LA PSICHIATRIA PER BENE
Dialoghi sulle buone pratiche in Psichiatria
di Gerardo Favaretto

COVID-19: La Psichiatria nell’epidemia - Cronache dai Servizi. 27 marzo 2020

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27 marzo, 2020 - 19:55
di Gerardo Favaretto

Ho chiesto in questi giorni, a colleghi che lavorano nei servizi per la salute mentale, di darmi una opinione su come si sono organizzati e su come sta evolvendo la situazione. Lo scopo non è normativo, ovvero di definire quali siano le cose adeguate e quelle meno. Questo va fatto e sarà sempre di più lo scopo del lavoro di chi deve gestire risorse e programmazione. Mi interessa, invece, raccogliere un collage, compore un puzzle che evidenzi, assieme ai primi provvedimenti e cambiamenti di organizzazione dei servizi, le emergenze di eventuali criticità e di possibili punti di forza su cui focalizzare l’attenzione di tutti coloro che, in salute mentale, si stanno chiedendo cosa sta cambiando e cambierà nel nostro modo di lavorare.
L’epidemia ha a che fare con la Psichiatria in molti modi. Ripresisi dallo sgomento inziale un notevole numero di psicologi, psicoanalisti, psichiatri e operatori della salute mentale ha incominciato a scrivere, a far previsioni, a dare indicazioni cu cosa accadrà e su quello che è giusto fare e a che cosa il sapere sulla mente potrà essere utile. Una importante testimonianza sono le decine di interventi pubblicati su POL IT.
Resto dell’avviso che dobbiamo studiare molto per capire quello che sta accadendo perché non solo è assolutamente imprevisto ma è di portata impensata e avrà delle conseguenze che vanno molto al di là delle emergenze sanitarie che, pure, sono quelle di cui oggi tutti, giustamente, ci preoccupiamo. L’epidemia non si limita e non si limiterà a chiedere una competenza specialistica, che sarà necessaria per gestire i tanti e complicati aspetti emotivi che, in tutti, saranno generati da questa catastrofe, ma porterà a scelte con forti conseguenze dal punto di vista etico [1] e sociale, oltre che scientifico e clinico.
Per l’assistenza psichiatrica si profilano le conseguenze, molto pesanti, della crisi economica di cui si intravedono già i primi bagliori. Non sono lontane le considerazioni sulle ricadute che la recessione di qualche anno fa (in verità di grado radicalmente minore di quella che si profila) hanno avuto sia sulla salute mentale della popolazione sia sulla qualità delle cure e della assistenza psichiatrica. Allo stesso modo abbiamo ben presente come la crisi economica abbia a sua volta determinato aspetti di sfaldamento sociale e di crisi dei valori. E su questo fronte ritengo che ci sarà davvero molto bisogno di una Psichiatria attenta, esatta nel proprio ruolo, capace di integrarsi con altri saperi, conoscenze e di interpretare, anche dal punto di vista etico i valori che ad oggi hanno ispirato l’assistenza psichiatrica nel nostro paese.
Ho cominciato quindi a raccogliere qualche notizia e qualche riflessione; ne seguiranno altre e spero altre ancora. Alcune sono mail, altre sono più strutturate ma ho deciso di riportarle tutte. In questa prima parte raccolgo le prime comunicazioni di alcuni colleghi disponendole, come i pezzi di un collage che, insieme, tutti, faticosamente, dovremo comporre
 
Mi scrive qualche giorno fa Francesco Nifosi, un collega che lavora a Venezia
Caro Gerardo
Qui siamo in piena emergenza come è inevitabile che sia. I casi in aumento mettono in crisi l’organizzazione. La città è sostanzialmente tutta ferma a parte i servizi essenziali. 
Al CSM abbiamo chiuso tutte le attività non urgenti e naturalmente quelle di gruppo e per pazienti e per operatori. Colloqui telefonici e se necessarie visite domiciliari. Al telefono facciamo anche opera di informazione sui comportamenti da adottare. Mi accorgo con piacere come i pazienti e i familiari siano consapevoli e grati al servizio che offriamo in situazione di emergenza. Si sentono supportati. Mi sembra che gli operatori mi seguano e si fidino anche nelle iniziative che esulano dalle indicazioni che arrivano dalle Direzioni.
Gli obiettivi sono:
- garantire una adeguata assistenza alla sofferenza mentale
- rispondere prontamente ai disturbi reattivi e post traumatici causati dall’epidemia
- garantire presenza e assistenza agli anziani già soli e spesso isolati. Il problema degli anziani si amplifica nel silenzio in una situazione come questa. Non aiuta la Informazione che candida gli anziani al sacrificio per liberare posti in TI o dice testualmente “fino ad ora muoiono solo (sic) gli anziani con patologie pregresse
- prevenire per quanto possibile urgenze, accessi in PS e ricoveri. Laddove ora l’ospedale è luogo a rischio di contagio è dove i posti letto sono sempre più posti COVID
- per ora a mio avviso lo specifico storico della nostra psichiatria è d’aiuto a noi e ai pazienti. Il territorio esiste nella misura enorme della esistenza di relazioni fiduciarie tra pazienti e operatori fuori dalle mura dell’ospedale.
Avrei molto da dirti ma mi fermo qua ….
 
