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IL CONFLITTO, I TRAUMI. E’ possibile scaricare gratuitamente in PDF il volume dedicato a psichiatria e prima guerra mondiale

24 Mag 20

A cura di Paolo F. Peloso

Il volume Il conflitto e i traumi. Psichiatria e prima guerra mondiale raccoglie gli atti del convegno organizzato dal Centro studi per la storia della psichiatria di Reggio Emilia, presidente Gaddomaria Grassi, il 30 settembre 2016.  Curato dal sottoscritto con Chiara Bombardieri e pubblicato dall’Azienda USL di  Reggio Emilia, è ora disponibile gratuitamente come PDF.
Il volume è diviso in tre parti, la prima dedicata alle vicende degli Ospedali psichiatrici di Reggio Emilia, Verona, Treviso, Capodichino, Cremona durante la guerra, la seconda all’evoluzione che conobbero nello stesso periodo della guerra un gruppo eterogeneo di questioni che vanno  dall’ergoterapia, all’eugenetica, alla relazione tra trauma e coraggio, al trattamento previdenziale dei folli di guerra, alla relazione tra psichiatria e psicologia. Una terza sezione, poi, è dedicata alla relazione tra cinema, psichiatria, trauma bellico.
Tra i contributi del primo gruppo troviamo quello dello storico Francesco Paolella su Il San Lazzaro di Reggio Emilia e una guerra da amministrare, nel quale si focalizza l’attenzione sugli aspetti amministrativi relativi alla partecipazione indiretta del San Lazzaro, per varie ragioni un manicomio particolarmente importante nella rete assistenziale italiana, alla guerra. Non manca, tuttavia, un accenno anche al Centro Unico di Prima Raccolta che dopo la rotta di Caporetto divenne sotto la guida di Placido Consiglio l’unico Centro di smistamento tra i manicomi della Zona di Guerra e quelli del Territorio nazionale.
Al manicomio di Verona è poi dedicato “Non atto a prestare ulteriore servizio sotto le armi”. La selezione del corpo militare nella pratica alienista del dott. Salerni all’Ospedale psichiatrico di Verona, nel quale Gabriele Licciardi presenta la figura di Aleardo Salerni, lo psichiatra incaricato del reparto osservazione dell’Ospedale psichiatrico di San Giacomo.
Gerardo Favaretto con l’intervento Luigi Zanon dal Bò , l’ospedale psichiatrico di Treviso e le sue succursali fra il 1915 e il 1917 ci porta nel piccolo manicomio di S. Artemio a Treviso, inaugurato solo nel 1911, che aveva per principale caratteristica accanto a quella di essere stato concepito secondo  i criteri del no restraint assoluto, quella di prevedere un ospedale di piccole dimensioni per gli acuti e una distribuzione dei cronici in varie succursali. E cio introduce la figura del direttore Luigi Zanon Dal Bò (1876-1940), sicuramente uno dei più interessanti psichiatri della sua generazione.
Con il saggio dello storico Marco Romano Cesare Colucci e il manicomio di Capodichino durante la Grande guerra si passa all’impatto della guerra su un manicomio molto distante dal fronte, quello della provincia di Napoli, nel quale i militari accolti non ricevevano il trattamento particolare previsto altrove, ma quello della generalità degli internati, e al suo direttore Cesare Colucci.
Il poker costituito dalle quattro figure di Consiglio, Salerni, Zanon dal Bò e Colucci, che emerge da questi primi interventi, contiene al suo interno quattro diversi atteggiamenti di fronte al problema – cruciale in quel momento – dell’altezza a cui fissare la soglia al di sotto della quale gli osservandi per patologia psichiatrica dovevano essere esentati per ragioni di salute dalla guerra; e al di sopra della quale potevano/dovevano far rientro, dopo l’osservazione, nella zona delle operazioni. Tanto Salerni che Zanon dal Bo’ sembrano propensi a una soglia più alta, a una maggiore selettività cioè, ma per ragioni opposte. Il primo, per proteggere l’esercito dai problemi che avrebbero creato soggetti non pienamente efficienti; il secondo ,all’opposto perché preoccupato di proteggere il soldato più “fragile” dai rischi che avrebbe comportato per la sua salute mentale il ritorno in situazione traumatica. Ad entrambi si contrappone  l’atteggiamento di Consiglio, preoccupato di tenere la soglia più bassa per il duplice obiettivo di impedire che soggetti paurosi e antisociali, non veramente malati, potessero sfuggire alla fatica e ai pericoli della guerra,; e di recepire, da psichiatra militare di carriera quale era, le esigenze dei comandi militari attente più alla quantità di massa umana a disposizione che non alla sua qualità sotto il profilo della tenuta emotiva.  Sul versante opposto, lo stesso Consiglio si trova in polemica con Colucci, il quale si dimostra preoccupato più che di difendere i confini della patria, di difendere quelli della psichiatria dall’invasione da parte di soggetti la cui inidoneità alla guerra nasceva da cattiva volontà anziché da malattia mentale, e di ritrovarseli in ospedale psichiatrico.
Si distingue da questi primi quattro saggi quello di Andrea Scartabellati Interno cremonese. Tra guerra fuori e conflitti dentro un manicomio modello (1916-17), che riguarda gli stessi anni ma non si occupa direttamente della guerra e dei soldati, per concentrarsi invece su una interessante polemica, che aveva finito per coinvolgere sui due fronti la stampa locale e il mondo politico di Cremona, partita dal presunto pestaggio di un ricoverato dell’ospedale psichiatrico da parte di un gruppo di infermieri. E arrivata a diventare l’ennesimo casus belli tra neutralisti e interventisti nel socialismo cremonese.
