Dialogo di Sarantis Thanopulos con Silvio Perrella
Silvio Perrella “Caro Sarantis qualche giorno fa ho appreso come tutti del “fattaccio” avvenuto sul ponte di Londra. Sono andato in giro per il Web (non guardo più la televisione da anni) e mi sono imbattuto in alcuni video “scattati” sulla scena.Nel primo un uomo sottraeva il coltello a un altro uomo che stava per terra tenuto fermo da altre persone; teneva in mano il coltello, mentre guardingo si allontanava dall’epicentro del tafferuglio; poi lo scatto visivo s’interrompeva.
Nel secondo arrivavano due poliziotti armati, intimavano alle persone che avevano immobilizzato “l’individuo” (l’attentatore?) di farsi da parte e uno dei due gli sparava uccidendolo sul colpo. Guardando provando a capire ho avvertito come un vento furioso che strattonava la mia mente.Pensieri scomposti accanto a un solo sentimento: quello di pietà. Mi sono chiesto: perché, visto che era stato immobilizzato dalle persone, era necessario uccidere quell’individuo? Non sarebbe stato meglio arrestarlo, interrogarlo e poi mostrarlo come uno dei primi casi di attentatore o sedicente tale che le persone erano riuscite a bloccare da sole?
Con il suo sparare a morte senza esitazione il poliziotto inglese mi sembra aver rivelato un qualcosa – chiamiamola la Grande Semplificazione della Morte – che è necessario interrogare”.
Sarantis Thanopulos “Caro Silvio nel momento dell’esecuzione a freddo dell’omicida, il poliziotto inglese in nulla era dissimile dal suo bersaglio ormai inerme. In entrambi è venuto a mancare il riconoscimento del nemico. Rispettare un nemico, anche nel più aspro dei conflitti, è necessario se vuoi mantenere vivo il sentimento di fraternità e amicizia. L’idea che l’amicizia esclude il nemico è falsa. Non si può essere amici senza poter confliggere. Anche nell’amicizia più duratura e solida il conflitto è condizione di trasformazione e di libertà.
Solo il tradimento è escluso. Il legame indissolubile dell’amico con l’amico ci protegge dal tradimento. Dal mio punto di vista, i due omicidi, l’affiliato all’Isis e il poliziotto, sono traditori della fraternità umana. Il mio non è un giudizio morale, ma etico.
Questo tipo di tradimento si diffonde tra di noi e ha la sua origine nella volontà impersonale di estinzione del nemico, di eliminazione indifferente dell’altro, che implica l’identificazione con la Morte”.
Silvio Perrella “Dialogando proviamo a rimettere in moto il processo della nominazione. Furono i poeti i primi legislatori onomastici del mondo. E oggi che le parole si sono slegate dalle cose l’arbitrarietà dilaga e ammorba l’aria. Tu dici: “l’idea che l’amicizia esclude il nemico è falsa”. Lo è perché non tiene conto che ogni cosa accade nel tempo; e che il tempo è il possente autore della metamorfosi incessante dentro la quale viviamo.
Dare la morte a freddo semplifica tutto. Elimina ogni cosa. Rimane solo un funebre silenzio. Ed è a partire da questo silenzio che noi proviamo ad orientarci. Guardando il secondo video ho pensato che quel poliziotto ha reintrodotto in Inghilterra la pena di morte. Una pena senza processo, data nell’istante di un fulmine. Uno sparo”.
Sarantis Thanopulos “ La pena di morte (avocazione del potere estremo del più forte da parte dello Stato) eseguita senza mandato ci porta all’Homo Sacer (Agamben). Costui poteva essere ucciso da chiunque, in modo impersonale, perché era al tempo stesso sacro e intoccabile (cioè appartenente alla giurisdizione di un Potere Superiore). Il poliziotto che ha ucciso comportandosi da “chiunque”, collocando la sua vittima fuori dal campo della giustizia umana, ha agito in modo istantaneo/automatico nel nome di un potere sovrumano (disumano): la Morte, Grande Semplificatrice, come dici tu, dei conflitti umani”.
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