La seduzione come fascino del male

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8 giugno, 2021 - 17:11

 

Considerazioni generali.

Che cosa è la seduzione ?

Come ci ricorda Freud fin dall’origine della sua teorizzazione psicoanalitica sulla vita, l’eros ed il thanatos sono le due tendenze propulsive di tutti gli atti della vita che si traducono concretamente nelle esperienze quotidiane dell’uomo. Due tendenze che non viaggiano separate ma sono intersecate l’una nell’altra sia nella relazione tra esseri umani sia nella relazione tra l’essere umano ed il mondo oggettuale.

Ogni pratica dunque è tracciata da una linea che fa propendere l’esperienza in gioco o verso l’eros o verso la morte, un limite etico che ci dice come il soggetto sia implicato nella esperienza attraverso ciò che lo spinge ad agire entro o ad eccedere questa traccia, questo limite. Dunque spesso un atto è ambiguo perché il limite sfugge al soggetto autore dell’atto e questo perché l’eros è così intenso e seducente che è facile eccedere il limite che lo fa trasformare nella sua fine mortifera. È evidente che è necessario chiederci che cosa è il limite che ci consente di non distruggere il soggetto e l’oggetto implicati nell’atto. Il limite è ciò che non eccede l’investimento libidico del soggetto nel suo atto rivolto all’altro trattato come un oggetto per un tempo non determinato e ingannevole. E come sottolinea Lacan nell’Etica l’eccesso è al di là del principio di piacere in quanto il soggetto agisce in un principio di realtà che contiene per lui le condizioni fantasmatiche dell’eccesso di godimento che è necessario sapere leggere: ma a questa lettura si oppone proprio la seduzione implicita nell’eccesso iniziale. E questo andare oltre, questo eccedere i due principi riguarda l’intenzione messa in atto dal soggetto alla ricerca della felicità e del benessere

Una pratica del soggetto nella sua vita di relazione è proprio la seduzione che come ci dice Baudrillard è una strategia fatale dell’erotismo praticata come prototipo soprattutto nelle relazioni comunicative e negli atti tra uomo e donna e, più in generale tra esseri umani; in quanto strategia, nella seduzione c’è una intenzione soggettiva di tipo ludico volta ad attrarre l’altro in un gioco mortale quando l’altro è messo nelle condizioni di essere oggetto da possedere; questo atto corrisponde a ciò che Spinoza chiama desiderio inteso come voluptas e desiderio come appetitus. Queste due forme di desiderio sono caratterizzate dalle due forze dell’eros e del thanatos in quanto la spinta attrattiva verso il possesso dell’altro considerato come oggetto o il possesso di un oggetto vero e proprio, è eroticamente la sua meta possessiva soddisfatta, è mortifera in quanto tende a consumare fino alla sua sparizione il corpo dell’altro inteso come oggetto. Questa dinamica è il prototipo di tutte quelle relazioni dove il più attivo che occupa una posizione padronale, conduce a sé l’altro per ottenere i suoi favori o servigi, riducendolo ad oggetto.

C’è un’altra caratteristica della seduzione questa volta non intenzionale che possiamo definire come “sviare altrove” .

Questa caratteristica appartiene per estensione al soggetto umano che non intenzionalmente conduce l’altro a sé per portarlo altrove rispetto alle sue esigenze. Non c’è intenzionalità nell’agire perché il soggetto inganna se stesso sulle intenzioni che lo portano ad ingannare necessariamente l’altro per alienarlo ed inscriverlo nel suo mondo simbolico. In questo secondo caso il prototipo relazionale è la seduzione inconscia, non intenzionale che la madre esercita necessariamente sul bambino -infans- per inscriverlo all’interno del suo mondo simbolico che contiene l’oggetto reale che seduce il bambino, ovvero il seno. In sostanza il bisogno del bambino viene attratto dal seno che appartiene al corpo materno, mentre la madre in quanto simbolica è inscritta nell’alternanza della presenza e della assenza, utilizza e svia il bisogno del bambino verso la significazione (senso) rappresentata dal significante inconscio della madre cioè il significante della sua mancanza d’essere. La potenza simbolica della madre e il suo grado di seduzione dato dal seno che nutre costituisce il necessario prototipo relazionale tra i codici che formano la tipologia dell’amore materno, amore che si colloca al di là del possesso del seno come oggetto di nutrimento per il bambino e si inserisce nella significazione, più completa e articolata che costituisce il senso che la madre dà al bambino come essere nel mondo. Mi interessa prendere in considerazione la seduzione come meccanismo insito nel concetto di “libido” ovvero nel concetto di attrazione energetica tra due entità differenziali dove l’una ha la calamita per attrarre la seconda che costituisce per la prima un oggetto complementare. Lacan sottolinea che la nozione di libido implica la dialettica del desiderio attivato a partire dallo Stadio dello specchio dominato dalla attrazione dell’imago e dal processo di identificazione dell’io-corpo.

1)La seduzione necessaria e l’eccesso di seduzione.

