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L’impatto dell’emergenza epidemica sulle persone con problemi di salute mentale. Il “doppio stigma”
Antonio Lasalvia
Vorrei proporre una serie di considerazioni sull’impatto che la pandemia COVID-19 nel nostro paese potrà avere (e di fatto sta già avendo) sulle persone con problemi di salute mentale, cercando di mettere a fuoco – come in una staffetta virtuale – un tema che Bernardo Carpiniello aveva toccato solo en passant nella parte finale del suo contributo su PoL-it (http://www.psychiatryonline.it/node/8537) . Quello del “doppio stigma”
Ma prima di approfondire questo aspetto, vorrei tornare sulla questione inziale, che penso sia ad essa strettamente collegata. E cioè, “quale è l’impatto che una emergenza epidemica può avere sulle persone che hanno problemi di salute mentale gravi e persistenti?” Per rispondere alla domanda purtroppo non ci soccorrono ancora i dati provenienti dalla Cina dove si è sviluppato il primo focolaio COVID-19 e da cui si è diffusa la pandemia.
Possiamo allora provare ad interrogare la letteratura scientifica internazionale (operazione che ritengo necessaria laddove non si disponga ancora di conoscenze consolidate), magari attingendo agli studi pubblicati in occasione delle due epidemie con cui ci siamo confronti nel recente passato. Mi riferisco, cioè, agli studi condotti in occasione dell’epidemia di SARS, che ha interessato nel 2002-2003 alcune province della Cina e il Canada, e durante l’epidemia di febbre emorragica di Ebola, che ha coinvolto nel 2014-2016 alcuni paesi dell’Africa occidentale (soprattutto Liberia, Sierra Leone, Ghana e Senegal). La produzione scientifica al riguardo appare copiosa. Questi studi hanno evidenziato in maniera unanime che entrambe le epidemie hanno avuto pesanti ripercussioni dal punto di vista della salute mentale, sia in termini di aumentata morbilità psichiatrica nelle persone sottoposte a misure di contemimento sanitario (es. isolamento o quarantena) (Brooks et al., 2020), che di aumentata incidenza di disturbi mentali (soprattutto, PTSD, distrubi d’ansia e depressivi) nelle persone contagiate che sono riusuiscite a sopravvivere alla malattia (Mak et al., 2009; Keita et al, 2017) e di aumentato distress psicologico, burn-out e patologia psichiatrica franca nei medici ed infermieri impegnati sul fronte dell’emergenza sanitaria (Chen et al, 2005; Lancee et al, 2008). Questo incremento improvviso di condizioni patologiche riconducibili alla sfera psichica (aumento che le letteraura indica essersi protratto anche molto tempo dopo il termine della fase epidemica) ha avuto come naturale contraccolpo un’intensa pressione sui servizi psichiatrici (ospedalieri e ambulatoriali), che hanno visto aumentare in maniera notevole le richieste di intervento specialistico (dovendo comunque continure ad occuparsi dell’utenza già in carico), in contesti geografici dove il loro sviluppo e presenza sul terriotorio era molto precaria (Mohammed et al., 2015). Tuttavia questa letteratura ci dice poco su come le due emergenze sanitarie abbiano impattato sullo stato mentale e sui percorsi trattamentali della tradizionale utenza dei servizi psichiatrici, e in generale, sulle persone che già soffrivano di un disturbo mentale grave prima dello scoppio dell’epidemia. Questo rappresenta un vero e proprio “knowledge gap” che rende ancora più difficile orientarsi nella fase in cui ci troviamo. E forse nel nostro Paese si sta prospettando la grande possibilità di produrre sul tema nuove conoscenze che possano aiutare altri nel futuro (augurandoci comunque che nessuno debba averne bisogno).
Tra i pochi dati certi a dispozione sappiamo che la dinamica dei ricoveri in ambiente psichiatrico non subisce alcun rallentamento durante le fasi epidemiche. Questa informazione proviene da uno studio sull’andamento dei ricoveri ospedalieri per tutte le patologie (organiche e non) effettuato a Taiwan durnate l’epidemia di SARS (Lu et al., 2007). Gli autori hanno trovato che, mentre alcune patologie andavano incontro ad una riduzione del tasso di ospedalizzazione significativa (es. bronchiti acute, gastoenteriti, lombalgie acute) o moderata (es. diabete, ipertensione, disturbi del metabolismo, osteoartriti) rispetto a quello atteso – dovuta sostanzialmente al fatto che in una logica di bilanciamento costi-benefici le persone, laddove possibile, preferivano evitare il ricovero per non rischire di contrarre il contagio in ospedale – altri disturbi, primi fra tutti quelli mentali (es schizofrenia), non subivano nello stesso arco di tempo alcuna contrazione. Dato del quale ci converrà tenere conto in prospettiva e di cui comunque ognuno nella propria pratica quotidiana attuale forse si sta già rendendo conto.
