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Di phármakon, medicamenti, droghe e veleni

23 Giu 20

A cura di progettoneutravel

La lotta alle dipendenze si giova di molti strumenti, più o meno diretti. Prevenire l'uso di sostanze d'abuso è un atto sociale che tenta di creare cultura intorno ai rischi connessi alle sostanze stesse, ai possibili rischi per la salute. I SerD intervengono quando il danno, per così dire, è già stato fatto, e con essi le strutture sul territorio (terapeutico/riabilitative, gruppi appartamento, strutture di reinserimento). In questo scenario multicomponenziale e vario, che tenta un approccio al problema "dipendenza e abuso" da più direzioni in contemporanea, il tema della riduzione del danno rappresenta uno strumento dal potenziale sottovalutato. 

Questa rubrica, tramite le parole degli operatori del Progetto Neutravel, ci permetterà di capire in cosa consiste questo tipo di approccio alle problematiche di abuso.

Riteniamo utile riportare la presentazione del progetto, dal profilo Facebook di Neutravel:

"Il Progetto Neutravel agisce sull'intera Regione Piemonte e si basa metodologicamente sulle teorie di outreach (raggiungere il target nel suo “ambiente naturale”, cioè là dove i comportamenti vengono attuati) per ridurre i danni e limitare i rischi nei contesti del divertimento notturno, quali rave parties, goa parties, grandi eventi di musica elettronica e clubs.

L'èquipe Neutravel é composta da 2 teams differenti in quanto il progetto nasce da una partnership tra settore pubblico (Asl TO4) e privato sociale (CNCA Piemonte – Cooperativa Alice); a coadiuvare questi due teams negli interventi sul campo è una terza equipe, chimata equipe allargata, composta da operatori sanitari e sociali professionali ed operatori pari (persone che provengono/frequentano attivamente i contesti del divertimento notturno).

Il progetto Neutravel si avvale per gli interventi sul campo di tre tipologie di setting: un'area informativa, un'area chill-out ed un'area sanitaria.Nella prima é possibile trovare materiale informativo, di limitazione dei rischi (ad ex. profilattici) e di riduzione del danno (per esempio arachidi e cannucce per inalare sostanze); la seconda area è pensata come uno spazio di decompressione dove le persone possono riposarsi dopo le danze frenetiche o riaversi da un malessere. L'area sanitaria serve invece nel caso di situazioni di crisi: viene prestato un primo soccorso alle persone in difficoltà e vengono aiutate a rimettersi in sesto."

Come si osserva, “riduzione del danno” vuole dire giovarsi di un contatto diretto con il problema, con i contesti, i luoghi di consumo, usando un approccio aperto alla questione, mosso da logiche bottom-up e “orizzontali”, spesso molto efficaci (pensiamo per esempio al tema della peer education, ritenuta lo strumento forse più potente per fare prevenzione in ambito di addiction). R.Avico, redazione Psychiatry on Line

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Di phármakon, medicamenti, droghe e veleni

di Francesco Gottardo

Il  termine greco phármakon designava ambiguamente qualsiasi sostanza e preparato che servisse da medicamento, droga o veleno. Tutt’oggi la parola droga sembrerebbe ricoprire un ruolo simile, perlomeno formalmente, indicando qualunque sostanza in grado di indurre un cambiamento psico-fisiologico nell’organismo. Tuttavia la discordanza fra semantica lessicale e pragmatica risulta quanto mai evidente. Difficilmente ci capiterà di sentirci prescrivere dal medico delle “droghe per il mal di testa” o di ascoltare al tg la notizia del sequestro di un carico di “farmaco”.

Nel caso qualcuno lo dimenticasse, in ogni confezione di farmaci troviamo un utile bugiardino scritto in caratteri lillipuziani, a ricordarci che oltre agli effetti terapeutici, l’utilizzo di ogni phármakon reca con sé il rischio di effetti nocivi. Al di là del bugiardino, è la relazione di fiducia con il medico a garantire la trasmissione di informazioni indicanti le strategie utili a massimizzare gli effetti terapeutici e minimizzare quelli nocivi. Oltre a questi, si possono presentare effetti che a vario modo richiamano l’ambito del piacere, che, se ricercati intenzionalmente, risultano essere il fine di un utilizzo edonistico.