Riprendo il secondo punto del termine seduzione per farvi vedere come abbia a che fare con un meccanismo pulsionale di attrazione primaria inevitabile che sta all’origine della struttura del soggetto o nella sua relazione con l’Altro. Infatti la psicoanalisi mette in luce a partire da Freud come l’attrazione seducente inizia nell’infanzia laddove accanto al bambino necessariamente compare un adulto con il quale si instaura un gioco dove i due giocatori hanno armi inevitabilmente differenti e un potere diverso per ottenere dall’altro tutto ciò che conviene ai loro bisogni e desideri. Tra la madre, o un adulto che ha una funzione materna analoga, e il bambino accade qualcosa di seducente nella misura in cui la madre esercita un potere di attrazione inevitabile sul bambino dal momento che essa ha qualcosa nel suo corpo che costituisce l’oggetto di soddisfacimento della smania del bambino stesso. Fin dalla nascita del bambino siamo in presenza di un soggetto assoggettato dal corpo e dalla volontà di potenza della madre e dal suo desiderio (voluptas) di assolvere ai suoi compiti di attrazione. Su questa attrazione iniziale si può innescare una patologia nella misura in cui s’instaura l’eccesso di seduzione perché l’attrazione che si crea all’interno delle cure materne a partire dal bisogno di nutrizione, si appoggia su di esso come un surplus di interesse, non necessario nella madre che eccede il bisogno del figlio per soddisfare invece proprio la sua insoddisfazione soggettiva come donna. Questo eccedere forma una sorta di stagnazione nella relazione affettiva che si traduce in qualcosa che rimane come impronta qualitativa nelle future relazioni del soggetto adulto, mentre per la madre l’eccesso di godimento si concretizza come “soddisfazione supplementare” per il suo potere materno. Questo supplemento affettivo (eccesso) tra la madre ed il figlio si misura sia dalla difficoltà del bambino di abbandonare il legame simbolico con il seno e con il cibo e dunque superare il complesso di svezzamento, sia quando nell’età adolescenziale l’oggetto cibo viene innalzato a significante nel reale assumendo così un valore di rappresentante di un attività di seduzione svolta nell’infanzia durante le pratiche di svezzamento. Nella clinica moderna si ritrova spesso nelle patologie dell’eccesso, come le anoressie-bulimie o le forme tossiche dell’affetto, questa attività di seduzione tra il corpo della madre e il corpo del bambino, attività che si colloca al di là dell’oggetto del bisogno, cioè del cibo, per inscriversi nel dono d’amore.

Questa stagnazione ed invasione si protrae nel tempo fino alla età adulta con conseguenza sintomatiche che possiamo ritrovare nella anoressia - dove il cibo e il suo valore diventano per il soggetto niente - oppure alla bulimia - dove il cibo ed il suo valore diventano troppo e tutto - oppure nella tossicità dei legami affettivi di dipendenza dove - l’oggetto cibo si trasforma nell’oggetto feticcio come significante fallico di un gioco perverso antico, un gioco d’amore perverso.

Insomma quando nel sintomo dell’ adulto permangono le caratteristiche perverse della logica dell’eccesso, che si instaura fin dalla prima infanzia sulla seduzione strutturale, sono implicate le due operazioni materne cioè lo sviare “fuori” il soggetto- infans, e lo spostamento, dall’oggetto cibo necessario al bisogno del bambino nello svezzamento, all’oggetto fallico come prototipo di un rimedio per il desiderio del fallo nella madre, indice della nostalgia e della sua mancanza.

Lacan nel Sem IV La relazione d’oggetto sottolinea che quando la madre è inappag.ata sul piano del proprio essere cerca una soluzione nell’appag.arsi proprio grazie al valore libidico che essa dà alla nascita del figlio e questo status materno nella clinica infantile si osserva dagli effetti e dalla risposta sintomatica del bambino a questa significazione d’amore che la madre dà al bambino per essere un soggetto. E questo effetto sul bambino è comprensibile dall’incontro tra la domanda del bambino alla madre in termini di riconoscimento speculare nel terzo stadio dello specchio che coincide con il primo stadio dell’Edipo: “Da una parte vi è l’esperienza della padronanza, che darà alla relazione del bambino con il suo io un elemento di splitting essenziale, di distinzione da se stesso che rimarrà fino alla fine. Dall’altra, vi è l’incontro con la realtà del padrone.” (Sem V p. 201) L’incontro con la realtà del padrone è l’incontro con la realtà fantasmatica della madre che mostra attraverso lo sguardo la natura del suo desiderio verso il bambino: “Così il momento del suo trionfo è anche il tramite della sua sconfitta. Quando si trova in presenza di questa totalità sotto forma di corpo materno, deve constatare che questa non gli obbedisce Quando la struttura speculare riflessa dello stadio dello specchio entra in gioco, in quel momento l’onnipotenza materna viene riflessa solo in posizione nettamente depressiva e si ha allora il sentimento di impotenza del bambino.” (Sem IV, pag. 201) L’Io del bambino si confronta con l’onnipotenza dell’immagine del corpo materno e questo confronto strutturale contiene tutta la portata della seduzione non intenzionale della madre, ma essenziale e dissimmetrica. Questo riflesso speculare insieme alla attività pulsionale dei due corpi è dimostrativa anche di tutta l’insoddisfazione materna, pertanto il pre- edipico che si condensa nel il primo momento dell’Edipo, è giocato tutto sulla seduzione che la madre esercita sul bambino per colmare la sua insoddisfazione e di conseguenza anche sulla posizione che il bambino assume per incastrarsi con la seduzione della madre, dunque il presupposto di questa seduzione materna consiste nel mettere nelle condizioni il bambino, nel costringerlo a dare una risposta alla seduzione materna e questa posizione Lacan la chiama “farsi esca per soddisfare ciò che non può essere soddisfatto ossia quel desiderio della madre, che nel suo fondamento è inappag.abile il bambino, qualunque sia la via attraverso cui lo fa, si avvia a farsi egli stesso oggetto ingannatore.” (Lacan Sem IV pag.. 210) perché venga divorato dalla madre. Nel gioco dell’esca sia la madre che il bambino fanno i loro interessi di giocatori che giocano per il loro principio di piacere che è quello da lato materno di appag.are il desiderio voluttuario e dal lato del bambino di continuare a soddisfare la pulsione orale post svezzamento, pertanto il farsi esca nell’immaginario realizza quel divoramento da parte della madre. Dunque sulla necessità del bisogno di cure del bambino si gioca la seduzione strutturale materna che lo conduce a sé per farlo crescere ma così inizia anche sul piano immaginario ciò che lo sguardo materno esprime al bambino nel suo incontro con lei ovvero una certa pressione e ricatto che mette il bambino in posizione di farsi oggetto del suo desiderio: “Il buco beante della testa di Medusa una figura divorante che il bambino incontra come sbocco possibile nella sua ricerca di soddisfacimento della madre,”(Sem IV pag. 211)