Che l’infezione da SARS-CoV-2 rischia di avere un impatto particolrmente pesante sulle fasce più fragili della popolazione, come le persone con problemi di salute mentale, lo possiamo allora desumere da una serie di considerazioni. Un recente articolo pubblicato da un gruppo di autori cinesi su Lancet Psychiatry ha lanciato un grido di allarme sugli effetti dell’epidemia COVID-19 sulle persone con disturbi mentali (Yao et al., 2020). Nei casi di emergenze epidemiche, le persone con problemi di salute mentale sono generalmente più suscettibili a contrarre l’infezione. Questo per una serie di motivi. Primo, i disturbi mentali possono aumentare il rischio di infezioni, comprese le polmoniti (Seminog & Goldacre, 2013). Una notizia di stampa diffusa all’inizio di febbraio 2020 in Cina, in cui era stata riportata la presenza di un focolaio di 50 casi di COVID-19 tra i pazienti ricoverati in un ospedale psichiatrico di Wuhan, aveva sollevato molte preoccupazioni sul ruolo dei disturbi mentali nella trasmissione del coronavirus. Possibili spiegazioni comprendono la presenza di deficit cognitivi, bassa consapevolezza del rischio e ridotta attenzione alle procedure di protezione personale da parte dei pazienti con disturbi mentali, così come condizioni di sovraffollamento di molti reparti psichiatrici. Secondo, le persone con disturbi mentali, una volta contratta l’infezione e ammalate, possono incontrare numerosi ostacoli per accedere tempestivamente ai servizi sanitari e ricevere le cure necessarie: questo avviene soprattuto a causa dello stigma associato ai disturbi mentali che, come ormai la letteratura internazionale ha documentato, esiste nei contesti sanitari di tutto il mondo (Henderson et al., 2014). Sappiamo che le personae con disturbi mentali tendono a ricevere meno attenzione per la loro salute fisica nei contesti ospedalieri e laddove essite un intervento innovativo o sperimentale da testare questo non verrà certamente riservato a loro (Jones et al., 2008). Inoltre, la comorbidità tra disturbi psichiatrici ed infezione da COVID-19 rende il trattamento più complicato e potenzialmente meno efficace (Sartorius, 2013). Terzo, l’epidemia COVID-19 ha determinato una diffusione altrettanto epidemica di paura, ansia e depressione. Le persone con disturbi mentali possono essere maggiormente inclini a produrre risposte emotive disfunzionali in relazione all’epidemia, col risultato di andare incontro a ricadute o al peggioramento di un disturbo preesistente a causa della più alta suscettibilità allo stress. Infine, le persone con disturbi mentali che frequentano con regolarità gli ambulatori psichiatrici possono dover interrompere più o meno bruscamente le visite di controllo a causa delle restrizioni di movimento imposte dalle misure di quarantena nazionale o dalla riduzione delle attività programmate dei servizi pubblici.
Pertanto, le persone con problemi di salute mentale nel corso di una epidemia come quella attuale sono costrette a confrontarsi con una duplice fonte di stigma: quello legato al disturbo mentale (che purtroppo è sempre presente e presumibilmente le accompagnerà per tutta la vita) e quello dovuto all’essere considerate potenziali incontrollati vettori di infezione e contagio. Tutto ciò ha come conseguenza che queste persone: 1) possano contagiarsi più facilmente e morire in misura maggiore rispetto alla popolazione generale (i tassi di mortalità, per tutte le cause, sono nelle persone con disturbi psichiatrici significativamente più alti che nella popolazione generale – vedi ad es. Thornicroft, 2011); 2) vengano rifiutate, allontanate e segregate, accrescendo in loro il senso di isolamento ed inefficacia personale, compormettendone un pieno inserimento nel tessuto sociale. Ed invalidando ogni sforzo terapeutico-riabilitativo messo in atto dai servizi.
Ancora un volta le disuguaglianze sociali, e lo stigma che ne è in qualche modo un suo sotto-prodotto, rishieranno di rendere più grave l’impatto del Covid-19 sulle persone con problemi disalute mentale. “Durante l’epidemia si è prestato poco ascolto alla voce di questa ampia e vulnerabile popolazione ”, hanno concluso i colleghi cinesi (Yao et al., 2020). Facciamo in modo da cogliere con tempestività questo grido di allarme. Per non trovarci più tardi a commentare conseguenze peggiori.
Brooks SK, Webster RK, Smith LE et al. The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence.Lancet. 2020 Mar 14;395(10227):912-920
Chen CS, Wu HY, Yang P, Yen CF. Psychological distress of nurses in Taiwan who worked during the outbreak of SARS. Psychiatr Serv. 2005 Jan;56(1):76-9.
Henderson C, Noblett J, Parke H, et al. Mental health-related stigma in health care and mental health-care settings. Lancet Psychiatry 2014;1:467-82.
Jones S, Howard L, Thornicroft G. 'Diagnostic overshadowing': worse physical health care for people with mental illness. Acta Psychiatr Scand 2008;118169-71.
Keita MM, Taverne B, Sy Savané S, etal. Depressive symptoms among survivors of Ebola virus disease in Conakry (Guinea): preliminary results of the PostEboGui cohort. BMC Psychiatry. 2017 Apr 4;17(1):127
Lancee WJ, Maunder RG, Goldbloom DS. Prevalence of psychiatric disorders among Toronto hospital workers one to two years after the SARS outbreak Psychiatr Serv 2008;59:91-5.
Lu TH, Chou YJ, Liou CS. Impact of SARS on healthcare utilization by disease categories: implications for delivery of healthcare services Health Policy 2007;83:375-81.
Mak IW, Chu CM, Pan PC, Yiu MG, Chan VL. Gen Hosp Psychiatry. 2009;31:318-26.
Mohammed A, Sheikh TL, Poggensee G, et al. Mental health in emergency response: lessons from Ebola. Lancet Psychiatry 2015;2:955-7.
Seminog OO, Goldacre MJ. Risk of pneumonia and pneumococcal disease in people with severe mental illness: English record linkage studies. Thorax 2013; 68: 171–76.
Sartorius N. Comorbidity of mental and physical diseases: a main challenge for medicine of the 21st century. Shanghai Arch Psychiatry 2013; 25: 68–69.
Thornicroft G. Physical health disparities and mental illness: the scandal of premature mortality. Br J Psychiatry 2011;199:441-2
Yao H, Chen JH, Xu YF. Patients with mental health disorders in the COVID-19 epidemic. Lancet Psychiatry 2020;7:e21.
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