Qualche giorno dopo Moreno de Rossi, che è il direttore del DSM di Venezia, mi scrive:
 
Nell'ambito della salute mentale non possiamo sostenere di essere in prima linea né al centro dell'emergenza. Tutto al momento, come è giusto che sia tutte le volte che vi è una emergenza, è concentrato a risolverla e a dare spazio e centralità a questa doverosa incombenza. Le direzioni strategiche, le scelte organizzative, la gestione del personale, la pressione dei sindacati, l'attenzione mediatica e tutte le dinamiche che normalmente connotano la vita delle aziende sanitarie ora sono concentrate in maniera univoca sul numero dei contagi, dei morti, purtroppo, sui letti di terapia intensiva, sui respiratori che forse non basteranno. Ripeto, come è giusto che sia.
 
In queste ultime settimane, la mia percezione personale è stata quella di una certa solitudine mista a impreparazione nel dover affrontare problemi nuovi e nuove modalità di intervento, in gran parte da inventare e da applicare in un contesto come quello della salute mentale. Le procedure ministeriali e regionali ripetutamente diffuse e aggiornate non potevano entrare nella specificità del nostro operato e noi, senza scotomizzarle ma anzi osservandole nelle linee generali, abbiamo dovuto trovare il modo per tracciare percorsi specifici nel nostro ambito.
 
Tutta l'attenzione in questo momento è stata rivolta a cercare di coniugare la prosecuzione delle attività assistenziali di base (quelle più strutturate ed evolute a stampo gruppale, riabilitativo, inclusivo, lavorativo.. sono ovviamente sospese) con la necessità di proteggere operatori e pazienti dalla possibilità di contagio.
Dagli aspetti prettamente clinico operativi, quali ad esempio la riorganizzazione della vita di reparto in un contesto in cui si deve fare i conti anche con il paziente poco collaborante, che non indossa la mascherina e che non regge l'eventuale isolamento, a quelli più di stampo organizzativo quali ad esempio la sospensione delle riunioni di equipe o la riconversione delle attività territoriali con la contrazione delle visite e l'avvio dei contatti telefonici a volte sostenuti da operatori che lavorano da casa in modalità smart working. Abbiamo dovuto fronteggiare alcuni casi di positività in SPDC a Venezia e poi a Chioggia con l'esigenza di isolare l'intero reparto e di lasciare a casa in isolamento molti operatori nel giro di poche ore con il reintegro, non facile, di operatori dal territorio a lavorare in SPDC...
I contenuti stessi degli interventi con i pazienti spesso sono divenuti veri e propri interventi di supporto informativo e logistico per comprendere ed affrontare la situazione in corso. Attualmente stiamo gestendo, cercando di mantenere un approccio orientato all'empowerment dell'utenza, il problema di alcuni pazienti che non riescono a stare in casa e che tendono ad uscire; alcuni familiari punterebbero a farci rilasciare delle autorizzazioni "speciali" mentre noi ora chiediamo di indicare nelle autocertificazioni che vi sono motivazioni sanitarie ed eventualmente siamo pronti a intervenire a supporto....
Sono piccoli esempi di come l'attività generale sia ora tutta focalizzata su problematiche non consuete...
 
Qui nel DSM abbiamo provato a stilare una procedura (anche se non è facile procedurare qualcosa che cambia in continuazione) e te la allego. Non è ancora emanata ufficialmente ma credo di diffonderla tra oggi o domani (attendo il via della DS). È costruita ovviamente sulla linea delle prescrizioni dell'Istituto Superiore di Sanità e con la forte esigenza di proteggere pazienti e operatori, comprensibilmente spaventati. Include molte osservazioni contenute nel documento della SIEP ma ha anche tutta una serie di specificità locali. Lo scopo era quello di tracciare e segnare alcuni punti di riferimento per tutto il DSM in un momento in cui viaggiano le dinamiche più disparate (paure, voglia di essere d'aiuto, confusione su ciò che protegge e cosa no, convinzioni varie su quale sia il nostro ruolo...). Non so se ci siamo riusciti....
 
