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Due mesi col mio corpo. Due casi di anoressia nel tempo pandemico.

23 Ago 20

A cura di info_1

Molto si è parlato della recrudescenza, nonché dello dello scatenamento ex novo, di patologie legate alla psiche  durante il periodo di isolamento imposto collettivamente dalla pandemia. 
 
Due narrazioni si sono incrociate: quella apocalittica e panpsicotica che individuava in questi mesi   la camera di combustione che avrebbe dato il via ad ondate suicidarie nonché a ritiri in massa di adolescenti colpiti dalla sindrome hikikimori, l’altra cripto cattolica e moraleggiante che profetizzava un futuro semiradioso innervato da nuove ondate di fratellanza ed amore connotato da uno spirito di altruismo sgorgato dalle macerie del dopo virus. 
 
Entrambe queste narrazioni provenivano da chi raramente ha seguito la prospettiva della clinica, la quale ha mostrato, forse noisamente e senza epifanie, il suo rigore e le sue invarianti proprio in questo periodo eccezionale. 
 
Slatentizzare, acuire, spoliare ed aggravare sono le giuste parole che danno la cifra di questo tempo, clinicamante parlando.Vediamo in tal senso  brevemente due casi di disturbi del comportamento alimentare acuiti in fase pandemica , uno a base nevrotica, l’altro a base psicotica. Fenomeni preesistenti i quali senza questo lungo momento di rarefazione dei contatti avrebbero mantenuto i soggetti in uno stato di rodata compensazione. 
 
Emma si è da poco laureata in farmacia e si appresta ad esercitare. Durante i mesi di chiusura ha  preso, con stupore, coscienza di un corpo che non riconosce più come suo, assai dimagrito e in amenorrea.   La collega dietista-nustrizonista che la vede per prima,  segnala un  bmi di 16,7 , dato che ella porta con una certa preoccupazione unitamente ad una serie di esami del sangue che la preoccupano. Il suo fisico dimagrito le fa enigma, la sorprende e la turba, pur arrivando a questa consapevolezza non tanto dall’ auto osservazione, quanto dall’esame professionale dei suoi referti medici. 
 
Un soggetto con chiari tratti ossessivi, dedito al controllo delle variabili della vita , quasi totalmente chiusa ai rapporti sociali, fatta eccezione per i colleghi di studio e un paio di amici che , provenendo dall’infanzia, hanno retto nel tempo.  Non ha mai avuto legami amorosi, salvo qualche attrazione per un ragazzo col quale, dopo averne attentamamente valutato le  sue avances,  le dava la quasi certezza  che non l’avrebbe   desiderata a sufficienza, scegliendo dunque la non percorribilità dell’esporsi in quanto troppo rischioso. L’amore per lei non può essere romaticamante regolato da variabili, ma deve rispondere a precisi criteri che diano garanzia di non cadere nel vuoto, da qui la sua solitudine setimentale. Appaiono  tratti tipici dell’armatura ossessiva : il controllo e la necessità di essere domandato  prima di osare qualsiasi passo, condizione questa che, se portata all’estremo, può condurre a forme di isolamento e restrizione assai difficili da vincere. 
 
E’ stata una scelta che rifarebbe? ‘ chiedo relativamente all’occasione lasciata cadere col ragazzo. 
 
‘Oggi forse no. Forse’. 
 
Controllo spasmodico delle variabili, ricerca di un Altro che dia garanzia assoluta di accoglienza sono  il plinto sul quale ha edificato questo corpo magro che oggi non vuole piu’.  Da sempre prima della classe Emma è stata abituata ad essere interpellata per le sue doti, il suo sapere e la sue indubbie capacità intellettive.  Dentro a questa corazza si è chiusa ed avvitata, rimandando sine die l’incontro con l’altro inteso come amore, sesso, qualsiasi interscambio che travalicasse le nozioni medico farmaceutiche. 
Se da un lato il non essersi accorta del deperimento del suo corpo deve allarmare, inducendo a sondare la sua capacità di sperimentare un solido principio di realtà, è altrettanto vero che essa entra  in seduta   angosciata per aver dedotto dai dati che predilige, quelli medico scientifici, che il suo fisico  stava deperendo oltremisura. Ho pensato ad una suggestione tratta dalla cinematografia, in particolare quando il dottor John Nash   , protagonista del film ‘ A beautiful mind’, deduce che la ragazzina che lo segue è un allucinazione attraverso l’analisi dei dati bio-medici della stessa, arrivando alla conclusione : ‘ non cresce mai, dunque non può essere reale’. 
 