La dialettica per la soddisfazione tra bambino e madre è ben rappresentata dal mito della seduzione affascinante di Medusa, che attraverso il suo sguardo divorante, rimanda all’incontro tra la madre ed il bambino all’incrocio tra il terzo momento dello stadio dello specchio e il primo momento dell’Edipo.(intorno ai 18 mesi) Ma anche l’animale totemico coccodrillo ci rimanda alla madre coccodrillo divorante che divora il piccolo perché insoddisfatta e ciò corrisponde al fantasma di essere divorato, presente nella angoscia della nevrosi dell’adulto, ma anche nella struttura del soggetto psicotico ridotto ad oggetto del godimento dell’Altro.

Sia nella Medusa sia nel coccodrillo ci sono i principi della seduzione e del suo eccesso; lo sguardo ipnotico di Medusa lo troviamo nelle patologie anoressico –bulimiche, attraversate dalla morte e da una certa fissità che sclerotizza i comportamenti del soggetto all’insegna dell’oggetto reale il niente, tanto è vero che in fin dei conti la seduzione implica uno sguardo vuoto ed un corpo che non dice niente da un punto di vista estetico.

Questi due miti ci conducono alla caratteristica principale della seduzione di cui ho fatto cenno prima ovvero all’esca per condurre il soggetto altrove per sviarlo dal suo centro e dalla sua indipendenza ludica come per esempio ci dimostra Ernst con il gioco del fort-da, ma al tempo stesso l’onnipotenza della madre è necessaria per costruire, a partire dal bisogno del bambino cioè quello di essere o di farsi oggetto-fallico (esca) del desiderio della madre, l’ identità del bambino nel suo sviluppo. Allora il meccanismo della seduzione in queste prime fasi della dialettica tra il bambino e la madre nasce come meccanismo necessario per la strutturazione del soggetto, ma è anche ciò che riguarda l’attività erotizzata del soggetto nei confronti dell’oggetto sia esso l’altro della relazione, sia esso l’oggetto in quanto tale e dunque è un meccanismo che la clinica individua nell’adulto tutte le volte che si mantiene perversamente nel proprio agire, l’eccesso di godimento. E questo meccanismo dell’eccesso oltre il limite ha a che fare con l’etica ovvero con la responsabilità soggettiva che articola nell’ordine simbolico delle relazioni umane il principio di realtà ed principio di piacere alla ricerca personale e a tutti i costi di ciò che per il soggetto sono la felicità e il benessere.

Con l’esca si entra nella struttura delle tre fasi edipiche, fasi fondamentali ed essenziali nella nevrosi come nella perversione o in maniera diversa nella psicosi. La seduzione entra in gioco in queste fasi, con l’oggetto fallico nel gioco dell’immaginario intersoggettivo tra la madre ed bambino e dove l’altro giocatore, è il padre che si colloca all’esterno del cerchio madre- bambino-fallo : “L’esca in questione qui è molto chiara nelle azioni e persino nelle attività che osserviamo nel maschietto e, ad esempio nelle attività di seduzione nei confronti della madre” (Lacan Sem IV pag. 217) La logica del 3+1,ovvero la logica familiare, introduce la seduzione e il suo eccesso nella differenza tra la famiglia attuale e quella passata differenza regolata sostanzialmente dal valore simbolico che ha l’1 ovvero il padre reale all’interno della logica della triade madre-bambino/fallo. La responsabilità soggettiva del padre attuale è quella del silenzio e della complicità rispetto all’eccesso di godimento che circola all’interno della triade dove il fallo, il significante del desiderio o della mancanza, è stato sequestrato dalla madre e dal suo essere super-egoico con il risultato di uno svuotamento del desiderio e del corpo caricato di un pieno di godimento che coinvolge i membri della famiglia. Sappiamo come la posizione del morto a bridge permette ai giocatori di dichiarare le proprie carte, invece il padre reale moderno, che si mette in quarta posizione rispetto alla madre bambino-fallo fa il morto non entrando mai in gioco attivamente per affermare la sua realtà di padre che avrebbe dovuto ricevere dal Nome del padre la legge di castrare il legame tra madre e figlio per permettere a quest’ultimo di non farsi più fallo- tutto per la madre ma di considerare come avere il fallo gli consenta di inventarsi scenari e giochi dove il piacere sessuale e la elaborazione del lutto per il distacco dalla madre siano simbolizzati da una personale attività ludica e da una propria immagine identitaria e corporea. Ma questo investimento oggi non avviene per l’evaporazione del Nome del padre e ne consegue il trionfo della seduzione essenziale e non intenzionale della madre sul figlio che lo lascia in balia dell’eccesso di godimento.

