Segue dalla prima parte dell’articolo “Il muro, i muri. Ricorrenze: Ligabue, Primo Levi, Cuba, Luxemburg, Freud, Merini, Basaglia”. Vai all’inizio con il link.
Ricorrenze (segue). Emergency, l’organizzazione umanitaria fondata da Gino Strada, ha compiuto quest’anno 25 anni e Milano li ha celebrati con una mostra inaugurata il 15 maggio. In questi 25 anni l’organizzazione ha curato oltre 10 milioni di persone nel mondo, e il prossimo progetto è l’apertura di un ospedale nello Yemen. I principi sui quali si fonda l’organizzazione sono sempre gli stessi: curare i feriti militari e civili a qualunque parte appartengono svolgendo al contempo un’opera di denuncia contro la guerra, tutte le guerre, contro le devastazioni che apre nella carne degli uomini e nella terra che abitano; e contro le armi: contro chi le usa, chi ne approva l’utilizzo, chi le fabbrica, chi le trasporta, chi ci guadagna. Se il mondo ha una speranza, credo stia tutta in questa organizzazione e in quelle similari: operatori di pace, contro ogni guerra[i]. E il tre ottobre, nel giorno del sesto anniversario della strage di Lampedusa, è stato un anno da quando la piattaforma Mediterranea ha messo in acqua la prima imbarcazione battente bandiera italiana per il salvataggio dei naufraghi nel Mediterraneo centrale (oltre 700 sono morti a un passo dalle nostre rive anche quest’anno!), e questa rubrica ha salutato l’evento. La navigazione della Mare Jonio e del veliero d’appoggio Alex non è stata facile. E’ stato possibile portare a terra 237 persone, ma a renderla insidiosa multe e sequestri, voluti soprattutto dai due Decreti sicurezza che non si trova il coraggio di abrogare. Sei sono le persone, tra capitani e capimissione, in questo momento sotto accusa; tra di essi un deputato della Repubblica, Erasmo Palazzotto. Decine di migliaia di euro le multe comminate, ma soprattutto le due imbarcazioni si trovano da mesi sotto sequestro, impossibilitate a svolgere la loro opera: salvare vite umane. Seguendo il link a Mediterranea, è possibile firmare per il dissequestro e partecipare al crowfunding per ribadire che: “un altro mondo è possibile”. E che lo pretendiamo!
Ci hanno lasciato. L’11 febbraio ci ha lasciato Marcello Nardini, già ricordato su questa rivista da uno dei suoi allievi, Nicola Ardito. Aveva ricoperto la cattedra di psichiatria alle Università di Siena e di Bari ed era stato per più mandati vicepresidente della SIP. Di lui ricordo l’interesse e la generosità con i quali ha sempre guardato a un tema che ha acquisito via via maggiore importanza, quello dell’assistenza psichiatrica ai migranti a partire dalla crisi albanese che ha investito la sua Puglia ma poi con le nuove ondate migratorie, di diversa consistenza e provenienza. Con me amava rievocare il periodo trascorso, agli inizi della sua carriera, a Genova, un periodo e una città che gli erano rimasti nel cuore. Non posso tralasciare la simpatia e la curiosità con i quali negli ultimi tempi ha accompagnato questa rubrica e il fatto che da quando ho iniziato a utilizzare, spesso nottetempo, i social per promuoverne i contenuti, il primo segno di affetto, approvazione e incoraggiamento che trovavo al mattino era il suo.