La procedura che allega è una precisa e puntuale definizione di comportamento su come gestire dal punto di vista delle norme igienico sanitarie eventuali rischi infettivi nelle diverse strutture del DSM.
 
Francesco Risso, da Cuneo conferma che, nel suo DSM:
 
Ho dedicato in ogni reparto due posti per i sospetti Covid con la collaborazione del risk-managment, SPP e medico competente, molto utili per definire quale parte dell’SPDC dedicare, con DPI appropriati, come da linee guida, sia per medici, infermieri e pazienti con spogliatoio dedicato. È un momento in cui gli SPDC hanno pochi degenti, come anche a Torino; aspettiamo però l'ondata. i Centri Diurni sono aperti con i pazienti più gravi ed anche comunità[2], che sono tutte a gestione diretta (circa 100 posti ) sono attive e funzionanti. Nei CSM facciamo solo visite urgenti anche a domicilio con dpi e entro dieci giorni (in classe b), le altre le abbiamo differite con controlli telefonici (come i CSM piemontesi). Continuiamo, ovviamente, ad andare a casa regolarmente per casi gravi e depot etc.
Conclude segnalando che il problema dei dispositivi di protezione è significativo per la difficoltà di reperirli con regolarità.
Paola Carrozza mi scrive che a Ferrara che nel Dipartimento che dirige
I centri diurni sono stati chiusi e sostituiti da attività domiciliare e contatti telefonici, Skype, Whatsapp. Le residenze sono molto attenzionate e purtroppo abbiamo dovuto sospendere le uscite e le visite dei familiari, sostitute da molti interventi supportivi e di consapevolezza di quanto sta succedendo. Con le famiglie i rapporti vengono mantenuti telefonicamente, via Skype o WhatsApp.
 
Paola Carrozza promette un prossimo aggiornamento con una analisi più estesa che aspettiamo per la prossima cronaca
 
Gaddomaria Grassi, direttore del Dipartimento di Reggio Emilia mi manda, cortesemente e con efficiente puntualità lo schema della organizzazione del suo DSM con la rimodulazione dell’attività dei servizi per l’attività territoriale sia della NPI che del CSM e dei servizi per le dipendenze [3]. Nella sostanza non differiscono nel ridimensionamento delle attività e nelle priorità già adottate in altre situazioni, ma alcuni punti risultano particolarmente interessanti. Egli così li riassume
 

  • Piena collaborazione con quei settori della sanità impegnati in prima linea (personale, soprattutto infermieristico, è stato trasferito temporaneamente a lavorare nei servizi ospedalieri)
  • Riduzione delle attività procrastinabili pur mantenendo alta l’attenzione a tutte le situazioni in cui l’isolamento e il venir meno delle attività di servizio determinerebbe il rischio di ricadute
  • Riduzione, nei limiti del possibile, dei nuovi ingressi nelle residenze e in SPDC e loro attento monitoraggio
  • Attivazione di una residenza Covid al fine di evitare per i casi positivi e anche per i casi dubbi in attesa di tampone il ricovero residenziale o ospedaliero (con rischio di quarantena dell’intera struttura)[4]
  • Abbiamo tenuta aperta per un paio di settimane un’altra struttura con 9 pazienti provenienti da una Casa di Cura di Modena che necessitavano di isolamento; attualmente dimessi tutti ed utilizzata la struttura per pazienti non psichiatrici (era una delle due REMS che avrebbero dovuto aprire in primavera)
  • Nelle residenze psichiatriche per l’isolamento (REMS prima e RTI Covid poi) ottima disponibilità da parte del personale impegnato in questa attività e buona risposta anche da parte dell’utenza
  • Importante sforzo per garantire adeguato supporto psicologico come da progetto allegato
  • Potenziamento dell’attività a distanza e dello smart working soprattutto da parte di psicologi e nell’ambito della NPIA.
 