2) La seduzione nel trauma: la pulsione di morte

Gli effetti che la seduzione essenziale può produrre come conseguenza di un eccesso di godimento nella relazione madre-figlio, saranno malefici se in presenza di una madre inappag.ata vi sarà la responsabilità soggettiva e la posizione silenziosa e complice del padre come posizione ritenuta “normale” all’interno della struttura familiare. Tutto ciò risponde dunque a qualcosa che non si può definire traumatico perché il trauma risponde ad un incontro con l’Altro che è sempre un abuso occasionale a differenza del legame essenziale con la madre. Pertanto l’incontro tra un figlio e una madre inappag.ata che serve a colmare la insoddisfazione materna è sempre un cattivo incontro anche se non è occasionale ma essenziale. Questa caratteristica essenziale dell’incontro costringe il bambino a legarsi alla madre e non può fare a meno di assorbire, nel legame psichico che presiederà l’affettività con l’altro, l’ eccesso di godimento materno. Il bambino, in virtù di questo eccesso, sarà spinto fino all’età adulta a ripetere nei comportamenti e nei sentimenti che avranno come segno distintivo degli elementi di perversione così che, in virtù del super-ego materno, regolatore del fantasma e dunque del principio di realtà, ciò che piace diventa subito obbligatorio. Il soggetto dunque non potrà fare a meno di ripetere l’eccesso di un godimento seducente che diverrà così un comportamento vissuto come normale.

L’aspetto dell’eccesso di godimento nella relazione madre inappag.ata-figlio, si organizza e permane non al centro della struttura del soggetto, cioè intorno al buco costitutivo della stessa struttura, ma intorno alla risposta soggettiva della madre rispetto alla sua mancanza sulla quale si costituisce quella del bambino come sua domanda d’amore. Il risultato è che il buco strutturale viene vissuto come un vuoto e perciò deve essere sempre riempito dal soggetto con un pieno di immaginario legato al fare e al tempo della fretta.

Invece vi è trauma quando l’incontro risulta apparentemente casuale e occasionale anche se in realtà la vittima è la preda di una strategia spesso programmata come accade negli abusi consumati nella famiglia: in tutti questi casi vi è un violenza lacerante, lo spazio psichico del soggetto è violato tanto da compromettere per sempre il suo rapporto con il principio di piacere perché lascia una incisione, una traccia permanente nell’apparato psichico del soggetto che non può essere rimossa. In questo caso il buco strutturale del soggetto rimane scoperto e ciò che si ripete nel trauma è proprio lo stesso buco (trou)-matisme: la ripetizione automatica del buco è il segno del trauma di un cattivo incontro occasionale.

Tutto ciò serve per affrontare un altro aspetto della seduzione quello legato al male come appunto incontro occasionale con l’altro. L’incontro occasionale con l’altro è l’incontro perturbatore tra l’infans e l’adulto all’insegna di una intenzionalità programmata (la preda individuata) e non essenziale che però per la sua violenza lascia una traccia affettiva indelebile nell’apparato psichico dell’infans:“Il trauma costituisce infatti, la prima possibilità di pensare l’inizio della vita psichica umana in termini di coinvolgimento reciproco tra adulto ed infans, la seduzione invece, rappresenta il tentativo di dare a questo momento ipotetico una sua qualità fisico-psichica una sua irripetibile affettività. (Silvia Vegetti Finzi, Aut-Aut, n° 191-192, pag.72). In questo senso si deve intendere la teoria del trauma di cui parla Freud: ovvero tra la potenza di un adulto, qualunque esso sia, e il corpo dell’infans, si incide il marchio del coinvolgimento reciproco fondato sulla seduzione intenzionale dell’adulto che inscrive in modo morboso nella sfera del piacere sessuale il corpo del bambino come luogo del soddisfacimento pulsionale. Questa modalità di inscrizione “coinvolgimento” affettivo o relazione di seduzione : allora il trauma in questo senso, è una esperienza violenta che spesso accade nel contesto familiare dove la manipolazione di un adulto della famiglia (padre, nonno, zio cugino ecc.) o di un adulto vicino alla famiglia (amico di famiglia, vicino di casa) può essere apparentemente neutrale perché confusa con le attenzioni e premure affettive. Questo tipo di incontro traumatico è preparato anticipatamente dal silenzio e dalla complicità materna che non valuta l’evento per quello che è cioè un reato contro una vittima debole, fragile e indifesa: la vittima è lasciata in balia della seduzione violenta del carnefice mascherato da angelo.