Il 15 febbraio è mancato Adriano Ossicini. Era nato a Roma il 20 giugno 1920. Di formazione cattolica, comincia la sua attività antifascista nel 1938. Avvicinatosi ad ambienti comunisti dal 1940, è arrestato nel 1943, poi liberato dopo il 25 luglio; già dalla sera dell’8 settembre aderisce alla Resistenza e prende parte alla difesa di Porta San Paolo. Dopo l’occupazione di Roma entra in clandestinità e fonda con Franco Rodano il Movimento dei Cattolici Comunisti. Attivo nella Resistenza in varie aree del centro Italia, collabora tra l’altro con Giovanni Borromeo al ricovero presso il Fatebenefratelli dell’Isola tiberina di un centinaio di ebrei dalla deportazione sotto la diagnosi fasulla di “morbo di K”, riuscendo a salvarli dalla deportazione. L’1 febbraio 1944 è arrestato dalla polizia fascista, ma con un colpo d’astuzia riesce a fuggire. Per la sua attività partigiana è decorato con Medaglia d’argento al valor militare. Dopo la liberazione di Roma ha qualche incarico nelle amministrazioni locali ma poi, anche per il radicalizzarsi dello scontro tra mondo cattolico e sinistra, si ritira temporaneamente dalla politica. Si laurea in medicina alla fine del 1944, si specializza in malattie nervose e mentali e dal 1947 è docente di psicologia all’Università La Sapienza. Lo stesso anno apre con Giovanni Bollea il primo Centro medico psicopedagogico in Italia. Eletto al Senato nel 1968 con gli Indipendenti di Sinistra nelle liste del PCI, rimane senatore fino al 1992, e in quegli anni si adopera per il riconoscimento e l’ordinamento della professione di psicologo. Il 10 maggio 1978 presiedeva, come ricorda Bruno Orsini, la Commissione di merito del Senato che, approvandola senza emendamenti, consentì il varo della legge 180 tre giorni dopo. Presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica dal 1992 al 1994, terminò la propria carriera politica nel PD.
Il 4 marzo è mancato Jean Starobinski, psichiatra, storico e critico letterario nato a Ginevra il 17 novembre 1920, insegnò letteratura francese alle università di Baltimora, Basilea e Ginevra. Fu autore di numerosi saggi colti e originali sulla malinconia, la nostalgia, sulla ragione, la follia e la libertà, sulla coscienza, su Montesquieu, Corneille, Racine, Montaigne, Rousseau, Voltaire, Diderot, Stendhal, Balzac, Baudelaire, Shakespeare, Freud, Tasso, Calvino.
Il 19 luglio è morta nuotando nel lago Balaton la filosofa ungherese Agnes Heller. Nata a Budapest il 12 maggio 1929 è stata internata a 15 anni ad Auschwitz, ed è stata tra i pochi della sua famiglia a sopravvivere. E’ stata allieva di Georgy Lukacs, studiosa di un marxismo originale e libertario è entrata in urto prima con il regime comunista col ’56 e poi definitivamente col ’68. Espatriata, ha vissuto e insegnato per molti anni in Australia, Canada e Stati Uniti prima di rientrare in Ungheria. Col tempo si è allontanata sempre più dal marxismo rifiutando ogni lettura finalistica della storia ma continuando a battersi nella sinistra radicale perché i bisogni di base dell’uomo – non quelli mercificati soddisfatti dalla libertà offerta dal capitalismo che considerava “caricatura della libertà” – potessero essere soddisfatti per tutti. Rientrata in Ungheria si impegnò con passione per contrastare Orban e il suo sovranismo con la stessa passione antitotalitaria che l’ha animata per tutta la vita. Studiò in particolare il giovane Marx e Shakespeare e tra i suoi saggi più noti ricordo La filosofia radicale, La teoria dei bisogni in Marx, Sociologia della vita quotidiana, Un’etica della personalità, Il vento e il vortice, Teoria dei sentimenti. Il 20 settembre ci ha lasciato Claudio Misculin, attore e regista teatrale triestino che aveva collaborato con Franco Basaglia fondando nel 1974 a Trieste l’Accademia della follia. Il giorno successivo Franco Rotelli lo ricordava come “uno dei pezzi più pregiatati dell’esperienza basagliana” e scriveva di lui che era “talmente generoso da essere un po' ingenuo, la generosità e l'ingenuità gli permettevano di uscire dagli schemi, lui si metteva in gioco con il suo corpo che è stato il suo teatro, non c'era dissociazione tra vita personale e vita di teatro, si è sempre messo in scena per quello che era”.