A questa prima sezione segue un’altra, più eterogenea nei contenuti.
Il primo saggio, Work in psychiatry in the First World War – between therapy and economy, è della storica tedesca Felicitas Söhner che ripercorre la vicenda dell’ergoterapia nei manicomi tedeschi di Kaufbeuren e Günzburg durante la Grande guerra.
Giovanni Cerro con il saggio Teorie del conflitto e critica della modernità nell’eugenetica europea: Georges Vacher de Lapouge e Auguste Forel entra nel merito del dibattito sulla guerra nell’ambito del movimento eugenetico attraverso la rivisitazione di due esponenti di punta di quella corrente, il francese Georges Vacher de Lapouge (1854-1936) e lo svizzero Auguste Forel (1848-1931).
Lo storico serbo Mirza Redzic, poi, ci porta sul fronte dei Balcani e nel contributo Fraternal traumas: south-Slavic psychiatric causalities in the opposed armies of the First world war si interroga sul fenomeno della minore vulnerabilità ai traumi di guerra riscontrata tra i serbi che combattevano per il Regno di Serbia rispetto ai serbi – ma anche gli appartenenti ad altre popolazioni della ex Jugoslavia – che combattevano per l’Impero asburgico. E accanto ad altre possibili spiegazioni invoca quella, che mi pare davvero suggestiva, che la maggiore resilienza del Serbi di Serbia possa essere fatta risalire alla consapevolezza di combattere per la patria, mentre i secondi avrebbero avuto minore motivazione a sopportare traumi e fatiche perché consapevoli di combattere sotto un comando straniero e bandiere che non consideravano proprie.    
Rendono poi molto interessante il contributo di Ugo Pavan Dalla Torre, Tragedie silenziose. I “folli” di guerra nella visione dello Stato Italiano e dell'Associazione Nazionale fra Mutilati ed Invalidi di Guerra, l’inusuale vertice d’osservazione e la particolarità delle fonti utilizzate. Al centro del contributo è infatti la questione del destino previdenziale dei mutilati e invalidi di guerra – e dei cosiddetti folli di guerra – negli anni del conflitto e in quelli successivi.
Con l’intervento Lungo un confine incerto: psicologia e psichiatria di fronte alla Grande Guerra Glauco Ceccarelli, che purtroppo è mancato nel corso dell’elaborazione del volume, affronta il problema di un confine disputato, ma in modo per fortuna meno sanguinario rispetto a quello italo-austriaco: quello tra psichiatria e psicologia. E’ una questione che si apriva in quegli anni, e – direi per quella che è la mia esperienza nel servizio psichiatrico pubblico – non si è poi chiuso.
Tra le figure delle quali Ceccarelli si occupa svetta quella di padre Agostino Gemelli che prima effettuò osservazioni psicologihe di straordinario interesse sui militari al fronte, e poi – anche per il potere accademico del quale godette tanto durante il fascismo che nell’Italia repubblicana – giocò un ruolo fondamentale nell’affermarsi della psicologia in Italia come professione autonoma dalla psichiatria, anche se non necessariamente dalla medicina.
Completa il volume una terza sezione, forte di due saggi, dedicatai all’importanza del cinema nella documentazione della malattia mentale, della psichiatria e del manicomio negli anni della guerra.
Il primo è quello di Giovanni Nobili Vitelleschi che nell’intervento Nevrosi in fotogramma: documenti sulle nevrosi di guerra negli archivi cinematografici e militari. Approccio storiografico pionieristico di un quarto di secolo fa ripercorre l’intreccio tra storia del cinema, storia della grande guerra e storia della psichiatria (per un filmato realizzato dallo psichiatra Camillo Negro e dal regista Roberto Omegna, segui il link). .
Sempre alla prospettiva della storia del cinema, poi, è attento il saggio La guerra e i traumi psichici. Raffiche di Aldo Molinari, un esempio dalle immagini d’archivio della Cineteca Nazionale di Francesca Angelucci, la quale si concentra appunto su questo film di fiction che è stato, nel 1914, uno dei primi tentativi del cinema di rappresentare uno spazio manicomiale, protagonista una vedova di guerra. E, nonostante sia giunto a noi mutilo, il film costituisce una testimonianza eloquente di quelle che potevano essere allora le idee di un artista come Molinari sul trauma, sulla follia e sull’ospedale psichiatrico.
Uno spaccato dunque, a partire da vertici di osservazione diversi uno dall’altro, su un periodo della nostra storia, che certo è stato principalmente occupato dalla tragedia della prima guerra mondiale, ma non è stato interamente occupato dalla guerra. Intorno e al di fuori di essa, anche altre cose si muovevano.
Questi sono i temi insomma, che ho cercato di segnalare molto in sintesi; chi fosse interessato può scaricare liberamente il PDF a questo link, e gli auguro naturalmente buona lettura:
 
Il conflitto, i traumi
 
Sul tema della relazione tra psichiatria e Grande Guerra, vedi anche in questa rubrica:
 
Vincitori e vinti (2015)
 
La guerra e i suoi traumi tra centenario e attualità. Cronaca di un convegno sulle alpi bavaresi (2016)
 
Nel video allegato: I matti di guerra (a cura di Francesca Busetti)

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