Il trauma è una causa occasionale assai frequente ci dice Freud e la seduzione è quel meccanismo che di conseguenza instaura nel soggetto la necessità, estorta con l’inganno, dell’affettività intesa come relazione intima e collusiva con l’altro. Certo nell’incontro traumatico va considerata anche la risposta soggettiva dell’ infans come effetto di questa necessità intima di affetto che si forma nel soggetto e che lo porterà nel tempo dell’adulto o al sottrarsi oppure a costruire una complicità collusiva e morbosa che ci indicherà nel sintomo la presenza della ripetizione del primo godimento traumatico:

Attacchi di vertigine e crisi di pianto sono tutte cose dirette verso l’Altro, e per di più verso quel preistorico indimenticabile Altro, che più tardi non sarà mai eguagliato da nessuno” (Freud, Lettere a Fliess 1887-1902, lettera n. 52, pag. 130).

Sono per lo più tre le risposte del soggetto alla traumaticità di questo cattivo incontro: la risposta è una scelta personale del soggetto che indica la differente storia familiare in cui avviene il cattivo incontro traumatico, infatti il soggetto o si identifica nella vittima o si identifica nel carnefice oppure nell’osservatore. Queste tre risposte indicano come l’incontro iniziale avvierà un meccanismo automatico di ripetizione (automatismo di ripetizione) della traccia lasciata dal trauma e si ripeterà dalla adolescenza in poi anche la risposta soggettiva al trauma stesso.

A questo proposito una paziente dopo alcuni anni di analisi, ogni tanto quando deve affrontare una situazione familiare che per lei è fonte di crisi di panico, sente la necessità di tornare in seduta, perché non riesce a dimenticare ciò che è accaduto trentacinque anni fa relativo ad un evento traumatico vissuto nella preadolescenza (10 anni); è ancora presa dall’angoscia e dalla paura che il padre possa venire a sapere (il peso insopportabile di un segreto) ciò che accadde a quel tempo perché quell’episodio traumatico ha avuto a che fare con la sfera intima di un piacere estorto dal cugino più grande di lei di 6 anni. Allora se isoliamo il concetto di ripetizione del primo godimento dell’incontro possiamo fare un collegamento con la seduzione come fascino del male che è traumatica in quanto il versante della ripetizione continuativa o perseverante avvia un agire malefico nell’Es del soggetto come se fosse un contagio epidemico interno al soggetto che invade l’intera sfera psichica inerente al principio di piacere che viene sporcato e che permane nel tempo dell’inconscio come avvenimento da non scordare anzi da ripetere per ritrovare le stesse caratteristiche spostate su un’altra scena, Un agire che obbliga il soggetto ad attivare (senso di colpa, attacchi di panico, vertigini e aggressività) comportamenti e atti distruttivi per sé e per l’altro: pertanto l’esperienza clinica ci dice che un trauma di questo tipo non è temporalmente del tutto riassorbile perché indicibile ovvero la parola analitica si infrange e si riassorbe nel buco lasciato in eredità, un buco reale che non si può del tutto riassorbire. A questo proposito ecco perché la paziente torna in analisi quando il reale si riaffaccia prepotente facendo irruzione in una scena analoga alla prima traumatica dove lei è presa come vittima di una colpa incancellabile.

L’inconscio non è solo ciò che è rimosso alla coscienza come hanno insegnato le isteriche a Freud ma l’inconscio è anche l’atto perseverante che obbliga il soggetto ad agire e a rispondere alla vita con condotte e comportamenti distruttivi come ci hanno insegnato i perversi e la perversione: in questo senso la coazione a ripetere dell’inconscio coincide con la volontà di godimento del soggetto. Ma come nasce la perversione?. Come nasce un soggetto perverso, un sadico, un masochista, un pedofilo oppure una vittima o un carnefice per esempio che godono a stare con il male incontrato e instaurato a partire da un incontro traumatico originario?

Freud ha distinto il trauma fantasmatico dal trauma reale: nel primo il trou, il buco, provocato dall’incontro traumatico, rivela nel fantasma del soggetto, che regge il desiderio, un eccesso di godimento nell’immaginare scenari perversi, cioè aberranti, sui quali converge il ripetersi della copertura del buco che ha tracciato nel soggetto una intensità sessuale intesa come qualità affettiva imprescindibile nelle relazioni del soggetto. Nel secondo il trou, il buco che sancisce l’esperienza vissuta non è mai coperto, anzi rimane presente nella coscienza del soggetto per indicargli ciò che è accaduto, la violazione subita, e il soggetto nella sua vita tenderà verso condotte reali che lo vedranno impegnato a ripetere l’originario trauma e questa ripetizione sancisce un eccesso verso cui il soggetto non può fare a meno di perseguire, in questo senso si può parlare di seduzione o attrazione affascinante legata ad un trauma reale: il male si affaccia dal buco e parla, fa sentire la sua voce super-egoica.