Il 7 novembre è morto a Pisa il filosofo Remo Bodei, che era nato a Cagliari il 3 agosto 1938. Docente della Scuola Normale Superiore di Pisa e di numerose università stranioere, accademico dei Lincei, fu studioso di Hegel, Cartesio, Hobbes e Spinoza, di Ernest Bloch, Adorno, Benjamin, della patristica e di Freud e degli epigoni freudiani, ma anche di Holderlin e Leopardi. Tra le tante aree di interesse, si è occupato delle passioni: passioni calde come l'ira, bollente, furiosa, rossa. E passioni tristi come l'odio, gelido e calcolato, alimentato e accudito costantemente. E’ evidente che tali tematiche lo hanno spesso posto in dialogo con i mondi della psichiatria e della psicoanalisi. Tra le opere di maggiore interesse: Geometria delle passioni. Paura, speranza e felicità: filosofia e uso politico (Feltrinelli, 1991); Le logiche del delirio. Ragione, affetti, follia, (Laterza, 2000); Il dottor Freud e i nervi dell'anima. Filosofia e società a un secolo dalla nascita della psicoanalisi, (Donzelli, 2001; Destini personali. L'età della colonizzazione delle coscienze (Feltrinelli, 2002); Piramidi di tempo. Storie e teoria del déjà vu (Il Mulino, 2006); Ira. La passione furente (Il Mulino, 2011); Immaginare altre vite. Realtà, progetti, desideri (Feltrinelli, 2013. E’ dell’anno scorso il suo ultimo saggio, Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, intelligenza artificiale (Il mulino, 2019), dove, a partire al solito da solide basi storiche e filosofiche, affronta interrogandone l’origine e il senso i temi della schiavitù e del dominio dell’uomo sull’uomo, degli uomini sugli animali, dei maschi sulle femmine, degli uomini sulle macchine e, nel finale che rimane aperto, di noi sui robot o dei robot su di noi. Nel 2002 un suo saggio dal titolo Delirio e conoscenza era uscito sulla rivista ligure “Il vaso di Pandora. Dialoghi in psichiatria e in scienze umane”.
Era un giorno di metà aprile quando anche la voce roca, i colpi di tosse, l’intelligenza e l’onestà intellettuale di Massimo Bordin si sono spente; ha tenuto compagnia a me, come a tanti italiani, dalle frequenze di Radio Radicale per troppe mattine mentre ci recavamo al lavoro perché non gli dedicassi un ricordo. Per tramite suo, ho avuto segnalazione di articoli che poi subito correvo a comprare, e ho conosciuto anche il punto di vista di giornali che non avrei mai comprato. E’ il succo della democrazia, infondo. Le nostre giornate, d’ora in poi, non cominceranno più allo stesso modo.
Servizi
A proposito dei Servizi vorrei ricordare due eventi ai quali ho preso parte quest’anno. Il primo è stato l’Expo della Salute Mentale, tenutosi grazie al Coordinamento nazionale dei Centri Diurni, e su impulso soprattutto del coordinamento del Lazio, a maggio presso l’ex Cartiera Latina nel Parco Regionale dell’Appia Antica a Roma. E’ stata un’occasione d’incontro e rilancio per i Centri diurni, i loro operatori e i loro utenti, per richiamare l’attenzione sulla loro centralità nella costruzione di percorsi di salute mentale che siano attenti a combattere l’istituzionalizzazione e la cronicità e a costruire opportunità di vita quotidiana, casa, lavoro a portata di tutti. I lavori si sono conclusi con una “Carta della cartiera” che rappresenta un buon documento di lavoro sul quale anche le amministrazioni sono chiamate a impegnarsi.
Il mese successivo si è svolta sempre a Roma, ospitata dalla Facoltà di Economia, la “Conferenza Nazionale della Salute Mentale”. La conferenza, che ho apprezzato soprattutto per la concretezza e lo stile partecipativo con i quali ha saputo identificare e affrontare quelli che sono i problemi principali della vita degli operatori, gli utenti e le famiglie, (che non è affatto scontato in eventi di quella dimensione), ha previsto un intervento importante di Fabrizio Starace direttore del DSMD di Modena e presidente della SIEP sul tema Investire in Salute Mentale (clicca qui per il link) e uno di don Luigi Ciotti (clicca qui per il link). Razionalità e passione, insomma. Gran parte dei lavori sono stati articolati per sei gruppi di lavoro paralleli: Disuguaglianze, uniformità, risorse dei LEA: per il diritto alla salute mentale, in tutto il Paese, condotto da Fabrizio Starace e Nerina Dirindin (clicca qui per il link); Il lavoro del/nel Dipartimento di Salute Mentale, per un CSM regista della cura nel territorio condotto da Angelo Fioritti e Roberto Mezzina (clicca qui per il link); Residenzialità pesante e neo istituzionalizzazione. Costruire le alternative condotto da Paola Carozza e Vito d’Anza (clicca qui per il link); I trattamenti necessari e gli abusi, cattive e buone pratiche (TSO, Contenzione, abbandono, presa in carico …) condotto da Giovanna Del Giudice e Valentina Calderone (clicca qui per il link); Il Sociale per la salute mentale di comunità: il DSM e l’integrazione con il welfare locale (lavorare, abitare, promuovere, …) condotto da Elisabetta Rossi e Salvatore d’Elia (clicca qui per il link); Dopo gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari: salute mentale e Giustizia. Oltre le Rems e il carcere … condotto da Stefano Cecconi e Pietro Pellegrini (clicca qui per il link). Personalmente avevo optato per il secondo gruppo, nel quale Angelo Fioritti ha aperto i lavori ponendo una serie di problemi che interessano oggi l’attività dei CSM e il suo rapporto con il DSM (clicca qui per il link). Per parte mia, ho partecipato al gruppo descrivendo le caratteristiche di quello che sarebbe il CSM nella situazione dei miei sogni, in un mondo dove tutto potesse funzionare nel modo migliore (clicca qui per il link).