Prevale oggi  il suo  stupore e il suo  spavento che hanno , forse per la prima volta, incrinato le certezze di chi è abituato a processare la vita usando parametri quantificabili. 
Possiamo in questo caso dunque sbilanciarci verso  una struttura di tipo nevrotico. Altri fattori che possono validare questa strada  , e dunque far ritenere plausibile una sua guarigione, sono gli effetti dirompenti i che i segnali dal mondo hanno sortito su di lei. 
 
Queste le sue parole: ‘ in questo tre mesi ( riferendosi al tempo di chiusura da covid)  da buona ossessiva ho ampliato le misure governative, e mi sono resa conto che qualcosa mi manca.  Gli altri si sono visti, hanno fatto progetti di vacanza. Un mia amica del cuore ha annunciato che si sposerà . Io invece mi sono ritrovata ad essere una macchina che si guida da sola ma ho perso la meta ,   Dopo la laurea non posso continuare in questo modo.’ 
 
Il tempo pandemico ha segnato una fenditura nel muro anoressico , attraverso il quale  sono filtrati quelli che Battiato chiamava ‘segnali di vita’   eccedenti  il solo binomio studio-casa, portandola a riflettere sulla deriva della sua vita e sull’ isolamento che   in questi anni si è autoinflitta. Tuttavia non saro’ schiavo obbediente  delle prime idee, delle iniziali sensazioni diagnostiche, pronto a sorprendermi e a mutare orizzonte qualora le parole del soggetto in questione diano una sterzata alla quale non ero preparato. La suggestione della diagnosi totipotente, fissata la quale l’orizzonte tutto deve muoversi secondo coordinate prestabilite, è quell’errore che il clinico deve sapere evitare. 
 
 
 
Maria mi viene inviata da una collega dietisa – nutrizionista,  che fa parte della nostra equipe, per un consulto dopo essere scesa sotto la soglia dei 34 chilogrammi. Questa donna lavorava nel campo dell’ informatica,   da sempre assidua frequentatrice di palestre e cultrice del fitness, viene licenziata non appena la ditta subisce le restrizioni imposte dal governo. Maria non è molto lontana dalla morte, essendo ormai il suo fisico logorato e stremato. Sono 19 I chilogrammi svaniti in circa 90 giorni di solitudine. Di comune accordo con il resto gli altri professionisti  segnaliamo la assoluta necessità di un ricovero , almeno temporaneo.   Esce dall’ospedale pesando circa 40 chilogrammi , il che le è sufficiente per  affermare : ’ ora sto bene, le mie analisi sono a posto ’. 
 
Colpisce in maniera eclatante la distonia tra il suo dire e il suo corpo. 
 
Nel viso scarnificato l’espressione della bocca perde espressività, le gambe sono talmente assottigliate che a fatica riesce a fare le scale che portano al mio studio senza utilizzare un appoggio. Risalta il costato ormai totalmente scarnificato comprovato da un bmi terrificante. ‘Io sono abbastanza forte adesso. Quando riapre posso tornare in palestra, anche se so che voi siete contrari.’ 
Su queste premesse, in stridente contrasto con un adeguato esame di realtà, iniziano i colloqui. 
 
‘Se lei sta bene, e non avverte nulla che non vada, a fatico capisco cosa la porti qua’, inizio io. 
No, io nel corpo sto bene. Sono altre le cose che mi hanno fatto male, specialmente gli uomini dopo mio padre.’  
 
 
 
La storia di questa donna e contrassegnata dall’umoralità dell’Altro che la tiene in pugno. 
 