Freud prende spunto dai soldati traumatizzati in guerra, al fronte, che una volta tornati a casa tendono a ripetere l’ esperienze dolorose del fronte, la guerra per loro continua anche in tempo di pace; pensiamo alle serie di Rambo che fa della sua terra la giungla asiatica dove aveva vissuto i suoi tormenti ma anche i suoi eroismi: il perverso non ha Legge in quanto è la Legge, ma ha un suo metodo: Rambo porta a casa il suo esser la Legge americana in Asia e la Legge asiatica della giungla in America, ma non riesce e non vuole disfarsene: “Qui non siamo più in guerra, non siamo più in Asia”, gli dice il colonnello, “Devi confrontarti e adeguarti ad un’altra Legge quella quotidiana della tua patria, non siamo più nella giungla”. Ma a Rambo riesce solo ripetere l’antico trauma, quello di essere stato mandato alla sbaraglio in una terra nemica e sconosciuta e dal momento che è riuscito a cavarsela pag.herà sempre il prezzo di non poter più fare a meno di esercitare quel godimento legato alla distruzione di un nemico. Rambo è un esempio cinematografico e dunque immaginario di come un personaggio negativo detto eroe può sedurre l’osservatore attivando processo di identificazione in qualcosa di proibito cioè il farsi Legge per garantirsi l’oggetto del suo proprio godimento ovvero il nemico cioè l’altro più debole l’altro pensato più debole e dunque da sfidare e possedere. Questo esempio ci serve per ricordare come Freud negli anni 20’ introdusse un concetto non di natura teorica, ma legata alla esperienza clinica con i suoi pazienti, un concetto che è presente nei legami sociali tra gli uomini ed è osservabile nella condotta e nella storia umana: l’inconscio va inteso come pulsione di morte, come tendenza alla distruttività; e all’azzeramento della condotta per ricominciare di nuovo da zero con fatica, portando e ripetendo nella nuova esperienza la traccia della violenza traumatica originaria. Pur sapendo le conseguenze negative dello stesso atto distruttivo il soggetto non rinuncia al godimento, al proprio godimento insito nel compiere l’atto stesso: e questa perseveranza, questo non rinunciare costituisce per il soggetto il fascino seducente della attrazione malefica che si traduce nella pulsione di morte la quale conferisce un potere assoluto sul destino del soggetto.

Questa scoperta di Freud è stata sostenuta e chiarita ed elaborata da Lacan nel Seminario “L’Etica della psicoanalisi” che si riallaccia al testo di Freud Il Disagio della civiltà” e ambedue i testi ruotano intorno alla domanda: Che cosa è il Bene? Da questa domanda deriva anche la definizione di Male per il soggetto umano. Il Male è la vita che non vuole il suo bene : il soggetto aderisce a questa volontà e la forma perversa che gli corrisponde è stata ben fissata da Freud:

Ha ragione chi afferma che l’esistenza di una tendenza masochistica nella vita pulsionale umana rappresenta un enigma dal punto di vista economico” (S.Freud Il problema economico del masochismo Boringhieri Torino pag.. 7) Questa tendenza del soggetto detta masochismo costituisce un enigma al quale possiamo abbinare il male e il suo formarsi nel soggetto umano.

Una paziente lo rappresenta come “una nube tossica che sporca tutto ciò che per me è piacevole e diventa dunque tutto incerto e confuso”.

Non esiste il male assoluto, non è una sostanza, il male esiste solo come negazione interna del bene in un soggetto esistente ci ricorda S. Tommaso. Anzi il male è legato ad una privazione che richiede di per sé un soggetto che gode privando l’altro di un bene dovuto, come per esempio della libertà di scegliere se seguire un piacere. Il male instaura nel soggetto una pulsionalità che si soddisfa solo mettendo il soggetto nelle condizioni di essere privato del bene desiderato E la privazione è legata alla seduzione esercitata con l’intenzione di sviare qualcuno altrove rispetto al suo desiderio circa un oggetto; infatti nella privazione l’oggetto reale che manca al soggetto viene da esso elevato al simbolico e idealizzato e dunque, appunto, è un oggetto reale sviato in un altro registro soggettivo fino a cristallizzarsi nel sintomo

Per esempio una paziente, a tendenza anoressica, si privava della carne che desiderava e la elevava a simbolo per evidenziare il suo sacrificio alla Legge castrante della rinuncia e contemporaneamente attuava uno sviamento ingannevole verso una alimentazione vegetariana che detestava. È necessario tenere presente, ma senza in questo contesto approfondire ulteriormente, come la carne ha per la paziente un valore simbolico in quanto è per lei un significante che la rappresenta come ciò che rimanda ad altro ma che non riguarda nessun vegetale commestibile. In questo piccolo esempio si intravede la forza seducente del male che costringe il soggetto a simbolizzare una rinuncia e a cibarsi di qualcosa di detestabile: difendere il valore simbolico della carne vuol dire per il soggetto vietarsi di goderne.

Anche in questo caso c’è qualcosa di enigmatico che riguarda il masochismo di tipo erogeno ovvero la pulsione di morte che spinge il soggetto verso il farsi del male.

Lacan nell’Etica mantiene la via aperta da S. Tommaso quando dice “L’ambito del bene è la nascita del potere” (Etica, pag.. 290). Del potere di colui (Adulto) che intenzionalmente può decidere, a proprio vantaggio, un’ azione in relazione a qualcuno altro (il bambino) che la subisce :questo potere di seduzione lo troviamo anche non intenzionalmente nella madre quando dice “lo faccio per il tuo bene perché io so quello che ti ci vuole”; la madre in questo modo pensa di difendere il bene del bambino mentre difende solo il proprio bene.