Alla conclusione dei lavori, come sintesi di quanto emerso sono stati proposti dieci punti (clicca qui per il link) e quelli che mi paiono più interessanti sono: garantire la partecipazione di utenti e familiari negli organismi decisionali a tutti i livelli; migliorare i set di indicatori per il monitoraggio dei LEA, soprattutto territoriali; incentivare modelli organizzativi con servizi di prossimità e CSM con ambiti territoriali di piccola scala, spostare risorse dalla residenzialità di lungo periodo a progetti personalizzati sostenuti dal budget di salute, promuovere il monitoraggio e la formazione degli operatori per prevenire la contenzione e contrastare modalità inappropriate di TSO, vietando tra l’altro l’uso del taser, promuovere il monitoraggio del superamento dell’OPG e protocolli tra servizi per la salute mentale e mondo giudiziario. Anche in questo caso il documento è online, e può essere raggiunto col link.
Peraltro, una sintesi su Pol. it è già stata data da Antonella Capoferri e ad essa rimando per quello che ometterò. Tutto il materiale è disponibile poi sul sito relativo, al quale offro comunque il link generale a chi è interessato.
Ancora, grazie all’interessamento del presidente Enrico Zanalda e del consigliere Giuseppe Ducci, direttore del DSM dell’ASL Roma 1, con una cerimonia svoltasi il 9 ottobre la SIP ha una nuova sede, dove tra l’altro potrà trovare collocazione il suo archivio, presso la Biblioteca Cencelli del comprensorio dell’ex OP di Santa Maria ella Pietà, ospite dell’ASL 1 di Roma, dove il 7-8 novembre si è poi svolto, organizzato da Pompeo Martelli per il Museo Laboratorio della Mente di Roma, il II Convegno Musei, memorie e narrazioni per la Salute mentale al termine del quale è stato siglato l’accordo di collaborazione denominato “Mente in Rete” – ideato e già sottoscritto dal Museo Laboratorio della Mente (ASL Roma 1) e dal Museo del Manicomio di Venezia (San Servolo srl) finalizzato alla messa in rete del patrimonio archivistico e museale della psichiatria italiana. Auspichiamo che questo possa essere un nuovo passo verso una migliore conservazione e fruizione del materiale utile a documentare la storia della follia e della psichiatria, che è parte essenziale del patrimonio storico del nostro Paese.
Non mi pare possibile terminare queste note sulla salute mentale in Italia di fine 2019, infine, senza fare riferimento a un episodio triste, e dedicare un ricordo a Elena Casetto, la diciannovenne morta bruciata sul letto sul quale si trovava in contenzione presso l’SPDC dell’Ospedale di Bergamo il 13 agosto. Il pensiero va alla sua famiglia, a chi le ha voluto bene, a tutti coloro che sono coinvolti in questa triste vicenda. Il tragico episodio ha, com’è ovvio, rinfocolato il dibattito, mai sopito peraltro, sulla contenzione e su questa rubrica ho voluto ribadire, senza riferimento all’evento specifico, le mie personali valutazioni sul tema generale che rimane ancora uno dei più importanti e delicati dell’assistenza psichiatrica.
