VENTI VIRTUALI
Sull'utilizzo professionale della Realtà Virtuale in Psicologia
di Luca Morganti

INTERVISTA SULLA REALTA' VIRTUALE

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18 dicembre, 2019 - 10:34
di Luca Morganti
Come funziona la realtà virtuale? Quali sono i principali ambiti di applicazione in medicina al giorno d'oggi e quali lo saranno domani? Ve lo racconto in questa intervista di presentazione in modo da porre le fondamenta essenziali per poterne discutere insieme.

Perché funziona?

La realtà virtuale funziona perché si basa sulle capacità simulative della nostra mente. Cercando di spiegarla in modo semplice, la realtà virtuale costruisce tutto attorno a noi un ambiente a 360 gradi che se ha caratteristiche simili a quelle del mondo reale permette alla persona che esperisce quel mondo di simulare l’interazione con lo stesso proprio come se vi fosse dentro. La nostra mente è un simulatore: entrando nell’ambiente virtuale lo percepiamo a 360 gradi, troviamo la nostra prospettiva di fronte ad esso e pianifichiamo le possibili azioni. Percezioni sensoriali, anche influenzate da precedenti esperienze, sono lo strumento con cui leggiamo l’ambiente virtuale come l’ambiente reale. Tutto ciò permette di sviluppare ciò che viene chiamato senso di Presenza, che possiamo definire come la sensazione di sentirsi coinvolti e partecipi nell’ambiente, aggiungendo una dimensione interattiva al medium.
 

Cosa dobbiamo evitare quando utilizziamo la realtà virtuale?

Se la vogliamo utilizzare in modo professionale dobbiamo innanzi tutto saper selezionare i contenuti che andiamo a proporre al paziente. Sembra banale, ma dobbiamo conoscerli bene ed averli già vissuti noi in modo virtuale prima di farli vivere al paziente. Solo così potremo parlare dell’esperienza che ha avuto il paziente avendo un confronto con quella che abbiamo fatto noi. Come se creassimo una sorta di “normalità” – intesa in senso statistico – con cui confrontare la reazione del soggetto. A lungo termine, potremmo anche pensare ad un utilizzo della realtà virtuale come assessment psicologico, sulla falsa riga delle nuove modalità di test digitali che piano piano si affiancano in quanto ad efficacia agli storici test carta e matita. 

In secondo luogo, ritengo sia necessario evitare una sorta di effetto wow, ovvero lo stupore derivante dal primo uso della realtà virtuale, trovandosi ricostruito un ambiente virtuale a 360 gradi intorno a sè. So che a livello di marketing è sicuramente una leva importante, ma non dimentichiamo che la realtà virtuale in un contesto professionale di intervento sanitario ha obiettivi molto più alti da porsi di una semplice esperienza piacevole o stupefacente.

 

In quali ambiti della medicina la possiamo utilizzare?

In medicina la realtà virtuale è utilizzata in molti contesti. Ne identificherei principalmente tre:

Poi ovviamente c’è tutto il settore di intervento nella psicologia.

 

Quali utilizzi nella psicologia?

Beh, il principale, a livello di diffusione attuale e di efficacia scientifica, resta la terapia di esposizione ai contesti fobici, definita come VRET. Può essere prevista come intervento in sé o come un ulteriore gradino di un processo di esposizione classico, che può partire dal contesto immaginato, arrivando poi ad una foto dell’oggetto/situazione temuta, fino a passare poi a video e giungendo poi alla realtà virtuale.

Per tutto il resto, la realtà virtuale si muove principalmente su due linee guida:

 

In quali altri ambiti la potremmo utilizzare?

La diffusione dei visori, sempre più facili da utilizzare, tecnologicamente più avanzati e a costi ridotti permette di sperimentare molto. In alcuni ambiti c’è già molta evidenza scientifica, in altri meno, in altri ancora è una sfida poter dimostrare l’efficacia di alcune intuizioni cliniche. Ne cito uno per tipo, senza poi mettere limiti alla conoscenza e ad altri usi che si stanno già testando ora nel mondo. 

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