie Hill, una giovane donna eletta un anno fa alla camera dei deputati degli Stati Uniti, è stata costretta a dimettersi la settimana scorsa. Era indagata dalla commissione etica della Camera perché accusata di aver intrattenuto una relazione con un uomo membro del suo staff congressuale. Hill, sposata e dichiaratamente bisessuale, ha negato fermamente questa relazione, ma ha ammesso una relazione con una giovane dello staff della sua campagna elettorale (non censurabile dal regolamento parlamentare).
Le notizie sul conto di Hill, con alcune sue foto che la ritraevano nuda, sono state pubblicate sul sito conservatore RedState, difensore dei valori cristiani e familiari, e riprese dal giornale britannico Dailly Mail. La giovane deputata ha denunciato il suo abusante marito, con il quale è in fase di separazione, per aver orchestrato una campagna contro di lei, fornendo a terzi, a sua insaputa, foto e informazioni condivise della loro vita privata. Nel suo discorso finale alla camera ha denunciato la cultura misogina che ha “consumato” il suo corpo nudo nelle foto e ha “capitalizzato” sulla sua sessualità di fronte all’intero paese che stava guardando. Spiegando le sue dimissioni con il non poter vivere nella paura di ciò che della sua vita privata potesse ancora essere rivelato, ferendola ulteriormente.
Hill, contro cui non pende nessuna denuncia di coercizione, molestia o abuso sessuale, ha accusato con forza la doppia moralità, sfavorevole alle donne, che vige nella politica americana: “Abbiamo uomini credibilmente accusati di aggressioni sessuali che siedono nei consigli di amministrazione, nella Corte Suprema, in questo parlamento e, peggio di tutto, nello Studio Ovale”. Nel dibattito sul suo caso, è stato sottolineato il fatto che la tecnologia fornisce nuovi e umilianti modi di esporre gli incontri sessuali di chiunque -specialmente delle figure pubbliche- allo sguardo dissetante di tutti. Secondo un’indagine del 2015, condotta da Stasko e Geller su un campione di 870 adulti/e eterosessuali, l’88% di loro aveva inviato, mediante telefonino, messaggi di contenuto sessuale almeno una volta, in una relazione stabile (la maggior parte) o occasionale. Nel 2016 uno studio pubblicato sulla rivista Big Data and Society ha riscontrato che il 4% degli americani avevano visto una loro foto postata senza il proprio consenso o erano stati minacciati che ciò venisse fatto. Per le donne più giovani la percentuale saliva al 10%.
I “codici etici” comportamentali (giusti o meno che vengano considerati) si ispirano al timore maschile della libertà erotica femminile e a un assetto autoerotico segreto che evita il coinvolgimento. Ignorano l’etica, legata ai modi di essere e non ai comportamenti. Sono canoni morali che prescrivono l’apparenza e, in un modo o un altro, l’ipocrisia. Non amano l’intimità, né la profondità, regolamentano il movimento della vita in superficie.
Etico è, o non è, il nostro modo di desiderare, sentire, pensare che può dare, o non dare, senso di responsabilità e significato al nostro agire. Giudicare l’eticità degli esseri umani a partire dal loro modo esteriore di comportarsi, cioè a partire da ciò che si vede secondo il principio dell’eccitazione di uno sguardo aborrente il coinvolgimento interiore, significa ridurre ‘ciò che è’ in ‘ciò che sembra’. Uno sguardo pornografico, spudorato crea un pudore falso e eccitante: la censura di un’immagine appiattita su se stessa che produce un appetito sessuale artificiale. Siamo ancora nella morale cucita addosso alla “moglie di Cesare”. Questa morale può far cadere teste maschili e femminili (molto di più), ma, non si abbia nessuna illusione, è costruita da maschi voyeur.