Nel video: Un’intervista de “Il piccolo” a Claudio Misculin
Ricorrenze (segue). Emergency, l’organizzazione umanitaria fondata da Gino Strada, ha compiuto quest’anno 25 anni e Milano li ha celebrati con una mostra inaugurata il 15 maggio. In questi 25 anni l’organizzazione ha curato oltre 10 milioni di persone nel mondo, e il prossimo progetto è l’apertura di un ospedale nello Yemen. I principi sui quali si fonda l’organizzazione sono sempre gli stessi: curare i feriti militari e civili a qualunque parte appartengono svolgendo al contempo un’opera di denuncia contro la guerra, tutte le guerre, contro le devastazioni che apre nella carne degli uomini e nella terra che abitano; e contro le armi: contro chi le usa, chi ne approva l’utilizzo, chi le fabbrica, chi le trasporta, chi ci guadagna. Se il mondo ha una speranza, credo stia tutta in questa organizzazione e in quelle similari: operatori di pace, contro ogni guerra[i]. E il tre ottobre, nel giorno del sesto anniversario della strage di Lampedusa, è stato un anno da quando la piattaforma Mediterranea ha messo in acqua la prima imbarcazione battente bandiera italiana per il salvataggio dei naufraghi nel Mediterraneo centrale (oltre 700 sono morti a un passo dalle nostre rive anche quest’anno!), e questa rubrica ha salutato l’evento. La navigazione della Mare Jonio e del veliero d’appoggio Alex non è stata facile. E’ stato possibile portare a terra 237 persone, ma a renderla insidiosa multe e sequestri, voluti soprattutto dai due Decreti sicurezza che non si trova il coraggio di abrogare. Sei sono le persone, tra capitani e capimissione, in questo momento sotto accusa; tra di essi un deputato della Repubblica, Erasmo Palazzotto. Decine di migliaia di euro le multe comminate, ma soprattutto le due imbarcazioni si trovano da mesi sotto sequestro, impossibilitate a svolgere la loro opera: salvare vite umane. Seguendo il link a Mediterranea, è possibile firmare per il dissequestro e partecipare al crowfunding per ribadire che: “un altro mondo è possibile”. E che lo pretendiamo!
Ci hanno lasciato. L’11 febbraio ci ha lasciato Marcello Nardini, già ricordato su questa rivista da uno dei suoi allievi, Nicola Ardito. Aveva ricoperto la cattedra di psichiatria alle Università di Siena e di Bari ed era stato per più mandati vicepresidente della SIP. Di lui ricordo l’interesse e la generosità con i quali ha sempre guardato a un tema che ha acquisito via via maggiore importanza, quello dell’assistenza psichiatrica ai migranti a partire dalla crisi albanese che ha investito la sua Puglia ma poi con le nuove ondate migratorie, di diversa consistenza e provenienza. Con me amava rievocare il periodo trascorso, agli inizi della sua carriera, a Genova, un periodo e una città che gli erano rimasti nel cuore. Non posso tralasciare la simpatia e la curiosità con i quali negli ultimi tempi ha accompagnato questa rubrica e il fatto che da quando ho iniziato a utilizzare, spesso nottetempo, i social per promuoverne i contenuti, il primo segno di affetto, approvazione e incoraggiamento che trovavo al mattino era il suo.
Il 15 febbraio è mancato Adriano Ossicini. Era nato a Roma il 20 giugno 1920. Di formazione cattolica, comincia la sua attività antifascista nel 1938. Avvicinatosi ad ambienti comunisti dal 1940, è arrestato nel 1943, poi liberato dopo il 25 luglio; già dalla sera dell’8 settembre aderisce alla Resistenza e prende parte alla difesa di Porta San Paolo. Dopo l’occupazione di Roma entra in clandestinità e fonda con Franco Rodano il Movimento dei Cattolici Comunisti. Attivo nella Resistenza in varie aree del centro Italia, collabora tra l’altro con Giovanni Borromeo al ricovero presso il Fatebenefratelli dell’Isola tiberina di un centinaio di ebrei dalla deportazione sotto la diagnosi fasulla di “morbo di K”, riuscendo a salvarli dalla deportazione. L’1 febbraio 1944 è arrestato dalla polizia fascista, ma con un colpo d’astuzia riesce a fuggire. Per la sua attività partigiana è decorato con Medaglia d’argento al valor militare. Dopo la liberazione di Roma ha qualche incarico nelle amministrazioni locali ma poi, anche per il radicalizzarsi dello scontro tra mondo cattolico e sinistra, si ritira temporaneamente dalla politica. Si laurea in medicina alla fine del 1944, si specializza in malattie nervose e mentali e dal 1947 è docente di psicologia all’Università La Sapienza. Lo stesso anno apre con Giovanni Bollea il primo Centro medico psicopedagogico in Italia. Eletto al Senato nel 1968 con gli Indipendenti di Sinistra nelle liste del PCI, rimane senatore fino al 1992, e in quegli anni si adopera per il riconoscimento e l’ordinamento della professione di psicologo. Il 10 maggio 1978 presiedeva, come ricorda Bruno Orsini, la Commissione di merito del Senato che, approvandola senza emendamenti, consentì il varo della legge 180 tre giorni dopo. Presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica dal 1992 al 1994, terminò la propria carriera politica nel PD.