Dalla parte del bambino è bene per lui stare in questa prospettiva di seduzione materna scegliendo di stare con la madre fallica oppure, identificandosi nella potenza del padre immaginario privare, la madre di ciò che non ha. (il fallo)

Tra la seduzione della madre e la risposta del bambino tutto è relativo, dialettico e tutto avviene sotto la sovrintendenza del terzo ovvero la pulsione di morte intesa come inclinazione del soggetto verso il male: la vita tende a volere il proprio godimento anche se questo è contro o minaccia la sopravvivenza della vita stessa.

La scoperta di Freud, quella che fa fare un salto decisivo alla psicoanalisi, è appunto la pulsione di morte; il male, il malefico passa da questa pulsione e dunque al traumatismo, sostituto delle fantasie, nella teoria del fantasma, si associa ora l’altra qualità dell’inconscio l’altra caratteristica demoniaca ovvero la coazione a ripetere, la forza incontrastata del padrone Super-io alleato alla pulsione di morte che sprigiona il suo fascino demoniaco a partire dall’ES. La pulsione di morte non ha niente a che vedere con Thanatos con la morte, perché annulla la dialettica con l’eros, infatti è una tensione univoca, una forza propulsiva, distruttiva e ripetitiva che ripropone la stessa traccia traumatica che distrugge le difese dell’Io e la sua armatura, comanda il corpo automaticamente facendogli compiere gesti e comportamenti contro ogni senso e logica nel trionfo a posteriori dell’analità, ovvero di tutto ciò che viene vissuto dal soggetto come merda, rifiuto in cui il soggetto si infila per godere di questa posizione. La pulsione di morte tende a distruggere tutto ciò che prima è stato costruito per la felicità del soggetto e si presenta così uno scenario di dolore e distruzione che fa sprofondare il soggetto nel godimento cioè in quella condizione masochistica dove il dolore è sostenuto enigmaticamente dal piacere. Il godimento “si presenta non puramente e semplicemente con la soddisfazione di un bisogno ma con la soddisfazione di una pulsione…” (Etica pag. 266). La soddisfazione della pulsione di morte consiste nel ripetere in modo tenace il momento in cui il soggetto traumatizzato è stato sradicato da uno stato pre-trauma segnato da uno stato di innocenza e felicità.

 

In questo caso la seduzione coincide con l’attrazione del soggetto verso il buco mortale là dove è stata scavata una fossa tra un prima del trauma e un dopo il trauma riguardo al rapporto del corpo del soggetto con il principio di piacere. Freud allarga al corpo sociale il teatro della distruzione pulsionale per cui dal corpo del soggetto al corpo inscritto nel discorso sociale o del padrone, ritroviamo gli stessi meccanismi perversi che insistono nel voler godere a tutti costi dell’oggetto che garantisce felicità assoluta e benessere. Il male (ripetizione del godimento) allora corrode il bene ovvero l’oggetto da possedere, all’interno di ogni possibile costruzione illusoria dell’Io del soggetto che si rispecchia nell’ oggetto goduto: c’è un divertimento interno del malefico ovvero di questa pulsione di morte di questa coazione a ripetere, che mina ogni progetto tendente al suo compimento, alla sua realizzazione e individuazione che si esaurisce nel solo possesso dell’oggetto fino alla sua consumazione : “La pulsione come tale e in quanto essa è allora pulsione di distruzione, deve essere al di là della tendenza al ritorno all’inanimato. Che cosa può mai essere se non una volontà di distruzione diretta, se posso dir così per illustrare ciò di cui si tratta?[...] Volontà di distruzione. Volontà di ricominciare da zero. Volontà di qualcosa d’Altro, nella misura in cui tutto può essere chiamato in causa a partire dalla funzione del significante.[…]Questa dimensione è introdotta dal momento in cui si può isolare la catena storica, e in quanto la storia si presenta come qualcosa di memorabile e di memorizzato nel senso freudiano, qualcosa che è registrato nella catena significante e sospeso alla sua esistenza.”(Etica pag.. 269-271).

Nella strutturazione del soggetto il memorizzato parte dalla divisione soggettiva inaugurata con l’entrata del soggetto nel linguaggio; questa entrata gli risulta traumatica perché viene scaraventato in un altro luogo dove viene segnato dalla perdita dell’oggetto che era stato goduto all’interno della relazione con il regno simbolizzato necessariamente dal potere materno: questo trauma necessario è organizzato dalla divisione soggettiva (divisione tra godimento e mancanza)che attiva la pulsione retroattiva tesa verso il buco apertosi con il trauma quale parte soggettivata. A ritroso il memorizzato e il memorizzabile coincidono in quanto sono attratti dalla stessa forza pulsionale che spinge verso il buco della divisione, della ferita e del risucchio.

Ma tutto ciò non ha niente a che vedere con il radicamento della pulsione di morte che nasce invece nell’infanzia in circostanze traumatiche cioè violente per un incontro occasionale e intenzionale voluto dal soggetto adulto. Solo nella età adulta il soggetto traumatizzato incontra il fascino del male nelle cose della vita, nella malattia, nel male di vivere perché il male fa leva sulla perdita dell’innocenza alle soglie della adolescenza.