Da ragazzina il padre padrone ne gestiva la vita, decidendone le sue condotte amorose, scegliendo il suo percorso di studi, i piccoli lavoretti. Si fidanzò con un ragazzo dalle maniere brutali e manesche, col quale portò avanti una relazione intermittente, fatta di fughe e ritorni, durata almeno sei anni. 
 
Quello è il periodo di maggior riduzione della massa corporea e intensificazione dell’attività  in palestra. In quell’ambiente conosce  un sedicente  ‘personal trainer’   , figura ambigua e senza scrupoli il quale, pur intuendo la sua fragilità, le somministra  piani  di allenamento sfiancanti inducendola a perdere ancora peso. In questo ultimo periodo di solitudine forzata, disoccupata e chiusa in casa,  questa nefasta figura si è inserita   profittando della sua innata tendenza a farsi oggetto dell Altro, propinando da remoto i suoi programmi di dimagrimento personalizzati nonchè rigide tabelle di allenamento.   
 
Perchè è qua? Perchè crede sia stata ricoverata?’ 
 
‘La colpa è di quelli che mi hanno seguita e mi hanno portata  dimagrire’ 
 
A domanda su quali siano i criteri  che ella mette in atto per scegliere qualcuno al quale appoggiarsi, ella mostra una incapacità di discernimento evidente, dando a questo personal trainer un posto da esperto. 
 
 ‘Lui mi ha  seguita male, voi  ( riferendosi alla mia equipe), invece  mi seguite anche parlando di altro che non sia il corpo. Alla fine siete tutti dottori’. 
 
 La chiusura imposta ex lege dal Governo dunque ha acuito non già  un  disturbo alimentare tout court, quanto uno stato severo di dipendenza dall’altro preesistente, sfociato in un assottigliamento pericolosamente vicino alla consunzione.   Il tutto innestato in una   struttura psicotica, privata di qualsiasi altra voce od opinione proveniente dal mondo esterno ( il medico, gli amici coi  quali usciva, alcuni frequentatori  della palestra  stessa che , prima della chiusura , le avevano consigliato di andarci piano con i pesi ). Abbiamo in questo caso  un versante masochista molto accentuato, inteso come tendenza ad appaltare all’altro la propria volontà, ma ancor piu’ forte e decisivo per la diagnosi un esame di relatà totalmente inefficace e cieco. 
 
In questo casi si deve lasciare da parte la narrazione psicoanalitica, se non prendendola dal versante del farsi segretario del soggetto, assumendo in certi momenti anche un tono anche impositivo. 
 
Se lei continua a seguire le dritte di quell uomo, sarà ben difficile che io possa seguirla’ è la frase che danno il via al suo percorso che , per ora, ella ha accettato. 
 
Per quanto le sedute , unite ad un severo percorso di rieducazione alimentare , potranno rimettere in piedi questa donna dando al suo corpo quel minimo sostegno necessario per non crollare, frasi quali ‘ io ora sto bene’ segnano in modo inequivocabile la scotomia non solo delle sue forme, il che l’accomuna al caso precedente, quanto  l’evidenza negata della  massa di cartelle cliniche colme di esami totalmente fuori norma. 
 
Probabilmente il percorso di Maria si sosterà se vi sarà capacita’ di sostenere il transfert, dando a me, e all’equipe che con me collabora, un peso maggiore rispetto al richiamo del padrone che ella va cercando al quale appaltare il proprio corpo e la propria volontà. 
 
 
Dunque due casi di disturbi alimentari non generati, ma acuiti dalle restrizione che il covid ha imposto. Casi che, senza le limitazioni contenute nei diversi dpcm che hanno scansionato questa triste primavera,  sarebbero forse rimasti silenti e compensati, indirizzando le vite delle due donne su binari differenti, meno traumatici. Un effetto sorpresa, quello della pandemia, che le ha costrette a disfarsi della zavorra con la quale erano ormai assuefatte a vivere, proprio come Padre Gabriel con un colpo di spada libera De Niro dal peso che aveva scelto di portare sulle spalle per espiare la morte del fratello. 

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