Il 4 marzo è mancato Jean Starobinski, psichiatra, storico e critico letterario nato a Ginevra il 17 novembre 1920, insegnò letteratura francese alle università di Baltimora, Basilea e Ginevra. Fu autore di numerosi saggi colti e originali sulla malinconia, la nostalgia, sulla ragione, la follia e la libertà, sulla coscienza, su Montesquieu, Corneille, Racine, Montaigne, Rousseau, Voltaire, Diderot, Stendhal, Balzac, Baudelaire, Shakespeare, Freud, Tasso, Calvino.
Il 19 luglio è morta nuotando nel lago Balaton la filosofa ungherese Agnes Heller. Nata a Budapest il 12 maggio 1929 è stata internata a 15 anni ad Auschwitz, ed è stata tra i pochi della sua famiglia a sopravvivere. E’ stata allieva di Georgy Lukacs, studiosa di un marxismo originale e libertario è entrata in urto prima con il regime comunista col ’56 e poi definitivamente col ’68. Espatriata, ha vissuto e insegnato per molti anni in Australia, Canada e Stati Uniti prima di rientrare in Ungheria. Col tempo si è allontanata sempre più dal marxismo rifiutando ogni lettura finalistica della storia ma continuando a battersi nella sinistra radicale perché i bisogni di base dell’uomo – non quelli mercificati soddisfatti dalla libertà offerta dal capitalismo che considerava “caricatura della libertà” – potessero essere soddisfatti per tutti. Rientrata in Ungheria si impegnò con passione per contrastare Orban e il suo sovranismo con la stessa passione antitotalitaria che l’ha animata per tutta la vita. Studiò in particolare il giovane Marx e Shakespeare e tra i suoi saggi più noti ricordo La filosofia radicale, La teoria dei bisogni in Marx, Sociologia della vita quotidiana, Un’etica della personalità, Il vento e il vortice, Teoria dei sentimenti. Il 20 settembre ci ha lasciato Claudio Misculin, attore e regista teatrale triestino che aveva collaborato con Franco Basaglia fondando nel 1974 a Trieste l’Accademia della follia. Il giorno successivo Franco Rotelli lo ricordava come “uno dei pezzi più pregiatati dell’esperienza basagliana” e scriveva di lui che era “talmente generoso da essere un po' ingenuo, la generosità e l'ingenuità gli permettevano di uscire dagli schemi, lui si metteva in gioco con il suo corpo che è stato il suo teatro, non c'era dissociazione tra vita personale e vita di teatro, si è sempre messo in scena per quello che era”.