Al bambino, inteso come insieme dei residui del ludos infantile inespresso, presente nell’età adulta, si oppone l’infans ovvero la maschera delle insieme del malefico perverso fissato in modo indelebile dalla violenza traumatica dell’adulto, infans come maschera del masochismo che è il fondamento dell’enigma del male di vivere.

Se il bambino può arrivare alla parola che accompag.na il suo saper giocare o la sua creatività che l’adulto può recuperare dalla sua storia, l’infans invece rimane muto sottomesso alla forza del Super-Io mortifero della pulsione di morte.

Allora ci possiamo porre la domanda:

Perché si ripete ciò che fa male?

La risposta appunto la trova Freud in Al di là del principio di piacere dove viene sottolineato come il soggetto che eccede ripetendo qualcosa suo malgrado, qualcosa che è più forte di lui, ripete appunto un godimento demoniaco, maligno che si innesca da un punto di fissazione detto trauma che innesca una ripetizione di godimento. Dunque il trauma come ripetizione demoniaca è la risposta e la scoperta di Freud alla domanda posta precedentemente: si ripete ciò che fa male ma il male coincide con l’al di là del principio di piacere ovvero del bene, il male eccede il bene, lo corrode dall’interno, lo mina come spinta a ripetere un godimento che rifiuta il principio di piacere. Ma che cosa accade in un trauma? Un trauma in questo caso non riguarda più il legame con fantasie sessuali di seduzione che il bambino immagina ed inventa ma che in parte rimuove nel simbolico e in parte si mantengono nelle fantasie o nei sogni, ma riguarda una abuso, un eccesso dell’Altro che violando il principio di piacere del soggetto, fissa nella condotta e nel comportamento un godimento autistico che va da sé.

Questo andar da sé dice Freud sancisce il principio di responsabilità soggettiva nello scegliere una situazione che ripete l’antico trauma come Freud dimostra nel caso di Emma. Per responsabilità soggettiva si deve intendere una responsabilità del soggetto dell’inconscio che sceglie di accomodarsi come sottoposto, alla forza demoniaca del godimento. Il demoniaco per innescare questo meccanismo usa la seduzione come strategia fatale per attirare la vittima dell’abuso.

In certi sintomi moderni come anoressie/bulimie, o dipendenze questa responsabilità si rivela spesso associata ad un abuso o eccesso di investimento libidico materno vissuto dall’infans come una sorta di colata lavica che instaura nel soggetto una risposta o di sottrazione- nelle anoressie o di coinvolgimento – nelle bulimie – o di ricerca affettiva della stessa colata lavica – come nelle dipendenze – e in tutti questi casi si instaura tra il soggetto e l’Altro un tipo di legame perverso. Questo eccesso si inserisce nella seduzione essenziale non occasionale, ma che attraverso l’incontro con il sessuale di un abuso familiare si può parlare di trauma che tende verso l’eccesso di godimento ovvero verso una quantità libidica eccessiva che l’ infans subisce.

Questa combinazione tra l’eccesso nella seduzione essenziale del materno e l’abuso traumatico sessuale familiare costringe il soggetto infans a ripetere nei comportamenti un trattamento malefico del proprio corpo (abbuffate bulimiche o intossicazione da sostanza ma anche il divenire pedofilo per garantirsi il corpo dell’altro), mentre sul versante sessuale la pornografia per esempio è il modo moderno di mostrare, attraverso il feticismo dell’ oggetto computer il binomio esibizionismo/voyerismo, l’abuso di un eccesso di godimento corporeo che crea assuefazione all’insegna della pulsione di morte: questo modello mostra come il godimento sessuale è sempre insoddisfacente perché non c’è nessuno corpo all’altezza che riesca a comunicare con il corpo dell’altro. Questa situazione traumatica fondata sull’eccesso che attraversa l’intero arco della vita dall’infanzia fino all’età adulta è tracciata da una costante che favorisce e che lascia andare alla deriva la pulsione di morte come godimento.

Quindi per lasciar andare alla deriva la pulsione di morte, che circoli nella famiglia, è necessario che si verificano una serie di circostanze che vanno 1) dalla seduzione all’interno della relazione non occasionale ma essenziale tra la madre e l’ infans, 2) all’abuso traumatico occasionale con un adulto della famiglia o vicino alla famiglia 3) alla complicità silenziosa della madre che copre l’abusante e tutto questo avvallato da un altro silenzio 4) quello del padre che conferma la sua assenza e la sua evaporazione attuale, evaporazione che corrisponde alla perdita di senso delle caratteristiche della Legge del Nome del padre 5) In ultimo, ma non per importanza, l’effetto psichico derivante dalla risposta soggettiva dell’infans al trauma subito, una risposta che si evidenzia nel tempo dopo l’adolescenza e che imprime una caratteristica speciale e differenziale ad ogni trauma mantenendo però, come sottolinea Freud qualcosa di strano e enigmatico ovvero un godimento nel quale:

perfino l’autodistruzione della persona non può compiersi senza soddisfacimento libidico”.(S. Freud Il problema economico del masochismo, pag 16)

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