Evidentemente, nel corso dell’evoluzione della lingua, è emersa la necessità di scindere i vari attributi sintetizzati nel termine phármakon, e de-limitarli all’interno di confini idealmente non intersecantisi: medicamento, veleno, droga, così da evitare il conflitto generantesi da aspetti esperiti come incompatibili. Sulla natura di questa incompatibilità sarebbe utile interrogarsi, ma questo ci porterebbe troppo lontano…

Ma questi confini tradiscono la volontà di sistematizzazione semplice e rigorosa, per rivelarsi plastici, dinamici, a tratti sfumati. Sarebbe rassicurante potersi affidare all’oggettività della chimica per denotare una sostanza come medicinale, veleno o droga. Purtroppo le certezze rassicuranti si rivelano ingombranti e impacciate quando si intende uscire dall’auto-consolazione per comprendere i fenomeni. Fenomeni quali la pratica dei suicidi tramite barbiturici negli Stati Uniti degli anni ’50, l’abuso di psicofarmaci a scopo ricreativo, l’utilizzo di oppiacei nei pazienti in fase terminale, la scoperta di potenziale terapeutico per sostanze fino a qualche decennio fa appannaggio di sottoculture undergound, ci interrogano su quali siano le variabili a influire su questi confini, spostandoli, sfumandoli o rendendoli invalicabili. Fra queste un ruolo preponderante è ricoperto dal soggetto, con le sue motivazioni, intenzioni, desideri (consci e non), e dal contesto, materiale e socio-culturale, in cui è inserito e attraverso il quale tenta di soddisfare e attuare, contemporaneamente da agente e agito, questi moti interni. Questa rete di fattori detiene una grossa influenza anche su componenti oggettive e materiali come il dosaggio. Se è infatti vero che la dose fa il veleno, la dose chi la fa? Entrano così in scena due concetti fondamentali della riduzione del danno, il set e il setting. Il primo si riferisce allo stato interno della persona che assume una sostanza, e comprende lo stato emotivo, i desideri, le preoccupazioni, le motivazioni, che precedono l’assunzione e l’accompagnano nel corso degli effetti. Con setting, nell’ambito della riduzione del danno, ci si riferisce al contesto sociale e materiale nel quale la sostanza viene assunta.

Vediamo quindi come, agendo su soggetto e contesto, sia possibile modulare indirettamente gli attributi co-presenti conseguentemente all’assunzione di un phármakon (cura, danno, piacere), rendendo così un veleno meno nocivo, forse piacevole e, in alcune condizioni, terapeutico. Emerge così come l’essere veleno, medicamento o droga non sia una caratteristica intrinseca e immutabile, ma relazionale e dinamica. Gli effetti nascono sempre dall’incontro fra una sostanza e un soggetto inseriti in un contesto, siano essi terapeutici, nocivi o piacevoli.

Possiamo quindi definire la riduzione del danno (rdd) come, l’insieme di strategie, politiche sociali e azioni che hanno l’obbiettivo di ridurre gli effetti nocivi associati all’assunzione di quelle sostanze il cui utilizzo è motivato principalmente dalla ricerca del piacere, secondo quindi un approccio edonistico. Come operatori della rdd, consideriamo essere di primo piano il soggetto utilizzatore di sostanze e una relazione con esso fondata sul non giudizio, attraverso la quale è possibile evocare concetti/strumenti fondamentali come l’autodeterminazione e l’autoregolazione basate sulla responsabilità.

Questa rubrica cercherà di offrire uno squarcio comunicativo, forse contaminativo, su riflessioni, prospettive, azioni, maturate attraverso la pratica, quasi alchemica, della riduzione del danno.

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