Il 7 novembre è morto a Pisa il filosofo Remo Bodei, che era nato a Cagliari il 3 agosto 1938. Docente della Scuola Normale Superiore di Pisa e di numerose università stranioere, accademico dei Lincei, fu studioso di Hegel, Cartesio, Hobbes e Spinoza, di Ernest Bloch, Adorno, Benjamin, della patristica e di Freud e degli epigoni freudiani, ma anche di Holderlin e Leopardi. Tra le tante aree di interesse, si è occupato delle passioni: passioni calde come l'ira, bollente, furiosa, rossa. E passioni tristi come l'odio, gelido e calcolato, alimentato e accudito costantemente. E’ evidente che tali tematiche lo hanno spesso posto in dialogo con i mondi della psichiatria e della psicoanalisi. Tra le opere di maggiore interesse: Geometria delle passioni. Paura, speranza e felicità: filosofia e uso politico (Feltrinelli, 1991); Le logiche del delirio. Ragione, affetti, follia, (Laterza, 2000); Il dottor Freud e i nervi dell'anima. Filosofia e società a un secolo dalla nascita della psicoanalisi, (Donzelli, 2001; Destini personali. L'età della colonizzazione delle coscienze (Feltrinelli, 2002); Piramidi di tempo. Storie e teoria del déjà vu (Il Mulino, 2006); Ira. La passione furente (Il Mulino, 2011); Immaginare altre vite. Realtà, progetti, desideri (Feltrinelli, 2013. E’ dell’anno scorso il suo ultimo saggio, Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, intelligenza artificiale (Il mulino, 2019), dove, a partire al solito da solide basi storiche e filosofiche, affronta interrogandone l’origine e il senso i temi della schiavitù e del dominio dell’uomo sull’uomo, degli uomini sugli animali, dei maschi sulle femmine, degli uomini sulle macchine e, nel finale che rimane aperto, di noi sui robot o dei robot su di noi. Nel 2002 un suo saggio dal titolo Delirio e conoscenza era uscito sulla rivista ligure “Il vaso di Pandora. Dialoghi in psichiatria e in scienze umane”.
Era un giorno di metà aprile quando anche la voce roca, i colpi di tosse, l’intelligenza e l’onestà intellettuale di Massimo Bordin si sono spente; ha tenuto compagnia a me, come a tanti italiani, dalle frequenze di Radio Radicale per troppe mattine mentre ci recavamo al lavoro perché non gli dedicassi un ricordo. Per tramite suo, ho avuto segnalazione di articoli che poi subito correvo a comprare, e ho conosciuto anche il punto di vista di giornali che non avrei mai comprato. E’ il succo della democrazia, infondo. Le nostre giornate, d’ora in poi, non cominceranno più allo stesso modo.
Servizi
A proposito dei Servizi vorrei ricordare due eventi ai quali ho preso parte quest’anno. Il primo è stato l’Expo della Salute Mentale, tenutosi grazie al Coordinamento nazionale dei Centri Diurni, e su impulso soprattutto del coordinamento del Lazio, a maggio presso l’ex Cartiera Latina nel Parco Regionale dell’Appia Antica a Roma. E’ stata un’occasione d’incontro e rilancio per i Centri diurni, i loro operatori e i loro utenti, per richiamare l’attenzione sulla loro centralità nella costruzione di percorsi di salute mentale che siano attenti a combattere l’istituzionalizzazione e la cronicità e a costruire opportunità di vita quotidiana, casa, lavoro a portata di tutti. I lavori si sono conclusi con una “Carta della cartiera” che rappresenta un buon documento di lavoro sul quale anche le amministrazioni sono chiamate a impegnarsi.
Il mese successivo si è svolta sempre a Roma, ospitata dalla Facoltà di Economia, la “Conferenza Nazionale della Salute Mentale”. La conferenza, che ho apprezzato soprattutto per la concretezza e lo stile partecipativo con i quali ha saputo identificare e affrontare quelli che sono i problemi principali della vita degli operatori, gli utenti e le famiglie, (che non è affatto scontato in eventi di quella dimensione), ha previsto un intervento importante di Fabrizio Starace direttore del DSMD di Modena e presidente della SIEP sul tema Investire in Salute Mentale (clicca qui per il link) e uno di don Luigi Ciotti (clicca qui per il link). Razionalità e passione, insomma. Gran parte dei lavori sono stati articolati per sei gruppi di lavoro paralleli: Disuguaglianze, uniformità, risorse dei LEA: per il diritto alla salute mentale, in tutto il Paese, condotto da Fabrizio Starace e Nerina Dirindin (clicca qui per il link); Il lavoro del/nel Dipartimento di Salute Mentale, per un CSM regista della cura nel territorio condotto da Angelo Fioritti e Roberto Mezzina (clicca qui per il link); Residenzialità pesante e neo istituzionalizzazione. Costruire le alternative condotto da Paola Carozza e Vito d’Anza (clicca qui per il link); I trattamenti necessari e gli abusi, cattive e buone pratiche (TSO, Contenzione, abbandono, presa in carico …) condotto da Giovanna Del Giudice e Valentina Calderone (clicca qui per il link); Il Sociale per la salute mentale di comunità: il DSM e l’integrazione con il welfare locale (lavorare, abitare, promuovere, …) condotto da Elisabetta Rossi e Salvatore d’Elia (clicca qui per il link); Dopo gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari: salute mentale e Giustizia. Oltre le Rems e il carcere … condotto da Stefano Cecconi e Pietro Pellegrini (clicca qui per il link). Personalmente avevo optato per il secondo gruppo, nel quale Angelo Fioritti ha aperto i lavori ponendo una serie di problemi che interessano oggi l’attività dei CSM e il suo rapporto con il DSM (clicca qui per il link). Per parte mia, ho partecipato al gruppo descrivendo le caratteristiche di quello che sarebbe il CSM nella situazione dei miei sogni, in un mondo dove tutto potesse funzionare nel modo migliore (clicca qui per il link).