Sono davvero molto significativi, oltre alla residenza i Servizi che sono stati attivati ovvero il:
 
Progetto Supporto Psicologico COVID -19, a cura del Dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche e dell’Equipe Psicologica per l’Emergenza dell’AUSL
 
Questo progetto nasce con l’obiettivo di dare una risposta ai bisogni psicologici della collettività nell’ambito dell’emergenza COVID-19 ed è rivolto a:
  • Operatori Sanitari[5]
  • Pazienti risultati positivi in isolamento presso le loro abitazioni e i loro famigliari[6]
  • Cittadinanza[7]
 
 
 
Qui concludo la cronaca di oggi. Sono in arrivo altri contributi, ma valga per ciascuno che ritiene di avere qualcosa da dire di farlo e di inviarmi una mail a gerfavaretto@gmail.com

 



[1] Come quella di decidere a chi dare cure intensive e supporto respiratorio dovendo scegliere fra una domanda importante e risorse limitate. O chi proteggere, o chi privilegiare nella tempestività e nella priorità delle risorse. O chi ha bisogno o non ha bisogno davvero di cure. O quali siano le persone i cui interventi sono procrastinabili.
[2] a diverso livello di intensità
[3] Ricordo che l’Emilia-Romagna è una di quelle regioni dove al DSM afferiscono anche i servizi per le dipendenze e per l’età evolutiva
[4] Si tratta di una struttura dedicata con 5 posti letto attiva dall’11 marzo:
La struttura, a conduzione del Centro di Salute Mentale, ospita pazienti con comorbilità psichiatrica (che necessitano di trattamento psichiatrico intensivo) e una delle seguenti condizioni
  • Paziente positivo al Covid-19
  • Paziente sintomatico con sospetto di Covid-19 in attesa di tampone
  • Paziente con contatto diretto che necessiti l’isolamento

Sono previste l’assistenza medico psichiatrica H12, la Pronta Disponibilità psichiatrica notturna e festiva, la presenza di personale infermieristico H24.
 

[5] L’intervento rivolto agli operatori sanitari prevede il supporto tramite EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) per gli operatori dell’AUSL secondo le modalità descritte dalla procedura aziendale “Intervento psicologico precoce in contesti di emergenza-urgenza” (PR55).
L’intervento è effettuato dalle psicologhe dell’Equipe Psicologica per l’Emergenza (EPE) dell’AUSL.
L’EPE viene attivata su richiesta del personale stesso dando priorità al personale impegnato nei reparti ospedalieri, a partire dal personale da quello a maggior rischio e impegno.
L’intervento previsto è individuale o di gruppo, in questo caso su piattaforma digitale (o in spazi semi-aperti e ventilati in cui tutti adottino distanze e presidi di sicurezza come da normativa).
Gli interventi individuali saranno effettuati in Ospedale, quelli di gruppo su piattaforma digitale o presso la sede di lavoro degli operatori.
Il coordinamento dell’attività è in capo alla responsabile dell’EPE.
 
[6] L’intervento è effettuato dalle psicologhe dell’Equipe psicologica per l’emergenza (EPE) dell’AUSL e dagli psicologi della NPIA.
Il servizio viene attivato dal medico o da altri operatori che hanno in cura il paziente o che hanno contatti con i famigliari (su loro richiesta o perché ne ravvisano la necessità).
L’intervento è telefonico ed è finalizzato al sostegno psicologico ed alla eventuale valutazione circa l’opportunità di ulteriori approfondimenti psicologici o psichiatrici.
Il coordinamento dell’attività è in capo alla responsabile dell’EPE.
Per pazienti e famigliari è anche possibile programmare, una volta terminata l’emergenza sanitaria, una terapia EMDR secondo le modalità descritte nella procedura intervento psicologico precoce in contesti di emergenza-urgenza” (PR55).
 
[7] L’intervento è effettuato da un pool di psicologi del DSMDP; può essere utilizzata la modalità dello Smart Working.
La cittadinanza accede al Call Center; l’operatore del Call Center inoltra la chiamata agli psicologi secondo la turnazione stabilita.
Gli obiettivi del supporto telefonico sono:
  1. Contenere ansia e stress partendo dalla domanda dell’utente
  2. Fornire informazioni e fare psicoeducazione sulle possibili reazioni e risposte allo stress
  3. Dare suggerimenti su come prendersi cura di sé in questo momento

L’orario di apertura dello Sportello psicologico Covid-19 è il seguente: 7.30-17 (LUN-VEN) e 7.30-13 (SAB).
Il coordinamento dell’attività è in capo al responsabile del Programma Psicologia clinica e di comunità del DSMDP.
 

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