Alla conclusione dei lavori, come sintesi di quanto emerso sono stati proposti dieci punti (clicca qui per il link) e quelli che mi paiono più interessanti sono: garantire la partecipazione di utenti e familiari negli organismi decisionali a tutti i livelli; migliorare i set di indicatori per il monitoraggio dei LEA, soprattutto territoriali; incentivare modelli organizzativi con servizi di prossimità e CSM con ambiti territoriali di piccola scala, spostare risorse dalla residenzialità di lungo periodo a progetti personalizzati sostenuti dal budget di salute, promuovere il monitoraggio e la formazione degli operatori per prevenire la contenzione e contrastare modalità inappropriate di TSO, vietando tra l’altro l’uso del taser, promuovere il monitoraggio del superamento dell’OPG e protocolli tra servizi per la salute mentale e mondo giudiziario. Anche in questo caso il documento è online, e può essere raggiunto col link.
Peraltro, una sintesi su Pol. it è già stata data da Antonella Capoferri e ad essa rimando per quello che ometterò. Tutto il materiale è disponibile poi sul sito relativo, al quale offro comunque il link generale a chi è interessato.
Ancora, grazie all’interessamento del presidente Enrico Zanalda e del consigliere Giuseppe Ducci, direttore del DSM dell’ASL Roma 1, con una cerimonia svoltasi il 9 ottobre la SIP ha una nuova sede, dove tra l’altro potrà trovare collocazione il suo archivio, presso la Biblioteca Cencelli del comprensorio dell’ex OP di Santa Maria ella Pietà, ospite dell’ASL 1 di Roma, dove il 7-8 novembre si è poi svolto, organizzato da Pompeo Martelli per il Museo Laboratorio della Mente di Roma, il II Convegno Musei, memorie e narrazioni per la Salute mentale al termine del quale è stato siglato l’accordo di collaborazione denominato “Mente in Rete” – ideato e già sottoscritto dal Museo Laboratorio della Mente (ASL Roma 1) e dal Museo del Manicomio di Venezia (San Servolo srl) finalizzato alla messa in rete del patrimonio archivistico e museale della psichiatria italiana. Auspichiamo che questo possa essere un nuovo passo verso una migliore conservazione e fruizione del materiale utile a documentare la storia della follia e della psichiatria, che è parte essenziale del patrimonio storico del nostro Paese.
Non mi pare possibile terminare queste note sulla salute mentale in Italia di fine 2019, infine, senza fare riferimento a un episodio triste, e dedicare un ricordo a Elena Casetto, la diciannovenne morta bruciata sul letto sul quale si trovava in contenzione presso l’SPDC dell’Ospedale di Bergamo il 13 agosto. Il pensiero va alla sua famiglia, a chi le ha voluto bene, a tutti coloro che sono coinvolti in questa triste vicenda. Il tragico episodio ha, com’è ovvio, rinfocolato il dibattito, mai sopito peraltro, sulla contenzione e su questa rubrica ho voluto ribadire, senza riferimento all’evento specifico, le mie personali valutazioni sul tema generale che rimane ancora uno dei più importanti e delicati dell’assistenza psichiatrica.
Nel video: Un’intervista de “Il piccolo” a Claudio Misculin
[i] In questa rubrica ci si è occupati dei diversi atteggiamenti che l’operatore sanitario può avere di fronte alla guerra in: Guevara, Morselli: il medico e la guerra.
0 commenti